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IL DESTINO DELLA RUSSIA E LA CHIESA CATTOLICA di Moreno Pasquinelli

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«Quanto tempo, arciprete, dovranno ancora durare questa sofferenze? Risposi: Fino alla morte. E lei con un sospiro replicò: così sia; proseguiamo il nostro cammino».
Avvacum, Autobiografia

Giorni addietro SOLLEVAZIONE ha pubblicato, a firma F.f,  SCISMA NEL CATTOLICESIMO UNIVERSALE?
L’autore, posto che sarebbe in atto una “guerra civile ideologica a bassa intensità nel mondo cattolico contemporaneo”, per la precisione tra l’ala progressista bergogliana e quella conservatrice e rigorista (Vigano et similia), sostiene di non schierarsi né con la prima né con la seconda. Alla fine del suo scritto confessa tuttavia di simpatizzare per i rigoristi e per auspicare (sulla base di tradizionali “valori cristiani non negoziabili”) una “santa alleanza” tra conservatori cattolici e Chiesa ortodossa russa, posto che  egli crede “nel ruolo e nella missione della Russia cristiano-ortodossa nel nuovo ordine internazionale” — in altre parole il mito di “Mosca Terza Roma”, la Russia come un’universale centro redenzione dell’umanità.

Tenterò di mostrare quanto fallace sia il mito di “Mosca Terza Roma” e come sia vano sperare in un’alleanza tra conservatori cattolici e russi ortodossi sulla base dei cosiddetti “valori non negoziabili”. Per farlo il lettore dovrà avere la pazienza di seguirmi in un breve viaggio a ritroso nella storia della Russia.

La sindrome costantiniana

Sotto il nome di “sindrome costantiniana” s’intende, in ambito cristiano, il perverso rapporto tra il potere secolare e quello spirituale. Un male antico, che risale appunto all’ascesa di Costantino il Grande al seggio di imperatore romano (324). Costantino non si limitò ad appoggiare la Chiesa, ne fece un braccio, sia spirituale che secolare, del potere imperiale. Così i verdetti, non solo dei Sinodi (primo fra tutti quello di Nicea, 325), ma dei singoli vescovi, ebbero, una volta ratificati dall’imperatore, forza di legge.  Con la fusione, nell’Impero Romano d’Oriente, di Chiesa e impero in un unico corpo politico teocratico avvenne una svolta epocale che ebbe conseguenze di lungo periodo. I capi della Chiesa che fino ad allora esercitavano un’autorità solo morale o teologica, accettarono di diventare funzionari imperiali con facoltà coercitive inoppugnabili. Pur di ottenere la protezione imperiale e di conservare gli enormi privilegi che detta protezione assicurava, molti patriarchi e vescovi si comportarono da veri e propri tiranni, persecutori implacabili degli “eretici” cristiani, spesso più degli stessi imperatori più osservanti. Mentre lo Stato romano assunse il compito di proteggere l’ortodossia della gerarchia cattolica, questa accettò di ubbidire ad esso, anzi sacralizzandolo.

F.f. sembra avere nostalgia del sistema teocratico. Dopo aver condannato “l’élitismo gesuitico del  Concilio Vaticano II” — Concilio che tra le diverse decisioni cercò appunto di liberare definitivamente la Chiesa dalla sindrome costantiniana — giunge infatti ad elogiare la teologia di Eusebio di Cesarea che qualifica come un “modello di cultura teologica organicistica e comunitaria”. L’apologia è rivelatrice. Biografo e strenuo difensore di Costantino, fu proprio Eusebio a gettare le basi della sindrome costantiniana in quanto teorizzò il carattere supremo e sacro del potere imperiale, così giustificando la sottomissione  della Chiesa al potere secolare. Sembra sfuggire a F.f. come Eusebio ponesse un’analogia tra il piano teologico e quello politico: dalla sua concezione teologica subordinazionista e semi-ariana per cui il Figlio è inferiore al Padre, Eusebio ricavava l’idea che il Padre fosse l’imperatore e figlio la Chiesa.

Se la Chiesa cattolica, dopo secoli di tormenti e dolorose sconfitte, ha finito per accettare la distinzione e la separazione del potere spirituale da quello secolare, il cristianesimo bizantino e quello russo in particolare, al contrario, non hanno sciolto il dilemma restando anzi prigionieri della esusebiana sindrome costantiniana.

Di quale “Chiesa ortodossa” parla poi F.f.? Egli lascia intendere che si riferisce a quella ufficiale, di cui il Patriarcato di Mosca di Kirill è ultima propaggine. Ed è a questa che F.f. sembra assegnare la missione salvifica di erigere la “Terza Roma”. Ma il Patriarcato moscovita davvero ritiene di possedere questa missione? Mostreremo che la risposta è no.

Il mito della “Terza Roma”

Questo mito sorse dopo la liberazione dal domino dei tartari (1480). Alla base non solo l’idea della traslatio imperii, ma quella per cui dopo la caduta di Roma e di Costantinopoli sarebbe spettato ai russi il ruolo di custodi di una ortodossia incontaminata, chiamati ad assolvere una messianica ed escatologica missione mondiale.

“La Chiesa dell’antica Roma cadde per la sua eresia; le porte della seconda Roma, Costantinopoli, furono abbattute dalle asce dei turchi infedeli; ma la Chiesa di Mosca, la nuova Roma, risplende più del sole in tutto l’universo. Tu sei il sovrano ecumenico, tu devi reggere le redini del governo nel timore di Dio; abbi timore di colui che te le ha affidate. Due Rome sono cadute, ma la terza rimane salda in piedi; una quarta non vi sarà. Il tuo Regno Cristiano non sarà mai dato ad alcun altro sovrano”.

Con questa parole, nel 1532, il monaco Filoteo, si rivolse a Basilio III, granduca di Mosca. Nel 1547 Ivan IV venne proclamato Zar. Ma proprio in quei tempi e attorno al dilemma del rapporto tra potere spirituale e temporale, sorsero le due tendenze storiche di dilanieranno l’ortodossia russa. Quella di tradizione bizantina per cui lo Zar sarebbe l’equivalente del Basileus per cui l’imperatore era l’incarnazione di Gesù Cristo, ed in quanto tale sovrano supremo di un unico corpo, secolare e spirituale; e quella opposta per cui era invece la comunità dei credenti che, essendo sotto la protezione dei Santi, dello Spirito Santo e di Maria, aveva la supremazia nelle questioni di fede e non tollerava sopra di sé alcun potere secolare.

La prima frattura avvenne quindi nel XVI secolo e fu quella tra i cosiddetti “Non Possidenti”, ed i “Possidenti”. Per i primi era incompatibile con i principi cristiani, sia la pratica della servitù della gleba sia possedere proprietà. Per essi inoltre, molto similmente a San Francesco, la povertà  era coessenziale ad una sincera vita religiosa cristiana. Infine i “non possidenti” propugnavano la libertà religiosa, la primazia delle comunità di base dei credenti quindi il rifiuto di ogni interferenza del potere secolare. Auspicavano infine l’unione ecumenica con tutti gli ortodossi. La vittoria dei “Possidenti” sfociò nella persecuzione implacabile come eretici dei “Non Possidenti” (tra essi il monaco e teologo S. Massimo il Greco il quale, vissuto a Firenze, fu un ardente sostenitore di Girolamo Savonarola). Da questo momento avremo non solo la subordinazione della Chiesa allo Zar (l’autocrazia zarista era infatti da venerare come sacra), ma un perpetuo periodo di decadenza della Chiesa ortodossa, decadenza spirituale e morale che spiega il vero e proprio scisma del 1653.

In quell’anno il Patriarca Nikon, convinto assertore del regime teocratico con a capo lo Zar, emanò unilateralmente un decreto col quale ordinava ai russi di seguire il rituale greco tutte le volte che questo differiva dal loro. Contro questa decisione si opposero quelli che si chiamarono “Antichi Credenti”, o “Antichi Ritualisti”. La rottura, lo scisma (Raskol), formalmente, avvenne per capziose questi liturgiche – ad esempio il Credo, la maniera di fare il segno della croce o il numero di alleluia cantati durante le funzioni religiose. In verità la sua irriducibilità veniva dall’intrecciare fattori sociali e teologici. Dal punto di vista sociale gli “Antichi Credenti” erano portatori di una visione collettivista dei rapporti agrari, ovvero di una concezione comunistico-cristiana  della società, mentre i nikoniani erano difensori del sistema fondato sulla servaggio dei contadini e del predominio dell’aristocrazia terriera. A questa idea sociale collettivista gli “Antichi Credenti” facevano corrispondere, sul piano ecclesiologico la tesi che nessun potere secolare poteva porsi sopra la comunità autorganizzata dei credenti; quindi, su quello teologico, l’idea che l’incarnazione significhi la divinizzazione non solo dell’uomo ma dell’umanità. E qui sta la peculiarità della cristologia e della fede originarie dell’ortodossia russa, tanto diverse sia dal pensiero classico greco e scolastico, sia del coevo razionalismo occidentale.

La lotta, asprissima, si concluse con la sconfitta degli “Antichi Credenti”. Non solo Avvacum che li capeggiava venne arso vivo, ma molti dei suoi seguaci, convinti che il mondo fosse oramai in mano all’Anticristo, preferirono morire bruciando con le loro case alle quali essi stessi, anziché conformarsi alla decisioni dell’alto clero e dello Zar, appiccarono il fuoco. Nel XVIII secolo gli “Antichi Credenti” dettero addirittura vita a movimenti di lotta armata e molti di loro parteciparono alla devastante rivolta di Pugacev.

Dopo di allora avremo in Russia due chiese ortodosse, quella ufficiale, sempre sottomessa agli Zar e sprofondata nella corruzione, e quella reietta e perseguitata degli “Antichi Credenti”. Per questi ultimi la Chiesa russa ufficiale (quella ai giorni nostri capeggiata dal Patriarca Kirill) sarebbe caduta nell’eresia e gli Zar saranno tutti considerati apostati in quanto traditori della missione sacra di fare di Mosca la “Terza Roma”. Il mito della “Terza Roma” non appartiene infatti alla Chiesa russa ufficiale ma a quella dissidente, quella che dai “Non Possidenti” sfocia negli “Antichi Credenti”.

La secessione degli “Antichi Credenti” accelerò due fenomeni complementari destinati a durare nei secoli successivi: la crescente putrefazione della Chiesa ufficiale e, incoraggiata dagli Zar, la sua progressiva occidentalizzazione. Entrambi i fenomeni toccarono l’apice con l’ascesa definitiva al trono di Pietro il Grande (1721). L’imperatore non solo impose il processo di occidentalizzazione (le scuole teologiche seguiranno pedissequamente gli schemi occidentali ed i libri di testo erano in latino, come in latino venivano impartite le lezioni), ma accentuò il controllo secolare sulla vita della Chiesa. Col Regolamento Ecclesiastico (1721) l’invadenza del potere zarista si spinse fino all’abolizione del Patriarcato e la sua sostituzione con un Consiglio Permanente composto da persone scelte dallo Zar medesimo e a lui obbedienti. Sconvolgendo il diritto canonico ortodosso, che implicava l’elezione dei vescovi da parte della comunità, questi vennero d’ora in avanti scelti dal potere secolare. La Chiesa perdette per sempre il diritto di esprimersi liberamente su qualsiasi questione religiosa o morale. Questa svolta fu sancita, simbolicamente, dall’abolizione di una vecchia consuetudine russa, quella per cui nel giorno della processione della domenica delle Palme, il Patriarca, che impersonava Cristo, attraversava le vie della capitale cavalcando un asino che lo Zar umilmente conduceva per la cavezza.

Si consideri, per comprendere fino a che punto di abiezione giunse la Chiesa ortodossa russa, che con la Rivoluzione 1905 l’Impero riconobbe libertà di culto e il diritto delle chiese all’autogoverno, ma questo diritto non venne concesso alla  Chiesa russa, la quale obbedì ancora una volta. Ci vorrà la Rivoluzione di febbraio del 1917 e la contestuale caduta del sistema zarista per porre definitivamente fine  a due secoli di umiliante sottomissione. Quell’anno, due secoli, si svolse infatti il Concilio Ecclesiastico Panrusso che ripristinò l’autogoverno.

Da Lenin a Putin

La vittoria della Rivoluzione Bolscevica spinse il Patriarcato ortodosso su una posizione di aperta ostilità verso il regime rivoluzionario. I comunisti, equiparati a criminali usurpatori che dovevano essere presto rovesciati, vennero ben presto scomunicati dal Patriarca Ticone (19 gennaio 1918). I bolscevichi risposero usando il bastone e la carota, ma le persecuzioni divennero la consuetudine, con due ondate che furono durissime nel periodo del terrore staliniano (1928-29 e 1937-39). Davanti al fatto che la decapitazione della Chiesa non spazzò via, anzi, la religiosità popolare (che risorse in modo impressionante durante la seconda guerra), e nella necessità di respingere il proditorio attacco nazista, Stalin fu costretto a retrocedere e nel 1943 autorizzò l’elezione del Patriarca facendo numerose concessioni alla Chiesa, a condizione che essa accettasse un ruolo subordinato al potere politico. Ai vertici della Chiesa prevalse quindi la posizione di considerare quella staliniana una forma legittima di governo. Pur di essere autorizzata a praticare dottrina e culto la Chiesa ufficiale accettò la sottomissione al controllo politico delle autorità — che si riservavano infatti, sulla scia della tradizione zarista, di accettare o respingere le nomine interne alla Chiesa.

Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica (1990-91) la Chiesa ortodossa, che si considera l’anima spirituale identitaria del popolo russo, riconquistò apertamente un ruolo centrale nella vita politica del Paese — tanto più a fronte dello sfascio politico, sociale e spirituale del periodo eltsiniano. Con l’ascesa al potere di Putin questo ruolo del Patriarcato venne consolidato e istituzionalizzato. Sorge a questo punto una domanda cruciale. Qual è oggi in Russia, posta la diarchia tra potere secolare e quello spirituale, il vero sovrano? Se ben si osserva la realtà russa la risposta è inequivocabile:  il potere secolare. E’ il Cremlino il decisore d’ultima istanza, il Patriarcato essendo un comprimario, un alleato a cui è affidata la funzione di legittimare e assecondare le decisioni del centro politico supremo. In buona sostanza Kirill (che ai tempi dell’URSS era un collega di Putin poiché è stato probabilmente un informatore del Kgb) colloca il Patriarcato sul solco storico sempre seguito dalla Chiesa ortodossa ufficiale, quello di accettare un ruolo istituzionalmente subordinato al cospetto del potere secolare — un mese prima delle elezioni del 2011, Kirill arrivò a definire il governo di Putin «un miracolo di Dio». In questo senso, e solo in questo senso, Mosca sembra essere la “Terza Roma”, ma solo in quanto, mutatis mutandis, imita formalmente la catena di comando dell’impero bizantino ove il potere assoluto spettava all’imperatore. E così ci spieghiamo le recentissime profonde modifiche alla Costituzione della Russia, tra cui, oltre ai crescenti poteri politici assegnati all’imperatore, è stata sancita la “fede in Dio” come elemento ideologico e identitario dello Stato. Una generica “fede in Dio” si badi, non il Cristo redentore. Doveroso segnalare come questa esortazione ecumenica, rivolta anzitutto ai musulmani, faccia il paio con quella contenuta nella Dichiarazione di Abu Dhabi sulla fratellanza umana sottoscritta nel febbraio 2019 da Papa Bergoglio e il Grande imam di al-Azhar. Dichiarazione considerata “eretica” dalla destra cattolica per la quale la fede cattolica sarebbe la sola porta d’accesso alla salvezza eterna, destra che ama citare, come dogma incontrovertibile: “Io sono la via, la verità, la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”, [Atti 4, 11-12].

Se non bastasse questo per comprendere quanto l’attuale tandem Cremlino-Patriarcato di Mosca siano lontani dal considerarsi la “Terza Roma”, di quanto siano distanti dal pretendere di accollarsi la suprema funzione salvifica dell’umanità — quanto cioè siano estranei alla visione escatologica della prima ortodossia russa — ci giunge in soccorso un’affermazione di alto valore simbolico pronunciata nel marzo scorso dal deputato di Russia Unita (il partito putiniano) Aleksandr Il’tjakov: “Il nostro obiettivo non è costruire il paradiso in terra, ma prepararsi per la prossima vita”. Ognuno comprende che non c’è alcuna concessione al messianismo tipico dell’autentica ortodossia cristiana (l’attesa dell’avvento del definitivo Regno di Dio in Terra), e come invece si assegni alla Chiesa, in linea con quanto accaduto dal XVII secolo in poi, una modesta funzione ideologica di legittimazione conservativa dell’ordine sociale dato.

La battaglia del secolo

F.f. immagina e auspica che la Russia cristiano-ortodossa possa giocare un ruolo ed una missione centrali nel nuovo ordine internazionale. Tutto indica che questa è una chimera. Ed lo è per due ragioni complementari. La prima è che l’attuale Patriarcato, sul solco della infausta tradizione della Chiesa ufficiale, non si assegna alcuna funzione mistica e redentrice; la seconda è che il Patriarcato non può svolgere alcun ruolo autonomo sulla scena mondiale, in quanto accetta che ciò sia esclusiva prerogativa del Cremlino, al quale deve ubbidire. In parole povere il Patriarca fa quel che Putin ordina di fare. E, si badi, ciò vale anche sul piano ecumenico, sul piano delle relazioni religiose con la Chiesa cattolica. E’ il potere secolare (dato che gli affari religiosi hanno dimensione politica e geopolitica) che decide a che punto può spingersi il Patriarca.

Ma F.f. potrebbe obiettare che sia Putin che Kirill sono in perfetta sintonia, sul piano di quelli che definisce “valori non negoziabili” (in sostanza “Dio, patria e famiglia”), non solo col fronte cattolico conservatore, ma anche coi settori oltranzisti dell’evangelismo protestante a stelle e strisce e financo con certo ebraismo sionista oggi egemone in Israele. L’errore di F.f. è evidente. Egli immagina che la battaglia principale del del XXI secolo sia quella manichea che si svolge sul piano dei “valori” religiosi ed ideologici, ovvero tra “progressisti-globalisti” e “tradizionalisti-sovranisti”. Questa immaginazione è fasulla. Sono ben altre le decisive linee di faglia dello scontro geopolitico. F.f. scambia il proprio universo simbolico e immaginario con quello storico-reale. La verità è che, abbattuto il “socialismo reale”, siamo per la prima volta nella storia in un universo completamente colonizzato dal capitalismo. Non che i fattori ideologici non abbiamo importanza, ma essi, in ambiente capitalistico, sono fattori strumentali agli interessi economici e strategici degli player globali, siano essi Stati che i giganteschi conglomerati multinazionali. Peggio: i valori morali e l’ideologia sono spesso il Velo di Maja dietro al quale questi attori ammantano e camuffano i loro meschini interessi di parte.

Come il concreto vince sempre sull’astratto, la moderna visione realista del Politico, in ultima istanza, è destinata a prevalere su quella normativa — di cui quella religiosa non è che la sua versione ancillare. Putin, con Machiavelli sa che “gli stati non si tengono co’ paternostri in mano”. Kirill, da parte sua, non pare proprio il tipo che voglia fare la parte del Savonarola.

Sul piano ecumenico-religioso, Putin, che è più allievo di Machiavelli che dei mistici ortodossi, certo auspica un avvicinamento con la Chiesa cattolica, ma si guarderà bene dall’incoraggiare Kirill a fomentare la velleitaria sedizione della destra cattolico-conservatrice per defenestrare Bergoglio. Che poi questo avvicinamento abbia fatto passi avanti — F.f. sottolinea il ruolo di Ratzinger ma per la verità fu proprio il Vaticano II a rilanciare l’ecumenismo cristiano ed a porre fine a quello che gli ortodossi hanno chiamato “imperialismo spirituale cattolico” — è vero, ma la riunificazione dei battezzati in Cristo in una Chiesa unita resta, a nostro parere, se non impossibile, altamente improbabile. Troppo profonde le cicatrici storiche, troppo grandi le differenze  liturgiche, ecclesiologiche e canoniche — queste ultime non afferiscono solo al ruolo guida del vescovo di Roma sul piano spirituale ma alle sue prerogative giurisdizionali per cui non la comunità dei credenti sceglie il vescovo bensì il Papa medesimo ed a qualsiasi latitudine).

Se il Patriarcato moscovita può ben accettare, nel nome di “Santa Madre Russia”, una relazione di ubbidienza politica e geopolitica col Cremlino, non acconsentirà mai, pena un nuovo scisma interno, ad una subalternità spirituale e giurisdizionale con Roma. Tanto più improbabile sarebbe questa ricongiunzione ecumenica ove il Vaticano cadesse nelle mani dei papisti irriducibili della destra rigorista cattolica, composta appunto da strenui difensori del primato universale della Chiesa apostolica romana.

D’altra parte la Chiesa cattolica, per sua stessa natura, non può accettare nel suo seno chiese autocefale nazionaliste — né, come vedremo, può sostenere, se non in funzione tattica, movimenti politici che facciano del nazionalismo secolarizzato la loro cifra identitaria. Il pontificato di Bergoglio, di contro a certa vulgata “sovranista” non fa eccezione e segue un solco multisecolare.

Qual è dunque l’autentica natura, quindi il vero orizzonte, del pontificato bergogliano?

F.f. ne ricusa il “modernismo” e il “globalismo progressista”. Si spinge anzi a schiacciare Bergoglio sulle posizioni dell’élite liberale, se non addirittura del “deep state” nordamericano. Noi saremo più prudenti. Posto che la Chiesa cattolica è per sua stessa essenza universalistica (l’ecumene a cui mira è l’umanità intera), essendo quindi universale la sua missione salvifica, risulta massimamente errato stabilire un’equipollenza con il cosmopolitismo liberal-capitalista. La convergenza è, come dire, tattica, transeunte. Con due millenni alle spalle, Roma punta a sopravvivere sia al tramonto dell’ordine capitalista e mercatistica provvisoriamente dominante, sia alla primazia dell’Occidente. Tramonto che non solo Bergoglio ma gia Ratzinger aveva, se non profetizzato, messo nel conto. Roma, la partita, la gioca sui tempi lunghi, mentre Sua Maestà Il Capitale, per sua natura, non può che guardare agli utili del trimestre se non addirittura al corso dei titoli di borsa in tempo reale. Vero che le grandi potenze statuali sono tenute ad agire in base ad una visione strategica, ma essendo appunto potenze diverse in rotta di collisione, alla fine non possono che soggiacere al caos e quindi all’eterogenei dei fini. La Chiesa no. Si può aborrire fin che si vuole il gesuitismo, ma esso è riottoso ad accettare qualsivoglia fine che non si quello proprio, quello del più potente partito politico mondiale, posto che esso si fa forte dell’assistenza della Provvidenza.

La Chiesa bergogliana anti-sovranista? Lo sarebbe anche una Chiesa che cadesse in mano agli scismatici della destra rigorista. Perché? Perché, lo abbiamo detto, cattolicesimo, lo dice la parola, non può che essere universalistico. Così ci spieghiamo la ragione per cui, al contrario delle Chiese ortodosse, quella romana, alla forma stato-nazionale, preferisce per vocazione la forma stato-imperiale, plurinazionale. Non sta qui la differenza sostanziale tra bergogliani e anti. Essi hanno il medesimo scopo ultimo, cattolicizzare il mondo considerato come ecumene con Roma caput mundi (di passata: la “Prima Roma” non è mai crollata veramente, è sopravvissuta come centro del cattolicesimo mondiale); divergono nel considerare quali siano le forze secolari, sociali e spirituali su cui appoggiarsi per giungere allo scopo. Mentre i bergogliani guardano ad un futuro post-occidentale e policentrico e tentano quindi di separare la Chiesa dall’Occidente che giudicano moribondo, la destra cattolica è agli antipodi poiché si attesta su una posizione di arroccamento e di strenua difesa della supremazia mondiale dell’Occidente imperialistico. Non che i “valori” non abbiamo importanza, ma uno scisma dalle conseguenze imprevedibili, se avverrà, avverrà su questo terreno. Se abbiamo ragione è evidente come i papisti del cattolicesimo conservatore, oltreché islamofobi sono i più distanti da una alleanza con la Russia ortodossa.

Da questo punto di vista, considerando come sarà il mondo fra cinquanta o cento anni, con la gran parte della popolazione mondiale ammucchiata nel Sud e nell’Est del pianeta, e con l’Occidente euro-americano scristianizzato e che non sarà più il baricentro mondiale, la visione bergogliana, ovvero quella realista dei gesuiti, ci pare quella, se non destinata a conservare l’egemonia, quella più realista. Qui sta la formale convergenza, non teologica ma tutta politica, tra il bergoglismo e il terzomondismo della Teologia della Liberazione.

Concludiamo infine tornando sul mito di “Mosca Terza Roma”.

C’è stato in effetti un momento nel quale questo mito si è incarnato nella storia, ed è stato nel secolo scorso con la rivoluzione bolscevica e la sua potente spinta espansiva su scala mondiale. Come scrisse Nicola Berdajev:

«Il comunismo russo è  esso stesso una fede, una religione. Nel suo carattere esclusivo si esprime il temperamento religioso dei russi, la loro psicologia di scismatici e settari. (…) Esso più tradizionalista di quel che si è soliti pensare, è una trasformazione ed una deformazione della vecchia idea messianica russa».
[Nicola Berdtjev, Il senso e le premesse del comunismo russo, Roma 1944]

9 pensieri su “IL DESTINO DELLA RUSSIA E LA CHIESA CATTOLICA di Moreno Pasquinelli”

  1. FaBer dice:

    Interessante, grazie. Cosa ne ricaviamo per la nostra “strategia” politica? Assodato che senza l’appoggio di chi gestisce i miti cristiani non si cava un ragno dal buco, stiamo con Bergoglio o con Viganò? Sinceramente faccio fatica ad accettare la convergenza tra bergoglismo e teologia della liberazione. Ma tutto può essere. Tutto si trasforma nel suo contrario, come insegna la filosofia del tao o la regola dell’eterogenesi dei fini. Sta di fatto che Bergoglio e Trump collidono e noi che facciamo? invece di schierarci aspettiamo di vedere da che parte gira la banderuola? Equidistanza strategica? Puntiamo su entrambi come fa il nostro vero nemico? Che dice Macchiavelli in merito?

  2. Alessandro Leoni dice:

    Firenze . . . il lungo escursus sulla Storia Russa e non del Cristianesimo e le sue dirette ed indirette ripercussioni politiche è prova di una qualificata – conoscenza – della materia ! In un’epoca di IgnorantiSAPUTELLI è uno scritto in netta controtendenza . . . perciò merita di essere letto e tenuto di conto ! Detto / affermato convintamente ciò . . . esprimo il mio dissenso rispetto ad alcune posizioni chiaramente enunciate ! In estrema Sintesi : 1 ) la Fede religiosa ( qualsiasi essa sia ! ) ha di per se un’influenza Politica ! Onde per cui ammetterne una sua Indipendenza ( e non già una sua relativa Influenza mediata dalla Morale ) è ANTICIVILE cioè de facto Anti SOVRANITA’ dei CIVES ( alias Cittadini – politicamente – tali ! ) che si organizzano e soprattutto si esprimono CON lo Stato ( nelle sue varie forme . . . definibili e definite dalle caratteristiche EconomicoSociali ! ) Da ciò deriva che fare il TIFO per l così detta Libertà della CHIESA ( cioè della proiezione concreta della Fede ) è semplicemente o Ipocrita ( come lo è stato SEMPRE Storicamente . . . soprattutto nell’epoca CostituzionalBorghese ) o infine REAZIONARIA ! OGGI BERGOGLIO è un vero e proprio AGENTE dell’attacco Antropologico all’ Umanità ! Si veda la sua Politica nei confronti Non già dell’ ISLAM in quanto tale ( Islamici sono anche i Siriani . . . gl’ IRANIANI . . . ) ma verso le forme UTILI alla disgregazione delle conquiste della MODERNITA’ ( Stati nazionali SOVRANI ) ! Al di là delle tradizionali formule IPOCRITE proprie della natura stessa della CHIESA . . . delle CHIESE ! Basti pensare non solo e non tanto alle CROCIATE . . . quanto allo schieramento durante gli anni della Paura del Bolscevismo . . . Guerra di Spagna . . . appoggio ai peggiori Criminali Cattolici degli anni Venti e Trenta ( A. Pevelic in Croazia . . . Tiso in Slovacchia ) e all’appoggio all’aggressione all’ URSS ( 22 giugno 1941 ) con relativa Benedizione dei Cannoni ! Ma tale atteggiamento si è ben protratto anche dopo la seconda guerra mondiale ! Il ruolo del mostro polacco ( post Uccisione di Papa Luciani ! ) nella fase terminale dell’esperienza del Socialismo Reale ( certo Non evaporatosi per causa Sua ! ) ! Insomma una cosa è l’ Ecumenismo . . . idea legittima delle Religioni ( siamo TUTTI Figli di DIO ! ) . . . non in CONTRASTO con l’ INTERNAZIONALISMO ( se pure Categorie ben Distinte ! ) e una cosa è il Mondialismo / Globalismo ! Infine non concordo con il Giudizio sull’ opera di COSTANTINO MAGNO che Non solo non tiene conto della REALTA’ Storica della SOCIETA’ Mediterranea del IV Secolo . . . ma che giustamente assunse il controllo Sulla CHIESA ( in un Patto reciprocamente VIRTUOSO ! ) che però non si trasformò in INTOLLERANZA per nessuna altra Fede . . compresi quelle PAGANE . . . come invece avvenne più tardi . . . creando ciò una preminenza tendenziale della CHIESA con tutte le Funeste CONSEGUENZE Medioevali ( l’indebolimento del concetto . . . oltre che dell’esistenza dello Stato ! ) . . . così come il giudizio paraPositivo per le SETTE Religiose pauperiste ( Non Papiste ) . . . o dei mostri come Savonarola . . . per fortuna dai miei concittadini . . liquidato ! Non è con le utopie egualitarie che l’ Umanità avrebbe potuto avanzare materialmente e culturalmente ! Su queste questioni sono ORTODOSSO . . . ma non Cristianamente inteso . . . con il pensiero e l’opera di K. MARX e F. ENGELS !

  3. Moreno Pasquinelli dice:

    Caro FaBer

    Lei ricorderà la battuta con cui Bergoglio, nel suo viaggio di ritorno dal suo viaggio apostolico in Mozambico (settembre 2019), rispose al giornalista (americano) che gli disse che negli USA la galassia della estrema destra cattolica era tutta contro di lui. La risposta fu: “PER ME E’ UN ONORE CHE MI ATTACCHINO GLI AMERICANI”.
    Risposta sintomatica, a me pare. Anche in questa risposta traspare, a me sembra, l’influenza di certa Teologia della Liberazione così come una certa tradizione peronista.
    Immaginare che la Chiesa abbia siglato un patto strategico col diavolo del cosiddetto “deep state” a me pare una forzatura. C’è, ripeto una momentanea convergenza tattica. Nulla di più.
    L’orizzonte entro il quale si muove la Chiesa (di cui la tendenza bergogliana è una delle frazioni, se così possiamo chiamarle) è di lungo periodo, e guarda al mondo post-americano e multipolare.
    Per il sottoscritto questo è un bene non un male.

    Nb
    L’amico Alessandro Leoni merita invece una risposta più articolata che daremo non appena il tempo ce lo consentirà

  4. Rodolfo dice:

    Puntuale ricostruzione storica, e personali posizioni ideologiche sulla Russia Politica attuale. Non apro considerazioni su questo ultimo punto. Sul primo aspetto invece, da ortodosso dico che l autore è cattolico…proprio perche l essenza del cattolicesimo forgia una specifica concezione religiosa (voluta dalla chiesa di occidente ) che porta la non comprensione delle altre religioni, a differenza di noi ortodossi … dove la Fede non è imposta come il cattolicesimo ma un moto dell anima della conoscenza dell uomo . La funzione di Cristo tra uomo e DIO , è diversa tra cattolicesimo e ortodossia . Volendo sintetizzare abbiamo imposizione della chiesa occidentale contro liberta di quella orientale, se non si è scevri da una concezione di religione cattolica , risulta non piena la comprensione tra potere temporale e spirituale nella ortodossia, mentre i quella cattolica ne risulta pienamente compresa e definita

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  7. Marco Battuta dice:

    ottimo il testo di moreno: essenziale ma preciso soprattutto nel misurare l’estrema debolezza dell’impero di Putin, a cui un messianesimo aggressivo (tipo antichi credenti o la geopolitica in chiave mistico-catartica di dugin) porterebbe solo guai – e infatti aveva ragione limonov a dichiarare che dugin, putin non l’ha nemmeno mai incontrato, diversamente dai soliti entusiasti imbecilli della destra italiana, per cui dugin sarebbe il maggior confidente di Putin e una specie di fenomeno della geopolitica contemporanea. la russia di Putin è talmente malmessa sul piano generale, che non rischia di fare una figuraccia solo se si esacerba il conflitto con gli USA (o con la Cina), ma anche di perdere un conflitto “locale” contro la Turchia
    marco battuta

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