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COVID: IL TERRORE GIUSTIFICA I MEZZI di Leonardo Mazzei

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Chi ci segue sa quel che pensiamo del Covid. Primo, l’epidemia c’è, ma non è né la peste né la spagnola. Secondo, l’emergenza sanitaria c’è, ma al 90% è frutto dei tagli alla sanità targati euro(pa). Terzo, i morti ci sono, ma la quasi totalità è deceduta col Covid, non di Covid, e talvolta pure senza Covid. Quarto, e ben più importante, il virus è esattamente quel che lorsignori aspettavano per far passare, grazie alla paura diffusa h24 dai media, progetti e misure che avrebbero avuto ben altra opposizione in tempi normali.

Senza questo quarto e determinante aspetto, senza il decisivo fattore P (come paura), non si spiegherebbe quasi nulla di quel che sta accadendo. Tantomeno verrebbero accettate narrazioni al limite dell’assurdo, limitazioni di ogni forma di libertà, una censura di fatto applicata non solo ai “dissidenti”, ma pure alla più piccola sbavatura (vedi il caso Crisanti) nella narrazione ufficiale.

Già, il racconto ufficiale… Ma quanto è coerente questo racconto? Ecco una bella domanda alla quale vale la pena di dedicarsi. Lo faremo con una serie di esempi, che ci porteranno ad una conclusione che già anticipiamo: la narrazione ufficiale è tanto coerente nei fini (terrorizzare, terrorizzare, terrorizzare), quanto incoerente nei fatti e nelle tesi che utilizza per generare quel terrore. Anzi, da questo punto di vista, essa fa acqua da tutte le parti.

  1. La bufala del lockdown che “ci protegge”

Ci siamo già occupati di questa leggenda in primavera, quando, sulla base di dati ufficiali, dimostrammo quanto l’andamento dell’epidemia nei singoli paesi apparisse piuttosto indifferente alle diverse forme di contenimento adottate. Ci è capitato di tornare su questo tema parlando della Svezia, portata come esempio negativo (nessun lockdown) da contrapporsi alla virtuosa Italia dalla chiusura facile: peccato che la mortalità attribuita al Covid sia molto più bassa nel paese scandinavo che da noi.

Bene, nonostante tutte queste smentite, la storiella secondo cui verremmo maggiormente protetti da un governo italiano più attento di altri alla salute, e perciò sempre il primo della classe in quanto a norme di confinamento e chiusura, ci viene riproposta di continuo. Ultima in ordine di tempo l’infinita commedia dell’assurdo attorno alle prossime feste natalizie. Il discorso è sempre il solito: “sì, le chiusure sono dolorose, ma lo facciamo per il vostro bene, così si limitano i contagi e si riducono le vittime”.

Certo, una “società” di individui rigorosamente confinati l’uno rispetto all’altro azzererebbe di sicuro il contagio, ma con due piccoli effetti collaterali: che i più (i più deboli ed i più poveri) morirebbero di fame; che in tal modo la società in quanto tale scomparirebbe con loro.

Ma veniamo ai dati attuali. Pur essendo al ventitreesimo posto come numero di abitanti nel mondo, la virtuosissima Italia del “chiudi e butta la chiave” è invece all’ottavo per numero di contagiati ed addirittura al sesto per numero di morti. Certo, la validità di queste cifre è altamente discutibile, ma allora lo si ammetta e la si faccia finita col terrorismo (dis)informativo. Perché delle due, una: o quei numeri sono falsi, oppure dimostrano il fallimento assoluto della linea adottata dal governo Conte. Opta… come avrebbe detto il comico. Ovviamente, aggiungiamo noi, una cosa non esclude necessariamente l’altra.

Ad oggi, però, quelle cifre ci vengono ancora presentate come una verità indiscutibile. Bene, se lo sono, l’italico fallimento è acclarato. Oggi (5 dicembre) la graduatoria del “morti Covid” per milione di abitanti è la seguente: Belgio 1.467, Spagna 996, Italia 974, Gran Bretagna 891, Usa 861, Francia 838, Messico 835, Brasile 825. Dunque la sempre lodata Italia è ai vertici di questa triste classifica. Non solo, essa fa pure peggio degli Usa, del Brasile e del Messico, paesi di cui si dice invece un gran male.

E la Svezia, questo Paese di criminali biondi e dagli occhi azzurri dediti allo sterminio dei vecchi? Al momento è a quota 698, ben al di sotto dei virtuosi “chiuditutto” guidati dall’Italia. Ma non è tutto. Chiudendo molto meno, il tasso di mortalità tedesco è di 223 morti a milione. Che c’entrino qualcosa i diversi sistemi sanitari, che i meccanismi dell’euro hanno consentito a qualcuno di mantenere, mentre qualcun altro doveva tagliarli anno dopo anno? Non lo si dica mai che si fa peccato. Peccato doppio se pronunciato proprio ora che bisogna beccarsi pure il Mes!

Non parliamo poi dell’Asia. Questi i tassi di mortalità di alcuni dei principali paesi: Turchia 171, India 101, Indonesia 64, Giappone 18, Corea del Sud 10, Cina 3. Ne consegue che la mortalità italiana risulta 9 volte quella dell’India, 54 volte quella del Giappone, 97 volte quella della Corea (che nulla ha chiuso), 324 volte quella della Cina. Insomma, un successone!

  1. “Ma se non funziona è colpa vostra”. La leggenda dei contagi d’estate che colpiscono d’autunno

Pur disponendo di un sistema mediatico che definire servile è solo un immeritato complimento, ogni tanto lorsignori sentono il bisogno di giustificare i propri fallimenti. Ed allora, siatene certi, la colpa sarà vostra. Sempre vostra. Solo vostra.

Una delle storie più assurde, eppure più gettonate, della narrazione dominante è quella secondo cui l’aumento dei casi di ottobre e novembre sarebbe ascrivibile al “liberi tutti” dell’estate. Ora, a parte il fatto che non si è capito in cosa consistesse quel “liberi tutti”, vista la permanenza dell’obbligo di mascherina al chiuso e – da metà agosto – perfino nei luoghi affollati all’aperto, qui proprio i conti non tornano.

Se, come ci dicono, i tempi di incubazione della malattia vanno dai 2 agli 11 giorni, che c’azzeccano i contagi rilevati in autunno con il presunto “liberi tutti” di luglio-agosto? Fosse stato così avremmo dovuto avere un forte aumento già in estate, al massimo a cavallo tra la fine d’agosto e l’inizio di settembre. Ma così non è stato. Come non sono state molte altre cose. Vogliamo ricordarci di quando (fine aprile) si favoleggiava di un inevitabile aumento dei casi dopo le riaperture della prima parte di maggio? Vogliamo ricordarci di quando il Cts (Comitato tecnico scientifico) prevedeva che con quelle riaperture si sarebbero avuti 151mila ricoveri in terapia intensiva entro metà giugno e 430mila entro l’anno?

Previsioni azzeccatissime, che vi pare? Ma guai a ricordarlo, che sarebbe un attacco alla Scienza, forse addirittura alla $cienza, e questo proprio non si può.

Un altro caso clamoroso è stato quello dei festeggiamenti dei tifosi del Napoli per la vittoria sulla Juventus in Coppa Italia. Era il 18 giugno, quando tutti si scatenarono contro quella festa che (secondo loro) avrebbe prodotto contagi a migliaia. “Sciagurati!”, li definì il direttore aggiunto dell’Oms Ranieri Guerra, mentre perfino Salvini sentì il bisogno di ergersi a sceriffo addirittura più intransigente dello sceriffissimo De Luca. Bene, passarono le settimane, ma a Napoli ed in Campania i contagi proprio non vollero salire. Autocritica dell’Oms? Non sia mai. Sta di fatto che ci sono voluti 4 mesi perché in quella regione i contagi salissero davvero. Ma, strano a dirsi, quando ciò è avvenuto gli stadi erano rigorosamente chiusi…

Ad ogni modo state tranquilli. Il governo, ma più ancora tecnici e scienziati, lavorano per voi. Ma se poi le loro ricette non funzionano la colpa sarà sempre vostra, che avete festeggiato, che siete andati a trovare la fidanzata fuori comune, che non vi siete igienizzati le mani 24 volte al giorno, che avete usato la mascherina ma male, che avete mandato il figlio a scuola quando poteva stare a casa, che vi siete presentati ad un pronto soccorso pretendendo addirittura che vi curassero non solo per il Covid.

E la colpa sarà vostra anche a gennaio, quando diranno: noi abbiamo fatto tutto per proteggervi, ma voi avete voluto ingozzarvi a Natale e perfino a Capodanno, siete usciti dal comune per andare a trovare un amico. E l’avete fatto perfino alle 22:01, quando il virus è più aggressivo che mai!

  1. Gli “esperti” contro gli “esperti”

Fin qui siamo alla contrapposizione tra i cosiddetti “esperti” ed il “popolo bue” che vorrebbero indottrinare. Il bello è che per i primi l’indottrinamento del secondo è sempre insufficiente, sempre da perfezionare. Ma quanto sono coerenti tra loro i cosiddetti “esperti”?

Ecco un punctum dolens di cui malvolentieri si parla. Lo fa invece – anche se non certo per nobili motivi – Reputation Science, una società italiana che si occupa di gestione della reputazione e che ha come clienti Google, Enel, Tim e (ne ha davvero bisogno) Atlantia. Un suo studio è stato recentemente presentato, con grande dovizia di particolari, dall’insospettabile Repubblica.

«Coronavirus, dagli esperti italiani troppe informazioni spesso incoerenti», questo l’eloquente titolo dell’articolo.

Leggiamone alcuni significativi passaggi:

«Il ruolo degli esperti dovrebbe essere di orientare cittadini e politici nelle decisioni necessarie ad arginare la pandemia e invece, sottolinea Auro Palomba, presidente di Reputation Science, “Questo eccesso di voci continue, sovrapposte e contrapposte ha sortito l’effetto di disorientare ulteriormente. È chiaro che si tratta di una situazione inedita – osserva Palomba – però chiunque parli deve tenere conto degli effetti che le sue parole potranno sortire”. “Come cittadini – dice ancora il fondatore di Reputation Science – abbiamo sentito che era nostro dovere analizzare quanto stava accadendo”».

Palomba non ci dice ovviamente chi gli ha commissionato lo studio, che arriva non a caso a stilare delle vere e proprie classifiche dei virologi e degli epidemiologi che vanno per la maggiore, ma chiaro è il suo scopo: richiamarli un po’ tutti all’ordine affinché ognuno di loro si preoccupi non della verità (non sia mai!) quanto piuttosto degli “effetti che le sue parole potranno sortire“.

Così continua l’articolista:

«Lo studio, come detto, ha fatto emergere non solo un volume di contenuti generati dagli esperti estremamente rilevante, ma anche un doppio livello di incoerenza nelle dichiarazioni rilasciate. Non solo infatti molti esperti hanno cambiato approccio nei vari mesi, ma in generale si è assistito a una forte divergenza tra le opinioni riguardo alla gravità della pandemia e alla severità delle misure di contenimento; questo potrebbe aver reso gli alti volumi di contenuti registrati ancora più impegnativi da gestire dal punto di vista informativo per i cittadini».

Bene, bene, bene: “doppio livello di incoerenza”, “cambiamento d’approccio”, “forte divergenza tra le opinioni”. Tutto vero, ovviamente. E tutto scritto non da chi contesta la narrazione ufficiale, ma da chi la sacralizza di notte e di giorno. Ma allora perché si bolla come negazionista chiunque, al di fuori di questa cerchia dorata, sollevi dubbi, proponga altri approcci e manifesti opinioni diverse da quelle ufficiali?

Già, chissà perché! A tal proposito giova ascoltare ancora il ciarliero Palomba:

«Dalle analisi emerge in modo molto chiaro come il flusso di comunicazione innescato dagli esperti sia stato eccessivo e incoerente – afferma ancora Auro Palomba – è ora più che mai necessario comprendere in modo chiaro i meccanismi della comunicazione, il peso che singole parole e messaggi più articolati possono avere sulla percezione e sui livelli di ansia delle persone, già sottoposte a forti pressioni dal contesto attuale. Purtroppo, stiamo assistendo a molti singoli professionisti che stanno utilizzando la ribalta mediatica per promozione personale e ad un gruppo di esperti che sta progressivamente perdendo la propria capacità di svolgere un ruolo di guida. Una deriva acuita dai casi di reciproche accuse a cui abbiamo assistito. Purtroppo, un effetto negativo di questo trend riguarda il fatto che rischia di ledere l’importanza delle misure e dei comportamenti fondamentali per limitare la pandemia».

Avete capito? “Flusso di comunicazione incoerente”, da parte di “molti singoli professionisti che stanno utilizzando la ribalta mediatica per promozione personale”. Toh, chi l’avrebbe mai detto! Ma naturalmente queste accuse hanno un solo scopo: rendere la comunicazione ancor più a senso unico. Da qui i richiami al “ruolo guida” degli esperti, affinché non si mettano in discussione le misure prese dal governo.

Siamo dunque agli “esperti” che vigilano sugli “esperti”, affinché la loro “esperienza” non li porti fuori strada rispetto alla verità ufficiale. Chi ancora dubita del fatto che si sia ormai entrati in una spirale totalitaria, a pensiero unico pandemico, avrebbe qui materia per riflettere. Speriamo lo faccia.

  1. Vaccinificio Italia?

Tra gli esperti richiamati all’ordine, ha fatto un certo scalpore il caso di Andrea Crisanti. Costui è passato dalla qualifica di scienziato a quella di “irresponsabile” dalla sera alla mattina, reo di aver detto che senza dati convincenti su efficacia e sicurezza il vaccino a gennaio lui non se lo farà. Una dichiarazione di puro buon senso, ma proprio per questo assolutamente inaccettabile al Gotha della cricca affaristico-sanitaria che detta legge sui media.

La sua colpa? Aver espresso dei dubbi sui tempi e sui modi della folle corsa al vaccino. Illuminante l’argomento principe dei sui critici: il vaccino – ma dovremmo dire, i vaccini – quando sarà autorizzato dovrà essere considerato automaticamente sicuro. Nessun dubbio può essere ammesso. Di più, i giornaloni all’unisono ci hanno anche spiegato che, al di là dei controlli, dubbi non possono proprio esserci, perché in questi casi le aziende si giocano la loro reputazione.

Bene, benissimo, ma se ogni vaccino è da considerarsi sicuro dopo l’approvazione (se non addirittura già prima), perché l’Ema (l’Agenzia europea per i medicinali) ha sparato ad alzo zero contro l’approvazione del vaccino Pfizer-BioNTech decisa nei giorni scorsi dalla Mhra, l’omologa autorità farmaceutica britannica?

Come si vede la partita non è tra scienza ed oscurantismo, bensì tra concretissimi interessi economici e pure geopolitici. Ma questo lo capisce anche un bambino.

Ad ogni modo le contraddizioni sul vaccino sono infinite. Da un lato si dice che la sua capacità immunizzante sarebbe superiore a quella che si produce come effetto della malattia, dall’altro si ammette di non sapere per quanto tempo l’efficacia del vaccino sarà valida.

Ma ha senso una vaccinazione così? Per i vaccinisti non esiste dubbio alcuno. Peccato che oltre alle forzature sui tempi della sperimentazione, qui ci sia un problema aggiuntivo. Quello contro il Covid 19 non è infatti un vaccino tradizionale, bensì un vaccino a RNA messaggero o mRNA, i cui effetti collaterali potrebbero emergere anche dopo molti anni dalla somministrazione. E’ davvero il caso di correre un rischio del genere, oltretutto in cambio di una protezione solo temporanea?

Quel che pare incredibile è che nessuno abbia proferito parola sulle recenti dichiarazioni del ministro Speranza, secondo il quale l’Italia avrà a disposizione entro marzo 2021 ben 202 milioni di dosi di vaccino anti-Covid. Lì per lì abbiamo pensato ad un errore, ma quella cifra è riportata da tutti i quotidiani che abbiamo avuto modo di consultare.

Ora, Speranza ha anche detto che l’obiettivo è quello di raggiungere l’immunità di gregge, vaccinando 40 milioni di persone, cioè 2 italiani su 3. Certo, è noto come i vaccini fin qui prodotti abbiano bisogno di un richiamo, ma 40 x 2 fa 80 milioni non 202. A cosa dovrebbero servirci gli altri 122 milioni di dosi già disponibili a marzo? In attesa che questo mistero si chiarisca, il dubbio che qualcuno voglia trasformare l’Italia in un diuturno vaccinificio h24 pare più che lecito. Che stiano eccedendo solo perché stanno pensando troppo intensamente alla nostra salute? Chi ci vuol credere ci creda, ma la biografia politica degli attuali decisori non lascia troppe speranze in tal senso.

Sia chiaro, sugli strani numeri del ministro il sottoscritto non è in grado di avanzare alcuna ipotesi, ma il mistero di questo curioso eccesso di zelo andava comunque segnalato.

  1. Infine il Giappone

Prima di chiudere andiamo all’estero. Sarebbe infatti sbagliato fossilizzarsi sull’Italia. Certo, il nostro Paese pare all’avanguardia nell’ossessione pandemica, ma anche all’estero non è che si scherzi. D’altronde, l’utilizzo dell’epidemia per ben altri scopi (il cosiddetto Great Reset) fa intravedere un disegno complessivo delle oligarchie globaliste, un progetto non certo limitato ad un solo paese.

C’è una notizia che viene dal Giappone. In questo paese le persone morte per suicidio nel solo mese di ottobre (2.153) sono più di quelle decedute per Covid dall’inizio dell’epidemia (2.087). Questo tanto per ristabilire un certo senso della misura. Ma la cosa più importante, riferita da un reportage della Cnn, è che l’attuale incremento dei suicidi è da ricollegarsi (per ansia, isolamento sociale e disoccupazione) alla gestione dell’epidemia.

Eppure il Giappone non è tra i paesi più colpiti dal virus, e neppure tra quelli che hanno preso misure più drastiche. Ma proprio per questo il boom di suicidi lì registrato potrebbe indicarci una tendenza ben più grave a livello mondiale.

Ecco quel che ci dice Michiko Ueda, uno studioso della Waseda University di Tokio:

«Non abbiamo nemmeno avuto un lockdown, e l’impatto di Covid è minimo rispetto ad altri Paesi ma vediamo ancora questo grande aumento del numero di suicidi. Ciò suggerisce che anche altri Paesi potrebbero vedere un aumento simile o addirittura maggiore del numero di suicidi nel prossimo futuro».

Il fatto è che, a differenza del Giappone, i paesi occidentali (Italia inclusa) forniscono i dati sui suicidi con un discreto ritardo. Dunque non ci sono ad oggi numeri sui quali si possa ragionare. Ci sono però le notizie che giungono da tanti reparti psichiatrici, dalle quali si apprendono due cose: che questi reparti sono pieni come non lo sono mai stati, che molti di questi pazienti sono arrivati lì dopo aver tentato il suicidio.

Ecco un altro effetto del terrorismo pandemico. Un effetto che si aggiunge ai danni alla salute che l’ossessione del Covid ha prodotto in termini di cure negate alle persone affette da tutte le altre patologie. Ed ecco un tema di cui nessuno parla, perché qualora se ne parlasse emergerebbe quanto la gestione terroristica dell’epidemia faccia più danni dell’epidemia stessa. E questo senza considerare le vittime economiche, coloro che hanno perso il lavoro ed il reddito.

Conclusione: il racconto ufficiale fa acqua da tutte le parti

L’abbiamo detto in premessa e qui lo riaffermiamo: la narrazione ufficiale sul Covid non tiene, essa fa acqua da tutte le parti. Gli aspetti che abbiamo trattato lo dimostrano a sufficienza. E’ evidente come quella narrazione sia in realtà una costruzione artefatta che risponde ad un disegno ben preciso.

Quale sia quel disegno lo abbiamo tratteggiato ormai in decine di articoli e documenti, non ultimo quello approvato dalla recente Conferenza nazionale di Liberiamo l’Italia.

“Nulla sarà come prima”. Questa apodittica sentenza apparve sulla stampa fin dai primi giorni dell’epidemia. Come poteva giustificarla un virus del quale si sapeva in fondo assai poco? Che forse era la prima pandemia influenzale affrontata dall’umanità? Che forse dopo quelle conosciute nel Novecento nulla è stato più come prima? Suvvia, siamo seri. Una simile affermazione, peraltro ripetuta all’unisono da tutti i media mainstream, ci parla piuttosto di un messaggio pesato e pensato dalla cupola oligarchica che ci vuole schiavi. E che con il Covid punta allo scacco matto nei confronti dell’Homo sapiens.

Questa è la partita vera. Prendiamone atto ed agiamo di conseguenza.

Fonte: Liberiamo l’Italia

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