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LA CINA E LA PARTITA DEL MEDIO ORIENTE di A. Vinco

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Osama Bin Laden e “l’annientamento del ciclo del dollaro” secondo il militarismo confuciano cinese

Il colonnello Qiao Liang è il coautore del prezioso saggio “Guerra senza limiti” (Chaoxian zhan), scritto nel 1999, in cui annunciava l’avvento della guerra rivoluzionaria ibrida e delle guerre batteriologiche anticinesi. Lo stratega cinese, confuciano che applica il taoismo sul piano della guerra ibrida geopolitica, considera, per le democrazie imperialiste occidentali, le crisi finanziarie più devastanti di una vera e propria guerra: più volte ha portato l’esempio del famoso “lunedì nero” di Waal Street (19 ottobre 1987). Sulla medesima scia colloca l’11 settembre: in seguito all’attentato, circa 400 miliardi di dollari lasciarono gli Stati Uniti e emigrarono verso l’Asia. Dopo l’11 settembre, la democrazia imperialista statunitense è sospinta da un vento malevolo che la sta portando alla fine del ciclo del dollaro. Secondo lo stratega cinese Osama Bin Laden è l’interprete più efficace del tipo di guerra contemporanea, la guerra senza limiti contro l’imperialismo occidentale: è quindi la personalità storica e politica più significativa degli ultimi decenni. In questi giorni è peraltro morto  il leggendario corrispondente de “L’Indipendent”, per il Medio Oriente, Robert Fisk, noto per le sue tre interviste a Bin Laden. Quest’ultimo considerava Fisk “un nemico” ma obiettivo, motivo per cui decise di rilasciargli le famose tre interviste. La prima intervista rilasciata da Osama ad un occidentale, appunto a Fisk, si ebbe in Sudan nel 1993. Qiao Liang non sembra eccessivamente preoccuparsi del probabile interventismo bellicista dei nuovi Sionisti clintoniani, essendo convinto che un solido patto strategico di Beijing con Mosca e Tokio, questo non a caso il principale obiettivo del militarismo confuciano per il secolo, significherà storicamente la fine del ciclo del dollaro e della democrazia globalista imperialista. Biden intende portare la sua intera squadra ebraico-sionista alla Casa Bianca [1], ma ciò non sembra turbare i sonni del militarismo confuciano, ormai egemone su scala planetaria dopo la “rivoluzione mondiale covid-19”.   

Osama Bin Laden: il figlio eretico dello sviluppo ineguale di Yalta

Bin Laden, il quale a colloquio con Fisk si vantò di aver annientato sui polverosi campi dell’Afghanistan l’Urss “con il suo materialismo ateo e satanico”, predeterminò la sua missione successiva nell’annientamento storico dell’americanismo e del sionismo, portatori a suo parere di un materialismo più nocivo, per il genere umano, di quello sovietico. Bin Laden, saudita di origine yemenita, è dunque un figlio eretico dello sviluppo ineguale e dell’oppressione globale di Yalta. Come Juan Domingo e Eva Peròn, come Saddam Hussein, come Velasco Alvarado, come l’Imam Khomeini, egli combatte per un nuovo mondo: né Usa, né Urss, né Sionismo. La contestazione alla monarchia saudita lo porterà ad una posizione di effettiva coerenza rivoluzionaria e al rifiuto totale dell’islamismo capitalista wahhabita, a differenza di altri movimenti terroristi come quello guidato da Al Zarqawi in Iraq o all’Isis dei nostri giorni, che non sarebbero esistiti e non esisterebbero se non come satelliti sauditi e come truppe mercenarie del terrorismo globalista russofobo e antisciita. Si pensi alla guerra civile yemenita o seppur in parte meno evidente alle stesse Siria e Irak, dove la subalternità tattica ai sauditi è in più casi emersa.

Osama Bin Laden e la variante pakistana

Il presidente ancora in carica Donald Trump ha annunciato di voler continuare il ritiro di truppe e soldati americani dal Medio Oriente, in gran parte già avvenuto. Secondo sondaggi indipendenti, la maggior parte del popolo americano condivide questa scelta. Gli americani sono ormai convinti di aver perso le guerre mediorientali e sono stanchi di mandare soldati a morire proprio in Medio Oriente. Sull’attentato dell’11 settembre è incalcolabile quanto sia stato scritto. La teoria del complotto è stata esaminata nei suoi particolari più nascosti. Gli eventi tragici e sanguinosi di quel giorno che cambiò la storia sono stati analizzati da ogni punto di vista. L’11 settembre ha quindi  lo stesso valore storico del gesto di Gavrilo Princip e dell’attacco di Pearl Harbour? Non possiamo ancora dirlo, con certezza, poiché la nostra visione eurocentrica, oltre ad essere ormai marginale e periferica, è quanto mai fallace e unilaterale. L’ISI pakistano, branca clandestina dello spionaggio di Islamabad, negli ultimi decenni rivelatosi sul campo addirittura superiore al leggendario MI6 britannico e al misterioso GRU russo, liquidò nel 1989 il mentore di Osama ‘Abd Allah al Azzam per poi giocarsi, con Israele e con l’Occidente, la querelle Al Qaeda in modo autonomo e sovrano. Senza ISI, non avremmo avuto i talebani in Afghanistan, né Al Qaeda in Medio Oriente. L’ISI ha spesso manipolato, secondo Ahmed Rashid e secondo altri seri analisti, l’MI6, il Mossad, la CIA [2]. Secondo Richard D. Fisher Jr, analista di spionaggio asiatico, sarebbe esistito in quegli anni un solido triangolo rappresentato dal generale Hamid Gul, stratega dell’ISI, Bin Laden e una frazione dell’Esercito popolare di Liberazione cinese. L’11 settembre, più che di bandiera islamica, sarebbe stata una vendetta compiuta da varie frazioni antioccidentali per il bombardamento dell’ambasciata cinese di Belgrado dell’8 maggio 1999. Nel corso dell’aggressione americana alla Serbia, rivela Jiang Zemin nelle sue memorie, la Cina trasportava missili terra-aria da Irak, Libia, Pakistan per conto dell’esercito serbo. Va anche considerato che l’attentato dell’11 settembre non è tanto una frattura radicale nei confronti di passate situazioni, quanto una somma definitiva di pregressi eventi conflittuali. L’America continentale era da tempo bersaglio di militanti islamici. Nel 1993 Ramzi Yousef aveva tentato di demolire proprio il World Trade Center, e un gruppo capeggiato dallo sceicco Abdel Omar Rahman aveva progettato attacchi a altri obiettivi di alto profilo nel centro di New York; verso la fine del 1998 Abu Doha, attivista residente a Londra, aveva ricevuto l’avallo della dirigenza di Al Qaeda per il piano di Ahmed Ressam riguardante una serie di attentati a aeroporti sulla West Coast americana.

La guerra ibrida rivoluzionaria contro gli Stati Uniti d’America

Nel suo “Messaggio al popolo americano”, trasmesso da “Al-Jazira” il 30 ottobre 2004, tre anni esatti dopo il fatidico 11 settembre, Osama Bin Laden dirà:

Gli eventi che mi hanno personalmente segnato risalgono al 1982 e tutto quanto venne dopo, quando l’America diede il suo accordo agli israeliani per invadere il Libano, con il sostegno della terza flotta americana. Quando i bombardamenti cominciarono, molti furono uccisi o feriti, altri spaventati e dispersi e io ricordo ancora le immagini insopportabili di sangue, di membra a brandelli, di donne e bambini abbattuti, di abitazioni distrutte e delle torri che schiacciandosi seppellirono quelli che vi stavano dentro, delle granate che piovevano spietatamente sulle nostre terre. Si sarebbe detto un coccodrillo impossessatosi di un bambino che non può gridare. Ditemi: il coccodrillo comprende un linguaggio diverso da quello della forza? Il mondo assisteva passivamente a questa tragedia e, in quei momenti di pensieri non descrivibili, in quei momenti di terribile sofferenza, ho avuto il desiderio ardente di respingere l’ingiustizia, di salvare gli oppressi ed una ferma risolutezza di punire gli oppressori. E’ guardando queste torri distrutte in Libano che mi è venuta l’idea di rendere pan per focaccia e di distruggere le torri dell’America, affinché sopportasse un poco ciò che avevamo patito e smettesse di uccidere le nostre donne e i nostri bimbi. Da quel giorno mi sono reso conto che uccidere deliberatamente donne e bimbi innocenti, indifesi, è la legge americana: il terrore di stato viene chiamato libertà, progresso e democrazia, ma la resistenza viene chiamata terrorista e reazionaria.

Nella sua fatwa “contro i crociati-sionisti” del 1998, la guida islamica yemenita aveva già scritto che lo scopo dell’imperialismo americano, sia religioso sia economico, era quello di servire il Sionismo nel progetto di sterminare completamente gli arabi di Palestina, Libano, Siria, Egitto, Irak. Non desta dunque meraviglia che nelle Raccomandazioni tattiche, testo databile attorno al dicembre 2002 probabilmente scritto dallo stesso Bin Laden anche se non vi è certezza su questo, venga ricordato che “quel martedì benedetto, 23 Jumada al-thana 1422, che corrisponde all’11 settembre 2001, l’alleanza americano-sionista proseguiva a mietere i nostri figli o parenti della terra benedetta di al-Aqsa, le mani giudaiche adoperavano aerei e carri armati americani, come pure fra i nostri figli in Iraq, che morivano a causa dell’ingiusto embargo imposto dall’America e dai suoi agenti, mentre il mondo musulmano viveva lontano dalla vera religione….Dunque, grazie agli aerei del nemico sequestrati, essi (i militanti islamici) condussero una operazione ardita e bella, senza precedenti nella storia dell’umanità, abbatterono i totem americani, colpirono il Ministero della Difesa nel pieno cuore, azzannarono l’economia statunitense, misero il naso dell’America nella polvere e ne schiacciarono l’orgoglio. Così rasero al suolo le torri di New York. Il mito della grande America è crollato! Il mito della democrazia è crollato! Il mito della Cia invincibile fu raso al suolo, grazie a Dio!”.

Nella visione del militarismo confuciano cinese, nell’epoca della tecnologia finanziaria in cui il Pentagono in 28 minuti può sferrare un attacco militare con conseguente fuga di capitali, Bin Laden tende a riportare al centro della scena l’azione del militante debole e male armato. Per questo Qiao Liang ne loda l’intelligenza tattica e strategica e finisce per considerare Bin Laden l’ultima sentinella della terra.

La saldatura tattica con il saddamismo irakeno

Secondo Qiao Liang, l’Irak saddamista fu aggredito dagli Stati Uniti non perché sostenesse Al Qaida o per il “petrolio” ma perché nel 1999 Saddam Hussein aveva annunciato l’intenzione di vendere in euro gli idrocarburi iracheni, decisione presto emulata dalla Russia. Nella visione cinese, il baathismo irakeno fu il più avanzato esperimento arabo di “socialismo con caratteristiche islamico-arabe”: indicatori delle Nazioni Unite, sino alla fine degli anni ’80, segnalavano un Welfare, una scolarizzazione e un livello di vita in taluni casi ben più evoluti di quelli di taluni paesi occidentali. L’Irak sociale e islamico doveva per questo essere annientato e coinvolto in una serie di guerre militari senza fine e di guerre sanzionistiche che avrebbero condotto allo sterminio di quasi due milioni di bimbi irakeni, impossibilitati a reperire sul mercato interno sanzionato i medicinali necessari. Falluja, che diventerà il centro  della resistenza baathista saddamista, pagherà il suo terribile prezzo, le conseguenze del terrore angloamericano saranno più devastanti e dirompenti di quelli di Hiroshima [3]. Saddam teorizzò effettivamente, prima dell’invasione, la saldatura tattica con Bin Laden e con Al Qaeda contro l’americanismo. Izzat al Douri, storico braccio destro del presidente Saddam Hussein, caduto di recente – il 15 ottobre 2020 -, guida carismatica del baathismo dopo la morte del Rais di Tikrit, si salderà quindi su tutta la linea, seppur tatticamente, con il qaidismo fermando l’Impero proprio a Baghdad, come scrisse anni fa Valeria Poletti (4). L’Irak, come gran parte del Medio Oriente, gravita ora decisamente in direzione della fascia di sicurezza confuciana cinese, contrapposta alla fascia di sicurezza atlantica di là dall’Oceano. Un grande asse islamico confuciano è alle porte della nuova era, segnata dalla fine del ciclo del dollaro? Secondo i militaristi confuciani, la guerra rivoluzionaria antiamericanista di Osama e di Saddam Hussein ha dischiuso l’accesso a una nuova era storica geopolitica, all’era del renmimbi cinese, dello yen giapponese e del rublo russo.

1) https://www.jewishpress.com/news/jewish-news/biden-appoints-five-jews-to-top-posts-boy-are-their-mothers-proud/2020/11/24/

2) Yousaf, M. Adkin, The Bear Trap: Afghanistan’s Untold Story, Leo Cooper, London 1992; A. Rashid, Caos Asia, Feltrinelli 2008.

3) https://www.ilfattoquotidiano.it/2010/07/24/il-massacro-di-falluja-ha-avuto-conseguenza-peggiori-anche-di-hiroshima/43745/

4) Poletti, L’Impero si è fermato a Baghdad, Achad editrice 2006 (prefazione di F. Grimaldi).

3 pensieri su “LA CINA E LA PARTITA DEL MEDIO ORIENTE di A. Vinco”

  1. Vittoria dice:

    bravo!
    bella analisi

  2. con Stalin per sempre dice:

    bravo caro, peccato rimani trotskista!!!!

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