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IL GRANDE RESET IN PILLOLE (4):  FANATISMO AMBIENTALISTA

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Cosa accadrebbe se anche i fiumi, le foreste o i mari acquisissero lo status di persona giuridica? Ottenendo così di essere equiparati legalmente all’Uomo? Potrebbero citare in giudizio coloro che ne hanno provocato l’inquinamento? La risposta, per quelli del Grande Reset, è certamente Sì. Siamo oltre all’uomo lupo per l’uomo di Hobbes. Non il sistema sociale storicamente determinato (in questo caso il capitalismo e la sua sete insaziabile di profitto) bensì l’essere umano è considerato ontologicamente, oppressore e, col suo antropocentrismo, geneticamente distruttore. Paradigma maligno, tuttavia travestito con stracci ultra-progressisti.

Leggere per credere ciò che pensano e progettano di fare le teste d’uovo di Davos. Il teso sottostante è ripreso dal sito del World Economic Forum.

[Le Pillole precedenti:1- Il 5g; 2 – Cos’è il CoVax; 3 – L’intelligenza artificiale]

* * *

«E SE LA NATURA ACQUISISSE PERSONALITÀ GIURIDICA?

  • Gli umani hanno per molto tempo trattato la Natura poco più che alla stregua di una risorsa sfruttabile e ora ne stiamo subendo le conseguenze.
  • Fornire alle foreste, ai fiumi e alle specie una personalità giuridica potrebbe rappresentare per questi l’occasione migliore di sopravvivenza e rinnovamento.
  • Per ottenere ciò, dobbiamo però prima di tutto imparare ad ascoltare e a comprendere il linguaggio stesso della Natura.

I segnali d’allarme degli scienziati non sono più sufficienti. Alla luce delle perdite in termini di biodiversità che abbiamo patito negli ultimi decenni, abbiamo urgente bisogno di ascoltare le voci della Natura.

Oggi gli elementi naturali come gli oceani, le foreste, il suolo e gli ecosistemi sono considerati, in molte giurisdizioni, come meri oggetti e trattati di conseguenza. Quindi, cosa succederebbe se gli elementi della natura acquisissero lo status di personalità giuridica?

La discesa

Per molto tempo considerati divinità, gli elementi della Natura sono al centro di culti e rituali da tempo immemorabile. Fu con la rivoluzione agricola, l’addomesticamento del bestiame, il controllo dei fiumi e la coltivazione delle piante, che iniziò la separazione tra esseri umani e il loro ambiente. La divisione si accentuò con la mercificazione della Natura, come conseguenza dello sviluppo del commercio e della richiesta di prodotti naturali come le spezie e la seta.

Il progresso scientifico permise all’Uomo di elevarsi al rango di osservatore e quindi di cominciare ad analizzare, capire e infine dominare l’ambiente. Dalla prospettiva del nostro divino piedistallo, gli elementi naturali divennero niente di più che oggetti al servizio del loro “padrone”.

Per la verità, otteniamo legname dai taglialegna, non dalle foreste e il pescato dai pescatori, non dall’oceano.

Questa relazione antropocentrica tra Uomo e Natura ha raggiunto il suo limite e il danno ambientale conseguente è divenuto, secondo le Nazioni Unite, la più grande minaccia alla sicurezza globale.

La giustizia non fa scudo

Gli elementi naturali non sono protetti in maniera efficace dalla nostra giurisdizione o dai nostri governi. Prendiamo ad esempio l’articolo del 1972 di Christopher Stone “Should Trees Have Standing?”

Un corso d’acqua inquinato non ha la possibilità di difendersi dall’inquinatore. Potrebbe dipendere dall’eventuale azione legale del proprietario del terreno, sempre che egli volesse e potesse intentarla. Se la corte desse ragione al querelante, il risarcimento verrebbe quantificato in base al danno patito dal querelante e non dal fiume e dal suo ecosistema.

Infine solo i querelanti verrebbero risarciti, nessun beneficio sarebbe dovuto al fiume o ai pesci, al suolo o all’ecosistema dall’esito della causa. Questo stato di cose deve cambiare.

L’ascesa: da oggetto giuridico a persona giuridica

La legge definisce persona giuridica un essere umano o un’entità non umana che detenga diritti legali e sia soggetta altresì a doveri.

Inoltre, una persona giuridica può intentare una causa ed essere a sua volta citata in giudizio.

Ai nostri giorni tutti gli esseri umani sono considerati personalità giuridiche. Vi fu un tempo, tuttavia, quando gli schiavi erano considerati legalmente come oggetti senza alcuna capacità giuridica.

Oggi le aziende sono considerate anch’esse personalità giuridiche, con capacità di citare in giudizio un individuo o un’altra personalità giuridica. Il cambiamento avvenne nel tardo secolo XIX e fornì la base per lo sviluppo del capitalismo azionario che ha prosperato nel corso del Ventesimo secolo.

Più di recente, altre entità hanno ottenuto il riconoscimento di personalità giuridica, come lo scimpanzé Cécilia in Argentina e il fiume Whanganui in Nuova Zelanda. Prossimamente potrebbero aggiungersi alla lista il Lago Erie negli Stati Uniti.

Tuttavia fornire capacità giuridica ad un’entità non significa necessariamente che essa otterrà gli stessi diritti goduti dagli umani.

Ho recentemente intervistato la scrittrice, artista e giurista francese Camille de Toledo (una mia lontana cugina), la quale sta lavorando alla creazione di un comitato in grado di offrire rappresentanza legale al principale fiume francese, la Loira.

“La legge dovrebbe servire come strumento per creare maggior equilibrio tra gli uomini e gli elementi della Natura, in modo da trasferire più diritti a quegli ecosistemi che ne sono stati privati per secoli”, afferma la de Toledo. “Una personalità giuridica potrebbe avere solo diritti ma non doveri, o viceversa. Gli elementi naturali, in quanto persone giuridiche, potrebbero reclamare il diritto al loro benessere ecologico, alla loro biodiversità: ad esempio il diritto di una foresta a conservare la propria biomassa; il diritto di un oceano ad essere pulito e libero dalla plastica; il diritto delle api di non morire a causa dei pesticidi industriali”.

Tornando all’esempio del corso d’acqua inquinato, se il rio ottenesse capacità giuridica, potrebbe difendere i propri interessi e diritti. Nel caso che quei diritti venissero negati, il rio potrebbe adire azione legale a suo nome e potrebbe ricevere un risarcimento quantificato sul danno subìto, che potrebbe essere usato per finanziare il riequilibrio del suo ecosistema.

L’ascesa degli stakeholder bio-economici 

Il manifesto di Davos 2020 auspica un riorientamento verso il capitalismo stakeholder. Le aziende, che non molto tempo fa ottennero capacità giuridica, sono oggigiorno coinvolte a fianco degli stati e della società civile in molte iniziative a significativo impatto sociale e ambientale. I benefici a lungo termine dell’acquisizione di capacità giuridica non sono quindi limitati all’allocazione di nuovi diritti; è assai più che una forma di emancipazione ma l’accesso allo statuto di stakeholder.

Perciò, fornire capacità giuridica agli elementi naturali potrebbe anche implicare la concessione agli oceani, alle foreste e ai rappresentati degli ecosistemi un seggio accanto agli altri decisori del mondo.

Dopotutto, non è questo anche il loro mondo, dato che l’Umanità non rappresenta che lo 0.01% della biomassa terrestre?

È interessante come il fornire capacità giuridica agli elementi naturali implicherebbe anche il riconoscimento dei loro possedimenti materiali, come fondi accumulati dai risarcimenti o ottenuti dalle loro attività commerciali. Tali fondi potrebbero venire usati, per esempio, per assumere avvocati nella causa di un fiume inquinato, o guardiani che sovraintendano allo sfruttamento sostenibile di un alveare. Questi stessi fondi potrebbero essere investiti nella ricostruzione di un sotto-ecosistema danneggiato o per l’espansione di una foresta in pericolo, a fianco dell’azione di ONG esistenti.

Riconoscere gli ecosistemi alla stregua di stakeholder e perfino di attori economici potrebbe fornire loro una opportunità di sopravvivenza.

La governance della Natura

Per poter comunicare con gli ecosistemi naturali, dobbiamo prima comprendere il loro linguaggio.

Solo così potremo pensare di rappresentarli mediante osservatori legali, comitati o assemblee. Questo nuovo approccio ovviamente solleva questioni e presenta notevoli sfide di natura legale ed ontologica; questioni alle quali il comitato di Camille de Toledo sta cercando di rispondere consultando giuristi, filosofi e ricercatori.

Questo comitato che raggrupperà tutti gli stakeholder della Loira – residenti, ricercatori, pescatori ma anche ad esempio piante, suolo, acque e pesci, saranno la “voce” della Loira.

Alla fine, ascoltare la voce della Natura ed imparare il suo linguaggio sarà probabilmente la sfida più grande che gli esseri umani abbiano mai affrontato. Se dovessero fallire, sarebbe anche l’ultima.

Come dice de Toledo:

“Rendere le entità naturali persone giuridiche nell’era dell’Antropocene, trasferirebbe diritti, poteri e perfino piani finanziari alla Terra stessa e alle sue componenti non umane. Ovvero a ciò dal quale derivano i diritti degli esseri umani medesimi”.

Fonte: World Economic Forum

3 pensieri su “IL GRANDE RESET IN PILLOLE (4):  FANATISMO AMBIENTALISTA”

  1. RobertoG dice:

    Stakeholder, capitalismo stakeholder che roba è? Scrivi in italiano se vuoi farti capire da tutti. Grazie.

  2. LA REDAZIONE dice:

    Caro Roberto,

    non si tratta di un vezzo o di amore per gli anglicismi (anzi!)…
    c’è una ragione per cui è bene, nell’indicare cosa vogliano i cervelloni del Grande Reset, utilizzare, accanto al sostantivo in italiano l’aggettivo inglese STAKEHOLDER.
    Qualsiasi traduzione in lingua italiana (come del resto in ogni altra lingua neolatina) non rende bene il concetto. Per restare vicini al suo significato dovremmo scrivere: «STAKEHOLDER è ogni soggetto direttamente o indirettamente coinvolto, in quanto ad interessi, nel realizzare una finalità e/o un progetto di un’azienda».
    Capisci che la si farebbe troppo lunga.
    Non equivale ad azionista (shareholder), non equivale a socio (partner). Non la facciamo lunga ma vale segnalare che abbiamo a che fare con le figure del diritto inglese, che è molto diverso dal nostro — la lingua è fatta a immagine e somiglianza del mondo e della vita sociale.
    Del resto sono numerosi i lemmi inglesi entrati a far parte del modo di esprimersi. Vogliamo italianizzare PRIVACY? INTERNET? CHECK-IN? Potremmo continuare….
    Invero, data la sua grande importanza, torneremo con una “pillola” dedicata proprio allo STAKEHOLDER CAPITALISM.
    Speriamo di essere stati convincenti.

  3. RobertoG dice:

    Carissimi, vi ringrazio per la gentile risposta ma purtroppo devo dire che no, non mi avete proprio convinto.
    Sono oramai quasi quattromila (ed in continuo aumento) i lemmi inglesi entrati nel nostro modo di parlare e tutti o quasi avrebbero, se lo si volesse, la possibilità di essere tradotti o reinterpretati
    (chi è interessato li può consultare tutti quanti qui: https://aaa.italofonia.info/).
    Si insinuano in tutti gli ambiti compreso quello del linguaggio politico e vengono utilizzati anche dai cosiddetti sovranisti senza soluzione di continuità (si pensi solo all’uso compulsivo di mainstream e fake news e non mi si venga a dire che questi termini non hanno un nostro corrispettivo).
    L’atteggiamento passivo degli italiani incoraggiato dalle loro ignobili istituzioni e sistema di TV e giornali sta portando ad una vera e propria creolizzazione della nostra lingua, che produce tra l’altro come nel caso in questione dei gravi problemi di comunicazione e di comprensione. In certi settori si fa davvero fatica a leggere gli articoli tanto sono pieni e densi di questa terminologia sempre più invadente tanto che oramai si deve parlare più di itanglese che di italiano. Ci sono paesi come la Francia e la Spagna dove il fenomeno viene drasticamente ridotto grazie all’azione di contrasto delle rispettive classi dirigenti che hanno evidentemente a cuore, al contrario della nostra, l’interesse nazionale. Sì perchè anche questo contribuisce allo sfilacciamento ed alla disunione sociale del nostro popolo. La marginalizzazione della nostra lingua che viene sempre più espunta dai concetti principali e dai titoli mantenendo le parole più semplici che ci girano intorno (cosa che in un certo senso ricorda la struttura degli eserciti coloniali dove gli ufficiali erano del paese colonizzatore ed i sottufficiali e soldati del paese colonizzato) produce poi il fenomeno ancor più inquietante della sua sostituzione in toto dai settori culturalmente più elevati già iniziata in alcuni ambiti universitari e della ricerca in Italia. Una politica che viene intrapresa naturalmente dalle nostre classi dirigenti globaliste (o meglio angloamericaniste) e che dovrebbe indignare chi anche solo minimamente si reputa “sovranista” o semplicemente ama il suo paese e la sua cultura. Sì perchè è bene ricordare che l’Italia senza l’italiano non esisterebbe più, e che al suo posto ci sarebbe qualcos’altro di non ben definito, forse un surrogato coloniale dell’Inghilterra o degli Stati Uniti ma che di certo con la sua storia e la sua civiltà non avrebbe più nulla a che vedere.

    P.S.
    Dal dizionario che ho segnalato: stakeholder sono dunque anche gli interlocutori, i diretti interessati, gli attori coinvolti.
    Se si vuole si può adattarlo in italiano senza farla troppo lunga e chi vi legge afferra subito il concetto e vi capisce al volo. Saluti.

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