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VACCINI E CONTESA GEOPOLITICA Federico Maria Romero

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Riceviamo e pubblichiamo

Il modello israeliano egemonizza l’occidente nella guerra di civiltà

Già due mesi fa Sollevazione aveva preannunciato la “Guerra Globale dei vaccini” in cui ora ci troviamo, mettendo peraltro in guardia dalla catena del valore finale, imperialista e ultranazionalista, della “vaccinazione nanotecnologica angloamericana” (Moderna (1), Pfizer, Astra Zeneca. Il nazionalismo imperiale americano è una costante storica irriducibile.

Il patriottismo sociale e il multipolarismo non bellicista di Donald Trump, per ora sconfitti, lasciano il passo al nuovo imperialismo di civiltà. Il sacro egoismo, che evoca guarda caso il neutralismo di casa nostra del 1914, e il capitalismo politico angloamericano fanno a pugni con la prassi della cooperazione internazionale che i cinesi e i russi sono stati in grado di mettere in campo in questi tragici mesi. L’amministrazione “globalista” Biden ha respinto tutte le richieste degli altri paesi del mondo sulla condivisione dei vaccini. Senza peli sulla lingua il portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha affermato che la priorità assoluta è “vaccinare gli americani”.

Un altro caso, scoppiato in questi giorni in parallelo al caso di Astra Zeneca, riguarda i farmaci Pfizer e Moderna. Il British Medical Journal (Bmj)  ha riportato la testimonianza di scienziati dell’Ema che avrebbero viceversa constatato la presenza di specie di mRNA troncate e mutilate nei farmaci Moderna e Pfizer senza dare il peso che meritava alla questione. Nonostante l’approvazione dell’Ema Peter Doshi (Professore di ricerca sui servizi sanitari farmaceutici dell’Università di Maryland) continua tuttora a manifestare fortissime perplessità sia sul farmaco Pfizer sia su Moderna. L’efficacia del “vaccino americano”, secondo lo scienziato, non sarebbe affatto superiore al 90%, come ha sostenuto l’Ema, ma si attesterebbe poco sopra il 20%. Ciò, secondo lo scienziato della Maryland, avrà effetti assai pesanti nel futuro mondo occidentale Post-Covid.

Cina, Giappone, le due Coree, Russia hanno già da mesi sconfitto il Covid; noi ci troviamo invece in una campagna vaccinale fortemente compromessa e assai poco aderente agli standard di efficacia scientifica. Non è un caso che l’epidemia di terrore e il fenomeno dei “No-Vax” e del cosiddetto negazionismo antiscientifico siano iniziati a radicalizzarsi, anche a ragione, dopo il necessario “ritiro cautelativo” di lotti del vaccino antinfluenzale Fluad nel 2014. Allora l’Aifa, in una lettera al Bmj scrisse proprio, testualmente, che era arrivato il momento di ripensare le normative di farmacovigilanza.

E’ quindi il modello della Destra sovranista israeliana a imporre attualmente i suoi ritmi modernistici all’Occidente [1]. Con una prassi tipica di una società chiusa, gerarchica, militarizzata e ultranazionalista, Israele guida con irraggiungibile vantaggio il fronte della lotta al Covid-19. A prescindere dalla retorica nazionalista che rappresenta Albert Burla, CEO Pfizer, come “grande amico di Israele” (Bibi Netanyahu), i militari israeliani hanno vaccinato i loro cittadini con tutti i farmaci di cui disponevano, almeno 1.500 dosi del farmaco russo Sputnik V destinate a Gaza sono state ad esempio bloccate dall’esercito israeliano e usate in loco, lo stesso sarebbe stato fatto con il vaccino cinese destinato a altri lidi. Il Mossad è da un anno impegnato in prima linea nella Guerra Globale dei vaccini e non è un caso, quindi, che Israele sia all’avanguardia su tale fronte strategico. I “sovranisti” occidentali, che contrastavano la politica del lockdown e delle zone rosse come conseguenza di una presunta vittoria del “totalitarismo socialista cinese”, non comprendevano cosa bolliva in pentola.

Al tempo stesso, direttamente dal Cremlino arriva la stoccata che avverte che CIA e MI6 sono pronte a lanciare una grande campagna di disinformazione contro il farmaco russo, il più diffuso al mondo, presente ormai in più di 50 Nazioni, unico vaccino a aver superato tutti i test. Varie nazioni dell’UE, guidate dall’Austria, attaccano direttamente Bruxelles per la sua politica suicida nella lotta al Covid, chiedendo una nuova linea strategica [2]. In realtà da ciò si deduce che il futuro sarà all’insegna di un vero e proprio militarismo tecnologico e non di una vaga e utopistica tecnocrazia globalista; agenzie militari di intelligence avranno un peso strategico nelle decisioni politiche e economiche di ultima istanza. Le società occidentali inoltre, sul modello israeliano, sono diventate assai più chiuse e sovraniste delle stesse Cina, Russia, Turchia, Egitto, che vengono contrabbandate come “illiberali”. L’essenza di una prassi sociale e politica si vede nel momento decisivo e questo smaschera decenni di propaganda pseudoprogressista e pseudoumanitaristica da “società aperta”. Sicurezza nazionale, interesse nazionale, salvaguardia della salute nazionale vengono attualmente, in un momento storico decisivo, dopo decenni di inessenziale sbornia progressista e internazionalistica, prima di ogni altro elemento.

Anche gli eventuali difetti sperimentali del vaccino, derubricati velocemente a necessari danni collaterali anche qualora comportassero tragici rischi per la salute individuale, passano in secondo piano rispetto alla logica della sicurezza nazionale interna. Gli stessi leader della Sinistra globalista, da Draghi a Macron, da Biden a Sanchez, hanno dato in questi frangenti una severa prova di “chiusura nazionalistica”, che non potrà essere dimenticata. E sicuramente non sarà in futuro dimenticata. Il Salvini di due anni fa, del “Prima gli italiani”, in cosa differisce concretamente dal Draghi di oggi, che vieta l’esportazione di lotti ai Paesi africani o all’Australia, se prescindiamo dalla solita retorica dei media o dall’impostazione pseudoliberista del primo e pseudokeynesiana del secondo? Gli unici modelli di “società aperta”, paradossalmente, li abbiamo oggi in Europa con l’ungherese Orban e con il serbo Vucic che hanno assicurato ai propri cittadini l’intera gamma del mercato vaccinale, compresi il farmaco russo e quello cinese, e hanno coraggiosamente sostenuto, quando hanno potuto, gli altri popoli più poveri e più deboli.

Inoltre, il tanto sbandierato “Great Reset” si rivela anche in tal caso, nel momento tattico decisivo, una declinazione della classica guerra di civiltà.

Se è vero che nella prima fase della “rivoluzione mondiale Covid 19” avemmo un approccio simpatetico – probabilmente contro i vari Trump, Putin e Xi Jinping – tra il vecchio globalismo reazionario liberal angloamericano e clintoniano dell’MI6 e la frazione socialdemocratica globalistica di Shangai, è altrettanto vero che quel progetto si è rivelato un boomerang e un autogol per entrambe le frazioni e che se, per ipotesi, un politico o un economista della cordata socialdemocratica cinese si trovasse oggi al posto di Xi, difficilmente potrebbe essere meno essere “nazionalista han” di quanto oggi lo è, e con una notevole stoffa da statista, Xi Jinping a meno non voglia cedere sulla strategica questione di Taipei o non voglia sorvolare sul “secolo dell’umiliazione”. Ma ciò, evidentemente, significherebbe rischiare un immediato crollo della Grande Cina han e una spaccatura su linee etniche interne. Lo stesso vale, in definitiva, per le altre grandi potenze come Russia e Usa e per le medie potenze che arrivano subito dietro, come Israele, Turchia e India.

NOTE

Un pensiero su “VACCINI E CONTESA GEOPOLITICA Federico Maria Romero”

  1. Un lettore assiduo dice:

    “Il sacro egoismo, che evoca guarda caso il neutralismo del 1914 di casa nostra”…
    Questa analogia che c’entra?

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