TASSE, SINISTRA E “POTERE PREDITTIVO” di Thomas Fazi
Da un paio di giorni è salita alla ribalta la proposta del neo-segretario del PD Letta di istituire una tassa sulla successione per i patrimoni oltre il milione, così da “aiutare i giovani”.
Una mossa furbetta e ingannatrice del segretario piddino: si vuol dare una verniciata di sinistra al liberismo del suo partito mascherando il bieco europeismo.
Ci vuole poco a capirlo, tuttavia in diversi sono caduti nella trappola. Tra questi anche l’amico Marco Veronese Passarella. Questi scrive nella sulla sua pagina facebook:
«La discussione sulla tassa di successione ha il grande merito di rivelare immediatamente la collocazione politica di ciascuno: chi è favore, è un liberale (centro); chi è contro, è un conservatore (destra); chi è a favore, ma pensa che non basti a garantire una distribuzione equa, è un socialista (sinistra). Nessun’altra informazione conferisce un potere predittivo così forte».
Il discorso sembra non fare una piega… Invece (altro che “forte potere predittivo”!) è fallace da cima a fondo.
Perché sia così ce lo spiega, con argomento impeccabile, Thomas Fazi:
«La questione sulla “patrimoniale” o sulla “tassazione dei ricchi” è piuttosto semplice.
Se questa viene presentata come misura per “finanziare cose” — che siano politiche sociali, riduzione delle tasse per altre fasce della popolazione ecc. — vuol dire che si è saldamente ancorati nella logica dell’austerità e della “coperta corta”, per cui se si vuole aumentare la spesa di qua o ridurre le tasse di là, bisogna “prendere i soldi” da qualche altra parte.
Che si tratti di un approccio del tutto autolesionista — dalla prospettiva di chi spera di migliorare le condizioni materiali dei ceti medio-bassi — lo si evince dal fatto che, accettando questa logica, indirettamente si accetta anche che, se la proposta in questione non dovesse passare — come nel caso della tassa di successione proposta di Letta, bocciata sul nascere —, si dovrà necessariamente rinunciare alle misure che la tassa in questione avrebbe dovuto finanziare.
Della serie «c’abbiamo provato, sarebbe bello, ma purtroppo non si può fare perché non ci sono i soldi». Insomma, l’unico obiettivo raggiunto sarà quello di aver convinto la gente dell’impossibilità di finanziare quelle misure. Un bel successo, non c’è che dire!
L’approccio va completamente ribaltato: qualunque misura atta a migliorare le condizioni materiali della popolazione va finanziata nell’unico modo in cui si finanziano *tutte* le politiche di bilancio nei moderni regimi monetari (che si tratti di aumenti della spesa pubblica o di riduzione delle tasse), cioè attraverso l’emissione di base monetaria. La tassazione e/o l’emissione di titoli, infatti, avviene *sempre* in un secondo momento. E nessuno meglio di Draghi capisce queste cose, sebbene si guardi bene dal dirlo.
Questo almeno nei regimi che detengono la sovranità monetaria, dove le politiche di bilancio avvengono sempre in un regime di cooperazione “automatica” tra banca centrale e governo, laddove il secondo non è mai tenuto a chiedere il “permesso” al primo, che si limita a facilitare le decisioni di bilancio del governo.
Da noi la situazione è più complicata, visto che le politiche di bilancio richiedono il “consenso” della BCE. Ma allora ci si aspetterebbe che una sinistra degna di questo nome parli di questo, che è il vero nodo della questione (irrisolvibile nella cornice dell’eurozona).
E invece non c’è niente da fare: la sinistra non riesce a uscire dalle stesse proposte fallimentari di sempre, riflesso di una comprensione del tutto fallace di come funzionano i moderni sistemi monetari.
Ma d’altronde stiamo parlando di una proposta di Letta. Il che già suona come un ossimoro».