LA STRAGE DI KABUL
Riceviamo da un lettore
* Nella foto combattenti dello Stato Islamico della provincia del Khorasan
Perché non crediamo nel complotto
Il 26 agosto 2021 ambienti di peso dell’intelligence di Mosca dichiaravano che dal maggio 1945 per la prima volta nella storia il potere imperiale statunitense perdeva la sua supremazia globale. E’ un fatto definitivo. La sconfitta americana del 2021 ha quindi, per i militari nazionalisti russi, un valore centrale e decisivo nella storia contemporanea. Non si parla, per ora, di mondo multipolare avanzante o di “Secolo Confuciano Cinese” o di “Offensiva controegemonica nazionalista e antimperialista Russo/Indiana”, ma di fine della supremazia mondiale statunitense. Questo è perciò l’elemento fondamentale da cui ripartire.
Poche ore dopo scoppiava la strage di Kabul. La dinamica della strage è ancora molto confusa e poco chiara. Il bilancio attuale è di 13 marines uccisi, 48 talebani caduti in battaglia contro l’ISKP (1) e un numero imprecisato di civili, a nostro avviso purtroppo si andrà oltre i 120 (2). La dinamica dell’attentato rimanda allo stile Isis. Il primo attentatore suicida si è fatto esplodere nel canale fognario che viene usato in questi giorni per accedere all’Abbey Gate aggirando i varchi controllati, ovvero per accedere al punto di ingresso, un tempo britannico, dell’Hamid Karzai International Airport. Le pareti del canale hanno inevitabilmente amplificato quello che si definisce in termini fisici il paradosso idrodinamico macerando corpi e brandelli di residuali pelli smembrate in un vortice di rovine e sangue a cui gli afghani sono purtroppo abituati. Poco dopo la prima esplosione abbiamo un secondo evento nella Darulam Road: i miliziani taliban corrono alla controffensiva e affrontano con ammirevole e puro eroismo patriottico, con totale sprezzo del pericolo i terroristi dell’Isis, che hanno cariche di esplosivo pronte a deflagrare, andando incontro alla morte sicura e certa per salvare donne e bambini Pathan e l’onore stesso della gente Pashtun (3). I giovani militanti talebani cadono a decine, facendosi dilaniare dagli esplosivi messi in azione dai terroristi, proprio per salvare quei “civili” che stanno fuggendo, quei “civili” che in realtà sono stati quasi totalmente negli anni recenti al servizio del nemico di civiltà e sul libro paga dell’invasore americano e occidentale. “Civili” quindi che in gran parte dei casi hanno operato su lauto compenso in azione di controspionaggio dei servizi angloamericani e occidentali. Pare che in seguito vi siano state altre esplosioni, ma si tratterebbe di esplosioni controllate, una sorta di disinnesco di ied da parte degli stessi marines. Va precisato, riguardo ai molti commenti un po’ superficiali di fior di analisti che andiamo leggendo in queste ore, che farsi esplodere in un contesto di massa di civili non corazzati e non addestrati è facilissimo. Basta una persona che vuole ottenere lo scopo e si ottiene il massimo risultato. Incolpare la sicurezza talebana per questo è francamente fuori dal mondo.
I talebani andrebbero semmai accusati per aver implicitamente accettato le condizioni di Joe Biden e del Pentagono di fare dell’aeroporto il punto di smistamento di massa e di evacuazione. I taliban avrebbero potuto usufruire dell’esperienza acquistata sul campo dal controspionaggio che ora fugge in massa da Kabul, cercando di trattenerlo a Kabul con serie proposte di rinascita nazionale e economica e evitando la fuga di massa che ha fatto il gioco della propaganda neo/colonialista. Per il resto, negli ultimi dieci anni attentati di questo tipo si sono verificati con tragica e sorprendente regolarità a Kabul. Ora abbiamo in Occidente un pianto collettivo isterico solo per la tremenda figura morale e d’immagine fatta da Joe Biden e dalla Kamala Harris o perché si ha la consapevolezza che questo evento significa la sconfitta del potere mondiale statunitense. Quando dal 2001 a oggi morivano ogni anno migliaia di bambini afghani di ogni etnia e religione, anche cristiani, per mano di terroristi o presidenti democratici insigniti del Nobel per la Pace non fregava nulla a nessuno, nemmeno al “papa buono” che ha una lacrimuccia per tutti, anche per il movimento gender! Quindi evitiamo di cadere nei tranelli mediatici neocolonialisti, neosuprematisti e neorazzisti.
La strage e la lotta di fazione nel movimento talebano
L’Isis (ISKP) compariva in Afghanistan nel 2015. Le uniche forze che sono riuscite a sconfiggerlo, dopo i tentativi falliti del governo Ghani e dei marines statunitensi o dei militari britannici, sono state le “unità della fede” del movimento talebano. Tale vittoria, più di tutto il resto, ha sancito e legittimato la affermazione regionale del movimento talebano con gli invasori americani più volte sconfitti sul campo dall’ISKP. Va compreso che abbiamo tre fazioni egemoni nel movimento talebano: la componente politica “nazionalista” e pragmatica del Sud, che è la più forte e quella si è anche imposta sul campo negli anni, forse la più fedele al movimento originario del Mullah Omar; la componente alternativa del Sud/Est (Haqqani) e quella del Nord (più estremista sul piano religioso, comprendiamo in questo fronte la stessa Shura di Peshawar), che contestano alla fazione meridionale “nazionalista e possibilista” il diritto di controllare il processo decisionistico politico finale. Si noti che la conquista di Kabul (15 agosto) da parte degli Haqqani e di quelli dell’Est rimane tuttora enigmatica. In realtà, data l’esperienza e l’antica militanza sul campo, spettava ai meridionali “liberare” simbolicamente la capitale. La presenza inaspettata dei talebani dell’Est ha fatto sorgere le prime frizioni interne e il sospetto che i servizi pachistani (ISI) abbiano giocato un ruolo decisivo in questo effetto sorpresa contro “i politici” del Sud. Gli Haqqani sono peraltro gli afghani più vicini allo stesso Movimento dei Talebani pachistani (TTP) ed è probabile che i servizi di Islamabad, nonostante perseguitino in loco i loro talebani, tentino di utilizzare gli Haqqani nella tradizionale logica del divide et impera dell’Afghanistan. La strage potrebbe ridefinire perciò i rapporti di forza interni al movimento, dando più fiato e più peso agli estremisti religiosi contro i possibilisti politici. Qui si potrebbero inserire i neocon e il Pentagono. Speriamo di no ma i presupposti vi sono tutti.
La strage e il contesto internazionale
La strage non è un complotto o se vi fosse stata l’ipotesi operativa di complotto la potremmo dichiarare tranquillamente fallita. Il Complotto è la guerra di civiltà in corso dal 2001. Joe Biden, debole e mortalmente ferito nel suo orgoglio di grande imperialista americano che non può più fare l’imperatore perché il suo posto è occupato (Xi Jinping), ha però con assoluta determinazione precisato che vi sarà vendetta ma isolata e circoscritta, ammesso e non concesso il nuovo governo di Kabul dia il permesso allo straniero di varcare le frontiere del Waziristan. Speriamo proprio di no: starebbe al Movimento talebano, come ha già fatto negli anni recenti, decapitare e annientare sul campo il terrorismo. Joe Biden, Kamala Harris, Blinken e il Pentagono, per quanto in un modo che denota tutta la spaventosa decadenza dell’americanismo imperialista, seguono nei fatti la linea nazionalista, autarchica, keynesiana e non interventista di Donald Trump. Chi parlava nel novembre 2020 di un possibile Obama III alla Casa Bianca, con Biden e Kamala, ha sperimentato in questi mesi una doccia non solo ghiacciata, ma di più!, sull’epidermide. Obama, il Potus dei neocon, fu in sostanza un Bush III e un Bush IV. Biden/Harris è invece un Trump II, un nazionalismo americano puro con tutto il corollario ideologico e retorico di classe media forte e assistita non troppo inquinata dagli immigrati (Harris dixit Giugno 2021). E’ vero, ci mancherebbe, che ora il Pentagono tenterà di controllare il “Cuore del Mondo” – lo strategico crocevia afghano – tramite compagnie finanziarie e tecnologiche private o tramite una permanente guerra civile che danneggi la Cina, ma non sarà chiaramente lo stesso ammesso, e dubitiamo, vi riuscisse. E’ vero, che ora i Democratici Biden Harris Blinken e il Pentagono tenteranno un’alleanza strategica esplicita con i settori più estremisti del movimento talebano per azzoppare la fazione pragmatica e nazionalista del movimento, ci può stare. ma dubitiamo sui risultati certi che molti già vi vedrebbero. Perché non sarà lo stesso? Perché il 2021 è una data spartiacque? Va considerato che l’odierna guerra mondiale, ancora più delle due guerre dello scorso secolo, è una guerra totale di informazione, conoscenza, servizi e controllo di dati. Ben oltre i droni e le tecnologie. Non aver il possesso diretto e immediato del flusso decisivo di info/dati/servizi/movimenti in un crocevia strategico come l’Afghanistan significa essere di fatto sconfitti e estromessi. Starà ora ai confuciani cinesi mostrare di essere all’altezza del loro compito strategico. Russi, indiani, turchi e defilati gli stessi americani attendono Xi Jinping al varco. Vedremo, solo negli anni futuri, se la odierna sonora sconfitta statunitense è una ritirata strategica, una eclisse o un vero e proprio tramonto dell’Impero.
Note
- ISKP è la sigla dell’Isis afghano: Stato Islamico della provincia del Khorasan è appunto il braccio afghano dell’Isis.
- Fonti pakistane e russe parlano di 48 talebani caduti in battaglia contro il terrorismo, fonti americane invece di 29 talebani uccisi dall’ISKP.
- Si consideri che le frazioni meridionali, più nazionaliste in senso pathan, del Movimento Talebano considerano l’Isis un movimento arabo/occidentalizzato, nichilista, terrorista, violento e perciò del tutto estraneo alla dimensione sacrale della civiltà musulmana.