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NON FATE FIGLI CHE A FERRAGOSTO FA CALDO di Leonardo Mazzei

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Qualche giorno fa i fenomeni dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) hanno consegnato il loro nuovo rapporto sul clima. Per la precisione si sono limitati a renderne pubblica la prima parte. Le altre due sezioni verranno infatti più avanti. Meglio spalmare il terrorismo climatico su più mesi. Al resto penseranno i media ed i megafoni del globalismo. Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, ha detto che «la Terra è in codice rosso». Un linguaggio da pronto soccorso che in tempi di Covid dovrebbe far rizzare gli orecchi.

In realtà l’Ipcc non ha portato elementi nuovi. Ma questo non conta, l’importante è la ripetizione infinita del solito concetto: il pianeta vive un’emergenza dalla quale potranno salvarci solo gli “esperti”. Naturalmente quelli benedetti dalla cupola oligarchica che comanda il mondo. E’ stato così per la crisi economica (tutto il potere ai bocconiani!), è così per il coronavirus, vogliono fare in modo che sia così anche per il clima.

Il nuovo regime autoritario si basa proprio sul potere di una tecnocrazia legittimata da una scienza che si è fatta religione. In questo senso clima e virus presentano analogie impressionanti.

In primo luogo entrambi i temi vengono enfatizzati oltre misura. La fine del mondo sembra proprio lì ad un passo. Ai dati oggettivi si sostituiscono le visioni catastrofiche, onde sottrarre spazio ad ogni discussione degna di questo nome. In questo clima non può esserci posto per la democrazia, bisogna solo combattere al seguito di una tecno-scienza che ci indicherà la retta via da seguire. Un pensiero unico da far impallidire le pretese dei vecchi totalitarismi, ma che reca con sé un’insanabile contraddizione: quella tecno-scienza che oggi dovrebbe salvarci non è forse la stessa che ci ha condotto alla situazione attuale? Se fino a ieri ha prodotto il Male che ci dicono, perché da ora in avanti dovrebbe essere l’unico rimedio in grado di far trionfare il Bene? Domande che non possono trovare risposta nel mondo alla rovescia del tempo che ci troviamo a vivere.

In secondo luogo clima e virus ci vengono narrati non come problemi, bensì come emergenze. I problemi, infatti, sono fatti per essere risolti. E la soluzione sta anche nel confronto tra ipotesi diverse. L’emergenza produce invece la cultura e la pratica dell’emergenzialismo, conducendo di fatto allo “stato d’eccezione”, che è esattamente la situazione che stiamo vivendo da un anno e mezzo. Un condizione che lorsignori vorrebbero non finisse mai.

In terzo luogo, clima e virus diventano degli “assoluti” che fanno scomparire tutto il resto. I problemi sanitari del pianeta (come pure quelli di un paese come l’Italia) si riducono al Covid. La stessa cosa avviene per l’ambiente. Tutte le grandi devastazioni ambientali figlie del capitalismo, dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, dall’uso dei pesticidi in agricoltura all’elettrosmog, scompaiono di fronte al cosiddetto “cambiamento climatico”. Decisamente molto comodo, sia per i grandi inquinatori (difatti oggi tutti “green”) che per i governi di ogni dove.

Due anni fa ho dedicato alla questione climatica una serie di articoli (qui il settimo pezzo con i link a tutti i precedenti articoli), un tema tosto che prima o poi andrà preso di petto. Qui mi limito invece a segnalare un fatterello rivelatore di cosa si celi dietro la narrazione del catastrofismo climatico.

I signori del depopolamento

Il 10 agosto il Corriere della Sera faceva commentare il rapporto dell’Ipcc a Gary Shteyngart, un romanziere americano di origini russe. Dopo tanto scientismo un tanto al chilo, meglio far tradurre cotanta catastrofe annunciata ad un personaggio che può permettersi qualche licenza sopra le righe del politicamente corretto.

Shteyngart non va infatti per il sottile. Il romanziere aderisce senz’altro al terrorismo imperante, anche se del clima palesemente non sa nulla. Ma proprio per questo è perfetto per trasmettere un preciso messaggio. Leggiamolo:

«Avere figli ai giorni nostri è una follia, e fate bene voi italiani che avete quasi smesso. Nel mio nuovo libro, una delle coppie ha una figlia dell’età di mio figlio, 7 anni, ma gli adulti pensano che non sia più il caso di riprodursi nel mondo che verrà. La Generazione L, che sta per Last, sarà l’ultima».

Eccoci così arrivati alla teorizzazione aperta del depopolamento. Qualche giorno fa Giorgio Agamben, riflettendo sulle possibili conseguenze della gestione dell’epidemia, ipotizzava che la linea della “pura sopravvivenza biologica”, cioè di una vita che nega la socialità, possa infine portare l’umanità verso un suicidio di massa simile a quello praticato dai lemmings.

Un’esagerazione? Speriamo sia così, ma quanto sostenuto dal romanziere americano va esattamente in quella direzione.

Capito dove porta il catastrofismo climatico, al pari di quello pandemico? Ora, noi potremmo anche non prendere in considerazione il signor Shteyngart, di cui mai leggeremo un libro, ma possiamo ignorare la paginata dedicatagli dal Corriere? Evidentemente no, anche perché lo stesso giornale è recidivo. Il 13 agosto la parola viene passata ad un altro romanziere, Maurizio de Giovanni. Il tema è l’ondata di calore di questa metà agosto. La sua prosa si commenta da sola:

«C’è piuttosto una vera paura, dapprima individuale e poi subito condivisa, che stavolta ci si trovi al cospetto di una catastrofe lenta e progressiva, probabilmente senza ritorno, l’inizio di una caduta verso l’abisso alla quale, probabilmente, è troppo tardi per mettere riparo».

E ancora:

«C’è qualcosa di definitivo, in questo caldo. Perché da un caldo così non è possibile fuggire, se non chiudendosi in casa, di nuovo».

Ora, potessimo discutere seriamente ci verrebbe da osservare che il caldo a Ferragosto non è cosa poi così strana, che le medie stagionali sono fatte di valori sotto (talvolta molto sotto) e di valori sopra (talvolta molto sopra) la media. Ma la discussione è impossibile, e la narrazione è costruita in modo da impedire ogni dubbio sul pensiero unico dominante. Esattamente come col Covid.

Discutere non si può e non si deve più fare figli. Ecco il loro futuro: chi ama il suicidio si adegui, chi ama la vita combatta.

Ultima noterella: sapete quanto è variata la temperatura media in Italia nei primi sette mesi del 2021 rispetto al 2020? Di 0,4 °C. Ma in meno. Chi lo direbbe a guardar la Tv!

Un pensiero su “NON FATE FIGLI CHE A FERRAGOSTO FA CALDO di Leonardo Mazzei”

  1. Nello dice:

    Caro Mazzei, fai bene adoperando opportunamente la categoria di tecnoscienza ,componente fondamentale del capitalismo assoluto, a decostruire la narrazione ideologica dell’emergenza climatica e a denunciare il fatto (di cui anche Heidegger si era accorto) che è proprio l’apparato tecno-scientifico (Gestell) a costituire il sommo pericolo e non la salvezza della specie umana, ma al di là dell’uso distorto e ideologico del cambiamento climatico, affine alla rappresentazione della pandemia e delle statistiche matematicamente confortanti, il dato colto anche con angosciosa sensibilità da de Giovanni, è reale. La media delle temperature percepite si è progressivamente innalzata dagli anni Novanta ad oggi e la sofferenza fisica e psicologica di fronte ad estati interminabili, torride e infuocate si aggiunge a quella causata dai guasti economici e sociali. Io ho l’età per paragonare le estati di 30 anni fa a quelle odierne. Gli stessi cicli temporali previsti dagli esperti sono ribaltati dalla realtà climatica. Si diceva che “fra 30 anni l’inverno sparirà nelle regioni temperate”. Ebbene è già sparito e non solo nelle regioni temperate ma anche nella lontana tundra siberiana, dove dopo febbraio le temperature di rado scendono sotto lo zero e d’estate si sfiorano i 40 gradi sopra zero. Che l’analisi e il rimedio (che sarebbe un gigantesco cambiamento dei modi di produzione, come ben sappiamo) siano antitetici a quelli di Lorsignori pure lo sappiamo, ma non neghiamo il fenomeno in atto e i suoi inquietanti sviluppi.

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