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BUFFONATA DI STATO di Leonardo Mazzei

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Al peggio non c’è limite. Questo lo sappiamo da tempo. Idem per le giravolte dei politicanti d’accatto che popolano i palazzi romani. Tuttavia, la rielezione di Sergio Mattarella fu Bernardo supera ogni immaginazione. Costui, sempre ritratto con l’aureola del santo dal giornalismo più servile della Via Lattea, ha ripetuto per un anno intero la sua contrarietà al doppio mandato. E lo ha fatto (per una volta, giustamente) in nome di quella Costituzione che con il voto di ieri è stata nuovamente stuprata. Forse la coerenza non sarà la prima delle virtù, ma se almeno un minimo di decenza vi fosse Mattarella non sarebbe tornato lì dove risiede da sette anni.

Il suo bis ci parla di un sistema marcio, che non ha esitato ad ibernarsi pur di conservarsi. E’ lo stesso sistema che vorrebbe farci vivere in uno stato d’emergenza senza fine, in una società senza diritti, in una nazione popolata da zombi spaventati e governata da personaggi oscuri che nessuno ha eletto.

Mattarella deve stare al Quirinale, perché Draghi deve continuare ad operare da Palazzo Chigi. Questa è la vera ratio del voto della vergogna di un parlamento alla frutta. Ecco perché la cupola dominante gongola. Certo, lorsignori avrebbero preferito il trasloco immediato del “vile affarista” alla presidenza della Repubblica, ma questo avrebbe reso incerta la prosecuzione della legislatura. Così invece tutti son felici, e magari Draghi potrà riprovarci tra un anno.

Il regime festeggia dunque lo scampato pericolo di una crisi immediata. Ma gli avvenimenti degli ultimi giorni ci mostrano una crisi ancor più grave e devastante in arrivo. Il quadro generale parla da solo: un parlamento che non sa eleggere un presidente della repubblica, partiti incapaci di ogni soluzione che non sia la mera difesa dell’esistente, leader politici che cambiano idea ogni tre minuti, gruppi parlamentari che si astengono per non rendere manifeste le loro divisioni, altri che segnano le schede per evitare “tradimenti”. Una vera e gigantesca buffonata di Stato.

Adesso si dice che la conferma di Mattarella sarebbe scaturita dalla “saggezza del parlamento”. Formula ipocrita all’ennesima potenza, visto che tutti sanno che quel voto è stato solo il frutto dello strenuo attaccamento alla cadrega. Ma poi, di quale parlamento stiamo parlando? Si tratta evidentemente di quello stesso parlamento che non ha fatto una piega, né ha modificato una virgola dei decreti dell’apartheid firmati da Draghi. E’ il parlamento del Green pass, dell’obbligo vaccinale, della cancellazione di ogni diritto. E’ il parlamento della vergogna, quello che ha rieletto lo stesso presidente col 75% dei voti.

Ma dietro a questo muro apparentemente compatto c’è la più seria delle crisi. In qualche modo il regime ha vinto, ma il suo futuro è assai più incerto di prima. Vediamo per punti il perché.

  1. La generale perdita di credibilità del sistema. I media vorrebbero farci vedere solo la brutta figura del parlamento, dei partiti e di alcuni dei loro leader (Salvini in particolare). In realtà la figuraccia è stata generale. Dell’indecorosa inversione ad U di Mattarella abbiamo già detto, ma cosa dire di Mario Draghi e delle sue sterminate mire di potere? Che giudizio dare di una cricca dominante che è arrivata perfino ad ipotizzare un’ascesa al Colle della capa dei servizi segreti, senza che l’interessata sentisse il bisogno di tirarsi fuori? E come commentare una stampa già pronta ad incensarla come l’ennesima salvatrice della patria? E si potrebbe continuare a lungo, ma per capire che la crisi è di sistema basta e avanza.
  2. La ritirata del commovente “nonno al servizio delle istituzioni”. Purtroppo Mario Draghi è sempre lì, ma fortunatamente non è riuscito ad andare dove voleva lui. Uno stop imprevisto che ci dice molte cose. La più importante è che la famosa “luna di miele” col Paese è finita. Il grande liquidatore dell’Italia, colui che la mise all’asta sul Britannia, comincia a perdere colpi. Buon segno.
  3. La maggioranza di governo a pezzi. E’ forse questo l’aspetto più importante della crisi che si è aperta, e che l’elezione di Mattarella non ha affatto chiuso. Una maggioranza tra le più ampie della storia repubblicana non ha saputo far altro che imbalsamare il “caro presidente”. Adesso i giornaloni ci dicono che avremo un presidente del consiglio ancor più decisionista. Ancor più di così? Vedremo se ci riuscirà. Il desiderio dei padroni del vapore è chiaro: siccome il governo scricchiola, diamo tutto il potere al despota-presidente. Sai che novità! Il fatto è che questa formula – da non sottovalutare affatto! – non sempre funziona. A volte le tragedie finiscono in farsa. E non è detto che essere stati a capo della Bce basti ad evitarlo.
  4. L’accordo su una nuova legge elettorale non sarà indolore. Gli stessi giornaloni, che non vendono più copie ma dettano ugualmente la linea, hanno già posto il prossimo obiettivo: quello di una nuova legge elettorale che consenta al regime draghiano di superare lo scoglio delle prossime elezioni politiche. In teoria lo schema è semplice. Si tratterebbe “solo” di passare ad un sistema proporzionale che facesse emergere la palude “centrista” ultra-draghiana (inclusa una nuova Forza Italia), senza però esporre il grande capo al verdetto degli elettori. Il suo nome verrebbe fuori solo dopo, come “sintesi” tra le forze sistemiche deputate al governo. Naturalmente, quello di lorsignori sarebbe solo un proporzionale col trucco. Dove il trucco starebbe nella soglia di sbarramento alzata al 5%, rispetto al 3% attuale. Noi siamo da sempre per il sistema proporzionale puro, ma qui la volontà del sistema non è quella di restituire un po’ di democrazia e di diritto di rappresentanza ai cittadini-elettori. Qui lo scopo è piuttosto l’opposto: quello di puntellare il regime in tutti i modi. Questa operazione non è certo impossibile, ma è ben difficile che possa realizzarsi in maniera indolore. Quando si tocca la legge elettorale entrano subito in gioco interessi contrapposti. Certo, ci sono già due precedenti di fine legislatura (il Porcellum ed il Rosatellum) ed una maggioranza a favore del sistema tedesco esiste già in parlamento. Di questo schieramento non fa però parte la Lega, che non potrebbe restare nella coalizione qualora la maggioranza al governo decidesse di procedere per quella strada.

Conclusioni

Quali conclusioni trarre da quanto detto sin qui? La prima è che il governo, che con i suoi decreti a getto continuo ha portato il Paese nel caos, è in confusione esso stesso. La seconda è che l’ibernazione dello status quo non è certo segno di una grande forza. La terza è che, ove si unissero, le forze della vera opposizione avrebbero davanti non solo un grande spazio, ma pure la possibilità di efficaci incursioni contro il regime.

Queste considerazioni non devono però portarci ad una sottovalutazione del nemico. Il regime ha ancora grandi mezzi ed un forte (benché calante) consenso. Inoltre, le forze di opposizione devono compiere un deciso salto di qualità. E qui ancora non ci siamo.

Faccio solo un esempio che dovrebbe essere chiaro a tutti. La rete dei movimenti di resistenza costituzionale aveva chiesto ai parlamentari che hanno finalmente rotto con M5s di dare un segnale forte con il voto a Giorgio Agamben come presidente della Repubblica. Un’indicazione accolta nelle piazze italiane con un’ovazione. Questi parlamentari hanno invece scelto di votare prima Paolo Maddalena, poi il magistrato Di Matteo.

Con tutto il rispetto più sincero per Paolo Maddalena, col quale in passato abbiamo più volte collaborato, il suo nome non ha dato (né poteva dare) alcun segnale forte a quella parte della società che si sta battendo contro le misure liberticide del governo. La sua indicazione ha mostrato come minimo mancanza di coraggio e scarso acume politico. Una nuova opposizione politica, degna di questo nome, potrà sorgere solo se unita ed intrecciata al movimento popolare che si è sviluppato contro il Green pass. E’ lì che sta la parte decisiva di quel 30% di cui parlano anche i sondaggi. Ma quel 30% è solo potenziale, bisognerà conquistarselo con la modestia, la lotta, la tenacia, l’intelligenza.

Chi è nelle piazze comprende in larga parte l’esigenza di un salto politico, ma questo salto richiede l’unità delle forze migliori, quelle più vive, decise e responsabili. Hic Rhodus, hic salta!

2 pensieri su “BUFFONATA DI STATO di Leonardo Mazzei”

  1. Francesco dice:

    Se davvero varassero una legge proporzionale con sbarramento al 5% (…sarebbe l’ENNESIMA PORCATA di questi DELINQUENTI…) la VERA OPPOSIZIONE potrebbe sperare di entrare in Parlamento solo a 2 condizioni:

    1) “convincere” almeno una parte di quel 50% di aventi diritto al voto, che normalmente si astiene. (Quelli che normalmente votano credo che si “sposteranno” semplicemente da un partito sistemico all’altro, lasciando quindi inalterati i rapporti di forza complessivi tra partiti sistemici e forze antagoniste.)

    2) creare una VASTA coalizione di forze antagoniste che vada al di là delle tradizionali contrapposizioni destra – sinistra, evitando così che i voti vadano “dispersi” in tanti rivoli. Sotto questo aspetto sarà probabilmente determinante l’atteggiamento di Paragone: se ItalExit dovesse rifiutare qualsiasi alleanza con altri partiti/movimenti “alternativi” il rischio di non avere alcun rappresentante in Parlamento sarebbe più che concreto. (Ovviamente, in questa eventualità, sarebbe anche lecito dubitare dell’ EFFETTIVO carattere “antisistemico” di Paragone)

    Francesco F.
    Manduria (Ta)

  2. Graziano+PRIOTTO dice:

    Il mastello di Dobenek
    gli agronomi sanno che la produttività di un terreno dipende non dal festilizzante presente in quantità massima ma da quello indispensabile ma presente in quantità minima: si usa rappresentare questo concetto appunto dol “mastello di Dobenek”, che ha una doga più corta rispetto alle altre e determina cosí il livello massimo dell’acqua che può contenere.
    In politica ciò significa che qualunque movimento o partito, se vuole crescere e conquistare il successo, deve cercare fra i vari fattori quello indispensabile ma presente al minimo … e rafforzare proprio questo. Qual nel nostro caso la doga più corta del mastello , cioè il fattore decisivo per costruire un partito di sinistra e antisistema degno di questo nome ?
    Dopo il tradimento (annunciato) del M5S, un movimento nato … e deceduto in rete, occorrre ripensare la strategia che può portare forze se non rivoluzionarie almeno antisistema in Parlamento: e questa credo sia l’ancoraggio nel territorio e scelta dei candidati fra persone che hanno dimostrato sul campo l’impegno, che hanno una professione ed una posizione nella società e nei luoghi in cui operano, dunque persone che i concittadini riconoscono come serie ed affidabili per fatti dimostrati e concreti e non per promesse verbali. Esattamente l’opposto dei cani sciolti scelte in rete con una manciata di voti come è successo all’armata Brancaleone dei 5 Stelle. Fra costoro le persone con competenza e dignità erano sicuramente una minoranza estremamente sottile, e la maggioranza assoluta era appunto gente senza arte né parte che infatti altro obiettivo non aveva e non ha che di mentenere i privilegi della poltrona fino al raggiungimento del diritto al vitalizio.

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