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IL TRISTE CASO DI MARCO FERRANDO di Moreno Pasquinelli

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Che il conflitto in Ucraina sia essenzialmente uno scontro, non solo indiretto ma diretto, tra Russia da una parte, e blocco imperialista USA-NATO-UE dall’altra, oramai, l’han capito anche i fessi. Sorge quindi la domanda: ma Ferrando è fesso, o ci fa? Forse tutte e due.

Eh sì perché Marco Ferrando, addirittura con un’intervista al quotidiano euro-atlantista la Repubblica, ha preso posto come trombettiere nell’orchestra imperialista anti-russa. Ha infatti dichiarato, “in coerenza con l’insegnamento di Lenin”, che sta dalla parte dell’Ucraina “aggredita”. Dopo di che (ci fischiavano le orecchie) ha accusato di rossobrunismo tutti quelli che invece stanno dalla parte della Russia.

L’identica, spiccicata posizione della sinistra transgenica. Ma c’è un’aggravante! Mentre i sinistrati vanno dritti al punto senza troppi arzigogoli e sofismi ideologici per giustificare il passaggio dal “né-né” al “con-con”, il Ferrando ha la faccia tosta di farsi scudo di Lenin e Trotsky per nascondere la sua posizione pro-imperialista. Ci vediamo costretti a sbugiardarlo, prima ancora che per tutelare la memoria dei due rivoluzionari, per difendere, assieme alla verità, quel sano realismo politico di cui proprio Lenin è stato maestro.

Ferrando non vede l’aggressione euro-atlantista alla Russia, vede solo la lotta dell’Ucraina per la propria “legittima autodeterminazione”, e la propria difesa quindi tira in ballo Lenin e Trotsky. Davvero essi si sarebbero schierati contro la Russia? Ma non scherziamo!

Difendendo la spietata condanna che Marx ed Engels fecero di alcuni popoli slavi dell’Est Europa (in quanto arnesi dell’autocrazia zarista) durante la rivoluzione europea del 1848, in un noto saggio Lenin scrisse:

«Cosa ci dice dunque l’esempio concreto, che bisogna analizzare concretamente, se si vuole esser fedeli al marxismo? Ci dice soltanto che: 1) gli interessi dell’emancipazione di alcuni grandi e grandissimi popoli d’Europa stanno al di sopra del movimento di liberazione delle piccole nazioni; 2) che la rivendicazione della democrazia [qual è quella all’autodeterminazione, Ndr] va considerata su scala europea —oggi bisogna dire su scala mondiale— e non isolatamente.

Le singole rivendicazioni della democrazia, compresa l’autodecisione, non sono un assoluto, ma una particella del complesso del movimento democratico. E’ possibile che, in singoli casi determinati, la particella sia in contraddizione col tutto, e allora bisogna respingerla. E’ possibile che il movimento repubblicano di un paese sia soltanto uno strumento di intrighi clericali o finanziari, monarchici di altri paesi: allora non dovremo sostenere quel dato movimento concreto». [1]

Seguendo logica, metodo e spirito di Lenin, oggi si deve affermare: «L’Ucraina, in quanto baluardo e un avamposto dell’imperialismo, è quindi la “particella in contraddizione col tutto”. Il diritto all’autodeterminazione dell’Ucraina è una foglia di fico del blocco USA-NATO-UE e va subordinato alla lotta antimperialista a scala europea e mondiale. La sua resistenza è reazionaria e merita di essere schiacciata».

Triste a dirsi ma Ferrando confonde il leninismo col wilsonismo, ovvero l’ideologia americanista che usava il principio dell’autodeterminazione come paravento per giustificare la propria supremazia a danno delle potenze coloniali al tramonto — ideologia che si è tramutata nel famigerato inganno della esportazione della democrazia in nome della quale gli USA hanno compiuto e compiono i crimini più efferati.

E veniamo a Trotsky. Ferrando sta dalla parte dell’Ucraina anche in base alla sua considerazione che Putin sarebbe (Nota bene: stesse parole di Biden, Zelensky, Draghi e C.) un dittatore, un rossobruno, in parole semplici un “fascista”. Ascoltiamo dunque cosa disse Trotsky in  un’intervista del 1938 ad un sindacalista argentino:

«Gli agenti degli Stati Uniti, dell’Inghilterra e della Francia, socialdemocratici e staliniani, cercano di sostituire la lotta contro l’imperialismo con la lotta contro il fascismo. Nei paesi dell’America latina gli agenti degli imperialisti “democratici” sono particolarmente pericolosi perché sono in grado di ingannare le masse più degli agenti dichiarati dei banditi fascisti.

Prenderò un esempio più semplice e significativo. In Brasile esiste oggi un regime semifascista che tutti i rivoluzionari non possono non odiare. Supponiamo, tuttavia, che domani l’Inghilterra entri in un conflitto militare con il Brasile. Le chiedo: da quale parte si schiererà la classe operaia? Personalmente le risponderò: in questo caso io sarei dalla parte del Brasile “fascista” contro l’Inghilterra democratica». [2]

Cosa dunque ci sta dicendo Trotsky? Che è un crimine usare l’antifascismo come alibi per fare pace con gli imperialisti; che l’imperialismo è, in assoluto, il nemico principale dei popoli e, nel caso un paese imperialista “democratico” aggredisse un paese “fascista”, occorre stare senza esitazione dalla parte di quest’ultimo. E perché? perché la sconfitta del paese imperialista non solo darebbe un “poderoso impulso” alle vere resistenze democratiche e rivoluzionarie in giro per il mondo, indebolirebbe l’imperialismo e aiuterebbe le masse popolari del paese in questione a sbarazzarsi del proprio governo.

Anche in questo caso — posto che la lotta contro il blocco imperialista è la priorità —, fosse anche vero (e non lo è) che il regime russo fosse “fascista”, seguendo metodo, logica e spirito di Trotsky, non c’è alcun dubbio che occorre stare dalla parte della Russia.

Addendum

Ferrando, nel suo disperato tentativo di giustificare il suo sostegno al blocco imperialistico USA-NATO-UE Ucraina, ricorre all’utilizzo dell’abusato discorso della Russia come paese aggressore e dell’Ucraina paese aggredito. Anche in questo caso Trotsky si rivolterebbe nella tomba, tante sono le volte che ha denunciato la fallacia del criterio di chi aggredisce per stabilire da che parte stare. [3]  E sorvoliamo pure sul fatto che l’aggressione strategica [4] è quella portata avanti da USA-NATO-UE. Il nostro dovrebbe ricordare il caso dell’aggressione argentina alle isole britanniche Falkland (aprile 1982), e dovrà riconoscere che pressoché tutti i trotskysti difesero l’Argentina, malgrado avesse aggredito per prima e l’Argentina fosse governata da una giunta militare “fascista”. Anzi, Ferrando, al tempo, tuonò fuoco e fiamme contro coloro i quali adottarono una posizione “Né con Videla né con la Thatcher”.

L’epicureo Orazio scrisse che “Gli anni che fuggono, inarrestabilmente, ci portano via una cosa dopo l’altra”. Non intendeva tuttavia la propria anima.

NOTE

[1] V. I. Lenin. Risultati della discussione sull’autodecisione. (luglio 1916) In: Opere Complete, V.22, pp. 338-39. Editori Riuniti 1966

[2] L. D. Trotzky. Guerre nazionali e guerre imperialiste. In: “I problemi della rivoluzione cinese e altri scritti”. Einaudi 1970, p.590

[3] Vedi le considerazioni di Trotsky sull’occupazione sovietica alla Polonia nel settembre 1939 attuata manu militari come conseguenza del Patto Ribbentrop Molotov. Vedi come e perché Trotsky difese la Russia sovietica quando nel novembre 1939 aggredì la Finlandia.

[4] “L’aggressore strategico è la potenza che guida l’avversario stesso costringendolo a diventare un aggressore operativo. L’aggressione strategica inizia prima della guerra, mentre l’aggressione operativa ne rappresenta il passo iniziale”. H.J. Von Lohausen, Mut zur Macht: Denken in Kontinenten. Berg am See 1979.

8 pensieri su “IL TRISTE CASO DI MARCO FERRANDO di Moreno Pasquinelli”

  1. Paco dice:

    Lungi da me essere trotskysta, ma trovo gli argomenti usati in questo articolo del tutto estranei al marxismo, all’analisi di classe e all’anti-imperialismo in generale:
    1. Si “mena Lenin per l’aia” dimenticando la chiara posizione di Lenin sulla specifica questione dello sciovinismo imperialista russo nei confronti dell’Ucraina. Che porta Lenin a riconoscere l’Ucraina come nazione e come repubblica nell’Urss, che non a caso non viene più chiamata Russia. È proprio questa posizione e questa decisione di Lenin che viene attaccata da Putin nel suo discorso del 21 febbraio, in cui motiva la successiva invasione negando l’esistenza di una nazione ucraina in un’ottica neo-zarista, sciovinista grande-russa e imperialista.
    2. Si assume una posizione negazionista dell’esistenza dell’imperialismo della Russia di Putin, nonostante questo imperialismo non si esprima solo verso l’Ucraina, ma a livello internazionale, in particolare in Asia e in Africa, con interventi militari diretti e/o attraverso i mercenari russi neonazisti del gruppo Wagner, per mettere le mani su posizioni strategiche e risorse di altri paesi in concorrenza o condivisione con altri imperialismi.
    3. Si considera imperialismo solo quello principale della sfera geopolitica occidentale (un “monoteismo” geopolitico sull’imperialismo del tutto estraneo a Marx e al marxismo) accreditando come anti-imperialismi o politiche resistenti non solo gli altri imperialismi maturi ed emergenti, ma anche qualsiasi sciovinismo o addirittura fondamentalismo religioso che si ponga in contrasto con l’area geopolitica occidentale.
    4. Di conseguenza invece di una posizione anti-imperialista generale “nè con la Nato nè con Putin” e specifica “contro l’invasione imperialista e con la resistenza del popolo ucraino per l’autodeterminazione” si sta con l’imperialismo di Putin truccandolo da anti-imperialismo o da politica di potenza resustente. E questo non è neocampismo – perchè la Russia attuale non è campo socialista, ma il campo reazionario teorizzato dal patriarca fondamentalista Kirill e dal filosofo evoliano Dugin – ma filo-imperialismo putinista del tutto estraneo a posizioni marxiste, di classe e anti-imperialiste, e indistinguibile dalle posizioni rossobrune alla Fusaro.

    1. Francesco dice:

      Premesso che io non ho mai avuto particolari simpatie per Putin e che anche la Russia, a mio parere, è una potenza imperialista, io, da anti-imperialista, sono convinto che sia necessario sostenere la Russia perché:

      1) l’imperialismo russo è ENORMEMENTE meno “invasivo” di quello occidentale;

      2) in mancanza di una nazione antiimperialista nello scacchiere internazionale, l’unico modo per sperare di combattere EFFICACEMENTE l’imperialismo più grande e pericoloso (quello occidentale) è quello di sostenere l’imperialismo russo (…il “né – né” fa il gioco dell’imperialismo occidentale…)

      3) la Russia ha ragioni da vendere sia per quanto riguarda la questione del Donbass (le popolazioni russe di quelle regioni sono state le prime vittime di questa guerra… le prime a vedersi negato il diritto all’AUTODETERMINAZIONE.) sia per ciò che riguarda la tutela della propria sicurezza (la Nato è evidentemente una minaccia per la Pace internazionale: sono i fatti a dimostrarlo)

      Francesco F.
      Manduria (Ta)

    2. stef dice:

      Sembra che ormai restare al di sopra delle parti e cercare di vedere le cose con la necessaria lucidita’ sia diventata un’arte rara.
      Biosgna sempre schierarsi? E’ cosi’ necessario o lo si fa solo per contrapposizione?

  2. ghiachintucchi dice:

    Dall’universalismo (pudicamente appellato, dai diretti interessati, ‘’internazionalismo’’) marxista e troschista a quello del liberal-progressismo americano e atlantista, il passo è mooooolto più breve di quello che uno potrebbe pensare (citofonare ai neo-cons di Bush figlio – e non solo).

  3. Yak dice:

    Anche l’atteggiamento verso la Siria fu lo stesso, almeno all’inizio: sostegno alla fantomatiche “masse siriane” (leggi jihadismo) contro il “perfido” Assad. A parte questo, a me pare abbastanza semplice la questione: se sposiamo la causa, almeno in questa fase storica, di un mondo multipolare invece che di un mondo unipolare come si stava prospettando negli anni 90, la pressione armata e l’assedio NATO alla Russia è da contrastare con tutti i mezzi possibili.

  4. la redazione dice:

    A PACO che salta in cattedra presumendo di darci lezioni di teoria marxista per giustificare la sua adesione al campo imperialistico a guida USA sommessamente segnaliamo:

    (1) Vero che Lenin ed i bolscevichi perorano, contestualmente alla nascita dell’URSS (30-12-1922), la formazione dell’Ucraina come Repubblica, riconoscendo dunque dignità nazionale al “popolo ucraino” — come vedremo occorrerebbe parlare di “popoli”. Ma quella era una delle 15 repubbliche dell’unica entità statuale sovietica. Lo stato sovrano era uno e non erano 15. La divisione in repubbliche federate era quindi una divisione puramente amministrativa dell’unica entità statuale.
    (2) L’Ucraina nata nel 1922 era per se stessa una repubblica multinazionale, poiché vi vivevano (come oggi del resto) cittadini russi e di altre nazionalista. Vedi il caso della sempre contesa Galizia-Rutenia (vero focolaio del banderismo) complicato puzzle multietnico. Suggeriamo di studiare la complessa vicenda storica galiziano-ruteno-ucraina. Un solo esempio: quando l’Armata Rossa nel 1920 avanza contro i polacchi di Pilzudski i bolscevichi fondano la “Repubblica socialista sovietica di Galizia”, che quindi era considerata dai bolscevichi esterna all’Ucraina — che non era costituita ancora come Repubblica.
    (3) Chi non vede la complessità delle diverse questioni nazionali in Ucraina, chi non vede che dopo Maidan il paese è in mano a correnti politiche ferocemente russofobe e grandi-nazionaliste (per le quali l’Ucraina va dal Baltico al Mar Nero) … non può esprimere un giudizio ponderato.
    (4) Un popolo merita gli sia riconosciuto il proprio diritto all’autodeterminazione se e solo se lo riconosce agli altri anzitutto verso le proprie minoranze oppresse. Dopo Maidan, la minoranza russa è duramente repressa, con tanto di proibizione di insegnare il russo nelle scuole dove i russi sono addirittura la stragrande maggioranza. La campagna aggressiva e sciovinista di de-russificazione corrisponde alla ucrainizzazione forzata.
    (5) Qui cade l’asino degli accordi di Minsk secondo i quali l’Ucraina sarebbe dovuto diventare uno stato bilingue e federativo — con quindi larga autonomia alle province a maggioranza russa. Accordi apertamente e clamorosamente violati dai governi di Kiev. Mosca ha rispettato quegli accordi addirittura evitando fino all’ultimo di accettare la richiesta delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk di unirsi alla Russia. Per di più i governi di Kiev non solo hanno alimentato la russofobia, hanno illegalizzato tutte le formazioni marxiste e comuniste, compresi i nostri amici di Borotba, e a marzo bandito ben otto partiti russofoni.
    (6) Considerare la Russia un paese imperialista è la più grave sciocchezza che possa affermare uno che dice di rifarsi a Lenin. Paco non ha infatti capito un fico secco se confonde la categoria leniniana con ogni stato potenza espansionistica, o con ogni stato che ne invade un altro, con ogni nazione che opprime un popolo. Imperialistico è solo quel paese che non solo “opprime” ma grazie alla sua potenza finanziaria e industriale depreda altri paesi e popoli estraendo a loro danni super-profitti che ritornano al centro. Imperialistico è quindi quel paese che esporta non tanto merci ma capitali d’investimento atti, appunto, a drenare risorse. La Russia è anzitutto un esportatore di materie prime, non di capitali (come ad esempio è da tempo la Cina), e se non fosse per la sua potenza militare e tecnologica, sul piano della performatività capitalistico-imperialistica, rassomiglia più ad un paese depredato che ad un che depreda.
    (7) Per quanto attiene al criterio della “aggressione” , oltre a quanto scritto nell’articolo, cieco è chi non vuole vedere che l’aggressione su larga scala è quella messa in atto da USA NATO e Ue ai danni della Russia dopo la “più grande catastrofe geopolitica del XX° secolo” (Putin dixit), ovvero la dissoluzione dell’URSS e del Patto di Varsavia.

  5. Palo Pantera dice:

    È vero quello che scrive Moreno (in sintesi USSR è al di sopra delle 15 Repubbliche componenti USSR).
    Ma al momento del disfacimento USSR (che Putin considera come premessa all’accerchiamento della Russia) quelle degli anni ’20 fu la premessa per la statualità di quelle Repubbliche (con confini tracciati negli anni 20 del secolo scorso più su “simpatie” che per omegeneità linguistica. Es. La Crimea Russa da Caterina la Grande fu assegnata alla UKR) che rivendicarono la propria indipendenza.
    Il Maidan in UKR fu organizzato da Obama, Biden e più di tutti Nuland. L’UKR era la zona più industrializzata di tutta USSR e nel 2014 fu letteralmente saccheggiata da Americani e Olgarchi Ukro-ebrei che rese l’UKR la zona più depressa dell’Europa (la massa di “badanti” UKR in Italia dice niente?).
    Furono addestrarati nostalgici del nazista Bandera (i vari Battaglioni AZOV) al Mondialismo (lo stesso che subiamo noi) e alla Russo Fobia che nel Donbass ha causato tra 14 e 16 mila morti.
    Talmente ipocriti gli UKR che pensano loro stessi Europa e la Russia oriente. Riscrivendo la storia affermano che Russia deriva dal Principato di Kiev. Solo che i Vikinghi Variaghi prima di arrivare a Kiev (ed erano mercanti e qualche nave di guerrieri e non popolo che intendeva colonizzare) si fermarono a Novgorod ed è lì che nacque il termine “Rus” che come sovranato comprendeva Kiev. I fatti dinastici del principato di Kiev sono successivi a Novgorod (Manfred Helmann, in libro collettaneo, Russia ed. Storia Universale Feltrinelli, 1973/77).
    Putin, distruggi tutto il nazismo sopravvissuto alla Grande Guerra Patriottica. Fallo per la Russia e per il mondo.

  6. ino cecchinelli dice:

    Quando ero scemo e delegato del circolo di Sarzana (Sp) per Rifondazione Comunista, ho partecipato a una riunione regionale, a Genova, alla viglia dell’appoggio al governo. Sul palco Bertinotti, Ferrando, il mio segretario Olivieri e un paio di altri. In platea, il resto. Mi iscrivo a parlare pur sapendo trattarsi di pratica inconsueta. Infatti mi viene negato e sornione, ricordo benissimo Ferrando, silente sul palco, dalla parte dei capi. Personaggio da evitare, ha fatto del forbito eloquio la sua fortuna (!) e ora ritrovo voi a parlare di una sua affermazione che vale quella di Beppe Grillo anche lui schierato con l’Ucraina e cioè: nulla. Diciamo, Ferrando il Chomsky dei nostri: bla e bla pur che non cambi nulla.

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