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LA LEZIONE FRANCESE di Emanuele Montagna e Franco Soldani

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Riceviamo e pubblichiamo

L’opposizione fittizia e il nuovo soggetto politico in Italia

Conoscere è distinguere.

(H. von Foerster)

Il caso francese

  1. La recente rielezione politica di Emmanuel Macron a presidente della Francia (con un 28% circa di astenuti tra gli aventi diritto al voto), se da un lato ci dimostra l’enorme e incontrastato (finora) potere dei media, nel manipolare l’opinione pubblica a favore dell’élite al governo (cosa resa possibile dal loro monopolio dell’informazione e della disinformazione, quest’ultima particolarmente grave in Italia), dall’altro porta nuovamente alla ribalta anche un fenomeno relativamente recente, che conviene prendere in considerazione.

Mai come oggi, infatti, l’opposizione fittizia (d’ora in poi: OFI) ha fatto così tanti danni come la, e anzi più della, grandine. Milioni di persone per mesi e mesi nelle strade e nelle piazze di Francia e nessuna formazione, spontanea o organizzata, di un nuovo soggetto politico: un partito, un movimento di massa, una coalizione, un fronte unito ecc. Come è stato possibile? Un recente articolo di Claude Janvier ci aiuta a capire meglio la realtà[1].

A dispetto del fatto che la politica economico-sociale di Macron sia stata, nei passati 5 anni della sua presidenza, dice Janvier, «una catastrofe» per i suoi effetti sulla popolazione civile (aumento della disoccupazione, diminuzione del PIL, aumento dell’inflazione, crisi degli alloggi ecc.), una parte consistente dell’elettorato ha votato per lui. Come si spiega questo fatto?

Il punto è che Macron ha potuto usufruire dell’appoggio politico di un’intera serie di soggetti che hanno rivolto all’opinione pubblica francese una serie di appelli a suo favore: dal mondo degli “artisti” alle associazioni di categoria (Ordine degli avvocati, Professionisti della sanità ecc.), dai media (“Le Monde” in testa, definito da Janvier «un giornale immondo», e il quotidiano parigino equivale al nostro “Corriere”, figuriamoci il resto della stampa!) ai vari SOS Racisme, Greenpeace, la Lega dei diritti dell’uomo, il WWW ecc. – basta, esclama Janvier, «la discarica è piena!».

Nondimeno, la parte del leone in questa corsa apparentemente insensata e masochista a favore di Macron, è spettata a due insospettabili. Un ruolo di primo piano vi è stato svolto infatti dai due maggiori sindacati francesi: la CGT (la Cgil francese) e la CFDT (equivalente più o meno alla Cisl italica). Benché il tasso di sindacalizzazione francese sia il più basso della sua storia, circa il 7% del mondo del lavoro, l’opzione politica di queste organizzazioni dei salariati ha una sua ragione.

In Francia, spiega infatti Janvier, «lo Stato finanzia i sindacati» e se ne assicura così la complicità (mantenendoli tra l’altro in vita insieme alla loro casta privilegiata, inclusa la loro gerarchia interna, fonte di ulteriori disuguaglianze). La stessa cosa naturalmente avviene anche negli altri paesi, Italia compresa.

Quelli che una volta erano i rappresentanti dei lavoratori, in altre parole, sono divenuti dei veri e propri apparati di Stato direttamente dentro il mondo del lavoro e vi svolgono ormai funzioni prevalentemente politiche, come anche la “crisi sanitaria” ha ampiamente dimostrato, con i loro “capi” che si atteggiano a vero e proprio ceto politico dal pulpito dei loro palchi (candidandosi nel contempo, come è avvenuto anche nel passato, a nuovi posti direttivi nelle varie agenzie governative una volta finito il loro mandato). Non solo.

Un’altra componente fondamentale, più importante persino della precedente, della inattesa ‘coalizione’ pro Macron, tanto ibrida quanto a prima vista autolesionista, è stata quella dei due partiti della cosiddetta ‘estrema sinistra’ di Mélenchon (“La France insoumise”, la quale ha perduto per strada il prefisso “In”, nota Janvier, ed è diventata il suo contrario) e di Philippe Poutou, esponente di primo piano del “Nuovo Partito Anticapitalista” ed ex sindacalista, significativamente, della stessa CGT.

Perché queste due formazioni politiche, a dispetto del loro stesso nome, hanno invitato i francesi a votare per Macron? E perché il loro apporto è stato decisivo per il leader di “En Marche”? Per rispondere a quest’ultima domanda basti pensare al fatto che Mélenchon era arrivato terzo al primo turno con più del 20% dei suffragi, con punte del 31% in grandi città come Marsiglia, Lilla, Strasburgo, Tolosa, Montpellier, vincendo addirittura nei territori francesi d’oltremare (Guadalupa, Guyana, Martinica e Réunion). Il peso elettorale e politico di Mélenchon si è quindi rilevato determinante nella rielezione di Macron.

Nondimeno, la risposta più significativa è quella alla prima domanda. Per andare subito al sodo, Mélenchon e la sua creatura non sono mai stati altro che un’incarnazione di quella ‘opposizione fittizia’, o ‘fake opposition’ nella definizione originaria, che il potere ha da tempo appositamente fabbricato per drenare consenso, oltre che dal proprio elettorato, anche dall’interno stesso delle classi e dei ceti sociali bersaglio delle sue impopolari politiche economico-sociali.

Dalla originaria fabbricazione del consenso tramite i media, si è da tempo passati in Occidente alla fabbricazione anche del proprio dissenso interno attraverso la creazione ad arte di presunti ‘avversari’ politici mascherati da ‘radicali’. Per rendere ancor più efficace e credibile tale travisamento, i capi di queste nuove formazioni adottano in genere un eloquio ‘di sinistra’, sposano gli argomenti dell’opposizione sociale e scendono in piazza con questa, si schierano, a parole, con gli ‘ultimi’ della scala sociale, si nascondono dietro la logica ‘false flag’, indossando cioè panni a prima vista avversi al sistema per occultare il loro sostanziale appoggio a quest’ultimo, il loro esserne parte integrante sotto mentite spoglie. Si potrà mai essere contro il sistema, se si è il sistema?

Un esempio eclatante di questo fenomeno, oltre al classico Mélenchon, fuoco e fiamme in apparenza contro Macron, salvo poi invitare i suoi elettori a votare per quest’ultimo e determinarne così la rielezione, ci è offerto dallo stesso nome della formazione di Poutou, capo di un “Partito Anticapitalista” che invita i suoi a votare proprio per chi, nell’ambito del ceto politico, rappresenta in prima persona gli interessi del grande capitale (francese e occidentale)! I mondi alla rovescia sono moneta corrente in questi ambienti.

I danni politici e sociali fatti da questi soggetti, agenti politici, a contratto o di fatto, delle classi dirigenti al potere in Francia (come altrove) sono stati ovviamente enormi. Per un verso, perché hanno consegnato per un altro quinquennio un grande paese come la Francia nelle mani del CF nazionale e statunitense, sia perché Mélenchon è riuscito ad ingannare un’intera generazione di francesi e a consegnarli politicamente nelle mani delle élite, mettendo capo ad una sorta di loro ‘sterilizzazione’ di massa dal punto di vista politico, mettendoli fuori gioco (gran parte dei giovani nella fascia 19-34 anni ha votato per lui).

La logica della ‘opposizione fittizia’, all’opera in Francia come nell’intera Europa, Italia inclusa, ha funzionato ANCORA UNA VOLTA A DISCAPITO dell’opposizione reale nel paese. La sua natura è quella delle operazioni ‘false flag’ in cui gli Usa sono maestri (e i suoi epigoni continentali non sono da meno). I suoi agenti indossano i panni dell’alternativa, violenta o politica, all’odierno ordine delle cose (estrema sinistra, black block, ‘antagonisti’ ecc.), per meglio occultare la loro vera identità e far prendere al pubblico, aiutati in questo dai media di regime, fischi per fiaschi.

Ci sono dei piccoli Mélenchon, in formato ridotto magari, anche in Italia? Di sicuro. Chiunque infatti asseconda la logica del divide et impera, frammenta l’opposizione e la ‘balcanizza’, rema contro l’unità di tutta l’opposizione, lo sappia o meno (e se lo sa, è in definitiva caso meno serio rispetto all’altro), è un soggetto che lavora per il ‘re di Prussia’ ed è quindi, perlomeno di fatto se non di diritto, un agente politico dei dominanti, al servizio delle classi al potere. Questo, a fronte dell’attuale contesto, è un innegabile dato di fatto politico sotto gli occhi di tutti, al di là persino dei personalismi, delle ‘prime donne’ e via dicendo.

La balcanizzazione dell’opposizione: divide et impera in salsa italica

Qui di seguito alcuni esempi di OFI in Italia, distinti per caratteristiche ed esiti politici a cui finiscono, di solito, con l’approdare. Si tratta di una breve rassegna, di una concisa cartografia che come tutte le sintesi serve soprattutto per ‘tipizzare’ e additare alcuni ‘tipi ideali’ del fenomeno in questione. I nomi non servono, le maschere cambiano. Alcune forme, tuttavia, agiscono e si riproducono.

I) Nell’ambito dei movimenti e dei singoli che si contrappongono all’attuale andazzo ci sono quelli che in buona fede non hanno capito l’imperativo dell’unità di tutte le forze di opposizione ai criminali al governo. Non sembrano rendersi conto dell’attuale contesto geopolitico nazionale e internazionale, ancor meno dell’odierna situazione politica e istituzionale italiana; questi soggetti proprio non ci arrivano e sono quindi negati per ogni azione politica efficace.

Sono in genere ottimi soggetti per le classi al potere, giacché lavorano gratuitamente contro i loro stessi interessi e per la perpetuazione dell’attuale stato delle cose. Ceto politico, vertici statuali e istituzioni rappresentative comprese, unitamente all’élite economico-finanziaria nazionale (di Stato o privata), ringraziano sentitamente.

Pochi o molti che siano, ma comunque interni al vasto movimento di opposizione che si è sviluppato nel paese da un anno a questa parte, tutti questi soggetti sembra che non abbiano capito che la protesta e la mobilitazione dal basso, nelle piazze e nelle strade d’Italia, benché certamente importanti, non sono sufficienti di per sé a creare un’effettiva ed efficace forza di opposizione politica al governo criminale che ci sta portando alla probabile rovina. Se rappresenta un sincero e indignato moto di protesta contro i criminali al governo, non pare però in grado di diventare una vera opposizione politica; il che non significa di per sé che non possa evolvere.

II) Poi ci sono tutti quei soggetti che invece di cercare l’unità sulla base di una piattaforma politica condivisa, seminano discordia (malumore, attriti, tensioni ecc.) per una serie di ragioni: personalismi, motivi di bottega, protagonismo da prime donne ecc. Supponendo che siano in buona fede anch’essi, non sono però meno deleteri dei precedenti.

Se sanno di politica e hanno chiara la situazione nella quale attualmente ci troviamo, non possono infatti non rendersi conto che una condotta simile equivale a un suicidio politico preventivo, giacché andare divisi allo scontro, avendo di fronte i grandi mezzi del potere attuale, significa senz’altro schiantarsi contro un blocco d’acciaio.

Questi sono i soggetti migliori per l’attuale ceto politico criminale al governo, giacché lavorano anch’essi spontaneamente per il ‘re di Prussia’, senza che questi neanche si debba prendere la briga di convincerli o metterli sul proprio libro paga e sopportare dei costi per averne i servigi. Da soli, avrebbe detto Louis Althusser, si assoggettano a quello stesso potere che avrebbero voluto combattere. Chapeau!

In sintesi, chiunque non lavori consapevolmente per l’unità dell’opposizione, facendo salva la differente storia e cultura originaria dei diversi contraenti il patto politico d’azione contro gli attuali governanti, lo sappia o meno, di fatto finisce col portare acqua al mulino dei dominanti e alle prossime elezioni politiche nazionali finirà col consegnare nuovamente il paese nelle mani di coloro che ci hanno vessato finora coi loro soprusi e coi loro criminali provvedimenti anticostituzionali.

III) Ci sono poi gli agenti consapevoli, i veri rappresentanti della OFI (professionali e retribuiti), quei soggetti coperti da identità fittizie costruitesi in passato, infiltratisi da tempo (in abiti civili o in divisa, dismessa ovviamente per l’occasione) dentro l’opposizione, che lavorano coscientemente per “balcanizzarla” e rendere impossibile così ogni processo politico di eventuale (ri)unificazione.

Difficile riconoscerli, perché si presentano sulla scena come adepti di un’ideologia politica che sono stati addestrati ad avversare e combattere, precisamente tramite il metodo “divide et impera”, seminando cioè divisioni e contrapposizioni, quasi sempre artificiose oppure anche “rimpolpate” con argomenti a prima vista realistici o sensati (usati però in chiave strumentale, funzionali cioè al conseguimento dei loro secondi fini).

Per meglio mascherarsi, questi soggetti adottano anche pose “anticapitaliste” (caso davvero esemplare oggi Poutou in Francia, come già detto), “alternative”, “antisistema”, di “estrema sinistra” (Mélenchon ancora fa scuola! A capo ora dell’attuale “France Soumise”!) ecc., atte a farli sembrare ciò che non sono e dare loro un volto che in effetti non hanno (sono un’incarnazione, in altre parole, della logica “false flag” applicata alla politica interna). La storia italiana dal dopoguerra in poi ha molto da insegnarci a questo proposito e sarebbe l’ora di studiarla nuovamente, con nuove chiavi di lettura. Un esempio per tutti: ‘il caso Moro’.

Benché possano essere agenti “di vertice”, in genere di formazione accademica o con una cultura superiore alla media, ne esistono anche di livello inferiore, i cosiddetti ‘manovali’ (così definiti dalla stessa CIA che li chiamava “drawers of wood and water”) in azione a livello più “operativo” nel sociale (nelle piazze, nei movimenti ecc.) e a contatto con quella che una volta si chiamava “la base”.

Possono anche naturalmente prendere la forma di partiti personalistici, fondati e costituiti da un solo singolo individuo che regge tutta la baracca: manifestazioni, interventi sui social, siti di dubbia origine e sponsor, posizioni “radicali”, a parole per lo più, contro questo e quello ecc.. Magari a parole si dicono anche contro la UE e la Nato. Questi soggetti possono anche essere accompagnati da transfughi dei vecchi partiti (5 Stalle, Lega ecc.) che però hanno sempre votato negli ultimi 5 anni quasi tutti i provvedimenti dei precedenti governi. L’apparente posa antigovernativa odierna è la maschera di comodo indossata da questi soggetti per occultare il loro passato e la loro vera natura e sembrare oggi avversi ad un potere che in precedenza hanno invece supportato. Da questi signori, anche quando vi è stata la massima apertura nei loro confronti, non è finora germogliato nessun accenno di autocritica politica consapevole e all’altezza dei tempi, nessun intendimento di mettersi umilmente al servizio della causa comune partendo dal basso insieme agli altri militanti… E questo la dice molto lunga sulla reale natura di costoro.

Se nei movimenti di opposizione esistono degli infiltrati provenienti dagli apparati di Stato, dai tristemente famosi “Servizi”, sono tuttavia presenti al loro interno anche degli infiltrati di tipo più squisitamente “politico” (e che agiscono su commissione), provenienti almeno oggi dal vecchio ceto politico del passato, intenzionati a influenzarne natura e indirizzi, oltre a lavorare sotto traccia o apertamente per ostacolarne l’unificazione e se possibile renderla impossibile, nel solco della logica “divide et impera”.

IV) D’altronde, è anche possibile, e anzi molto probabile, che III) e II) finiscano col mettere capo ad una loro paradossale sinergia funzionale, in quanto gli uni scientemente e intenzionalmente (visto che sono a libro paga), gli altri senza volerlo magari ma comunque fattualmente, finiscono col convergere verso un medesimo obiettivo: la “balcanizzazione” dell’opposizione e per contro il parallelo consolidamento del potere politico attuale e del ceto politico tutto che lo sostiene. Il caso francese è esemplare a questo proposito, come si è avuto modo di vedere.

In questo contesto, i peggiori per noi e per ogni prospettiva di rinnovamento o rinascita politica sono proprio i soggetti appartenenti alla IIª) rubrica, in quanto nemmeno sembrano sapere o forse proprio non sanno che le loro condotte si concluderanno con una loro débâcle politica e una conseguente nuova disaffezione delle masse e delle piazze nei confronti di ogni altro impegno politico-sociale futuro: se questi figuranti avranno la meglio le masse che aspirano all’unità verranno di nuovo marginalizzate e rese ancor più passive e ininfluenti, come se non esistessero più sul piano politico, fenomeno che per contro non farà altro che rafforzare i dominanti, il potere attuale e il suo corrotto personale politico-istituzionale.

Che fare? Un’unità politica su base condivisa

Bisogna assolutamente evitare di ripetere l’esperienza francese anche in Italia. Le cento piazze e città del paese, le masse di cittadini (con la presenza di ceti sociali trasversali) che hanno preso parte alla mobilitazione ininterrotta di questi mesi, per poter durare ancora e approdare ad un risultato politico significativo, hanno bisogno di una forza politica organizzata che capitalizzi sul piano politico-sociale ed elettorale le lotte di questo ultimo periodo.

Tale coalizione dovrà vedere la partecipazione paritaria DI TUTTE LE SUE COMPONENTI nel nuovo organigramma a cui dovrà dare vita, una “struttura” in cui i diversi portavoce possano far riferimento alla comune piattaforma politica (VEDI I FAMOSI 5 PUNTI del recente “Appello dei 100”) sottoscritta da tutti quanti. In questo patto d’unità d’azione politica debbono potersi riconoscere tutti, alla pari, e di conseguenza presentarne le istanze all’intero movimento di questi ultimi tempi.

Non bisogna infatti dimenticare che si fronteggia un colossale apparato di Stato del consenso (TV, web, stampa, radio, la Chiesa e il Vaticano ecc.) con risorse finanziarie quasi illimitate rispetto a noi, apparato che contestualmente eroga e secerne da tutti i suoi pori maleodoranti propaganda pro regime e disinformazione altrettanto imponenti, comprendente i sindacati tutti, i vecchi partiti corrotti, Confindustria, le associazioni di categoria, i vari Ordini ecc.

Non si può fronteggiare un tale colosso senza una forza politica organizzata, strutturata e unita, con i suoi responsabili (revocabili) sul territorio e i suoi portavoce (anch’essi revocabili) che la rappresentino nel sociale e nel confronto politico nazionale. D’altro canto, tale forza o soggetto politico nuovo è condizione fondamentale per stabilire anche contatti e alleanze a livello internazionale, per dare un respiro più ampio possibile alle lotte e all’iniziativa politica.

Il movimento, le piazze e le cento città d’Italia, se vogliono evitare di fare la fine dell’esperienza francese, devono dotarsi di una struttura organizzativa, devono diventare “soggetto politico”, con un suo riconoscibile organigramma, un suo minimo programma politico-sociale, dei suoi responsabili incaricati della comunicazione, dell’informazione corretta e della controinformazione (in primis per smontare la “storia ufficiale”), ecc.

È necessario un salto politico di qualità. Si deve dar vita ad una nuova formazione politica plurale che sia però organizzata e strutturata come un vero e proprio soggetto politico di tipo nuovo, con propri organismi rappresentativi, una propria identità riconoscibile dalla popolazione e dalla società civile, anche simbolicamente, con nuove bandiere. In questa fase, chi non accetta di farne parte e, per una ragione o l’altra, entra nel fronte, lo spacca e rema contro, assume sin d’ora su di sé l’ignominia di un’altra sconfitta epocale sul modello di quella francese.

C’è invece bisogno di un gruppo di soggetti consapevoli, coscienti della tremenda posta in gioco nell’attuale congiuntura, che diano vita ad una “testa politica” pensante che indirizzi il movimento, produca nuove parole d’ordine chiare, metta in piedi un’analisi innovativa del capitale e del sistema dell’economia mondo, nonché della situazione presente, nazionale e possibilmente internazionale, socio-politica ed economico-finanziaria, per non dire poi del ripensamento della scienza, il sapere locomotiva dell’intero Occidente fino ad oggi e presumibilmente anche del domani.

Le spinte dal basso e la partecipazione di massa alle manifestazioni di questi lunghi mesi, per quanto sicuramente importanti, non sono state sufficienti per partorire o far emergere dal proprio seno un nuovo soggetto politico. Questo va creato da quei soggetti che meglio hanno chiaro quali sono i compiti dell’oggi. Ci vuole insomma un input politico iniziale per poter poi un domani ottenere un output significativo sul piano sociale e politico, soprattutto al momento delle prossime elezioni, per poter poi guardare oltre il presente.

Maggio 2022

[1]          C. Janvier, 24 avril 2022. Voter Emmanuel Macron ou Marine Le Pen?, in www.mondialisation.ca, articolo del 20 aprile 2022.

2 pensieri su “LA LEZIONE FRANCESE di Emanuele Montagna e Franco Soldani”

  1. RobertoG dice:

    Le masse, che sono quelle grazie alle quali si ottengono le percentuali significative alle elezioni, non votano in base alla bontà e profondità dell’offerta politica ma bensì se le facce ed idee presentate sono conosciute e rese familiari dai mezzi di comunicazione principali. E’ esattamente lo stesso meccanismo che si produce nella pubblicità dei prodotti commerciali. Qualunque forza politica, anche la meglio strutturata, che si trovi fuori da questo circuito e quindi in una condizione di semiclandestinità è destinata allo zero virgola o comunque a pochi punti percentuali. Lo abbiamo già visto che è così. E’ il regime “democratico” liberale, un regime molto stabile e funzionale. Se ti danno visibilità, come successe con i cinquestelle è perchè intendono usarti in seguito com’è poi puntualmente avvenuto.

    Questo comunque non significa che non bisogna fare niente, ma imparare la lezione della storia, quello sì. Le formazioni politiche antagoniste ben organizzate e si spera non infiltrate e/o manipolate vengono utili se il sistema si destabilizza in seguito ad avvenimenti in genere di caratura internazionale.
    Oggi ad esempio la cosca a guida angloamericana e della quale noi purtroppo facciamo parte che si definisce pomposamente “comunità internazionale” (ma in realtà una netta minoranza della popolazione mondiale) ha scatenato una guerra esistenziale contro la Russia in primis e successivamente dovesse andargli bene anche contro la Cina. Ma siccome questa guerra la cosca la perderà sicuramente perchè è inferiore sia sul piano militare che soprattutto su quello morale ci saranno dei contraccolpi a questa sconfitta epocale che sfocieranno nel migliore dei casi in una crisi socio economica senza precedenti a nel peggiore in una distruzione anche materiale catastrofica. Ecco che allora si apriranno spazi di manovra dovuti al sistema in disfacimento nei quali gruppi organizzati di persone preparate e consapevoli potranno inserirsi per tentare di cambiare radicalmente le cose.

  2. Francesco dice:

    Che Melechon fosse un gatekeeper (…inconsapevole???) lo si era capito da tempo. Basta vedere le sue posizioni, a dir poco AMBIGUE, sulla “pandemia”, sulla campagna vaccinale e, in precedenza, sull’uscita dalla UE. La dimostrazione che gli UTILI IDIOTI DEL CAPITALE non si trovano solo in Italia.
    Mal comune mezzo gaudio!(??)

    Francesco F.
    Manduria (Ta)

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