RUSSIA UCRAINA: ASPETTI IDEOLOGICI DELLA GUERRA di OG
Riceviamo e, pur non condividendo, pubblichiamo.
Dugin e l’eurocentrismo
Circa due mesi prima dell’operazione militare russa scrivevo che il 2022 sarebbe stato l’anno in cui la Russia avrebbe tentato disperatamente di riconquistare una egemonia imperiale tra i due grandi blocchi (Stati Uniti e Cina) che marciavano spediti, ogni giorno di più, verso la terza guerra mondiale. Un mese esatto prima dell’operazione militare russa, 24.01.22, con un breve scritto in questo sito tentavo di mettere fortemente in discussione le fondamenta della quarta teoria politica del filosofo russo Dugin, il quale come hanno sostenuto quotidiani cinesi ed israeliani anche di recente, avrebbe sempre più influenzato sia il Cremlino sia il Patriarcato di Mosca.
In sostanza, pur dando il gran valore che merita alla filosofia neo-tradizionalista dell’ideologo russo, sostenevo che la sua sostanza politica era debole e non convincente. Fascismo e comunismo, a differenza di quanto sosteneva Dugin aderendo all’eurocentrismo economicistico, non solo non erano a mio avviso morti ma erano anzi per certi versi più vivi che nel ‘900, soprattutto in aree globali strategiche come Asia e Medio Oriente. Il problema era a mio avviso di sostanza, non di forma né nominalistico. Scrivevo appunto il 24 gennaio 2022 in relazione alla quarta teoria politica: “Comunismo e fascismo sono veramente stati sconfitti? La quarta teoria politica del Dugin considera fuori dalla storia sia il comunismo sia il fascismo. Ammesso ciò sia vero, meriterebbe di essere discusso. In Cina, Nepal, Corea del Nord, Vietnam, Cuba, Laos, Transinistria abbiamo al potere da decenni partiti politici esplicitamente marxisti. In India, Giappone, Taiwan, nonostante le furiose proteste delle ambasciate americane, i governanti egemoni non hanno fatto né faranno nulla per nascondere il loro rapporto carnale identitario e anche ideologico-spirituale con il fascismo storico. Pejman Abdolmohammadi, il più grande studioso della dottrina politica iraniana dei nostri giorni, non esita a definire “fascismo iraniano” il nazionalismo egemone tra le cerchie militari persiane dei Pasdaran e dei Basij devoti al Generale Soleimani…Sono state citate nazioni…. più importanti e decisive di quelle europee nell’economia geopolitica e geo-militare globale, gravitanti verso comunismo e fascismo. Questa noncuranza, assai economicistica, pare un forte limite della quarta teoria dughiniana” [1].
Il 24 febbraio 2022, il presidente della Federazione russa Putin avviando l’operazione di “denazificazione” e “demilitarizzazione” dell’Ukraina si poneva di nuovo, come aveva fatto Stalin dal 1936, intervenendo in Spagna ai confini mediterranei italiani, come la punta più avanzata del fronte antifascista mondiale. Dugin non solo plaudiva a tale operazione, che da anni aveva peraltro auspicato, contro il “Nazionalismo grande-ukraino”, ma interveniva frequentemente nelle televisioni italiane ripetendo costantemente che vi era una terribile minaccia “estremista nazionalista” (nazista) ai confini della Federazione.
Non vi era però, tra gli intervistatori e gli interlocutori italiani di Dugin, qualcuno che gli chiedesse come fosse possibile che il problema del fascismo e del comunismo, che per la quarta teoria politica sarebbero da tempo defunti, erano di nuovo tornati al centro della contesa politica mondiale. Falci e martello o simboli di “destra nazionale” tornavano però al centro dell’immaginario collettivo seppellendo i venti anni di post-storicismo europeista e globalista astratto.
Si consideri che paradossalmente, come nel caso di Dugin, i maggiori e più significativi ideologi della “Nuova destra” di Kiev vicina a Azov – come ad esempio la coltissima Olena Semenyaka e la stessa editrice Plomin – si ispiravano da anni a fonti ideologiche decisamente evoliane o splengleriane ben più che fasciste, nazionalsocialiste o nazionaliste rivoluzionarie [2] .
Per quanto si parlasse, dal febbraio 2022, esclusivamente di russi e ukraini le guerre, dall’altra parte del mondo, continuavano furiose. Se nella guerra civile etiope in corso gli Stati Uniti si rivelavano talmente confusi da sostenere, per un certo periodo, lo stesso fronte sostenuto da Xi Jinping, sul più tragico scenario degli anni recenti, quello yemenita, il Movimento di Resistenza antimperialista houthi, Ansar Allah, rompeva più volte la tregua per protesta contro la criminale pratica di embargo e di blocchi sull’aeroporto internazionale di Sanaa e sul porto di Al Oudaidah, vie obbligate di aiuti umanitari per la oppressa popolazione ridotta allo stremo. Anche in Palestina, come in Siria, Libano, Libia, Iraq, tutto continuava come sempre. In Afghanistan il dramma umanitario, provocato da vent’anni di terrore delle democrazie imperialiste occidentali, si ravvivava tragicamente anche a causa del conflitto ukraino.
Dugin, come gli analisti geopolitici europei o occidentali, dava con una ottica assolutamente eurocentrica un valore centrale, da cesura storica, a quello che viceversa analisti dell’altra parte del mondo, ma anche geopolitici russi come Kortunov e Lyukanov, continuavano a considerare, sia per intensità che per dimensioni, “un piccolo conflitto europeo”. Esponenti di primo piano della Goldman Sachs avevano del resto dichiarato morto il globalismo dopo la definitiva vittoria talebana in quel di Kabul, prima dell’operazione militare russa.
Quel fascismo che non muore né può morire
Marco Imarisio da Mosca, per il “Corriere della Sera”, scriveva il 5 maggio che la Federazione russa sembrava tornata ai tempi del comunismo sovietico, avanguardia mondiale nella lotta contro il fascismo dal 1936.La retorica della lotta mortale contro il fascismo, in vista del 9 maggio 2022, era la nuova parola d’ordine russa, come nello scorso secolo. La dichiarazione di Lavrov sulle presunte origini ebraiche del Fuhrer del nazionalsocialismo non poteva perciò essere casuale o estemporanea. Il diplomatico russo, saggio ed esperto, mediante una ben calcolata boutade lanciava un messaggio trasversale, in codice, a talune frazioni israeliane o filo-israeliane riguardo al progetto di cui già parlai in questo sito. Poco significato avevano perciò le successive scuse putiniane rivolte a Bennet. Progetto su cui avevano già fatto luce taluni circoli religiosi e culturali palestinesi, per i quali come noto gli aschenaziti sarebbero khazari, non semiti. Gli intellettuali islamici palestinesi si erano soffermati sul sogno geopolitico ed ultra-nazionalista della Grande Ukraina – Nuova Khazaria – alleata dell’ebraismo territoriale israeliano ma sempre più distante da quello tradizionalista chassidico e da quello occidentale riformato, particolarmente forte ed egemone quest’ultimo nell’ambiente anglo-americano.
Evidentemente il messaggio criptato di Lavrov poteva essere comprensibile solo alle varie elite del mondo ebraico e non a caso le proteste più serie e furiose arrivavano proprio da Israele e dalle frazioni del neo-colonialismo sionista. Lo stato israeliano con Netanyahu era in ottimi rapporti con la Russia di Putin, mentre con Bennet i rapporti erano tiepidi, per quanto quest’ultimo sino a una settimana fa almeno preferiva evidentemente Mosca a Zelensky. Pochi mesi fa, quando la Federazione russa proponeva una legge antinazista in ambito ONU contestata dai palestinesi, in cui Israele votava convintamente a fianco della Russia, Afghanistan e Iran si opponevano polemicamente su tutta la linea alla proposta russa, considerandola filo-israeliana ed antipersiana, mentre il Pakistan di Khan – che voleva proporsi geostrategicamente come vicino alla Palestina e a Tehran – votava stranamente ed inspiegabilmente a favore dell’iniziativa filosionista di Putin e Lavrov. L’ISI protestava sottilmente contro la mossa di Khan accusandolo di essere diventato, d’un tratto, filoindiano, filoputiniano e dunque filosionista; quel golpe nazionalista dell’elite militare di Islamabad, antiKhan, che è nella cronaca recente era allora nell’aria. Negli ultimi giorni, non a caso, esponenti russofili della Sinistra israeliana contestavano Lavrov rivendicando il fondamentale ruolo geopolitico svolto da Stalin nella creazione dello Stato israeliano.
Di conseguenza, per quanto Lavrov avesse voluto forzatamente e astrattamente identificare nazismo e sionismo a causa dell’odierno sostegno che talune frazioni filo-israeliane continuavano a dare al nazionalismo grande-ukraino, non poteva essere ignorato che per i Kibbutznik Stalin era un eroe ciclopico, l’Unione Sovietica la casa madre e che solo nel 1967, anni dopo la morte del dittatore sovietico, l’URSS rompeva definitivamente i rapporti con il sionismo, che da allora iniziava a gravitare stabilmente su posizioni filo-occidentali per poi avvicinarsi sempre di più, negli ultimi anni, a Pechino. La stessa ideologia duginiana non poteva affatto essere considerata anti-ebraica, dato che Dugin aveva sempre distinto un “Ebraismo eurasiano” solare – integrato nella Tradizione russa anche se geograficamente israeliano – da un “Ebraismo atlantista” negativo e lunare, né antisionista dato che taluni intellettuali radicali sionisti continuavano a professare l’ideologia eurasiana. Al tempo stesso il filosofo russo ribadiva, anche di recente, la maggiore liceità, in ambito di Tradizione metafisica giudaica, della dottrina antisionista degli ultra-ortodossi e messianici Neturei Karta. Ovunque, nelle varie sfere geopolitiche globali, dall’Europa ukrainizzata al Medio Oriente, dagli Stati Uniti – nei quali i democratici Biden e Harris si rivelavano più nazionalisti di Trump – al Vicino Oriente, dominava l’idea di nazione e popolo, più forte di ieri nonostante decenni di propaganda furiosamente antinazionale. Ciò significava che era quantomeno azzardato dare il fascismo – come nazionalismo rivoluzionario o come imperialismo revisionistico sul piano dei rapporti di forza – per morto.
Fascismo e Comunismo non sono morti
Già da questi mirati accenni si capisce come fascismo e comunismo siano più presenti che mai tra di noi. Se alla base dell’intuizione leninista vi era la consapevolezza che la frattura sociale internazionale avrebbe trasceso e eroso confini nazionali e culturali dividendo il campo globale in due fronti contrapposti -rivoluzione e controrivoluzione, antimperiali e imperiali bianchi o imperialisti – il fascismo prende corpo dall’idea storicista e mazziniana-risorgimentale che le anime spiritualistiche e non materialiste delle nazioni poggino su fondamenta eterne e siano eracliteamente in lotta rivoluzionaria o in temporanea e “conservatrice” stasi tra di loro: dinamiche storiche oggi più attuali di ieri. Perciò il 9 maggio il fronte della “eterna sinistra” – a cui Dugin appartiene da posizione tradizionalista- celebra la vittoria contro il fascismo che sarebbe perciò qui tra noi. Il momentaneo trionfo del 1945 contro un grande-nazionalismo eterno, che non può così morire né mai forse morirà. E sarebbe infatti rinato nonostante la tragica sconfitta del secolo scorso come attestano per primi i toni preoccupati di Putin, Lavrov e in parte dello stesso Dugin.
Si noti, del resto, che l’operazione militare russa in Ukraina è partita a febbraio scorso su originario impulso del Partito comunista della Federazione russa e la sostanza politica dell’operazione è stata sino a oggi di certo “neo-sovietica” e “neo-stalinista” almeno nella primeva motivazione. Da qui si spiegano anche le forti critiche di settori della “destra oltranzista” russa antisionista, anticinese e antioccidentale, ben rappresentati da Igor Girkin, a tale operazione, mentre il fronte eurasiano e filocinese ha benedetto su tutta la linea l’operazione militare. Tali fronti nazionali russi intendono promuovere “un modello iraniano” o un egemonismo russo modernizzatore nella sostanziale critica di un progetto eurasiano “neo-sovietico” che appare eccessivamente velleitario e antistorico. Secondo Girkin, Putin avrebbe definitivamente perso Kiev nel 2014-15 per mancanza di strategia e coraggio, sarà già tanto portare a casa Donbass e Crimea. Dugin nel 2014 celebrò in Strelkov-Girkin il più grande eroe russo dell’età contemporanea, ma il nazionalismo duro e puro della “destra eterna” russa non poteva probabilmente coabitare troppo a lungo con l’eurasismo rosso e sinofilo di Dughin. Di recente, però, Anatoly Gagarin, influente politologo russo, ipotizzava l’ipotesi della scissione dello stesso Partito comunista russo. La base giovanile della Sinistra radicale, generalmente antiputiniana, si avvicinava sensibilmente al “Fronte di Sinistra” leninista, che aveva condannato su tutta la linea l’operazione militare e che aveva partecipato lo scorso anno ai tumulti a favore di Navalny. Gli scissionisti contestavano da sinistra il sostegno del Partito comunista al regime, come Strelkov e vari patrioti anti-occidentali continuavano a contestare Putin da destra. La scissione del Partito comunista russo, se vi sarà, potrebbe favorire l’idea imperiale grande-russa e portare la Russia a una nuova fase di mobilitazione nazionale non più eurasiatica e antifascista ma fondata sul mito nazionale “bianco” e antisionista [3], mito a cui Strelkov è particolarmente devoto, al punto che ha accusato Putin di non aver sanato le tragiche ferite della guerra civile e di non aver saputo mettere la parola fine alla damnatio memoriae dei nazionalisti russi del ‘900 nonostante la formale riabilitazione dei generali anticomunisti “bianchi”. Ciò che questi circoli culturali di destra, che non vanno confusi con i nazionalisti etnici suprematisti, rimproverano a Putin è, oltre al suo legame pragmatico o diplomatico con il colonialismo sionista e con il chassidismo, il fatto che la Russia si trova ad essere sovrastata economicamente e demograficamente dall’imperialismo rivoluzionario e neomarxista cinese nella sostanziale incapacità strategica di svincolarsi dalla dipendenza dalle materie prime energetiche, senza aver peraltro storicizzato il problema di una nuova nazionalizzazione culturale e giuridica russofila adatta al nuovo contesto storico e tecnologico. Da tutto ciò si capisce facilmente come nella stessa Russia, patria della quarta teoria, sarebbe assai ardito dare per morti Fascismo e Comunismo. Figuriamoci dunque in Asia o Medio Oriente, centri strategici del nuovo conflitto globale: laddove vi è conflitto politico non potranno che esservi Fascismo o Comunismo, “destra eterna” e “sinistra eterna”, ben oltre simbologie e nominalismi formali dello scorso secolo.
NOTE
[1] Lo stesso Zulfikar Ali Bhutto, storica guida del Nazionalismo pakistano e vari generali dell’ISI, erano soliti citare con ammirazione Mussolini ed i Fascisti; Cfr. https://www.washingtonpost.com/archive/politics/1977/05/15/pakistani-saint-defends-horse-racing/332c3a59-caeb-41ff-ae2c-HYPERLINK “https://www.washingtonpost.com/archive/politics/1977/05/15/pakistani-saint-defends-horse-racing/332c3a59-caeb-41ff-ae2c-acb17a9908b2/”acb17a9908b2/; Syeda Saiyidain Hameed, Born to Be Hanged: Political Biography of Zulfikar Ali Bhutto, Rupa 2019.
[2] Per quanto la nuova destra ukraina riprenda, per motivazioni ambientali e contestuali, simbologie banderiste e dell’OUN (Organizzazione dei Nazionalisti Ukraini), i riferimenti ideologici erano stranamente simili a quelli dei tradizionalisti russi vicini a Dugin. La concezione della storia come permanente e irreversibile regresso ciclico, l’idea di una Tradizione polare e iperborea originaria, l’anti-immanentismo assoluto, la lotta di razze solari contro razze decadenti, la marginalità del conflitto storicista e politico di fronte all’incombere del regno della quantità e all’Età Oscura (Kali Yuga), avvicinano i “nazisti” ukraini alla dottrina, universalistica e anti-nazionale, della Tradizione di Julius Evola allontanandoli da ogni possibile connessione ideologica con il Fascismo storico, tutto religiosamente e fanaticamente basato sull’ideale di nazione e di creazione immanente, e probabilmente anche dal nazionalsocialismo politico di un Albert Speer – il vero stratega del Terzo Reich – e di un Hitler, per i quali ciò che realmente contava niente altro era che la “Germania eterna” con la sua concreta missione mondiale, in esplicita continuità con lo Stato maggiore prussiano e con il genio strategico Helmut Von Moltke. Non è un caso che l’Azov, più che al nazismo storico e politico, si ispiri a quello di setta, esoterico, himmleriano delle SS, con cui Evola aveva non a caso delle connessioni, himmlerismo che il Fuhrer sconfessò come traditore della Germania già dai primi mesi del 1945 e che era solito deridere nelle conversazioni a tavola con i suoi intimi come “un neo-paganesimo delle caverne pseudogermanico“; come noto Adolf Hitler si considerava il continuatore storico di Carlo Magno – il distruttore dei pagani germani amati dalle elite delle SS e da Evola – Lutero e Bismarck. Peraltro sia il Fuhrer che il Duce erano noti per la “simpatia” strategica – storica e geopolitica – verso il mondo mussulmano e verso la civilizzazione islamica, elemento del tutto assente nei “nazisti” ukraini. Anzi, il contrario.
[3] I putiniani o i tradizionalisti di “sinistra” alla Dugin avrebbero qui buon gioco a mostrare ai nazionali o agli imperiali di “destra” come siano stati proprio i bianchi russi o ukraini a radicalizzare o addirittura plasmare l’antiebraismo e l’antimarxismo del primordiale nazismo tedesco; antiebraismo ed anticomunismo radicale che finiranno per sovrapporsi nella concezione del mondo hitleriana sino a costituire l’ispirazione centrale e totalizzante. Già da primi anni ’20 del ‘900 il Fuhrer diceva di voler passare alla storia come l’uomo “che era stato capace di annientare il giudeo-bolscevismo con i suoi medesimi metodi”; cfr. M. Kellogg, The Russian Roots of Nazism: White Emigrès and the Making of National-Socialism 1917-1945, Cambridge University 2008.
Ottimo Og, seguo sempre i suoi scritti.
Cosa non condivide redazione? grazie cariissimi che Dio vi protegga
Condivido la tesi su Dugin meno quella generale, comunque molto interessante.
Paolo
Dugin non mi ha mai convinto infatti.
Antifascista si è chiaro, ma il suo neocomunismo di che tipo è, dovrebbe spiegare pure questo OG. È cinese secondo me. E la Cina è Comunista realmente?
Non mi risulta che Azov sia evoliano. Si può approfondire tale questione?
L’infatuazione di putin per sionisti è in effetti molto strana, condivido il senso di questo scritto og, la Russia profonda non ha simpatia per sionisti
Non a caso, una delle principali critiche che Strelkov ha rivolto a Putin è stata quella che è intervenuto in Siria e nel Mediterraneo e poi lascia a Israele libertà di bombardare dappertutto
Inoltre, è correttissima la disanima strategica di strelkov. Putin ha perso Kiev nel 2015, io direi anche prima, dall’inizio contrapponendo un folle neo-stalinismo al neo-nazionalismo ucraino. Avrebbe dovuto addomesticare politicamente gli ucraini con motivi storici originari, superando l’antinomia comunisti-banderisti, invece come un tonto ci si è buttato dentro. Con gli effetti che vediamo, devastanti per neo-Kgb e per comunisti russi
Dato che leggo con continuità questo Og, noto una GRANDE CONTRADDIZIONE nel suo pensiero di deliberata deleggittimazione delle categorie eurasiatiche. Ha sempre sostenuto il concetto di Medio Oriente e Grande Mediterraneo allargato ma al tempo stesso la centralità di Taiwan ? si prenda una cartina geografica og