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ENTROPIA, SCIENZA E IDEOLOGIA di Riccardo Pratesi

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Può un dibattito scientifico diventare un dibattito politico? Quanto è grande il potere delle argomentazioni scientifiche per cassare o consolidare visioni e proposte politiche? E, inversamente, può un dibattito politico essere portatore di tanta autorevolezza da mettere in discussione paradigmi scientifici? Una rapida occhiata alla Storia della Scienza non solo suggerisce una risposta affermativa, ma mostra anche che questo è proprio ciò che accade, è accaduto, e probabilmente accadrà sempre. Possiamo esemplificare questo fenomeno con la discussione di una grandezza fisica, chiamata Entropia, che fa spesso capolino in molte argomentazioni politico-scientifiche (o scientifico-politiche) e che soggiace ad alcuni dei paradigmi fondamentali della visione del mondo, consapevole o meno, della società moderna, forse non solo occidentale.

Entropia e irreversibilità

Il concetto di entropia è stato introdotto nel XIX secolo a seguito delle indagini teoriche sui fenomeni in atto nei motori termici. Al fine di ottimizzare il rendimento dei motori termici, quali le macchine a vapore o i motori a combustione interna, è stata sviluppata la Termodinamica, il cui secondo principio sancisce la validità universale dell’irreversibilità di alcuni fenomeni, primo fra tutti il trasferimento spontaneo di energia da una fonte più calda ad una più fredda. Questo costituisce una precisazione di quanto affermato dal primo principio della Termodinamica, che possiamo brevemente riassumere nel concetto di “conservazione dell’energia”. L’energia si conserva, si, ma non è sempre ugualmente preziosa: se una certa quantità di energia si trova ad un’alta temperatura, essa può essere ceduta a molti corpi e può dunque essere utilizzata in molti modi, mentre se la stessa energia si trova a bassa temperatura essa non è più utilizzabile e ha perso la sua “preziosità”. Si pensi ad un ago rovente gettato in un pentolino di acqua fredda: il calore che rendeva rovente l’ago si trova ancora nell’acqua, insensibilmente più tiepida di prima, ma quel calore non potrà più essere riestratto dall’acqua a rendere nuovamente rovente l’ago. Dunque, il rapporto tra una data quantità di energia e la temperatura alla quale si trova costituisce una misura (inversa) della sua preziosità: tanto più piccolo questo rapporto, quanto più preziosa (perché utilizzabile) l’energia. È proprio questo rapporto tra energia e temperatura che prende il nome di Entropia. Il secondo principio della Termodinamica si può quindi esprimere dicendo che in un sistema chiuso, cioè senza scambi di materia e/o energia con l’esterno, l’entropia tende ad aumentare fino al massimo possibile.

Entropia, ordine, informazione

Sul finire del XIX secolo Ludwig Boltzmann, nel suo fondare la Meccanica Statistica sull’ipotesi che la materia avesse una struttura atomica, mise in relazione l’entropia di un sistema (grandezza macroscopica) con la probabilità delle configurazioni dei suoi atomi costituenti (grandezza microscopica). La probabilità che gli atomi di un gas in una scatola occupino tutto il volume a disposizione è altissima, mentre è assai improbabile, ad esempio, che essi si trovino tutti in una metà sola del contenitore. Questa interpretazione fece sì che si potesse parlare di entropia come della misura dell’ordine o disordine di un sistema[1]. Il risultato termodinamico che l’evoluzione di un sistema chiuso porta all’aumento dell’entropia fino al massimo possibile può così essere letto come l’affermazione che un sistema chiuso tende spontaneamente al massimo disordine. È facile vedere come il concetto di disordine sia legato a quello di informazione. Una stanza piena di scaffali ricolmi di libri è disordinata al massimo grado (ed è solo una stanza piena di libri) finché non disponiamo delle informazioni relative alla collocazione dei volumi, ed allora diventa un’ordinata biblioteca. E naturalmente l’informazione va conservata attivamente, pena il suo degrado e la sua perdita. Se non vogliamo pensare alla distruzione delle biblioteche di Alessandria e di Pergamo, basti pensare alla labilità dei moderni supporti digitali. Anzi, possiamo spingerci fino a dire che combattere l’ignoranza serve a combattere l’aumento di entropia, come sa, anche inconsapevolmente, ogni genitore che per garantire un futuro meno disordinato possibile per la sua prole, cerca di garantirgli gli studi migliori. Dunque, il secondo principio della Termodinamica, cioè il principio dell’aumento dell’entropia, può essere visto da (almeno) tre angolazioni.

In un sistema chiuso:
1) l’energia tende a degradare;
2) il sistema tende al massimo disordine;
3) il sistema perde informazione.

Così l’entropia, nata come concetto squisitamente termodinamico, ha sconfinato in altre scienze, quali la statistica e l’informatica, e non solo. Questi risultati, applicati all’intero Universo visto come un sistema chiuso, conducono ad uno dei paradigmi fondamentali della cosmologia moderna: l’Universo tende verso lo stato di massimo degrado dell’energia, verso il massimo disordine e verso la massima ignoranza, triste stato cui ci si riferisce come “morte termica dell’Universo”.

Forse per l’innato antropocentrismo dell’essere umano, forse per un frainteso principio di induzione inverso per cui ciò che è vero universalmente deve essere vero anche localmente, queste considerazioni hanno condotto alla conclusione implicita che anche il nostro pianeta andrà incontro alla stessa sorte, e un’utile ignoranza delle leggi di scala rende equivalenti, nella nostra percezione, i miliardi di anni a miliardi di secondi, implicando l’urgenza improrogabile del problema[2]. L’unico nostro potere sembra essere quello di procrastinare l’inderogabile destino, impegnandoci con tutte le nostre forze a degradare la minor quantità di energia possibile, a evitare accuratamente, quanto si possa, di produrre rifiuti che aumentino il disordine (cose auspicabilissime e condivisibilissime), ma non, inspiegabilmente, a combattere l’ignoranza, come sembrano mostrare i continui tagli al sistema scolastico. A molti parranno familiari queste argomentazioni, ammantate dell’apodittica inoppugnabilità delle questioni di Scienza.

Entropia e corruttibilità

Tuttavia, anche supponendo l’inevitabilità della morte termica dell’Universo (su cui torneremo tra poco), a livello locale le questioni sono assai diverse. Qualunque essere vivente, e la Terra nel suo complesso, lungi dall’essere un sistema chiuso in cerca del suo equilibrio statico, è un sistema aperto, aperto agli scambi di materia, energia e informazione con l’esterno. La termodinamica dei sistemi aperti lontani dall’equilibrio, la possiamo far risalire almeno al 1979, anno di pubblicazione del libro “La nuova alleanza” del premio Nobel Ilya Prigogine. Allora si scopre che un sistema aperto mostra una naturale e spontanea (quanto, se vogliamo, magica e misteriosa) tendenza all’autoorganizzazione, alla creazione di strutture, alla ricerca di un equilibrio dinamico, al consumo di energia a vantaggio di una diminuzione dell’entropia. Sembra riproporsi, in chiave moderna, il contrasto dialettico già visto agli albori della cosiddetta “rivoluzione scientifica”: l’Universo medioevale che divideva il mondo celeste da quello terrestre – questo corruttibile e animato da moti rettilinei con inizio e fine, quello incorruttibile e animato da moti circolari – veniva sfidato dalle osservazioni dei primi scienziati moderni, primo fra tutti Galileo. Innanzitutto, il mondo terrestre, benché certamente corruttibile, è però capace di rinnovarsi continuamente, generando sempre nuova vita; inoltre, il mondo celeste non appariva più così incorruttibile e inalterabile, dopo le apparizioni delle due stelle novae del 1600 e del 1604, e soprattutto dopo le prime osservazioni telescopiche del cielo fatte da Galileo con la scoperta, fra le altre, delle macchie solari. Dunque, come un medioevale concetto di corruttibilità, la legge dell’aumento dell’entropia, con le sue nefaste previsioni, ha visto i suoi limiti di applicabilità estesi all’intero Universo, forse sospinta in questo dalla presunzione umana di considerarsi il riassunto del Cosmo.

Morte termica?

Eppure, si può perfino dubitare della validità su scala cosmica della legge dell’aumento dell’entropia. Fra i risultati della termodinamica elementare vi è quello per cui l’espansione libera è un processo isoentropico, cioè avviene a entropia costante. Poiché esattamente l’Universo in espansione è un altro pilastro della cosmologia moderna (senza alcun indizio contrario a che tale espansione sia libera) ciò dovrebbe immediatamente implicare la fallacia della legge di aumento dell’entropia su scala universale. Ma ecco che giungono in soccorso i buchi neri, che con il loro inghiottire ogni cosa garantiscono l’aumento dell’entropia con la distruzione dell’informazione, inabissata al di là dell’orizzonte degli eventi. Sarebbero dunque i buchi neri i responsabili di ultima istanza dell’aumento di entropia dell’Universo, privato dalla possibilità di aumentarla per se stesso a causa della sua espansione. Tuttavia, una rapida ricerca in rete con le parole chiave “black holes don’t exist” mostra come il dibattito sull’esistenza stessa dei buchi neri, lontano dall’essere concluso, sia anzi apertissimo. Con ciò, che fine fa la legge di aumento dell’entropia? Anch’essa, oggetto di dibattito.

Indagabilità matematica dell’Universo

Potremmo a questo punto, da “estremisti dantesimali”, anche interpretare la terzina del XXIX canto del Paradiso:

Forma e materia, congiunte e purette,
usciro ad esser che non avìa fallo
come d’arco tricordo tre saette
(Par. XXIX, 22-24)

(la forma e la materia, sia distinte che come unità congiunta, vennero subito a costituire un unico essere senza alcuna imperfezione, come tre frecce da un arco con tre corde)

come l’affermazione che la materia e le leggi matematiche che la governano siano nate congiuntamente, e così come non c’è fenomeno che non sia descrivibile matematicamente, così non vi è matematica senza una controparte reale da essa descritta; e, naturalmente, possiamo professarci seguaci di Galileo, laddove afferma che la filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto davanti agli occhi, io dico l’Universo, ma non si può intendere se prima non si impara a intendere la lingua, e a conoscere i caratteri ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono cerchi, triangoli et altre figure geometriche; senza questi mezzi è impossibile intenderne umanamente parola; senza questi, è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. Cioè, possiamo anche avere una fede cieca, confortata da autorevoli maestri, sull’indagabilità matematica dell’Universo, ma ciò non riuscirà mai a far uscire qualsiasi questione dalla sfera del dibattibile. La fede illuminista che il solo pensiero possibile sia il pensiero matematico evapora davanti, per esempio, al problema dei tre corpi: alla fine del XIX secolo Poincaré indagò l’evoluzione del moto di tre corpi che si attraggono reciprocamente secondo la gravitazione di Newton, e scoprì che sebbene noi siamo in possesso della matematica esatta che descrive il problema, esso resta insolubile, perché piccolissime differenze nelle condizioni iniziali generano comportamenti completamente e imprevedibilmente divergenti nel futuro. Per fenomeni come questo si parla di “caos deterministico”, e sono innumerevoli i casi analoghi: dalle equazioni della morfogenesi di Turing, che descrivono il manto di animali diversi, alle equazioni della meteorologia fin dai tempi della famosa conferenza di Edward Lorenz del 1963 dal titolo divenuto proverbiale “può il battito d’ali di una farfalla in Amazzonia generare un tornado nel Texas?”. Ovvero, problemi vieppiù complessi necessitano una matematica vieppiù complessa, che produce comunque soluzioni non esenti da dibattito. Cioè, neanche la conoscenza esatta delle equazioni della Meteorologia potrà esimersi da un dibattito col ginocchio dolente di un meteopatico.

Resta una certezza: quella di trovarci ben lontani da uno stato di equilibrio statico, anzi, di essere parti di un sistema aperto agli scambi di materia, energia e informazione con l’esterno, un sistema in piena fase di transizione e in cerca di un suo equilibrio dinamico, che sta sviluppando spontaneamente la sua autoorganizzazione consumando energia per ridurre la sua entropia. Il resto è oggetto di dibattito.

[1] L’equazione S = k log W. che lega l’entropia S con la probabilità dei microstati W, è diventata l’”epitaffio di Boltzmann”, inciso sulla sua tomba dopo il suicidio avvenuto nel 1906 a Duino (TS), in seguito alla grave depressione causata anche dalla sua emarginazione dalla comunità scientifica, ancora restia ad attribuire realtà fisica all’ipotesi di una struttura atomica della materia.

[2] E, comunque, 1 miliardo di secondi sono 31 anni.

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