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STUDENTI NO GP: CON O CONTRO IL MONDO A STELLE E STRISCIE?*

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di Filippo Dellepiane, Leonardo Sinigaglia, Stefano Moneta, Veronica Duranti, Alessia Corona

Il movimento degli studenti contro il green pass, come un po’ tutto il fronte del dissenso contro la certificazione verde, è ormai da settimane impigliato in una discussione di natura teorica e pratica. Le divisioni che si trovano ad affrontare sono principalmente a riguardo della Nato, dell’Unione Europea e del Neoliberismo. All’interno di questo movimento giovanile, che sta cercando di operare una svolta, la discussione su questi temi è molto delicata e non è ancora chiaro quale possa essere il risultato finale di questa discussione. Di seguito l’intervento di alcuni studenti rivoluzionari.

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DALLA PARTE SBAGLIATA

È ormai da qualche settimana che si sussegue sul blog di studenti contro il green pass una discussione accesa fra chi vorrebbe continuare a vivere sotto il dominio egemonico made in Usa e chi, giustamente, argomenta che l’unico modo per dire no alla guerra, come dichiara anche la nostra costituzione, è uscire dalla Nato e augurarsi presto una sua deflagrazione.

Chi si atteggia come pasdaran della “libertà americana”, la quale si esprime soltanto attraverso il giogo che tiene in scacco i popoli europei e non, con i suoi sofismi vorrebbe farci giungere alla conclusione che siamo noi a sbagliarci di grosso.

Sull’onda del famoso detto “better dead than red” questi libertari, categoria politica in realtà dotata di una sostanza, non sono nient’altro che neoliberisti se non anarcocapitalisti per il minimum state con la paura, tipica del periodo precedente al ventennio, dell’instaurarsi di chissà quale governo comunista.*

Questi individui si sono avvicinati alla battaglia contro il green pass non per risollevare le sorti del proprio paese e dei propri concittadini, bensì per rivendicare una libertà personale che sappiamo non esistere se, contemporaneamente, non è garantita anche ai propri pari. Insomma, non è concretamente e pienamente libero il singolo se non è libero il gruppo. La libertà non è soltanto negativa e legata alla possibilità di fare “ciò che si vuole”, come sostiene la tradizione liberale da Locke in poi. Questo è un errore nel quale sono inciampati molti nostri compagni di viaggio durante lo scorso autunno.

L’individualismo sfrenato che questi personaggi rivendicano con onore non fa altro che confermare la natura negativa della loro concezione dell’uomo ed è assolutamente da contrastare nonché da rigettare.

Ma è proprio vero che “la storia insegna ma non ha scolari” come diceva Gramsci. Perché il green pass non sorge certo dalle ceneri dell’Unione Sovietica o della Cuba Castrista, ma dai 20 anni e più di totale distruzione creativa del sistema neoliberista che ha annullato ogni cultura politica a suon di manganello e/o attraverso la propaganda di regime. È dunque davvero paradossale che vengano additati come colpevoli alcuni soggetti politici che spesso non esistono più. La realtà dei fatti, la verità concreta che ci consegna la prassi, è che il sistema di controllo del green pass è nato in Occidente ed è lì che si è maggiormente dispiegato. L’allarmismo nei confronti di una chissà quale “cinesizzazione” dell’Europa rimane sostanzialmente un falso mito che funge da paraocchi per non vedere l’incendio che divampa in casa nostra.

Insomma, è proprio nella culla dell’individualismo che si è sviluppato il meccanismo più oppressivo proprio nei confronti dell’individuo e del suo corpo.

Non solo; è questo sistema che ha imposto taglia alla sanità, non siamo certo più nella “sbrodolante” Prima Repubblica. Ormai non regge neanche più la retorica dei paesi rigoristi secondo la quale l’Italia sarebbe un paese di spendaccioni. Abbiamo infatti, come gli altri PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna), tagliato tutto ciò che poteva essere tagliato ed i danni non hanno fatto tardi a palesarsi.

Di fronte a questi evidenti tratti caratteristici del nostro sistema, che si sta già evolvendo mentre parliamo in un nuovo ordine tecno-scientifico, la Russia, oggettivo argine al dispiegarsi di una nuova Globalizzazione, viene additata come stato imperialista che conduce una guerra imperialista.

La Russia non è uno stato imperialista e non lo è principalmente per alcuni criteri e caratteristiche intrinseche: sul piano della performatività economica la Russia assomiglia più ad un paese depredato che predatore (in Occidente più volte si è sentito dire “il Texas ha un pil maggiore di quello della Russia”).

Non esporta capitali finanziari, o comunque in forma ridotta, bensì merci. Certo è un sistema che ha sicuramente delle falle, ma è stata vittima di un’aggressione progressiva da vent’anni a questa parte. È stata bistrattata nel momento in cui ha sottoscritto dei protocolli, cercato mediazioni e, come ogni essere aggredito, ha reagito a sua volta.

Difendere la Russia, nonché sostenerla, diventa necessario. È questo ciò che fa un militante antimperialista. Chi non lo fa, oltre a dover riconoscere che ogni giorno cammina su un territorio che ospita più di 40 bombe nucleari americane e ad incitare alla resistenza ucraina, dovrebbe capire che “giocare” all’antimperialista non fa parte della cultura liberale e sarebbe meglio che lasciasse la questione a gli “addetti al lavoro”.

Al contrario, va detto per onestà intellettuale, l’ideologia liberale nasce proprio con l’obiettivo di fungere da base teorica sia ai rapporti di forza “nazionali”, con un popolo lavoratore oggetto di sfiducia e da sottoporre al controllo totalitario illuminato delle classi abbienti *(vedasi la brutale e disciplinante realtà delle workhouses, poi delle fabbriche, e delle elaborazioni benthamiane), sia a quelli internazionali, dividendo l’umanità fra nazioni civili e “popoli bambini” dei quali disporre a piacimento, con la negazione di ogni sovranità politica e la lotta spietata e brutale ad ogni sussulto indipendentista.

È chiaro che quindi ogni attentato alla “divisione internazionale del lavoro” volto a garantire rapporti più paritari fra gli stati e la fine dell’egemonismo statunitense viene, giustamente, interpretata dalla compagine liberale come un diretto attacco ai propri privilegi signorili.

È la concreta riuscita dell’operazione russa in Donbass, che non si tratta di nessun Blitzkrieg fallito come dicono alcuni analisti occidentali sapendo di mentire, che potrebbe farci uscire da un mondo unilateriale a trazione americana che dalla crisi del 2008 è entrato DEFINITIVAMENTE in panne.

Curioso, infine, come non sia evidente per questi individui la crisi economica e sociale alla quale stiamo andando incontro, che è ancora una volta figlia dell’UE e dei sistemi neoliberisti. Occorre schiarirsi al più presto le idee: la questione del green pass di per sé non può essere più l’unico collante (al netto amche di un suo esaurimento pratico) di un movimento di contestazione serio e che ha la pretesa di cambiare il reale. Nel frattempo l’autunno, che si presenterá sicuramente caldo per via di un combinato pandemico e problemi sociali, si avvicina.

*(in quel caso, poi, i liberali ebbero grosse responsabilità nel processo di fascistizzazione della società italiana).

* Fonte: studenti contro il green pass

2 pensieri su “STUDENTI NO GP: CON O CONTRO IL MONDO A STELLE E STRISCIE?*”

  1. Francesco dice:

    Spero che gli “Studenti contro il greenpass” non cadano in un COLOSSALE ERRORE. Quello di non capire/individuare il nesso esistente tra:
    Emergenzialismo/terrorismo sanitario
    Misure liberticide (Tra cui il greenpass)
    Offensiva politico/economico/militare contro la Russia.

    Il primo (l’emergenzialismo sanitario) e’ servito al Sistema Neoliberista occidentale per giustificare le misure liberticide… Queste ultime sono state un “esperimento” per saggiare le reazioni dei Popoli alle consenguenze (economiche e sociali) di un ipotetico stato di crisi. (…vedasi divieti di assembramento/manifestare, chiusure forzate delle attivita’ economiche)… quest’ultimo (Lo Stato di crisi) che INIZIALMENTE era “posticcio”,in quanto frutto di un allarmismo ingiustificato legato al covid, poi PUNTUALMENTE e’ diventato CONCRETO in seguito all’ulteriore offensiva occidentale (…in corso ormai da molti anni…) contro la Russia.
    Per la serie: TOUT SE TIENT…

    Francesco F.
    Manduria (Ta)

  2. FaBer dice:

    Che guazzabuglio!
    Il GP è uno strumento moderno di contenimento di popolazioni diventate superflue nel Modo di Produzione Capitalista, causa terza e quarta rivoluzione industriale. Che accada in Cina, in Russia o in Occidente non è espressione di capitalismo neoliberista o di altre cattiverie, bensì di Capitalismo tout court. Allo stadio in cui è arrivato il capitalismo espelle il lavoro e crea una massa crescente di esclusi, che bisogna contenere per evitare la guerra civile. Oppure si vuole la guerra civile!?
    Rifiutare il GP e voler restare nel MPC è antilogico e antistorico.
    GP, emergenze continue, stato di eccezione e altre distrazioni sono misure necessarie per gestire la fine del capitalismo gestita da chi ha accumulato valori astratti, cioè capitali, che non valgono niente se non vengono realizzati comprando ricchezza vera. Vogliamo gestirlo noi? Cioè vogliamo prendere il posto delle èlite che stanno gestendo questa crisi irreversibile del MPC? Ma bravi!
    Bisogna orientare la rabbia contro la vera causa. Anzi la rabbia bisogna farsela passare pensando che siamo tutti organici al sistema capitalista. Unica soluzione, cominciare ad uscirne. Possibilmente assieme.

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