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ZELENSKYJUGEND di Enrico Mascelloni

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Con l’annunciata discesa in battaglia della Zelenskyjugend si apre una nuova fase della guerra. Forse quella in cui le balle della propaganda pro-ukraina toccheranno vertici ancora ignoti persino ai corrispondenti del Corriere della Sera: “Un milione di soldati ukraini dotati delle nuove armi americane, nei prossimi mesi riconquisteranno i territori del sud [ndr. Oblast di Kerson + Mariupol e Crimea] vitali per i nostri interessi” (Zelensky, 11 Luglio). 

Ma è possibile che le dichiarazioni di Zelensky abbiano un qualche fondamento. E allora potrebbe fare a meno di una Zelenskyjugend? Come altro connotare l’annunciata presenza di un milione di soldati, quando finora l’intero esercito ukraino, peraltro decimato da morti, feriti e prigionieri che a essere molto ottimisti riguardano un quarto dei suoi effettivi, assommava all’inizio della guerra, comprese le milizie territoriali, a ca. 200.000 soldati? I riservisti, stimati propagandisticamente a 900.000 all’inizio della guerra (400.000 reali secondo la Vereshchuk, assai più seria (e sobria) del volatile Presidente) si sono assottigliati ulteriormente, dacché una parte sostanziale è riuscita a scappare dal Paese e non ha alcuna intenzione di rientrarci, soprattutto dopo il ruolo di carne da cannone a cui ha visto destinati, nel Donbass, i reparti meno attrezzati. Tra quelli rimasti a disposizione i riservisti utilizzabili non sarebbero più di 200.000, caratterizzati da una scarsissima preparazione militare e da un’età avanzata, che andando verso l’inverno severo delle pianure centrali presenterebbe più problemi logistico-sanitari che vantaggi tattici. Si può dunque parlare di un ulteriore milione di effettivi senza che la sua grande maggioranza non sia composta di ragazzini di un’età variabile tra i 15/16 e i 18 anni?

Terminata l’euforia propagandistica più sgangherata, ripresa in blocco dai media occidentali, (“un popolo intero stretto intorno al suo Presidente”, “soldati eroici pronti a morire e mai a arrendersi”, “soldati russi in fuga, che prima di scappare bevono, per ubriacarsi, la benzina dei propri Tank”….), è apparso chiaro, dall’evidenza dei fatti militari, che l’armata russa (e “rossa” soprattutto la sua componente di milizie indipendentiste del Donbass) restava ben salda e capace di offensive strategiche nonostante evidenti limiti tattici e logistici (riparati, non è ancor chiaro sino a che punto, in corso d’opera, ma certamente calibrati sino al punto di conquistare l’intero Donbass). 

Dall’altra parte la resa disordinata e l’allineamento da gregge del battaglione Azov alle milizie del Donbass, senza che nemmeno uno dei suoi capi abbia solo tentato l’atto di ogni disfatta onorevole — spararsi un colpo in testa — parla da solo, e infatti del battaglione Azov, che “preferirebbe la morte alla resa” (motivo recitato ininterrottamente da Zelensky e ripreso con giubilo da tutti i media occidentali fino al 19 maggio), non ne parla più nessuno. [1] Ma è apparso anche chiaro, al punto da filtrare persino in giornali in cui scrivono sambuca Molinari e cetronata Gramellini, che il fronte interno ukraino è tutt’altro che coeso e che una parte crescente della popolazione prende le distanze dalle posizioni intransigenti di Zelensky, sebbene non sia ancora chiaro in che quantità e in che misura. 

Né c’è da aspettarsi che qualche notizia corretta arrivi dalla principale fonte di ristoro dei media: l’MI6 britannico, che dopo la morte di 007 nell’ ultimo film della serie ha addirittura aumentato quella quantità di balle e di previsioni grottesche che l’ha caratterizzato sin dai tempi in cui Gandhi era considerato “un innocuo pagliaccio indiano”. 

Sarà pronta la popolazione ukraina a far massacrare anche i propri figli pressoché minorenni? Va ricordato che la Hitlerjugend, come ogni altra milizia jugend in diversi teatri di battaglia (da quella dei Khmer Rossi alle milizie giovanili di Mobuto) ha la caratteristica priva di eccezioni di salire alla ribalta quando le guerra è ormai persa. Tanto più che a una carica al grido di battaglia “Slava Ukrainii” sarebbe in questo caso più appropriato “Slava Lhemans and Brothers” o “Slava Esso”.

NOTE

[1] Si veda, del sottoscritto, in questo stesso blog: “La resa del battaglione Azov e l’evacuazione dei media occidentali

Un pensiero su “ZELENSKYJUGEND di Enrico Mascelloni”

  1. leandro locatelli dice:

    Chi non conosce la Verità è uno sciocco, ma chi conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente
    Petizione diretta al Presidente Mario Draghi e al ministro Cartabia
    Andrea Rocchelli, fotogiornalista italiano era andato a documentare gli orrori della guerra in Ucraina, precisamente nel Donbass, ed è stato ucciso per questo. E’ stato assassinato insieme all’attivista per i diritti umani (e interprete) Andrej Nikolaevič Mironov, dal fuoco ucraino, il 24 maggio 2014. William Roguelon, unico sopravvissuto all’attacco, dichiarerà che il gruppo è stato bersagliato da numerosi colpi di mortaio e armi automatiche dalla collina Karachun, dove era stanziata la Guardia nazionale dell’Ucraina e l’esercito ucraino. Gli assassini non sono i russi ma i nostri alleati, addestrati e armati da noi. I “buoni”. Quelli che difendono la libertà. Nel luglio 2017 le indagini hanno portato all’arresto di Vitaly Markiv mentre rientrava in Italia, militare della Guardia nazionale ucraina col grado di vice-comandante al momento dell’arresto ma soldato semplice all’epoca dei fatti, con cittadinanza italiana. Markiv è stato sottoposto a misure detentive di custodia cautelare in attesa del processo che si è aperto a Pavia nel maggio 2018. Durante lo svolgimento del processo, Markiv viene anche accusato dentro e fuori l’aula di simpatie neonaziste. Si legge su Wikipedia: “Il 12 luglio 2019 la corte penale di Pavia ha giudicato Vitaly Markiv colpevole per concorso di colpa nell’omicidio di Rocchelli e Mironov e lo ha condannato a 24 anni di reclusione. Lo stato Ucraino è stato anch’esso giudicato colpevole nella medesima sentenza quale responsabile civile”. Markiv però se la cava, dopo l’intervento delle autorità dell’Ucraina che prendono le sue difese. Ed ecco il colpo di scena: “Il 3 novembre 2020 la Corte d’Assise d’appello di Milano, pur ritenendo colpevoli le forze armate ucraine dell’omicidio dei giornalisti, ha assolto Vitaly Markiv con formula piena escludendo alcune testimonianze chiave dall’impianto accusatorio per un vizio di forma”. Sul tablet e sullo smartphone sequestrati a Markiv, secondo i Ros, sono conservate oltre duemila fotografie. Alcuni scatti mostrano un uomo incappucciato, con una catena di ferro al collo, rinchiuso nel bagagliaio di un’automobile, una Skoda Octavia. In alcune immagini scattate poco dopo, si vede lo stesso uomo, con il volto ancora coperto, gettato in una fossa mentre qualcuno non inquadrato nella ripresa lo ricopre di terra. Altre fotografie ritraggono Markiv davanti alla stessa Skoda Octavia. Quando nell’aula è stata mostrata una foto di agenti della guardia nazionale ucraina con alle spalle una bandiera nazista, Markiv ha chiesto di prendere la parola e ha detto: «Non voglio che la guardia nazionale sia presentata come nazista. La bandiera ritratta in quella foto è soltanto un bottino di guerra» Peccato che il nemico fossero gli autonomisti del Donbass. Non c’è pace senza giustizia, non si annulla una sentenza per vizio di forma, dopo l’intervento delle autorità Ucraine che hanno parlato di complotto e di processo politico, intervento supportato anche da politici di lungo corso italiani. Chiediamo al presidente del consiglio Draghi ed al ministro della Giustizia Cartabia la revisione del processo. Ci sono due vittime innocenti, assassinate perché testimoniavano con il loro lavoro verità scomode, non ci possono essere colpevoli in libertà. La responsabilità penale è personale, indicare come responsabile l’intero esercito ucraino è inutile e sbagliato. Verità e giustizia per Andrea e Andrej.
    Puoi firmare la petizione qui: https://chng.it/J4kY6Zdj

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