LE TRE BUGIE DI FRANCESCO TOSCANO di Moreno Pasquinelli
Dire la verità è davvero sempre un atto rivoluzionario? Non proprio. Al nemico, se ci va di mezzo l’esito della battaglia, non solo si può, si deve mentire. Quando invece si parla della relazione col popolo lavoratore e con le sue avanguardie politiche dire la verità, per quanto amara possa essere, è un dovere (salvo appunto quando ciò possa dare un vantaggio al nemico). Una regola che vale anche nella vita; c’è infatti una correlazione inversa tra ricorrere alla menzogna e ottenere la stima da parte del prossimo. Nessuno si fida degli impostori.
E’ noto quanto il campo politico dei dominanti sia pieno zeppo di furfanti, di bugiardi, di doppiogiochisti. In quello nostro, quello che a vario titolo definiamo antisistema o del dissenso, i dirigenti per primi, dovrebbero dare l’esempio opposto: critica sì, anche dura, ma mai dire menzogne, tanto più se proferirle pregiudica o danneggia i rapporti con altre forze politiche del dissenso. Il vantaggio di dire il falso è sempre effimero e precario, mentre le bugie hanno sempre le gambe corte.
Francesco Toscano, uno degli architetti della lista elettorale Italia Sovrana e Popolare, mente. Non solo in un’occasione, mi ha tirato in ballo pubblicamente attribuendoci gesti che non abbiamo compiuto e, di converso, accollandosi meriti che invece proprio non ha.
Tre sono le sue bugie che provo ad elencare in ordine cronologico.
La prima riguarda Paragone e la sua Italexit. Non è vero che Paragone abbia sempre immaginato di procedere in solitudine rifiutando alleanze con movimenti antisistema. Prima che Italexit fosse ufficialmente sancita, esattamente sabato 27 giugno 2020, Paragone, su spinta di Ludovico Vicino e anche nostra, convocò un incontro aperto per verificare se un partito unitario con i gruppi dell’allora sovranismo costituzionale fosse possibile. L’incontro si svolse a Roma, presso la sede del VII Municipio la cui presidente era Monica Lozzi. Un gesto di apertura che Toscano (allora presidente della defunta Vox Italia) rispedì al mittente in malo modo, iniziando a lanciare la nota e pesantissima accusa di gatekeeper del sistema a Paragone medesimo. All’incontro, oltre ai delegati di Liberiamo l’Italia, c’erano decine di persone, che possono testimoniare, tra cui Stefano D’Andrea (che rifiutò ogni ipotesi di partito unificato ma almeno accettò l’invito). Lungi da noi assolvere Paragone (che in quanto a bugie e giravolte supera tutti) dalle sue enormi responsabilità nell’aver sabotato la possibilità di dare vita ad un blocco popolare sovranista e democratico, ma la verità è che almeno il tentativo formale lo fece.
La seconda bugia. Toscano ha affermato che non fu lui a far saltare l’unione che si era costituita nell’estate del 2021 nel fuoco del movimento contro il Green Pass e che, dopo le grandi manifestazioni di P.zza del Popolo a Roma del 31 luglio e quella di P.zza Duomo a Milano il 28 agosto, si concluse con quella enorme nazionale di P.zza S. Giovanni del 25 settembre. Invece fu proprio Toscano, con una delle sue solite mosse brusche e impudenti a tagliare con le cesoie il fiore appena sbocciato del fronte unico —ne ricordo i componenti: Fronte del Dissenso, No Paura Day, Ancora Italia, 3V e Primum non Nocere. Anche in questo caso non mancano i testimoni. Perché Toscano decise di dileguarsi malgrado quell’embrione di fronte unico avesse suscitato tante speranze? Si giustificò sostenendo che non bisognava fare troppo affidamento sui movimenti di piazza e che la sua priorità era costruire il partito (il suo evidentemente). Se ci è permesso avanziamo il sospetto che lui si sia tirato fuori anche perché non gli si riconosceva la supremazia. Ma facciamo finta che questo sospetto sia infondato, resta il metodo sballato che egli seguì: burocratico e arrogante. Al fondo c’è un problema di visione e di metodo. L’egemonia e/o la direzione politica dei movimenti di massa non si ottengono con gli aut aut. Ci vogliono pazienza, onestà intellettuale e modestia per conquistare la fiducia degli attivisti, ovvero comprendere i ritmi, le dinamiche e anche i limiti intrinseci dei movimenti spontanei — limiti che non possono diventare un pretesto per lasciarli a se stessi o assumere un atteggiamento di spocchia paternalistica. Immagino che Toscano mi risponderà che aveva ragione lui visto che Ancora Italia ora è più forte mentre il movimento No Gp non c’è più. Come la profezia che si autoavvera: col suo fare Toscano (ma certo non era solo) ha contribuito a insabbiare e parassitare il movimento a favore del suo partito-vampiro la cui sopravvivenza dipende dalla morte della sua vittima.
La terza bugia. Toscano, nell’intento di accreditarsi come quello che tanto si è speso per l’unità mentre noi saremmo quelli che non l’hanno voluta, va dicendo in giro di averci invitati al “congresso” di Ancora Italia svoltosi a Napoli nei giorni 16 e 17 luglio e che avremmo declinato l’invito. Sì, l’invito c’era stato in effetti ma, alle porte del “congresso”, esattamente il 26 giugno di invito ne riceviamo un secondo che cancellava il primo: “Senti Moreno, conosco le vostre posizioni, è meglio se non vieni”. Anche in questo caso ci sono le prove. Con “nostre posizioni” Toscano si riferiva evidentemente all’Appello dei 100, al tentativo di sventare la divisione e di costruire, in vista delle elezioni, una lista unica che unisse movimenti e partiti antisistema. Ospiti non graditi non siamo ovviamente andati a quello che non è stato un “congresso” ma una kermesse in cui si è celebrato il sodalizio, ovvero della coalizione elettorale che prenderà il nome di Italia Sovrana e Popolare.
Di qui l’accusa del nostro che noi, invece di partecipare alla battaglia elettorale, avremmo deciso di stare alla finestra. In effetti è vero che alla richiesta di far parte della coalizione elettorale di Italia Sovrana e Popolare abbiamo risposto No grazie! Idem con patate abbiamo fatto con agli amici di VITA e altri ancora. Non potevamo, dopo tante energie spese per chiamare all’unità (dei movimenti e dei partitini, non solo di ristrette cupole dirigenti), dopo aver tuonato contro la divisione e i divisionismi, partecipare al gioco al massacro in cambio di posti in lista — di liste per altro fatte, per usare un eufemismo, coi piedi. Sì, abbiamo preferito saltare il giro, anche perché, ferma la grande importanza che avrebbe avuto una lista unitaria, il 25 settembre non sarà il Giorno del Giudizio. Abbiamo la sensazione che sarà ricordata come una grande occasione persa.
Ora è al dopo-25-settembre che occorre pensare, ove il pensare deve focalizzarsi anche su come riorganizzare un movimento d’opposizione, ciò in un contesto da far tremare i polsi, mentre il mondo corre verso un conflitto a scala mondiale, e l’Italia procede inesorabile verso una recessione acutissima destinata a produrre profonde lacerazioni sociali. L’unità che per colpa di gruppi dirigenti divisionisti non s’è fatta per le elezioni, sarà doveroso ricostruirla ma su solide basi. Speriamo che il 25 settembre non ci consegni solo macerie.
NB
Sorvoliamo per carità di Patria su certe violente e retoriche reprimende anti-astensioniste messe in circolazione da esponenti di spicco di tutte le liste in lizza. “Votate chi vi pare, ma andate a votare!”. Simili cazzate elettoralistiche non s’erano mai sentite prima. Una volta chi le pronunciava sarebbe stato bollato come un cretino. Noi rispondiamo con una sommessa pernacchia.
Se mi è consentito, vorrei fare solo 2 appunti: il primo è che scrivere “la defunta Vox Italia” è un grossolano errore, dato che Vox Italia esiste ed è più viva che mai. Il secondo è che quando scrivete che “Paragone in quanto a bugie e giravolte supera tutti”, sarebbe bene argomentare con fatti concreti, se esistono, altrimenti rischiate di cadere nello stesso peccato di cui incolpate (secondo me anche giustamente) Toscano.