IL FRONTE DEL DISSENSO E L’ITALIA CHE VERRÀ di Lorenzo Della Corte
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- La trasformazione del Fronte del Dissenso da federazione di movimenti a soggetto politico compiuto, è una naturale evoluzione che risponde ad una maggiore consapevolezza degli scenari politici che si presentano e dei relativi maggiori compiti necessari. Del resto oggi tutto è politica, anche il vagito di un neonato è di per sé anticapitalista perché si oppone alla de-popolazione e quindi è un atto politico. Il FdD (Fronte del Dissenso), per le caratteristiche del suo agire comprende e rappresenta l’insieme degli oppositori alla dittatura sanitaria e tramite i suoi naturali dirigenti contiene in sé l’avanguardia politicamente formata o in formazione. Ora la natura ed i termini dello scontro appaiono e si svelano in tutta la loro chiarezza e drammaticità, con l’integrazione da parte delle oligarchie finanziarie della guerra sanitaria, con la guerra tradizionale e con la transizione ecologica, i cui obiettivi sono noti: concentrazione della catena di comando, distruzione delle economie a medio-basso tenore di capitale investito, impiego massiccio della tecnologia ai fini di una produttività sfrenata che consenta uno sfruttamento totale della popolazione, fisico, psichico, biologico, per asservire la popolazione in una schiavitùmoderna che vede l’annichilamento delle qualità umane intrinseche: ovvero libero arbitrio, produzione autonoma di pensiero, cultura. Da qui l’uso massiccio di protocolli precostituiti che regolano nei minimi dettagli la vita ed il comportamento delle persone, imponendo soluzioni già confezionate che disciplinano la società come un lager a cielo aperto, la cui destinazione è una morte psichica immediata e fisica secondo le loro necessità.
- E’ evidente che il compito che ci attende è immane, ma obbligato. Dal dopoguerra (ma sono convinto anche da prima) abbiamo vissuto in una guerra asimmetrica, ovvero combattuta dalle élite globaliste che senza alcuna resistenza hanno occupato tutte le posizioni necessarie per scatenare l’assalto finale imposto loro dalla contraddizione insanabile tra una accumulazione gigantesca dei capitali e l’impossibilità tecnica di soddisfare un adeguato saggio del profitto. Ebbene hanno occupato tramite l’uso storicamente noto di strutture coperte come massonerie, mafie, camarille, club, ecc. i posti di comando delle strutture finanziarie mondiali, e di quelle amministrative e di direzione degli stati nazionali, assoggettandoli tramite una rete di organizzazioni internazionali create ad hoc. Non è un processo lineare, perché gli interessi delle élite globaliste confliggono con gli interessi rappresentativi di settori del capitale che traggono la loro forza dalle economie nazionali e che non vogliono soccombere in una svalorizzazione forzata e pilotata di una parte del capitale. Da qui l’emersione di distinguo e di resistenze sia all’interno degli Stati Uniti, sia di interi stati come la Russia, la Cina, ecc. In Italia, dove pure l’aggressione delle élite globaliste è stata particolarmente feroce, ancora questa resistenza da parte della industria e della finanza risulta insufficiente e limitata da due fattori: la tremenda distruzione dell’impresa italiana negli ultimi 40 anni, con l’azzeramento di interi comparti, come l’elettronica, la chimica, e la cessione agli stranieri del resto: dall’automobile, alla ferroviaria, a gran parte della moda e dell’alimentare e del turismo d’élite; ed infine dalle politiche assistenziali dello stato verso le imprese (ad esempio l’edilizia) riducendole a dipendere dallo stato come drogati.
- Abbiamo visto quindi come la classe politica italiana dipenda direttamente dalle élite globaliste: la sinistra (PD e formazioni subalterne) è stata il battistrada delle politiche distruttive, e la destra, per sudditanza alla NATO, al di là delle dichiarazioni, non può rappresentare il “sentimento” di protesta e di “rivolta” che si sono espressi in queste elezioni: 45% di astenuti a cui si deve aggiungere un 25% di voto di protesta-speranza rivolto alla Meloni. Un 75% di popolo, quindi, che attende “messianicamente” un cambiamento. Non può avvenire, lo abbiamo già visto dalla lista dei ministri “consegnata” da Mattarella alla Meloni. La stessa struttura dirigenziale portante del tessuto amministrativo statale e parastatale è permeato da uomini influenzati dalle politiche di Davos: una Meloni vera sovranista o un qualsiasi governo anti-elites avrebbe dovuto chiamare a raccolta i propri elettori per una “vera” ed immediata presa del potere, tale da consentire una coercitiva pulizia dell’apparato politico e amministrativo della nazione.
- Senza questo obiettivo strategico, non può essere invertita la tendenza. Una guerra è già in atto scatenata dalle elites globaliste contro coloro che resistono alla loro agenda e contro una popolazione mondiale per loro innecessaria. Questa guerra si esprime in tutte le forme: da quelle atipiche delle pandemie, alla transizione green, o quelle tradizionali come iperinflazione, bolle finanziarie o guerra aperta, come in Ucraina. Qualsiasi processo di cambiamento in Italia deve inserirsi in questo contesto internazionale, e trovare in esso gli appoggi necessari. Ora o mai più deve essere sterilizzata questa elites finanziaria appoggiando tatticamente tutti quei settori capitalisti che cercano di ritornare ad un mondo multipolare: all’interno degli Stati Uniti, Trump, o la Russia, già impegnata militarmente, la volontà di autonomia della Cina, ed i Brics. Le elezioni dell’8 novembre negli Stati Uniti, sveleranno se potranno rappresentare un punto di svolta e dobbiamo quindi essere capaci di approfittarne. Tutta l’attività internazionale deve essere posta al primo posto delle preoccupazioni del FdD: la partita si vince o si perde a quel livello! Uscire dall’euro, uscire dalla UE, uscire dalla Nato, sovranità monetaria, economica e finanziaria sono possibile solo in un contesto di nuove alleanze, a partire da subito!
- A questa consapevolezza il FdD deve procedere su due livelli: la crescita numerica e culturale del partito ed il radicamento sui territori con la chiarezza che la maggioranza della popolazione non ha più una rappresentanza: lavoratori, artigiani, imprese, professionisti, pensionati, disoccupati, sono stati deprivati dei loro naturali rappresentanti, tutti sussunti dal potere massonico globalista: sindacati, organizzazioni delle imprese, ordini professionali, magistratura, ecc. operano contro i loro iscritti ed utenti. La popolazione vive un vero e proprio disorientamento, sfiducia, e senso di impotenza consapevole che la causa di questa tragedia sociale dipende da élite apparentemente inarrivabili. Così oscilla tra chiusura in sé stessa, “si salvi chi può” ed attesa messianica. Ora c’è un momento di sospensione dovuto alle attese del nuovo governo, ma noi dobbiamo trovarci pronti a raccogliere l’indignazione e la rabbia repressa che crescerà alle prime disillusioni. Negli anni passati l’opposizione era naturalmente aggregata intorno alle grandi fabbriche, ai luoghi di lavoro, in un contesto culturale dove la famiglia amplificava la vita sociale e si formava quel collante sociale e collettivo che favoriva l’aggregazione nelle lotte ed il riconoscimento dell’avanguardia. Oggi il modo tecnico di produzione e la propaganda massmediatica ha spezzettato le fasi, ha reso fabbrica tutta la società, ha confuso i ruoli, ha reso tutti divisi e separati, ha smantellato le famiglie, ecc. In questo contesto l’aggregazione cosciente è molto difficile e la soglia di innesco sociale molto alta. Anche al nostro interno la comunicazione è difficile: un tempo bastava un’occhiata.
- Questo passaggio sarà un salto di qualità rispetto alla lotta contro il green pass e la dittatura sanitaria: da una parte occorre proporre un modello di sviluppo rivolto a creare una nuova società che si avvalga delle esperienze passate, ma comunque diversa, una NEP di leniniana memoria che veda la finanza e la moneta saldamente solo nelle mani dello stato democratico, ed un mondo produttivo di piccole e medie imprese ad intensità di capitale limitata, affiancate da una nuova IRI che riporti in mano pubblica i servizi, l’energia e tutti i settori vitali per il paese, quindi un programma, obiettivi immediati ed intermedi, parole d’ordine unificanti, presenza e comunicazione, dall’altra promuovere contenitori dove un popolo disperso possa ritrovarsi nella lotta e riprendere una vita sociale che faccia da collante. Non importa il nome che vogliamo dare: soviet, consigli, comitati, assemblee, ecc, tutti improntati alla democrazia diretta, ovvero la revocabilità immediata dei mandati. Il FdD non deve quindi occuparsi solo di sé stesso, come fanno tutti questi partitini di merda a cui interessa solo accrescere il loro potere personale, ma deve crescere insieme ad organismi di rappresentanza della popolazione, dove noi saremo presenti insieme ad altri e dove le nostre posizioni si imporranno per autorevolezza, chiarezza, logica e bontà. Tattica e duttilità quindi ma con la barra del timone diretta verso la presa del potere. Certo in una fase turbolenta ed in contesti dove le differenze di consapevolezza sono notevoli, saranno richieste anche doti di fermezza. Il FdD dovrà allacciare rapporti a 360° con tutte le componenti della società, ivi comprese le FFOO e FFAA, richiamandole alla loro funzione di difesa del popolo.
- Ricordiamo che dobbiamo coprire un ruolo che altrimenti, in nostra assenza, altri lo ricopriranno nei momenti di emergenza: abbiamo una casistica, il nemico si è attrezzato per farlo con falsi profeti e movimenti colorati dell’ultima ora.