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GIOVENTÙ BRUCIATA (1) di Filippo Dellepiane*

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INCHIESTA SUL POLIVERSO GIOVANILE

Che succede davvero tra i giovani? Tratteggiare con linee nette i confini tra diversi mondi non è facile, poiché spesso questi confini sono sfumatiti, e a volte si dissolvono. Una cosa tuttavia, parafrasando Mao, si può dire: c’è grande confusione sotto il cielo, ma la situazione non è eccellente.

In un intervento al Forum di Assisi, la scorsa estate, ho sottolineato la grande difficoltà di coniugare l’esperienza del movimento no gp ed il mondo giovanile (a parte l’ottima eccezione degli studenti contro il green pass). Avevo segnalato l’eterogeneità sociale e le contraddizioni interne al “blocco sociale” che animava quel movimento — eterogeneità e contraddizioni che erano una concausa della scarsa partecipazione giovanile al movimento no gp.

Cercherò di approfondire il tema in alcuni testi successivi, tuttavia qui mi vorrei concentrare, anche ma non solo, sui grandi esclusi (volenti o nolenti) di qualsiasi piazza e/o semenza politica. Per forza di cose parlerò quindi della grande indifferente maggioranza. Potrei utilizzare benissimo l’espressione leviana dei sommersi e dei salvati ma mi piacerebbe compiere un’azione ancora più sistematica e dettagliata.

I GIOVANI E I SOCIAL

Partiamo da qualche considerazione basilare per far capire il mondo giovanile ai cosiddetti “boomers”: facebook ormai da molto tempo non è più il social di riferimento dei giovani. Chi lo ha ancora o sono quei pochi che, o fanno politica, o ne hanno bisogno per qualche specifico motivo (gruppi, pagine che non ci sono altrove).

È instagram a fare da padrona. La motivazione è semplice: è un app ancora più istantanea rispetto a Facebook. in quest’ultima potevi creare delle sorte di comunità. Instagram, invece, è splendidamente liquida. Tutto questo è visibile grazie allo “scrolling”, all’introduzione dei video e delle storie. È velocissima, duttile, chiede una bassissima soglia di attenzione cognitiva. Riduce tantissimo l’attenzione all’altro, tutt’al più oggettificandolo.

Ma la vera nuova intuizione è BeReal (insieme al già noto TikTok). La cosa bizzarra, che sembra farla andare controtendenza rispetto agli altri social, è che ti palesa (già nel nome) la volontà di essere proprio diversa: “essere veri”. Brevemente ti permette di fare un selfie ed una foto del luogo in cui ti trovi, o delle persone che ti trovi di fronte, in pochissimi secondi. A confronto, insomma, Facebook era il “regno della socialità”.

Si perché questa app si basa tutta su foto ed espressioni facciali che imposti come reazioni alla foto degli altri. Non impieghi neanche più il tempo per commentare la foto di qualcun altro, bensì gli invii solo la tua reazione. È lo step successivo, la riduzione a Tempo 0 dell’elemento della scrittura e della socialità.

Questa è la grande patria degli esclusi da ogni dinamica di contestazione sociale sistemica. Fanno della vita sui social LA LORO VITA, attraverso una identificazione che davvero potrebbe finire sui manuali di psicologia. Menzione di onore, ma che tratterò prossimamente, è Onlyfans: un instagram sessuale a pagamento che sta spopolando dalla pandemia in poi fra i giovani e che è tanto sostenuto dalle femministe liberali con la “teoria della riappropriazione”.

La parola d’ordine: Velocità.

Nota a margine: a proposito di velocità, fa sempre riflettere come queste app si sviluppino davvero velocemente. Per i padroni di queste aziende deve essere un incubo vivere nel terrore di essere sorpassati da un momento all’altro da un competitor. Da qui, seguendo la logica, capiamo perché premono nella direzione di sistemi di indicizzazione tecnologica e reindirizzamento degli utenti (una delle svolte tecnologiche, neanche tanto minore, caldeggiata dai transumanisti): vogliono avere dati assolutamente certi sui flussi dei consumatori per capire se la loro azienda possa continuare a veleggiare con successo.

ELYSIUM

Li vedi giare per l’università con un altro piglio, sai che hanno un futuro roseo davanti a loro perché glielo leggi negli occhi. Giacca e cravatta, oppure più spesso irriconoscibili e mascherati sotto vestiti di tela che trasudano ideali di fluidità e inclusione. Sono i salvati tornando a Levi? Macché molto di più; sono come i coloni di Elysium che vivono al di sopra di tutto e tutti e possono vivere tranquilli!

E gli irriconoscibili, che ho tratteggiato sopra, sono anche peggio. Chiarisco, non è che se sei abbiente è colpa tua. Anzi, ti dà delle possibilità, a livello culturale, che tutti dovrebbero avere. No, non è questo il problema: il problema è che giocano a fare quelli che hanno rinnegato la propria famiglia e condizione sociale. Ma, capirete già, ne rimangono assolutamente nel solco. Usciti di lì, subitamente a 25 anni con fior fior di 30 e lode oppure con aiutino dei genitori, posto di lavoro da qualche parte e vita all’insegna del qui ed ora. Stabilità di qualsiasi tipo? Roba da anni 60 e da rigettare. Sai che noia lavorare per tutta la vita!

La politica, per queste persone, si riduce tutto a destra no sinistra si, diritti civili si oscurantismo no. È un dramma perché, grazie ad agganci e disponibilità di risorse, queste persone monopolizzano l’attenzione di tutto e tutti.

Non facciamoci illusioni, nessuna meritocrazia presunta: da qua esce la classe dirigente. Nel futuro non li vedremo neanche più nelle università “normali” (è ormai di dominio pubblico, anche per lo stesso ministero quando si parla di fondi, la denominazione di università di serie A e serie B), anzi una parte è già migrata da molto tempo altrove, in università private.

QUELLI CHE SE NE STRAFOTTONO DI TUTTO E TUTTI

Spaccato della società in cui c’è davvero qualunque cosa ed è davvero difficile dire qualcosa perché è un mare magnum di fenomeni e cause diverse. Ci sono cause economico sociali opposte: chi non se ne occupa perché non ne ha bisogno, non deve rivendicare nulla perché già tutto ha e chi invece non se ne può occupare dovendo sempre lavorare ed essendo i luoghi di lavoro sprovvisti di mezzi di lotta.

Ma ci sono anche cause di ordine psicologico e legato all’utilizzo di sostanze, giochi e stili di vita obnubilanti ed onnipervasivi. I raverini, i discotecari, i “fattoni buoni” (simpatici personaggi ma completamente anestetizzati che stanno tutta la sera a fumarsi le canne) ed anche chi, già in tenera età, ha problemi di alcolismo. È inutile dire che anche in questo caso ci sono forti condizionamenti dovuti al benessere economico di partenza. Da ascrivere a questa categoria il fenomeno dei maranza, che esprimono il loro briciolo di rabbia sociale muovendosi come branchi per le strade importunando turisti e vandalizzando i beni pubblici. Sono saliti alla ribalta della stampa come “baby gang”.

E poi chi ha capito che si vive meglio così perché prendere coscienza che le cose non vanno fa più male, ma te lo ammettono in attimi di sconforto. Mi lasciano sempre con l’amaro in bocca queste persone.

Non è inusuale provare dispiacere sincero nei confronti di questi, poiché spesso sono molto sofferenti. Decidono quindi di ritirarsi in piccoli e virtuosi gruppi di amicizia, un po’ come fossero dei filosofi ellenistici nella loro torre di sapienza dove possono coltivare le loro passioni.

Stesso giudizio morbido non si può dare a coloro i quali capiscono che le cose non vanno ma, giudicando troppo gravoso il compito di cambiare le cose, si allineano al sistema. È il caso dei frequenti e gravi tradimenti, anche politici, a cui si assiste di solito nella fascia 20-23 anni. È un fenomeno sempre presente, oggi forse meno numericamente parlando perché la gente fa meno politica in generale.

CHI NON HA GLI STRUMENTI

Qui mi verrebbe in mente la frase di Nenni, ovvero che il socialismo è fatto per portare avanti chi è rimasto indietro, ma voglio ritirarla subito come citazione altrimenti corro il rischio di dare l’impressioni di parlare di limiti intellettivi.

Chi sono queste persone? Sono coloro i quali non studiano perché non hanno possibilità di farlo oppure sono già gravati da altri problemi. Li ho messi in fondo per una questione simbolica ma questa è davvero una meta-categoria: c’è chi li ha persi questi strumenti, intontito dagli schermi, e chi proprio cresce così come i nascituri post mondiali 2006, per intenderci. Non senza amarezza dico che quella generazione è già persa in partenza e non vedo come rimetterla in piedi se non grazie ad uno shock di enorme portata.

Responsabili di questi ultimi e penultimi della società, anche se poi c’è sempre qualcuno di cui ci dimentichiamo che sta peggio di noi, sono principalmente le istituzioni scolastiche e del potere che hanno consciamente attuato un piano di rincoglionimento delle nuove leve.

Da chi ripartire? In sostanza da tutti e nessuno eccetto chi si è già salvato e non merita la nostra attenzione.

Ho voluto fare questa inquadratura generale nella speranza di dare una rappresentazione  schematica ma estremamente preoccupante della situazione giovanile in Italia, forse in tutto il mondo occidentale. I giovani presentano sempre forti polarizzazioni; spesso quest’ultime sono proprio il carburante di motori rivoluzionari. In questo caso, ma limitatamente a questo caso, sembra avverarsi la più classica teoria marxiana della completa polarizzazione in due grandi classi.

Nel prossimo testo approfondirò alcuni temi relativi al sesso, la cultura e la socialità fra i giovani della mia generazione, o meglio quelli che conosco o con cui ho avuto la possibilità di parlare.

[continua]

* Membro dell’Esecutivo nazionale del Fronte del Dissenso, tra i fondatori di Studenti Contro il Green Pass

Un pensiero su “GIOVENTÙ BRUCIATA (1) di Filippo Dellepiane*”

  1. Graziano+PRIOTTO dice:

    Gioventù ridotta a dato anagrafico ?
    avevo vent’anni nel 1965, avevo indosso una divisa militare che non vedevo l’ora di togliermi, degli anni successivi ricordo le continue manifestazioni, le vive e spesso feroci discussioni nelle sedi sindacali come nell’università (ero studente lavoratore).
    Qualcosa di quell’atmosfera era rimasta ancora nel 1975, almeno in Germania dove nel frattempo ero emigrato.
    Continuo tuttora a frequentare come uditore università in Germania ed altri Paesi Europei dove soggiorno per apprenderne le lingue.
    Rarissimamente incontro studenti che anche solo vagamente mi ricordano quello che erano i miei coetanei negli anni 1965 -75.
    La mia impressione è di vedere giovani anagraficamente ma vecchi intellettualmente, come se tutto quello che succede intorno a loro nelle nostre società fosse il risultato di un processo naturale, fisiologico e soprattutto ineluttabile. Non si tratta di disorientamento o confusione, poiché chi si trova in queste situazioni cerca risposte, fa domande, rifiuta le narrazioni dominanti.
    Nulla di tutto questo nella quasi totalità dei casi.
    E mi è facile – purtroppo – interloquire con questi giovani: a parte naturalmente gli interessi minuti e materiali (non vado certo in discoteca con loro !), se – come di regola devo fare – evito di trattare temi politici (che non raccolgono praticamente alcun interesse in questa fascia d’età ) mi sembra quasi di aver a che fare con coetanei, cioè giovani anagrafici ma vecchi come me, che purtroppo non ho più velleità rivoluzionarie poiché so benissimo che le rivoluzioni le fanno i giovani … ma non quelli anagrafici.

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