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LA PAURA DI MORIRE, LA PAURA DI VIVERE di Filippo Dellepiane*

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“Non la vita, ma la buona vita, deve essere principalmente apprezzata.” [Apologia di Socrate]

Premessa

Tanti modi per descrivere la mia generazione. Morte, per esempio. Cerebrale perché continua a vivere, ciondolare per le strade inerme ed inerte di fronte al mondo che va avanti e a tanti ragazzi che in altre parti del mondo, penso alla Cina o ai paesi in via di sviluppo per esempio, “vanno verso la vita” come avrebbe detto D’Annunzio e si impegnano nelle loro società, a volte per aumentare la propria ricchezza, a volte per i propri governi e/o per le loro aziende. Insomma, sia per scopi privati che pubblici, a volte per riscattarsi socialmente a livello individuale o come entità sociale. La realtà che invece il nostro mondo, l’Occidente, ma soprattutto l’Europa ci consegna, è diametralmente opposta. Questo vuole essere uno scritto “interclassista”, non ha pretese di sottolineare la condizione della “classe” (se così si può chiamare) giovanile.

È una riflessione che parte dalla condizione personale di un militante politico giovane, molto giovane (21 anni), di buona famiglia (cattolica), che ha incrociato lungo la sua vita ragazzi simili a lui, con storie contrassegnate da un unico minimo comun denominatore: la totale incapacità di prendere decisioni per la propria vita. Alcuni, spinti dalle famiglie o ormai da una quasi eccezionale volontà di reagire, hanno trovato le proprie strade, spesso quelle contraddistinte dal mancato interesse per il sociale e la volontà di galleggiare in un mondo sempre più difficile da decifrare e codificare.

Insomma, è un testo che può essere definito prepolitico, per la sua volontà iniziale, ma che per forza di cose riflette anche i rapporti di forza esistenti all’interno della nostra società.

Non è un testo di autocommiserazione, d’altronde la mia vita nel piccolo va in direzione opposta. Guardo solo come vanno le cose intorno a me. A tratti può sembrare gravido di terribili conseguenze, ma non c’è limite all’ottimismo della volontà. D’altronde La notte è sempre più scura subito prima di un’alba”.

SE TU NON TI OCCUPI DI POLITICA, LEI SI OCCUPERA’ COMUNQUE DI TE

Famoso mantra, oramai sconosciuto ai più. Non mi dilungo troppo, ho già scritto su questo argomento più volte. C’è l’idea, fin troppo radicata, di non riuscire ad impattare sul mondo in alcun modo. Vale la pena osservare, in una chiave ermeneutico interpretativa, che la peculiare attenzione verso temi come l’ambiente ed i diritti civili è sì frutto di un’attenzione ipertrofica del sistema, ma anche di un meccanismo atto a discolparsi di fronte alla totale assenza di pratica, rivoluzionaria o meno che sia, nel mondo. Si pensa, così, di poter lasciare qualcosa, di portare a casa il compitino.

STUDIO E MANCANZA DI PROSPETTIVE

Le persone possono essere smosse se hanno un obiettivo da raggiungere, da qui l’incredibile efficienza del sistema capitalistico nell’aumentare sempre di più il profitto proponendo solo questo come obiettivo di vita, o se si danno loro i mezzi per poter prendere in mano il mondo. Con il sistema scolastico sempre più a pezzi, le università di Serie A e Serie B, si privano i giovani degli strumenti necessari a prendere coscienza di sé stessi e della condizione dei propri simili. In altri sistemi ed altre civiltà questo, invece, accade ancora: questi giovani sono magari coinvolti in qualche guerra, nella speranza ogni giorno di uscire dalla povertà, oppure inquadrati all’interno di qualche stato che li indirizza verso compiti superiori alla propria persona e che li sprona ad andare avanti. Non è una visione apologetica, spesso queste persone vivono male, ma riescono a trovare modi per riscattarsi e uscire dallo stato in cui, invece, i giovani europei si trovano: una lunga letargia.

“MA IO HO VERAMENTE TUTTO”

Anche se la società europea si sta impoverendo, molti di noi sono cresciuti bene. Solleverò un polverone, ma è così. I nostri genitori hanno sgobbato molto, lasciandoci questa fastidiosa etica del lavoro secondo cui “noi avevamo già 2 figli ed un lavoro a 27 anni”. E che palle! Ma c’è anche chi ha lavorato in un altro senso, guadagnandosi diritti e lottando nelle strade.

Si narra che Socrate girando per un mercato di Atene esclamò “di quante cose non ho bisogno”. Mi ha sempre fatto riflettere, io ho veramente tutto. Mi faccio portavoce di quelli come me, che sono tanti, che si fanno pagare la casa in affitto a studiare fuori e poi bevono, studiano poco e si divertono mentre c’è chi, come i ragazzi intervistati negli ultimi giorni, vive nelle tende perché gli affitti sono troppo alti.

Ma allora io come sto?

IO STO BENE, IO STO MALE, IO NON SO COME STARE

“Non studio, non lavoro, non guardo la tv, non vado al cinema e non faccio sport”, cantavano i CCCP. Già perché io come sto? Certo ho tutto quello di cui potrei avere bisogno: film su netflix e amazon video, musica gratis, pornografia, roba per cui c’è gente (come al tempo del “socialismo reale” il supermercato era l’eden del socialismo reale) è capace di sgobbare per una vita e fare traversate/migrazioni. Ma sono davvero le chiavi per la felicità? Ma cosa sarà mai questa parola? Ho come l’impressione sia la solita cantilena americana del mito della felicità, ben presente nella loro costituzione e poi nei vari “manifest destiny” o altri scritti made in Usa dell’ottocento. E non è un caso che citi proprio l’America, nazione sulla rampa di lancio in quegli anni, a differenza del nostro paese oggi, in cui una frase come questa può fare breccia fra i più.  Una volta un mio amico mi disse che nei diritti dell’uomo (pseudoinvezione) doveva esserci pure il diritto a non essere felici; chiaramente questa frase diventò un vero cult e fu ripetuta più e più volte.

CIO’ CHE NON TI UCCIDE, COMUNQUE, QUASI LO FA

Ho citato sopra pornografia, televisione e sballo. Aggiungerei la droga, il mito per eccellenza della mia epoca. Addio alle spedizioni punitive, sia della destra che della sinistra, di 20/30/40 anni fa. La droga è comunque auspicata, certo poi di facciata c’è la solita solfa degli sbirri che appare nell’articolo di qualche sito locale su “1 grammo di hashish trovato”.  Ma vaffanculo, lasciaglielo pure fumare. No, io intendo dire la continua riproposizione del niente a livello educativo e ludico che c’è in giro. Cosa faccio allora? Bevo e mi drogo. Se non è questo un ricatto è comunque una ottima sindrome di Stoccolma.

TOO MUCH TOO YOUNG TOO FAST

Il titolo di una canzone degli Airbourne, una band abbastanza famosa australiana che fa rock scabeccio ma comunque piacevole.

Tutto troppo presto: sesso troppo presto, fumo ed alcool troppo presto, porno troppo presto. Come mai tutto questo? Dove sono finiti le uscite tranquille coi genitori anche a 11 12 anni? Lungi dall’essere un bigotto, intendo dire: dove sono finiti gli oratori, le associazioni di quartiere? Tutto scomparso, d’altronde in Italia ogni 100 giovani ci sono 150 anziani. E le periferie pullulano di maranza, con coltelli, coetanee trattate come puttanelle e mancanza di ”senso civico”. Anche qui, riguardo al senso civico, nessuna visione paternalistica, solo analisi della situazione: che spacchino pure, per me andrebbe benissimo se lo sfasciassero sto mondo. Il problema è che non lo fanno ed il motivo è evidente, manca la rabbia, quella giusta…

LA TENTAZIONE DEL CONFLITTO GENERAZIONALE

Il monitor a Milano con l’aggiornamento in diretta dell’aumento del debito pubblico, la martellante propaganda sulle pensioni. Oh ma sti vecchi del cazzo non si tolgono dai coglioni? Grande tentazione, largo ai giovani, in arrivo la generazione che salverà il mondo. Greta Thumberg, quello delle Sardine e Daniel Mac che nel suo canale youtube chiede ai ricconi in America “i love your car what do you do for a living?”. Nelle piazze che si sono viste negli ultimi anni ci sono delle persone più avanti con l’età che dimostrano ben più presenza che tanti miei coetanei.

LA TENTAZIONE DI ONLYFANS E LA PIENA AUTOMAZIONE

Se vendo il mio corpo, il mio valore su onlyfans, come ragazza un po’ carina posso fare fino a 2000 euro al mese. Insomma posso prostituirmi ma senza prendere freddo. Se ci fosse la piena automazione al lavoro, insieme alla digitalizzazione, potrei stare più spesso a casa. Queste le grandi aspirazioni di molti, comprensibili ma deprecabili. Da combattere, soprattutto per i cosiddetti “nativi digitali”, immersi nell’etereo mondo di internet dove tutto si può trovare tranne se stessi. E qui le gravi responsabilità dei gruppi di estrema sinistra, pronti subito a ripetere slogan come “sex work is work” e legittimare pratiche condannate fin dagli albori del socialismo marxiano.

IL SESSO E LE RELAZIONI: CHE CASINO!

Certo troppo presto, ma anche troppa noia! Non so quante domande ci saranno sui forum online su disfunzione erettile (mai un cinquantenne!), relazioni che vanno male, amori non capiti e quant’altro. Qui ci si deve dividere: A) cose sempre successe B) problemi nuovi risposte vecchie.

Perché sembra che non funzioni più nulla! E la relazione standard classica è roba vecchia e la serie Sex Education su Netflix mi ha detto che non mi devo comportare così invece che colà e che forse sono pansessuale bla bla bla. Nessun anelito del tipo “per sempre”, roba che per molti ha contraddistinto larga parte delle proprie vite sentimentali nello scorso secolo. Forse le troppe seghe non fanno diventare ciechi (come dicevano i preti), ma qualche problema idraulico lo causano, visto che il sesso si è spostato dal reale al virtuale soprattutto dopo il covid ma prima era già sdoganato. È evidente, è più eccitante e chi lo nega, parlo di quelli della mia età, mente a se stesso.

E la prossima “ondata”, visto che noi siamo provincia dell’impero, in arrivo è quella di non scopare proprio, di dire no al sesso! (non mi dilungo qui perché voglio godermi lo spettacolo in diretta entro qualche anno).

MA C’E’ ANCHE TANTA SOLITUDINE E SOFFERENZA, SIAMO TUTTI MALATI

Seriamente, ci sono molte persone che soffrono da bestie, incapaci di trovare colore in un mondo grigio di niente. A noi non tocca mai nulla, mai una rivoluzione, mai un evento importante, mai un nuovo ciclo intellettuale che dia idee per smuovere il mondo. C’è come l’impressione che viviamo nell’occhio del ciclone, che stia sempre per accadere qualcosa ma sembra non accadere mai (non è un caso, infatti, che i disturbi principali siano quelli d’ansia, proprio la paura che stia per accadere qualcosa). E purtroppo accadrà qualcosa prima o poi. Dico purtroppo perché non saremo pronti, non perché non ci si auspichi che qualcosa, anche di brutto a dire il vero, succeda. Abbiamo dannatamente bisogno di un contraddittorio, di contraddizione e di dialettica. Ma, ahimè, non ce l’abbiamo. Ormai non si riesce a tenere conto dei casi di suicidio fra i giovani, dopo la pandemia chiunque o quasi ha problemi psicologici.

DIO E’ MORTO, MARX PURE E NEPPURE IO MI SENTO MOLTO BENE

Ci mancano idee, non abbiamo niente per cui morire e/o combattere. Staccando da tutto penso ogni tanto a chi combatte per esempio la guerra in Ucraina, da ambo le parti, il coraggio che deve avere nonostante se la faccia nei pantaloni magari la prima volta. Provo molto rispetto, chiaramente poi mi ricordo con chi sto e con chi dobbiamo necessariamente stare proprio per sperare che si creino le condizioni affinché possiamo crearci anche noi un paese migliore, ma penso che sia una lezione importante per chiunque si prefigga cambi importanti per il mondo. Gli uomini sono spinti a grandi gesti se hanno qualcosa per combattere, sia questo qualcosa durante una guerra non voluta, tornare a casa dalla propria famiglia, sia fare una rivoluzione, oppure liberare una popolazione attaccata da un altro stato. Oppure, cosa su cui nemmeno il nazionalismo tipico degli stati borghesi riesce più ad attecchire, il sentimento patrio. Sentimento patrio che può essere stuprato in ogni modo sia chiaro. È compito di un militante anticapitalista NON combattere una guerra fra popoli e con il solo scopo di arricchire i padroni, per esempio, sebbene questo conflitto sia venduto come importante per la salvaguardia nazionale.

Ma quando guardo ai dati dei giovani europei e vedo che solo il 17% sarebbe pronto a combattere per il proprio paese, mi rallegro (inizialmente) perché al potere ci sono questi servi ma, poi, mi preoccupo perché, conoscendo chi mi circonda, mi chiedo “e a combattere per qualcosa di giusto, per il loro futuro, ci andrebbero”?

Ecco quello che manca, il coraggio, la paura della morte con cui ho aperto questo articolo che in realtà è paura di vivere. E nessuno ne è esente, il sottoscritto sa che vale anche per lui. Quanto sono forti gli ideali in cui crediamo? Quanto ci crediamo? Quanto siamo pronti a sacrificare per ciò che è giusto? Che cosa ci possono dare i grandi del nostro paese, come Gramsci, morti rinchiusi in qualche carcere? Saremo capaci di metterci sul loro sentiero?

In che cosa crediamo infondo? Per molti la morte non era un’esperienza così angosciante un tempo: vivevamo molto tempo della propria vita sfruttati e lottare per la libertà, a qualsiasi costo, non poteva che essere gioia di vivere liberi. Ma io che ho tutto, che se ho culo qualcosa da fare comunque grazie allo studio lo trovo, sono pronto? Non parlo di me, o meglio non parlo di me per forza; parlo a chi legge, a chi sa che c’è qualcosa che non va in questo mondo eppure non si muove. La morte, grande tabù della nostra società, ci fa così paura che preferiamo non vivere, o meglio vivere nella speranza di rimanere sempre fra i fortunati (anno dopo anno saranno sempre meno) e non cascare dall’altra parte, dalla parte di chi affonda?

Forse, anche se si E’ NATI dalla parte dei fortunati, vale la pena spicciarsi. Qui c’è in ballo proprio un tratto dell’essere umano, il suo combattere per se stesso ed i suoi simili. Tratto che sta scomparendo completamente dalle persone nella nostra società.

E, infine, chi ha detto che finisce tutto con la morte? Meglio comunque non domandarselo troppo, sennò ci si scorda ciò che si può fare nel frattempo.

* Membro del Direttivo Nazionale del FRONTE del DISSENSO

Un pensiero su “LA PAURA DI MORIRE, LA PAURA DI VIVERE di Filippo Dellepiane*”

  1. Cecilia dice:

    Abbiamo incontrato Filippo sul treno, al rientro da una manifestazione svolta a Milano. Filippo aveva appena parlato davanti a centinaia di persone. Eppure non abbiamo riscontrato in lui neppure l’ombra di quel super-ego che normalmente ci saremmo aspettati sia per l’importanza di quella giornata che per la giovane età. Una persona semplice ma brillante, una bella persona a 360 gradi. Un esempio per tutti noi. Bravo Filippo! Continua ad essere te stesso

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