81 ANNI DOPO, DI NUOVO KURSK di Filippo Dellepiane
La scommessa ucraina è ambiziosa, ma potrebbe rivelarsi fallimentare. Anzi, forse si sta dimostrando già tale. Al di là del danno di immagine a Putin, l’inerzia della guerra non è cambiata.
L’operazione portata avanti dagli Ucraini nell’oblast di Kursk ha lasciato tutti di stucco; primi fra tutti i coscritti russi e le guardie di confine, i quali hanno visto venire verso di loro le colonne di blindati di Kiev, dopodiché gli alti comandi di Mosca ed infine, almeno a parole, una parte dell’Occidente. Questa operazione rappresenta un elemento di grande discontinuità nella guerra d’Ucraina; se infatti già in passato si era assistito ad incursioni in territorio russo erano, per l’appunto, incursioni. Quest’ultime venivano, inoltre, portate avanti da truppe di mercenari e/o combattenti russi e bielorussi dalla parte di Kiev.
In questo caso, invece, truppe regolari hanno attraversato il confine e preso posizione su una piccola parte dell’oblast di Kursk. È la prima volta che un paese che possiede la triade nucleare [1] viene invaso (se non consideriamo il caso inglese delle Falkland). Non solo, ci accorgiamo che di vere e proprie linee rosse non ce n’è e che urlare al lupo al lupo non serve proprio a nulla, se la NATO ha intenzione di muovere guerra nei confronti della Russia, essa lo farà.
L’umiliazione è insomma cocente, i confini della più grande potenza nucleare sono risultati infatti labili e penetrabili. Ma le cose a livello militare, a dire il vero, non cambiano anzi possono persino peggiorare per gli Ucraini, i quali stanno utilizzando la loro riserva strategica per questo attacco nel quale vengono utilizzate le migliori truppe (fra cui Azov). Tali truppe erano fino ad adesso impegnate a contenere l’avanzata russa in Donbass, dove quest’ultimi stanno aumentando il ritmo delle conquiste settimana dopo settimana (il passo è cambiato da circa 100-200 mt al giorno a 4-5 km2 al giorno). Gli obiettivi russi indicati nello scorso articolo non sono poi così lontani, ma la scelta ucraina di invadere in una piccola parte l’oblast di Kursk impone scelte oculate ma rapide. Abbandonare i territori presi nell’oblast di Kharkov è certamente un’idea, se ciò può permettere di non togliere truppe dal Donbass, così come far affluire uomini da altri fronti meno incandescenti (Kherson).
Tuttavia, la scommessa ucraina è chiara: distrarre il nemico e attaccarlo dove non si trova in quel momento. Se infatti i Russi hanno ancora davanti a se circa due mesi di tempo prima che l’autunno inizi, gli Ucraini puntano proprio sul fattore tempo. Congelare la situazione alle condizioni attuali sarebbe un vantaggio per Kiev nel momento in cui Mosca raggiunge, o meglio presto raggiungerà, il suo picco di produzione di munizionamento ed armi.
Non solo, gli Ucraini (e la Nato) sanno che Putin ha fatto giustamente appello al sentimento patriottico russo ed è vero che egli può puntare proprio sull’invasione ucraina a Kursk ma allo stesso tempo il danno di immagine è grosso, le evacuazioni dei civili non sono state condotte sempre con ordine e i Russi dovranno decidere prima o poi se dovranno ricorrere o meno al bombardamento del loro stesso territorio. Certo, non parliamo di una grande porzione di suolo russo ma gli Ucraini hanno preparato a fondo l’operazione e, incistati fra 2 fiumi, hanno un territorio dal quale è difficile farli sloggiare a meno di un quantitativo di forze considerevoli. Putin potrebbe decidere, tuttavia, di lasciare le truppe ucraine nella posizione in cui si trovano adesso e continuare nell’obiettivo primario, vale a dire la liberazione del Donbass; da un punto di vista strategico, stante il fatto che il momentum ucraino a Kursk sta finendo, potrebbe essere una scelta azzeccata sempre che gli Ucraini non decidano, da soli, di ritirarsi e portarsi a casa la “soddisfazione” di una vittoria simbolica (oltre a centinaia di prigionieri che possono servire nell’ambito di scambi come quello avvenuto ieri). Ogni idea di utilizzo di quella porzione di territorio in sede negoziale non ha grande futuro: se, infatti, un negoziato è già più che mai difficile non sarebbe possibile affatto con gli Ucraini in possesso di una parte di territorio russo.
Tornando al problema delle linee rosse, armi occidentali (fra cui italiane) vengono utilizzate ora dentro alla Federazione Russa e ci sono report, per ora non confermati, di f-16 che presto verrebbero dislocati al confine. È invece appurato l’utilizzo di blindati e MBT (main battle tank) occidentali, motivo per il quale ogni allusione alla battaglia di Kursk [2] (o anche detta Unternehmen Zitadelle) risulta quanto mai evocativa.
Quale sarà quindi la ritorsione russa per l’azione condotta dagli Ucraini? Mentre scrivo i Russi hanno portato avanti uno degli attacchi missilistici più imponenti dall’inizio della guerra. Attacchi che hanno come obiettivo le infrastrutture strategiche del paese (il che non è un caso dato anche l’arrivo dell’inverno). Ma oltre a questo è difficile pensare cosa possa fare la Russia. Interessante, a riguardo, come Putin abbia utilizzato il termine anti-terrorismo e nessuna parola che faccia riferimento alla guerra su suolo della federazione. Un tentativo, insomma, di contenere l’escalation portata avanti da Ucraini e Nato e prendere tempo per stabilire anche le responsabilità politico-militari di un rovescio simile. Certo, l’elemento sorpresa esiste in guerra ma esistono anche precise responsabilità alle quali non si può scappare. È il caso, per esempio, del generale Lapin, da sempre non molto fortunato poiché anche protagonista della precipitosa ritirata russa dall’oblast di Kharkov ad inizio autunno del 2022.
È interessante, inoltre, valutare questa operazione dal punto di vista ucraino; la situazione rimane critica nel Donbass e lo è soprattutto a livello di uomini; si segnalano sempre più proteste nei centri di arruolamento ucraini e i rapporti dei comandanti di Kiev al fronte segnalano mancanze di uomini e munizioni. Alla luce di tutto questo, è importante segnalare come secondo alcune rilevazioni gli Ucraini stiano già approntando linee difensive circa 20-25 km dietro alla linea del fronte attuale, probabilmente consapevoli che è possibile, se non probabile, che i Russi arrivino all’ultima linea del sistema difensivo ucraino nel Donbass entro breve e che sarà, perciò, inevitabile ritirarsi su posizioni più difendibili.
Nella zona del fiume Oskil, dove si trova l’agognato obiettivo russo di Kupjansk, i Russi ne lambiscono quasi il corso e una volta che l’avranno raggiunto potranno accorciare il fronte e ricollocare altrove truppe. Mentre la battaglia infuria ancora per Chasiv Yar, Mosca ha quasi raggiunto le linee di rifornimento che giungono a Kramatorsk e Slov’’jans’k.
Insomma, anche dalle parti di Kiev arriverà fra non molto il momento delle decisioni; anzitutto, andranno tirate le somme dell’operazione a Kursk. Questo potrà avvenire solo alla luce dei reali obiettivi di un’operazione che, dal punto di vista militare, è stata portata avanti ottimamente: A) era obiettivo ucraino quello di mettere le mani sulla centrale nucleare di Kursk? (quanto mai improbabile) B) l’operazione aveva motivazioni solo, o anzitutto, di tipo simbolico e di morale? C) gli Ucraini si attendevano una risposta smodata russa che permettesse, così, a tutta la Nato di entrare con entrambi i piedi in questa guerra? D) la speranza era quella di far sì che i Russi bloccassero l’iniziativa in Donbass?
Se l’obiettivo era il punto D), per ora, non ci sono riusciti. Le truppe che erano a Vovchansk sono state ridislocate, così come quelle presenti a Belgorod. Certo, non sono le migliori che i Russi possano dispiegare ma potrebbero bastare a cristallizzare la situazione e il fronte del Donbass non sarebbe danneggiato.
Il punto importante da rilevare è che una buona organizzazione militare deve anche calcolare che cosa può ottenere e perdere nel momento in cui porta avanti un’iniziativa di questo tipo; questa invasione potrebbe trasformarsi senza problemi in un’offensiva delle Ardenne 2.0. Una tale analogia è stata portata avanti da alcuni blogger militari, i quali hanno individuato in un’azione di questo tipo alcune somiglianze: anzitutto come allora, in quel caso per colpa di fattori atmosferici, l’intervento aereo è ridotto al lumicino. Secondariamente, come in quel frangente[3], sono stati introdotti dietro alle linee soldati ucraini che hanno confuso la logistica russa (hackerando telecamere del sistema autostradale russo, cambiando segnali stradali ecc.).
L’esito nel caso delle Ardenne fu tuttavia, negativo e dimostrò anche una certa disperazione da parte tedesca. In questo caso la situazione ucraina non è allo stesso modo compromessa, ma è chiaro che dalle parti di Kiev si cerca e si è cercato in qualche modo di rimescolare le carte. Ci si dovrà aspettare altri attacchi di questo tipo da parte ucraina? La risposta è: possibile. Un altro obiettivo potrebbe essere il Ponte di Kerch, già più volte bersagliato e che fortunatamente ora non rappresenta più la via primaria per i rifornimenti russi. Allo stesso modo, potrebbe essere possibile uno sbarco in Crimea, visto il materiale da sbarco che fu fornito dalla Germania[4] ai tempi in cui pareva possibile un attraversamento del Dnipro nella zona di Cherson.
La nomina di un uomo come Syrs’kyj è, dal punto di vista di operazioni di questo tipo, azzeccata. Egli è ed è stato criticato per come ha condotto la guerra in Donbass, tanto che venne soprannominato Il macellaio, ma rimane un comandante di altissimo profilo dal punto di vista della preparazione militare (ha studiato in Unione Sovietica ed è stato uno dei fautori della controffensiva ucraina riuscita nell’oblast di Kharkov).
Solo le prossime settimane ci diranno se la scommessa ucraina sia stata azzeccata o se, invece, rischi di portare ad un nulla di fatto o, ancora, possa trasformarsi in un bagno di sangue.
Un’ultima nota, invece, di colore: un attacco russo ha distrutto la casa storica e la tenuta di famiglia del combattente anarchico ucraino Nestor Makhno a Huliaipole, nella regione di Zaporizhzhia. Lo ha riferito la Polizia nazionale ucraina, citata dal Kyiv Independent.
[1] La definizione triade nucleare si riferisce alle componenti che costituiscono (o possono costituire) l’arsenale nucleare di un certo Paese. Tradizionalmente, la triade nucleare propriamente detta risulta costituita da tre componenti: terrestre, navale ed aerea. Non tutti i Paesi in possesso di armi atomiche hanno una triade completa, e sono organizzati in modo diverso. (Fonte: Wikipedia)
[2] La battaglia di Kursk svolse nel quadro della terza offensiva estiva sferrata dai tedeschi il 5 luglio 1943 sul fronte orientale durante la Seconda guerra mondiale e nella quale avvenne la più grande battaglia di mezzi corazzati della storia. (Fonte: Wikipedia), https://theconversation.com/kursk-was-the-site-of-a-massive-wwii-tank-battle-now-its-at-the-heart-of-ukraines-counterattack-237069
[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Greif
[4] Germania che ha deciso, oltretutto, di ridurre i suoi finanziamenti all’Ucraina per motivi, almeno apparenti, di bilancio (https://www.repubblica.it/esteri/2024/08/19/news/germania_tagli_aiuti_ucraina_guerra-423452158/)
Articolo ben documentato, che descrive in modo efficace la situazione attuale e i problemi strategici in gioco., nonché i possibili esiti.
Ardenne 2.0. …
come logica conclusione dell’operazione Barbarossa 2.0. cioè la guerra per procura dei vassalli dell’imperialismo angloamericano, con la Germania in testa per sforzo bellico ed economico (i tedeschi hanno mandato ormai quasi tutto ciò che avevano icome armamenti !).
Che l’invasione del territorio russo sia stata progettata dalla NATO e fatta eseguire dalla carne da cannone ucraina (ma con un certo numero di soldati NATO pare) è evidente e quindi non si tratta unicamente di una mossa disperata del fantoccio di Kiev ma della stessa NATO, che si vede lentamente ma inesorabilmente sconfitta sul campo di battaglia.
Personalmente la presenza di carri armati tedeschi ed italiani mi fa provare doppia vergogna: cittadino italiano e con passaporto tedesco sono due volte in debito verso la Russia ancora una volta attaccata da nazifascisti che si autodefiniscono stati democratici.
Mi auguro che dei mezzi militari tedeschi ed italiani impegnati nella vergognosa e fallimentare operazione non ne resti nemmeno uno intatto.