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IL “SOCIALISMO” CHE NOI NON VOGLIAMO di Moreno Pasquinelli

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«C’è quella famosa espressione di Marx: “I filosofi hanno solo interpretato il mondo, ora si tratta di cambiarlo”. Ma questo non è più sufficiente, oggi non basta cambiare il mondo, oggi bisogna prima di tutto conservarlo. Dopo lo cambieremo, molto, addirittura con la rivoluzione. Ma prima dobbiamo essere conservatori nel vero senso della parola, in un senso che nessuno che si definisce conservatore confesserebbe mai». [Günther Anders]*

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IL FETICISMO DELLA TECNICA

Mi hanno suggerito la lettura di un recentissimo ed estenuante articolo pubblicato da l’Antidiplomatico dal titolo DeepSeek R1 e la Quarta rivoluzione industriale. L’autore, Leonardo Sinigaglia è un accanito filo-cinese anzi, si potrebbe togliere il prefissoide “filo” poiché egli, politicamente parlando, si considera un cinese a tutto tondo. Non solo considera la Cina un fulgido esempio di società socialista, considera il Xi Jinping pensiero come una teorica stella polare per tutta l’umanità — vedi il suo libro in due volumi L’esempio cinese, di cui il secondo costituisce un’aperta esaltazione della visione del Presidente cinese.

Non è questo il luogo per stabilire se la Cina sia un paese socialista. A chi ce lo chiede potremmo dare la stessa risposta, per niente laconica, che Zhou Enlai diede nel 1970 a Henry Kissinger. Quest’ultimo gli chiese quale fosse secondo lui l’impatto della Rivoluzione Francese, risposta: “E’ troppo presto per dirlo”.

Ci limitiamo a segnalare che Liang Wenfeng è un rampante capitalista quarantenne che non possiede solo DeepSeek, è anche un protagonista di spicco della finanza speculativa cinese. È infatti proprietario dell’Hedge Fund (fondo speculativo globale guidato dalla “Intelligenza Artificiale”) High Flyer, azienda privata-cassaforte fondata nel 2016 che possiede altre sussidiarie finanziarie che tutte assieme gestiscono decine di miliardi di dollari. Non vorremmo apparire come dei pauperisti, ma vorremmo che qualcuno smentisse quanto scrisse Jhon Ruskin, e confuti il fatto che nel mondo della finanza ciò è vero all’ennesima potenza: «… l’arte di diventare ‘ricchi’, nel senso comune, non è assolutamente né definitivamente l’arte di accumulare molto denaro per noi stessi, ma anche di escogitare che i nostri vicini ne abbiano di meno. In termini precisi, è l’arte di stabilire la massima disuguaglianza a nostro favore».

Qui ci interessa confutare l’assioma, su cui Sinigaglia appoggia la sua infatuazione per la Cina odierna, il vero e proprio feticismo delle forze produttive (citate nel testo del nostro ben 65 volte!) — quindi l’idea secondo cui il loro sviluppo (citato ben 61 volte!) sia la cifra fondamentale dell’emancipazione umana, “l’essenza del socialismo”. Sinigaglia supera quindi la soglia della ragionevolezza spingendosi fino alla glorificazione di tutte le nuove tecnologie cibernetiche: robotica, bio-tecnologie di manipolazione del Dna, iper-automazione, Internet delle Cose, l’intelligenza artificiale — fino a ripescare il vecchio mito del nucleare.

Per la precisione, l’assioma si appoggia su cinque enunciati:

(1) «Le forze produttive sono rivoluzionarie… sono la causa di tutti i cambiamenti sociali e politici… il loro sviluppo rappresenta la base per ogni cambiamento dei rapporti di produzione e di ogni trasformazione sociale… »; (2) «Le forze produttive di nuova qualità (le tecnologie cybernetiche: copyright Xi Jinping) rappresentano un potenziamento rivoluzionario della capacità dell’umanità di emanciparsi e migliorare la natura in modo olistico e fondamentale»; (3) «Al pari delle precedenti rivoluzioni industriali anche quella in corso presenta enormi opportunità per lo sviluppo e l’emancipazione dei popoli»; (4) “L’essenza del socialismo non è altro che la liberazione e lo sviluppo delle forze produttive»; quindi (5) «Non si deve perdere tempo [come fanno certi neo-luddisti] a “combattere” un processo di sviluppo oggettivo e inevitabile».

Qui siamo ben oltre un ingenuo tecno-ottimismo, siamo ad un’apologia fanatica delle potenze della tecnica che si può sentire solo dalle parti delle deliranti sette transumaniste — a cui appartengono i diversi nababbi della Silicon Valley ma pure certa intellighentia di sinistra: Tescreal, frange del Cosmismo, Accelerazionismo, ecc.

CONTRO O PER IL CYBERCAPITALISMO?

Veniamo dunque all’assioma di Sinigaglia ed ai suoi cinque postulati.

(1) «Le forze produttive sono rivoluzionarie… la causa di tutti i cambiamenti sociali e politici… il loro sviluppo rappresenta la base per ogni cambiamento dei rapporti di produzione e di ogni trasformazione sociale».

Giusto? No, è sbagliato. a) Oggi possiamo affermare che il carattere progressivo delle forze produttive (evitiamo l’aggettivazione iperbolica e idolatrica “rivoluzionarie”) dipende (l’albero lo riconosci dai suoi frutti) dalla qualità degli effetti che queste forze producono. Questi effetti non dipendono solo da come vengono usate e da chi le usa, ma derivano dalla loro stessa peculiare natura. Con l’avvento del capitalismo sono state messe all’opera forze che hanno mutilato l’essere umano, causato danni catastrofici alla natura, peggiorato la qualità della vita. b) Si è rivelato un errore, figlio di una concezione meccanicista volgare del rapporto struttura-sovrastruttura, considerare che le forze produttive siano la causa essenziale dei mutamenti sociali e politici. I mutamenti sociali, tanto più quelli di dimensioni storiche, avvengono sempre per un concorso di cause e alcune volte il fattore economico non è quello principale. c) È infine falso affermare che sia lo sviluppo delle forze produttive a condurre ad un rivoluzionamento dei rapporti di produzione. In Occidente questo sviluppo ha fatto balzi da gigante ed il capitalismo ne è uscito più forte mentre la classe proletaria ne è uscita disarticolata. La controprova è venuta dai paesi dove la rivoluzione ha vinto e rovesciato i rapporti di produzione capitalistici, non grazie al fatto che le forze produttive fosse altamente progredite ma per il motivo esattamente opposto.

(2) «Le forze produttive di nuova qualità (copyright Xi Jinping  che intende le tecnologie cibernetiche:) rappresentano un potenziamento rivoluzionario della capacità dell’umanità di emanciparsi e migliorare la natura in modo olistico e fondamentale».

Giusto? No, questa visione unidimensionale è sbagliata. a) Come afferma il MANIFESTO del FRONTE del DISSENSO, se tutte le innovazione tecno-scientifiche incorporano l’astuzia del Capitale — che con la scienza ha una “corrispondenza di amorosi sensi” —, quelle cibernetiche contengono grandi minacce esistenziali per l’umanità. b) Siamo alle porte di sconvolgimenti dei modi di vivere, di lavorare, di amare e pensare, quindi di essere. Avanza la più radicale dis-umanizzazione del mondo, di una vera e propria rottura antropologica. c) Già oggi assistiamo al fenomeno per cui l’uso massivo degli strumenti disponibili grazie alle tecnologie cibernetiche producendo un crollo delle capacità cognitive degli umani, funzionale ad un CyberCapitalismo che ci vuole morti viventi incapaci di ribellarci.

(3) «Al pari delle precedenti rivoluzioni industriali anche quella in corso presenta enormi opportunità per lo sviluppo e l’emancipazione dei popoli».

Giusto? No, è sbagliato. a) Anzitutto non regge l’analogia. La Quarta Rivoluzione Industriale per profondità e ampiezza sta superando tutte e tre le precedenti messe assieme. b) La costruzione di macchine progettate per superare l’essere umano (che i transumanisti considerano una mera macchina biologica che si illude di possedere coscienza e libero arbitrio) per sostituirlo nei campi più disparati e le biotecnologie con le loro tecniche per modificare le strutture genetiche e le menti, conducono all’avvento di un sistema sociale, il CyberCapitalismo — un sistema sociale  distopico governato da algoritmi e strutturato come un Panopticon tecno-totalitario fondato sulla capillare bio-sorveglianza. c) Esso è fondato sulla supremazia dell’inorganico sull’organico, del sintetico sul biologico, dell’artificiale sul naturale. Il sistema che avanza è destinato a diventare una mostruosa gabbia d’acciaio per reificare l’essere umano, per subordinarlo definitivamente l’uomo alla cosa e schiavizzarlo.

(4) “L’essenza del socialismo non è altro che la liberazione e lo sviluppo delle forze produttive».

Giusto? No. Questa frase contiene una concezione fasulla, tecno-economicistica, rozzamente materialistica, del socialismo. a) I mezzi vengono confusi col fine. Se, come detto, non ogni “sviluppo” produce conseguenze positive, i mezzi non sono neutrali e/o funzionali a qualsiasi scopo, disponibili sia per soggiogare che per liberare gli oppressi dalle catene. Una pistola è uno strumento per uccidere, sia che sia in mano a Caino o ad Abele. b) Rivoluzionare le condizioni materiali della produzione della distribuzione della ricchezza materiale è condizione per ottenere quello che l’umanista Marx poneva come vero fine: il “regno della libertà”, il “pieno e libero sviluppo di ogni individuo”, la “restituzione dell’uomo a sé stesso”, una società che avrebbe posto al centro il «tempo per un’educazione da esseri umani, per lo sviluppo intellettuale, per l’adempimento di funzioni sociali, per rapporti socievoli, per la libera espressione delle energie vitali, fisiche e mentali». In poche parole lo sviluppo dei mezzi materiali è finalizzato al potenziamento di quelli spirituali, intellettuali, affettivi e morali.

(5) «Non si deve perdere tempo [come fanno certi neo-luddisti] a “combattere” un processo di sviluppo oggettivo e inevitabile».

Giusto? No, è sbagliato. a) Qui il Sinigaglia esibisce l’idea antidiluviana per cui il mondo storico ubbidirebbe alle medesime leggi della meccanica classica, implicando che i processi storici soggiacciono al rapporto di univocità per cui, posta la causa si verifica necessariamente l’effetto. Un errore epistemologico imperdonabile. b) È da trombettieri di regime affermare che non si dovrebbe combattere certe tecnologie — ad esempio gli strumenti di Cyber Controllo, dalla bio-sorveglianza alla profilazione elettronica delle persone, dalla trasformazione delle città in micidiali campi elettromagnetici con la ragnatela di antenne 5G agli scempi ambientali come il fotovoltaico o l’agrovoltaico. c) È infine davvero intollerabile che uno che si considera “anticapitalista” condanni con tanta spocchia il cosiddetto “luddismo”. Nelle atroci condizioni subite dai proletari nel passaggio dal manifatturiero al Rivoluzione Industriale essi, per ottenere diritti, non avevano altri metodi se non ricorrere ai tumulti, al sabotaggio di macchinario, alla distruzione delle proprietà dei capitalisti. Fu una “perdita di tempo”? No, come affermò lo stesso Marx [1] e come venne attestato dagli storici inglesi [2] si trattò delle prime forme di lotta di classe che attraversarono un intero secolo e grazie alle quali prese poi forma il movimento operaio.

APPENDICE: POVERO MARX!

Sinigaglia, per altro ricorrendo ad un mediocre citazionismo, giustifica questa sua concezione, aggrappandosi a Marx. In parte, ma solo in parte, questa chiamata in correità ha una sua fondatezza. È certo vero che tanti marxisti, di destra e di estrema sinistra — vedi su tutti il Toni Negri Pensiero —, c’era questa esaltazione del progresso tecnico scientifico e la torsione tecno-economicista (che il nostro spinge al parossismo) da cui viene il mito dello sviluppo prodigioso  delle forze produttive.

Per quanto riguarda Marx le cose non stanno esattamente come il nostro tenta di far credere. Cosa sono le forze produttive? Seguendo il ragionamento di Sinigaglia sembrerebbe che esse siano solo gli strumenti tecnici utilizzati nel processo lavorativo per produrre beni-merce. Non era così per Marx per il quale la principale forza produttiva è appunto la forza-lavoro, l’energia umana, gli uomini che lavorano. Di qui consegue che prima ancora del macchinario, come Marx ben sottolinea ne Il Capitale, il fattore davvero rivoluzionario del processo lavorativo è quello della cooperazione, che più è “perfezionata” più accresce la produttività. [3]

Di qui, dato il carattere antagonistico del processo capitalistico di produzione, la possibilità che le modificazioni tecniche del ciclo produttivo, per quanto accrescano la produttività, siano disumane, cioè riducano l’essere umano ad una bestia da soma. Venendo all’oggi dovremmo anche chiederci: siamo sicuri che le nuove tecnologie cybernetiche, oltre a trasformare il lavoratore in una protesi della macchina, accrescano il fattore cooperativo, quella che Marx definiva la forza produttiva sociale del lavoro?

Marx comprese per primo che le forze produttive potevano avere un impatto negativo, anzi distruttivo. [4] Non meno frontale la sua critica all’ideologia del “progresso. [5] Sinigaglia pensa di nascondersi sotto la sottana di Marx, ma solo dopo averlo immaginato e contrabbandato come un volgare positivista comtiano. La conseguenza è che il nostro uccide l’anima stessa del pensiero di Marx, la sua natura dialettica, la capacità di vedere non solo il carattere contraddittorio di ogni fenomeno, quella di denunciare in modo corrosivo il carattere antagonistico di ogni prodotto del capitale, di qui la sua lucida comprensione che la scienza non è autonoma ma subordinata al capitale, per cui non può essere neutrale. [6]

Invece di assegnare a Marx doti di infallibilità divina sarebbe ora di considerare che per quanto geniale, fu uomo del suo tempo, di un secolo segnato da spropositate aspettative sulle capacità emancipative della scienza e della tecnica. Così anche in Marx possiamo trovare al riguardo affermazioni contraddittorie, l’idea, secondo chi scrive illusoria, per cui non c’è alcun problema con il tipo di macchine ma solo con il loro uso capitalistico. [7] Più in generale sarebbe ora di andare oltre Marx i cui  limiti teorici vanno riconosciuti senza dimenticare la sua grandezza.

NOTE

* Günther Anders, Il mondo dopo l’uomo, Mimesis, p. 78

[1] «La lotta fra capitalista e operaio salariato comincia con il rapporto capitalistico stesso e continua e infuriare durante tutto il periodo manifatturiero. Ma soltanto dopo l’introduzione delle macchine l’operaio combatte proprio il mezzo di lavoro, ossia il modo materiale di esistenza del capitale. Si rivolta contro questa forma determinata del mezzo di produzione come fondamento materiale del modo capitalistico di produzione». [K. Marx, Il Capitale, Libro Primo, Capitolo Tredicesmo, pp. 134-35]

[2] Eric J. Hobsbawm, Studi di storia del movimento operaio, Einaudi 1974. pp. 8-28

[3] «La giornata di lavoro combinata produce quantità di valore d’uso maggiori della somma di un eguale numero di giornate lavorative individuali singole, e quindi diminuisce il tempo di lavoro necessario per produrre un determinato effetto utile. (…)  in ogni caso, la forza produttiva specifica della giornata lavorativa combinata è forza produttiva sociale del lavoro, ossia forza produttiva del lavoro sociale. E deriva dalla cooperazione stessa. Nella cooperazione pianificata con altri l’operaio si spoglia dei suoi limiti individuali e sviluppa la facoltà della sua specie». [K. Marx, Il Capitale, Libro Primo, Capitolo Undicesimo, p.26]

[4] «Nello sviluppo delle forze produttive giunge uno stadio in cui vengono create forze produttive e mezzi di relazione che, nelle condizioni attuali, causano solo danni e non sono più forze di produzione, ma forze di distruzione (macchinari e denaro)». [K. Marx, L’Ideologia Tedesca, 1845-46. Opere Complete, Vol. V. p 37]

[5] «Lo stesso si dica del “progresso„. Malgrado delle pretensioni “del progresso”, vi sono continui regressi ed involuzioni. (…) la categoria del progresso è totalmente priva di contenuto ed astratta. (…) Tutti gli scrittori comunisti e socialisti partirono dall’osservazione da una parte che anche le azioni gloriose più favorevoli sembrano restare senza risultati brillanti, e terminare in trivialità, dall’altra che tutti i progressi dello spirito furono finora progressi contro la massa dell’umanità, la quale venne cacciata in una situazione sempre più disumana. Essi dichiararono perciò (vedi Fourier) “il progresso„ come una frase insufficiente ed astratta: essi supposero (vedi fra altri Owen) un vizio fondamentale del mondo civilizzato; essi sottoposero perciò le vere basi della società odierna ad una critica profondamente corrosiva». [K. Marx, Sacra Famiglia, 1844. Opere Complete, V.I V. p. 93]

[6] «Da un lato sono nate forze industriali e scientifiche di cui nessun’epoca precedente della storia umana ebbe mai presentimento. Dall’altro, esistono sintomi di decadenza che superano di gran lunga gli orrori tramandatici sulla fine dell’impero romano. Ogni cosa sembra portare in sé la sua contraddizione». [K. Marx, Discorso per l’anniversario del People’s Paper, 1856. Opere Complete, Vol. XIV. P.655

[7] «Le contraddizioni e gli antagonismi inseparabili dall’uso capitalistico delle macchine non esistono perché provengono dalla macchine stesse, ma da loro uso capitalistico». [K. Marx, Il Capitale, Libro Primo, Capitolo tredicesimo

2 pensieri su “IL “SOCIALISMO” CHE NOI NON VOGLIAMO di Moreno Pasquinelli”

  1. Francesco dice:

    Sarebbe interessante sapere dagli apologeti del “progresso di sinistra” in che modo il POPOLO possa trarre vantaggio da un “Progresso” che è completamente nelle mani di soggetti “privati”. (Dagli Usa di Elon Musk alla Cina PRESUNTA “Socialista”). Costoro (gli apologeti del Progresso di Sinistra) sono gli stessi che sostenevano fanaticamente la campagna vaccinale nel periodo covidista e strillavano istericamente: “Il proletariato ha diritto al vaccino” dimenticando (…o FINGENDO di dimenticare???…) che i vaccini erano (… E sono ancora…) prodotti da multinazionali (…anche cinesi) PRIVATE.

    Francesco F.
    Manduria (Ta)

  2. Nello dice:

    Articolo estremamente denso e interessante, che pone serie questioni teoriche, epistemologiche e politiche

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