IL VERO PIANO DI TRUMP di Maurizio Novelli*
“Gli Stati Uniti hanno introdotto una forma di controllo della curva dei rendimenti e da questo momento i tassi sui Treasuries decennali sono di fatto “amministrati”. Il ministro del Tesoro Bessent ha dichiarato apertamente che i tassi a breve sono un problema della Fed ma quelli a lunga sono un problema che riguarda il Tesoro degli Stati Uniti. Da questo momento è stato quindi introdotto un cap sui tassi a 10 anni e l’America si appresta a utilizzare l’Exchange Stabilisation Fund, che è un fondo speciale d’intervento gestito dal ministero del Tesoro, per controllare il livello dei tassi a lungo termine.
Ulteriori provvedimenti, totalmente taciuti dalla ricerca di mainstream, sono stati mirati a svuotare la Fed di ogni competenza sulla vigilanza bancaria, che ora compete anche questa al ministero del Tesoro. Il sottosegretario al Tesoro Kevin Hasset è ora il “capo” di Powell per tutto quello che compete alla vigilanza bancaria e il ruolo delle Fed in tale campo è ormai totalmente ridimensionato.
Alla luce di tali provvedimenti, le principali banche americane hanno quindi rigettato la richiesta della Fed sul dettaglio delle esposizioni di oltre 1,5 trilioni di dollari di crediti erogati a Private Equity e Private Credit. Nel recente rapporto sul sistema bancario americano fornito da BankRegData, il principale punto di riferimento per l’analisi del settore bancario Usa, si evince che l’attività di erogazione del credito è in contrazione in tutti i principali settori dell’economia (Real Estate, Commercial Real Estate, Consumers, Commercial & Industrial), ma è in netta espansione (+28% Q/Q) nel settore dello Shadow Banking System (Private Equity e Private Credit).
Com’è possibile? Molto semplice: dato che le banche sono infarcite di crediti inesigibili, stanno mettendo fuori bilancio tali crediti allo Shadow Banking System, finanziando poi la detenzione di tali posizioni. È esattamente lo stesso meccanismo che nel 2006/2007 permetteva alle banche di detenere “fuori bilancio” le posizioni su Mbs e Clo, finanziando i veicoli che li detenevano e utilizzando come collaterale gli stessi Mbs e Clo. In questo modo il rischio non veniva evidenziato in bilancio, ma il credito erogato alla controparte che deteneva il rischio “conto terzi” aveva come sottostante il rischio ceduto.
Un’interessante analisi, pubblicata da Haver Analytics per conto di Mickey Levy, evidenzia l’anomala detenzione di Titoli del Tesoro Usa da parte dei singoli stati e governi locali, per circa 1,6 Trilioni di dollari, proprio mentre esplode l’emissione di Municipal Bonds per finanziare il debito crescente di tali amministrazioni. Sembra quindi che i governi locali abbiano emesso debito locale per finanziare debito federale. Tutto è lecito in un’economia sull’orlo della bancarotta.
Cosa c’è dietro ai dazi
Un ulteriore domanda che dovremmo porci, ma che nessuno osa farsi, è perché un’economia forte e prospera ha bisogno di controllare la curva dei rendimenti, fare stimoli fiscali del 7% del Pil ogni anno (che salgono al 12% con il debito dei governi locali) e aprire una guerra commerciale con il resto del mondo. La spiegazione la possiamo trovare nel documento pubblicato dal capo dei consiglieri economici dell’amministrazione Trump, Stephen Miran, che spiega in dettaglio quali sono i punti dell’agenda del governo Usa.
Leggendo tale documento si riesce a dare una spiegazione logica a tutto quello che sta accadendo ma anche del perché sta accadendo. Nella realtà tale documento illustra in dettaglio un “piano di salvataggio globale” per un’economia ormai a rischio di collasso. Stephen Miran e Zaltan Poszar (ex capo del trading desk della Fed e Senior Advisor del Tesoro) sono i due più influenti consulenti economici del governo Trump.
Il documento, pubblicato nel Novembre del 2024 appena dopo il risultato elettorale, è stato totalmente e probabilmente volutamente “censurato” dalla ricerca di mainstream. Sono quindi certo che la maggioranza dei portfolio managers che si “abbeverano” alla ricerca macro delle principali banche d’investimento non siano informati su quello che potrebbe accadere. È tuttavia certo che le cancellerie dei principali governi internazionali abbiano avuto uno shock leggendo quello che gli Stati Uniti vorrebbero fare nei prossimi quattro anni. Il documento completo, intitolato “A user’s guide to restructuring the global trading system”, di Stephen Miran, si può trovare sul sito di Hudson Bay Capital, società Usa di ricerca indipendente, e dimostra ormai quello che dico da anni, e cioè che se vuoi sapere veramente cosa succede all’economia non puoi più fare affidamento alla narrazione del mainstream, che tende a farti sapere solo quello che puoi sapere.
I principali punti su cui si basa la “messa in sicurezza” dell’economia americana, a rischio di bancarotta come dice Elon Musk, sono:
1) Svalutazione del dollaro
2) Totale controllo della Supply Chain su settori strategici come difesa, tecnologia e pharma.
3) Controllo dei tassi d’interesse sul debito Usa e finanziamento dello stesso tramite Century Bonds.
4) Riduzione dei prezzi dell’energia (Oil & Gas)
5) Dazi e sanzioni utilizzati come sistema di coercizione per obbligare i paesi terzi ad accettare il piano.
Il punto di vista attuale degli Stati Uniti è che la divisa di riserva (dollaro) è un asset sopravvalutato, dato che tutti i paesi esportatori acquistano dollari per fare riserve valutarie e svalutano quindi le loro monete vs dollaro in modo costante e sistematico. Ci sono quindi due sistemi per poter interrompere tale meccanismo: a) trovare un accordo globale sulla svalutazione del dollaro, b) introdurre i dazi in modo unilaterale. Il governo americano ritiene che, poiché è difficile che Cina ed Europa possano accettare una rivalutazione delle loro monete, è preferibile agire in modo unilaterale. Dazi e controllo della curva sono un segnale che la strada è stata intrapresa, ma l’obiettivo è quello di trovare un accordo sulla svalutazione del Dollaro.
L’America evidenzia una perdita di posti di lavoro nel settore manifatturiero a causa della globalizzazione e l’analisi mette in evidenza che tale impatto è avvenuto in località dove non esistono alternative ai posti di lavoro perduti. È quindi necessario intervenire per riportare a casa l’attività manufatturiera su Tecnologia e Farmaceutica e su tutti i componenti utilizzati dal settore difesa. La deglobalizzazione su alcuni settori chiave è iniziata.
Un altro punto di vista, discutibile ma importante, è che gli Stati Uniti forniscono al mondo una divisa di riserva ma, attualmente, ne hanno solo svantaggi. Poiché l’America fornisce un ombrello di difesa militare globale ai paesi alleati, tali paesi utilizzano tale servizio in modo gratuito e inoltre approfittano di un dollaro sopravalutato (le recenti dichiarazioni di Trump verso l’Europa vanno interpretate alla luce di tale punto di vista). Poiché “the use of defense umbrella” è un bene pubblico globale (“is a public good”), questo deve essere finanziato a tassi bassi e con debito al lungo termine (Century Bonds). L’America chiede quindi di scaricare una parte dei costi che sostiene in due modi: a) contributo alle spese di difesa da parte degli alleati, b) finanziamento dei costi attraverso la sottoscrizione di bond in dollari a 100 anni a tassi bassi. Tali bond verrebbero emessi solo per banche centrali di paesi alleati e non potrebbero essere venduti. La Fed sarebbe disponibile ad aprire linee Swap per effettuare Repo in caso di esigenze di liquidità. Gli Stati Uniti chiedono quindi un piano di finanziamento a tassi bassi e a lunga scadenza per uscire dalla crisi del debito ed evitare una crisi globale.
La riduzione dei prezzi energetici per contenere l’inflazione richiede una collaborazione internazionale. È quindi probabile che l’attuale voltafaccia all’Ucraina e lo schieramento con la Russia siano propedeutici a far rientrate la Russia nella sfera occidentale per riportare il petrolio russo sui mercati occidentali e far scendere i prezzi. L’Europa non sembra aver capito, per ora, che lo spostamento Usa verso la Russia è parte di un piano che riguarda i prezzi dell’energia, che fanno parte del programma economico di Trump.
Ridimensionamento della Fed
Un’altra parte importante riguarda il ruolo della Fed. Le recenti mosse del governo su tassi a 10 anni e vigilanza bancaria confermano la volontà di ridimensionare il ruolo della Banca centrale, dato che nel documento si parla apertamente di una “voluntary cooperation” tra Fed e Tesoro per perseguire l’obiettivo di svalutare il dollaro e metter un cap ai tassi d’interesse. A questo proposito il governo Trump vuole proporre al Congresso di introdurre un terzo mandato alla Fed, oltre alla piena occupazione e bassa inflazione, anche un limite ai tassi d’interesse a 10 anni. In ogni caso si parla eventualmente di attendere la scadenza di Powell per nominare un governatore disposto a cooperare.
Non sappiamo se tali intenzioni saranno totalmente implementabili ma è certo che ci apprestiamo a vivere una totale ristrutturazione del sistema finanziario globale, in un modo o nell’altro. Tale programma è di fatto una dichiarazione di “grave rischio di crisi di sostenibilità” del sistema Usa e tale situazione richiede politiche che devono essere accettate a livello globale per evitare un collasso del sistema.
Credo quindi che lo scenario probabile che si delinea all’orizzonte (12/24 mesi) si può riassumere nei seguenti punti:
1) La guerra dei dazi è propedeutica a un accordo globale sulla svalutazione del dollaro.
2) Il governo americano ha già introdotto una sorta di cap sui tassi d’interesse a 10 anni.
3) Trovato un accordo globale sulla svalutazione di dollaro si entrerà in un regime di cambi fissi da definire attorno ad un nuovo Dollar Standard.
4) Il livello dei tassi d’interesse delle principali economie occidentali entrerà in un regime amministrato come negli Usa. Ci sarà quindi una sorta di controllo della curva per euro, yen e dollaro per garantire la tenuta dei cambi fissi attorno al dollaro.
5) Le banche centrali sposteranno l’attuale posizione di riserve valutarie dai T Bill ai Treasury Notes per stabilizzare il rischio sul debito e controllare la curva dei tassi Usa. I Treasury Bonds acquistati dalle banche centrali non saranno trattati sui mercati e saranno quindi una forma di finanziamento stabile al governo Usa, che a quel punto dovrà avviare una riforma strutturale della spesa pubblica con l’appoggio del sistema finanziario internazionale.
6) Le bolle speculative in corso verranno, se possibile, “sgonfiate” in modo controllato. Questo sarebbe auspicabile ma non è certo che avvenga in modo ordinato.
7) I mercati finanziari occidentali entreranno di fatto in una forma di “nazionalizzazione” o “amministrazione controllata”.
8) I flussi d’investimento andranno verso i mercati emergenti.
Il ruolo della Cina
La Cina parteciperà probabilmente all’accordo, dato che detiene comunque 3 Tr di riserve valutarie e non ha un interesse nello scatenare una crisi globale. Sebbene rimarranno limitazioni a tecnologia e investimenti occidentali in Cina, non credo che questo sarà un problema per i cinesi, dato che hanno dimostrato che nel settore tecnologico possono fare da soli e sono abbastanza rassegnati ad accettare una ristrutturazione della global value chain nei settori strategici. L’adesione all’accordo prevederà un’accettazione americana di una Taiwan “cinese” e il governo di Taiwan dovrà trovare un accordo su come gestire una futura integrazione con la Cina. Solo in seguito a tale ristrutturazione degli assetti valutari e finanziari mondiali la Cina inizierà a fare interventi fiscali mirati a sostenere i consumi interni, che diventeranno a quel punto un’importante arma geopolitica per spostare le sfere d’influenza economica in Asia. I flussi di capitale che hanno sostenuto le bolle speculative americane negli ultimi 15 anni usciranno dai mercati sottoposti ad “amministrazione controllata” e si sposteranno sui mercati emergenti, che diventeranno il motore della crescita globale.
Gli Stati Uniti stanno cercando di costruire una linea di difesa attorno alla divisa di riserva. Chiedono, di fatto, un controllo sui tassi che devono pagare ai creditori internazionali, chiedono alle banche centrali che detengono riserve in dollari di finanziarli con Century Bonds e chiedono di svalutare il dollaro. Questo per salvare Bretton Wood e il Dollar Standard e per salvare l’economia Usa e globale da una crisi da debito. È probabile che non sarà facile accettare tali condizioni e che lo scontro possa intensificarsi nei prossimi mesi, ma è necessario valutare se, in cambio, è meglio che siano i mercati finanziari a decidere come ristrutturare il sistema o se forse non sia meglio accettare la realtà e cercare di salvare l’economia Usa e mondiale da una crisi peggiore del 1929”.
* Maurizio Novelli, analista e gestore del fondo Lemanik Global Strategy
** Fonte: Investire