LA PEARL HARBOR RUSSA? di Filippo Dellepiane
La notizia dell’attacco ucraino di ieri in territorio russo è sconvolgente, anzitutto per i suoi possibili esiti davvero nefasti. Vale la pena, perciò, riepilogare brevemente ciò che è accaduto e cosa potrebbe succedere adesso.
Nella giornata di ieri, i servizi segreti di Kiev (SBU) hanno condotto un attacco con droni su suolo russo che avrebbe distrutto più di 40 bombardieri strategici di Mosca, l’operazione Spiderweb. Kiev ha colpito svariate basi in profondità nel territorio russo, utilizzando camion che trasportavano piccoli droni di fabbricazione ucraina. I siti attaccati sono quelle di Olenya (Oblast di Murmansk), Belaya (Oblast di Irkutsk), Severny (Oblast di Ivanovo) e Diaghilev (Oblast di Riazan), tutti a centinaia (se non migliaia) di km dal fronte russo-ucraino.
Ma in cosa sta la gravità dell’atto? Anzitutto, dimostra ancora una volta che il territorio russo è violabile e violato. Questo avviene perché i droni, di cui abbiamo già parlato diffusamente in precedenti articoli sull’operazione militare speciale, sono al momento una delle armi più letali in mano agli eserciti. Sappiamo che saranno sicuramente il terreno sul quale i comparti militari si fronteggeranno negli anni a venire, dato che la strumentazione per intercettarli è ancora agli albori e risulta quanto mai costosa.
Secondariamente ci dimostra che, qualora fosse ancora necessario ripeterlo, la mano è ucraina ma l’operazione è di matrice Nato/Coalizione dei Volenterosi. È impensabile che i servizi ucraini, per quanto abbiano a capo un asso nel settore (Budanov), da soli possano compiere un attacco di questo tipo. La soddisfazione da parte ucraina è tanta e fra le righe si legge che la preparazione è andata avanti per mesi.

Un’immagine non datata, probabilmente scattata negli scorsi mesi, di Vasyl Malyuk, capo dello SBU e mente dell’attentato alla figlia di Dugin, mentre studia i possibili obiettivi
Ecco le parole ieri di Zelensky: “Il capo dei servizi di sicurezza Vasyl Maliuk ha presentato un rapporto sull’operazione odierna. Un risultato assolutamente brillante. Raggiunto solo dall’Ucraina. Un anno, 6 mesi e 9 giorni dall’inizio della pianificazione all’esecuzione. La nostra operazione a più lungo raggio. Il nostro personale impegnato nella preparazione è stato ritirato in tempo dal territorio russo”.
La dinamica dell’evento
L’attacco ucraino è stato chirurgico e quanto mai preciso. L’Ucraina ha introdotto clandestinamente in Russia droni esplosivi via terra, nascondendoli in container, dentro a dei camion. Vicino alle basi russe, i container sono stati aperti a distanza e i droni fatti decollare. L’obiettivo era colpire i bombardieri strategici russi, i quali vengono utilizzati per gli attacchi sul suolo ucraino e soprattutto costituiscono una delle tre gambe della Triade Nucleare russa (ne avevamo già parlato brevemente qui).
Secondo i primi dati, l’assesment dei danni è sempre la cosa più difficile da fare, sarebbero almeno 10, ma si sospetta siano di più (gli Ucraini parlano di una cifra enorme, 40), i bombardieri strategici colpiti durante il raid di Kiev. Gli aerei colpiti sarebbero A-50, Tu-95 e Tu-22 M3, per un valore fra i 2 e i 5 miliardi di dollari, secondo lo SBU. Certo, il facile trionfalismo ucraino e le sue stime dovranno essere ricontrollate, ma è chiaro che il danno è enorme.
Ha senso parlare di Pearl Harbor russa?
Alcuni giornali italiani ed occidentali stamattina tentano un’analogia storica con l’attacco di Pearl Harbor del dicembre del ’41 (per rimanere nel contesto italiano, può apparire simile alla Notte di Taranto del novembre del ’40, da cui i giapponesi pare trassero spunto). Anche da parte alcuni blogger russi è stato ribadito lo stesso concetto: «È la nostra Pearl Harbor», ha scritto Roman Alekhin.
In realtà, le cose sono un po’ diverse, tuttavia come allora il colpo portato alle capacità strategiche è importante e tangibile. Sebbene non venga messa in pericolo la capacità russa di mantenere la superiorità nei cieli dell’Ucraina, grande vantaggio di Mosca fin dal febbraio del 2022, è anzitutto la reputazione russa ad essere danneggiata.
Il nodo della deterrenza atomica
Stando ai dati disponibili, la Russia possiede circa 110-120 bombardieri strategici. Una sessantina di questi sono Tu-95 e Tu-160, mentre il resto Tu-22. Qualora il numero di 40 bombardieri fosse confermato, per la precisione 41 per gli Ucraini, la perdita sarebbe grave. Certo, come giustamente ricordato dall’ambasciatore Stefano Stefanini, “La vera base della deterrenza sono i missili balistici intercontinentali. I missili da crociera lanciati dai bombardieri sono più legati all’uso tattico o alla deterrenza verso l’Europa”, ma le parole di un anonimo ufficiale ucraino al quotidiano Repubblica sono chiare: l’obiettivo era ridurre “le capacità strategiche della Russia ossia la sua capacità di proiettare potenza a livello globale, la sua capacità di sferrare attacchi nucleari e la postura militare complessiva in Eurasia”. La più grave conseguenza di ciò che è accaduto è perciò che l’idea stessa delle deterrenza nucleare potrebbe essere definitivamente venuta meno: se, infatti, non si rispondesse da parte russa in maniera appropriata, questo potrebbe essere interpretato come via libera ad azioni di questo tipo anche nel futuro.
Ora, che fare?
Stando alla dottrina militare di Mosca, l’attacco ricevuto può essere interpretato come una minaccia esistenziale alla Federazione. Come agire perciò adesso?
Ieri Putin ha convocato il Consiglio di Sicurezza d’urgenza, ma nulla si è saputo di ciò che è stato deciso. In un clima quanto mai sospeso, la delegazione russa è partita regolarmente per Istanbul, dove oggi inizia un nuovo round di negoziati.
Secondo il sottoscritto, il Cremlino sta valutando con attenzione come agire e nessuna delle opzioni sul tavolo è scartata, persino un ordigno tattico nucleare ai danni dell’Ucraina. È chiaro che Putin non ha nessuna intenzione di giocarsi questa carta, che in passato comunque il presidente ha rivendicato come possibile extrema ratio, ma una parte dell’establishment russa, dei cosiddetti falchi, si lamenta della condotta fin troppo morbida del Presidente e della scelta di prendere parte ai negoziati. Un’altra opzione potrebbe essere quella di una mobilitazione generale, con costi a livello sociale di difficile previsione ma che, dopo un attacco come questo, potrebbe apparire meno impopolare.
Più probabile è, forse, un attacco in grande stile con missili balistici a medio e lungo raggio, come già avvenuto in passato. Tuttavia, il dubbio esistenziale per il Cremlino rimane e, a livello teorico, il danno (materiale e di immagine) è troppo grande per potersene dimenticare facilmente. In questo senso, probabilmente, va interpretato il silenzio quasi assordante di queste ore di Mosca. La risposta russa ci farà capire molto, anche su come procederanno i negoziati in Turchia.
È quanto mai chiaro che i Volenterosi e la Nato, spalleggiando i circoli più oltranzisti a Kiev, non vogliono alcun tipo di accordo con Putin e credono ancora di poter sconfiggere la Russia. Inoltre, sarà importante vedere la reazione di Trump, il quale non è stato informato dell’attacco e per ora non ha commentato il fatto.
In conclusione, l’architettura con cui è stata pensata l’operazione militare speciale dovrà con ogni probabilità essere rivista profondamente dal Cremlino, cambiando l’approccio che ha avuto negli ultimi tre anni e tenendosi pronto a nuovi attacchi di questo tipo.
Prudenza e pazienza non devono essere illimitate
Dopo le recenti dichiarazioni di Rutte, l'” Olandese strisciante” , cioèil segretario generale della NATO, c he dá dome irrinunciabile l’adesione dell’ Ucraina alla NATO è chiaro che chi domina quest’alleanza – la più pestifera della storia – non conosce mezze misure e non può indietreggiare senza dissolversi. Ed è inutile continuare la finzione di una Ucraina che rinuncia ad entrare nella Nato, visto che ben prima, ma al più tardi dal 2014 la NATO è entrata in Ucraina ed è di fatto chi gestisce e decide le operazioni dell’esercito ucraino, il decaduto presidente ucraino è e resta quel che era, nella definizione di Trump un “attore mediocre” che viene mandato in giro per il mondo a mendicare fondi ed armamenti che poi la carne da cannone ucraina utilizza dietro ordini NATO.
Dunque per lka Russia non si tratta più di impedire l’ingresso dell’Ucraina nella NATO ma di liberare l’Ucraina dall’occupazione NATO.
E per farlo non bastano le “operazioni militari speciali”: ci vuole una guerra diretta contro la NATO.
Questo i generali russi l’hanno capito fin dall’inizio, credo che se Putin ha commesso un errore è stato nel non ascoltarli e sperare nel buon senso dei vassalli europei. Non era una speranza del tutto infondata, infatti l’allora cancelliere Scholz aveva solennement dichiarasto di essere disposto ad inviare soltanto 5000 elmetti all’esercito ucraino. Ma Putin contava troppo sul buon senso e probabilmente non sapeva fino a che punto le popolazioni europee erano state annientate nella propria autonomia di pensiero da accettare qualunque imbecillità: ma la cosa era evidente, i fattacci della vaccinazione coatta subita dalla maggioranza dei cittadini insieme a tutte le altre sciocchezze infondate e liberticide lo avrebbero dovuto istruire. Dunque la gfuerra: e speriamo che serva a risvegliare le menti sopite e sia breve.
” La guerra è la locomotiva della Storia” ( Lev Trockij. Bisogna però comprenderne la direzione. Putin sembra non aver ancora del tutto capito che il confronto non è tra l’Ucraina e la Russia, bensì costituisce l’inizio di una guerra guerreggiata tra l’Occidente e la Russia, così come lo fu il breve attacco finlandese all’URSS del 1940, prodromico all’Operazione Barbarossa tedesca dell’anno successivo.