PIAZZE PIENE, URNE VUOTE di Moreno Pasquinelli
Scrivevo tre giorni fa a commento delle enormi mobilitazioni di solidarietà col popolo e la Resistenza palestinese:
«ÈUN RISVEGLIO CHE CAMBIERÀ TUTTO
Ma non c’è solo l’umana solidarietà con i palestinesi che soffrono, non c’è solo la rabbia contro quello che viene giustamente considerato uno “stato terrorista”. C’è molto di più.
C’è lo sdegno per l’atteggiamento del governo considerato complice di Israele, c’è la collera verso Giorgia Meloni, per la sua postura strafottente, per i suoi giudizi offensivi verso la Flottiglia, per la sua adesione al piano europeo e NATO per un riarmo che prelude alla guerra contro la Russia. C’è infine un malessere per le crescenti diseguaglianze e ingiustizia sociali.
Ho la sensazione che qui siamo in presenza di un vero e proprio risveglio popolare, con giovani e giovanissimi assoluti protagonisti. Un risveglio che darà filo da torcere, anzitutto al governo, ma pure alle forze che si dicono all’opposizione. Non sfugge, a chi osservi con attenzione le piazze in rivolta, che non si vedono bandiere del PD, dei 5 Stelle o di AVS. Il centro-sinistra sta tentando con astuzia, anche usando la CGIL, di canalizzare e addomesticare le mobilitazioni per usarle come carburante in vista salire al governo.
Non funzionerà, come dimostrano le elezioni nelle Marche.
È sorta un’onda spontanea, un giovane movimento popolare che rifiuta di essere rappresentato da forze politiche vecchie, elitarie, burocratiche. La società sembrava morta e invece è viva e i tanti che protestano, cara Schlein, non sono solo migliori di chi ci governa, sono anche migliori di tutti voi». [Corriere dell’Umbria, 4/10/2025]
“Non funzionerà, come dimostrano le elezioni delle Marche”. I risultati che giungono dalla Calabria, al netto delle peculiarità che possiede ogni tornata regionale, con la percentuale di votanti al 43,14%, confermano, anzi, rafforzano la facile profezia che il movimento di massa pro-Palestina non era vento per le vele del blocco politico di centro-sinistra capeggiato dal Partito Democratico. Ciò indica la natura antisistemica del movimento di massa che ha occupato la scena nelle ultime settimane: esso non solo è opposizione al governo Meloni, è opposizione all’Occidente Collettivo, quindi anche al PD, ai suoi cespugli politici ed alla sua potente cosca mediatica, considerati a giusto titolo come del tutto interni e subalterni a questo Occidente (USA-NATO-UE-ISRAELE).
Quali che saranno i risultati definitivi delle elezioni calabresi, colpisce la dimensione del discredito nutrito dalla maggioranza dei cittadini riguardo ai partiti ufficiali, la sfiducia nei riti elettorali ed istituzionali. Se serviva una pistola fumante come prova che la democrazia se non già morta è moribonda questa viene dalle urne della Calabria. Che autorità può avere un parlamento regionale, e che legittimità possono avere le sue deliberazioni, se esso è stato eletto da una minoranza degli aventi diritto? Nessuna. Ci verrebbe da proporre il criterio del “numero legale”, per cui se non vota almeno il 50+1% degli aventi diritto le elezioni dovrebbero essere invalidate…
Non lo facciamo, e non solo perché sarebbe tempo perso con lorsignori. Non lo facciamo perché abbiamo questa (questa) democrazia con tutta la sua panoplia di ammennicoli, ammesso e non concesso che meriti di essere salvata, non può più esserlo rispettando le sue norme e compatibilità.
Ciò che resta della democrazia costituzionale (fatta a pezzi per tappe da sinistre e destre) potrà sopravvivere solo per via extra-parlamentare e rivoluzionaria.

La cosa che lascia sperare di questo sciopero e delle grandi manifestazioni che ci sono state il giorno successivo è che si sono verificati NON per una qualche rivendicazione di tipo economico-materiale ma per manifestare la solidarietà al Popolo Palestinese, quindi per esprimere la propria UMANITÀ e far valere il senso della GIUSTIZIA. Anche a costo di perdere la retribuzione di un giorno.
Per questo motivo anche io, pur non essendo un lavoratore dipendente ho voluto partecipare allo sciopero del 3 ottobre tenendo chiuso il mio negozio e apponendo sulla serranda la scritta:”Chiuso in segno di solidarietà con il Popolo Palestinese”
Francesco F.
Manduria (Ta)
E’ vero che e’ sorto un movimento popolare che rifiuta di essere rappresentato da forze politiche vecchie, elitarie, burocratiche. Ma allora dovremmo chiederci perche’ la massa degli astensionisti, fra cui dovremmo annoverare anche la maggioranza dei partecipanti al suddetto movimento, non vota nemmeno per quelle forze politiche alternative presunte sovraniste e antisistema che rimangono invece nello zero virgola alla conta dei voti? Al momento, infatti, proprio per questo diffuso astensionismo non si vede alcun sbocco per la rappresentanza politica di questo movimento.
Per non sapere ne leggere ne scrivere io, tuttavia, una risposta circa il perche’ dell’astensionismo ce l’avrei:
Sono stufi di vedere i vari movimenti sovranisti, e mi riferisco solo a quelli di prospettiva socialista, suddividersi in mille rivoli per poi farsi concorrenza fra loro. Certo non mi riferisco al Fronte del Dissenso che ha tentato, piu’ di altri, di fare fronte comune, ma a formazioni come quelle di Rizzo, Potere al Popolo e compagnia cantante.
Intanto, vista la situazione di blocco in Italia, non sarebbe male prendere spunto da quanto accade in altri paesi, come la Repubblica Ceca.
Il partito dell’ex Primo Ministro Andrej Babiš, l’Azione dei Cittadini Insoddisfatti (ANO), ha vinto le elezioni parlamentari ceche. Questo risultato ha sorpreso molti analisti europei. Babiš è riuscito a mobilitare gli elettori stanchi dell’inflazione, dell’aumento dei prezzi e del calo del tenore di vita. Con lo slogan “Prima i cechi”, il partito ha promesso di abbassare le tasse e ridurre i costi energetici. Babiš ha anche promesso di aumentare stipendi e pensioni. Queste promesse semplici ma comprensibili hanno funzionato: il partito di Babiš ha ottenuto il 35% dei voti e ha preso un netto vantaggio.
L’astensionismo é la conseguenza di mancanza vere alternative alle politiche ultra liberiste su cui si fonda l’unione europea con l’eccezione della Spagna dove con il psoe non é ancora scomparsa la rappresentatività della classe lavoratrice