LA FOLLIA “NO BORDER – NO NATION” di Oskar Lafontaine
[ 5 agosto 2018 ]
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[ 5 agosto 2018 ]
[ 8 agosto ]
Come abbiamo più volte segnalato, in Germania, non c’è solo una certa destra (tipo l’AfD) a dire che l’euro va cestinato. Qui sotto il Manifesto EUREXIT, sottoscritto da numerosi esponenti della sinistra tedesca e austriaca.
[ 16 ottobre]
la sconfitta del governo greco guidato da Syriza davanti all’Eurogruppo ha portato la sinistra europea a domandarsi quali possibilità abbia un governo guidato da un partito di sinistra, o un governo in cui un partito di sinistra sia coinvolto come partner di minoranza, di portare avanti una politica di miglioramento della condizione sociale di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, e delle piccole e medie imprese, nel quadro dell’Unione europea e dei trattati europei.
La risposta è chiara e brutale: non esistono possibilità per una politica tesa al miglioramento della condizione sociale della popolazione, fintanto che la Bce, al di fuori di ogni controllo democratico, è in grado di paralizzare il sistema bancario di un paese soggetto ai trattati europei.
Non esistono possibilità di mettere in atto politiche di sinistra se un governo cui la sinistra partecipi non dispone degli strumenti tradizionali di controllo macroeconomico, come la politica dei tassi di interesse, la politica dei cambi e una politica di bilancio indipendenti.
Per migliorare la competitività relativa del proprio paese sotto l’ombrello dell’euro, restano al singolo paese sottoposto alle condizioni dei trattati europei solo la politica salariale, la politica sociale e le politiche del mercato del lavoro. Se l’economia più forte, quella tedesca, pratica il dumping salariale dentro un’unione monetaria, gli altri paesi membri non hanno altra scelta che applicare tagli salariali, tagli sociali e smantellare i diritti dei lavoratori, così come vuole l’ideologia neoliberista. Se poi l’economia dominante gode di tassi di interesse reali più bassi e dei vantaggi di una moneta sottovalutata, i suoi vicini europei non hanno praticamente alcuna possibilità. L’industria degli altri paesi perderà sempre più quote sul mercato europeo e non europeo.
Mentre l’industria tedesca produce oggi tanto quanto produceva prima della crisi finanziaria, secondo i dati Eurostat, la Francia ha perso circa il 15% della sua produzione industriale, l’Italia il 30%, la Spagna il 35% e la Grecia il 40%.
La destra europea si è rafforzata anche perché mette in discussione l’Euro e i trattati europei, e perché nei paesi membri cresce la consapevolezza che i trattati europei e il sistema monetario europeo soffrano di alcuni difetti costitutivi.
Come dimostra l’esempio tedesco, la destra europea non si preoccupa della compressione dei salari, dello smantellamento dei diritti dei lavoratori e delle politiche di austerità più severe. La destra vuole tornare allo Stato nazionale, offrendo però soluzioni economiche che rappresentano una variante nazionalistica delle politiche neoliberiste e che porterebbero agli stessi risultati: aumento della disoccupazione, aumento del lavoro precario e declino della classe media.
La sinistra europea non ha trovato alcuna risposta a questa sfida, come dimostra soprattutto l’esempio greco.
Attendere la formazione di una maggioranza di sinistra in tutti i 19 Stati membri è un po’ come aspettare Godot, un autoinganno politico, soprattutto perché i partiti socialdemocratici e socialisti d’Europa hanno preso a modello la politica neoliberista.
Un partito di sinistra deve porre come condizione alla sua partecipazione al governo la fine delle politiche di austerità.
Tuttavia ciò è possibile solo se in Europa prende forma una costituzione monetaria che conservi la coesione europea, ma che riapra ai singoli paesi la possibilità di ricorrere a politiche capaci di aumentare la crescita e i posti di lavoro; anche se la più grande economia opera in condizioni di dumping salariale.
Presupposto imprescindibile a questo scopo è il ritorno a un sistema monetario europeo (Sme) migliorato, che consenta nuovamente di ricorrere alla rivalutazione e alla svalutazione. Tale sistema restituirebbe ai singoli paesi un ampio controllo sulle rispettive banche centrali e offrirebbe loro i margini di manovra necessari per conseguire una crescita costante e l’aumento dell’occupazione attraverso maggiori investimenti pubblici, così come per contrastare, tramite la svalutazione, l’ingiusto dumping salariale operato dalla Germania o da un altro Stato membro.
Questo sistema ha funzionato per molti anni e ha impedito l’emergere di gravi squilibri economici, come ne esistono attualmente nell’Unione europea.
Rivolgendomi ai sindacati italiani, tengo a sottolineare che lo Sme non è mai stato perfetto, dominato come era dalla Bundesbank. Ma nel sistema Euro la perdita del potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori attraverso salari più bassi (svalutazione interna) è maggiore.
A me, osservatore tedesco, risulta molto difficile capire perché l’Italia ufficiale assista più o meno passivamente alla perdita del 30% delle quote di mercato delle sue industrie.
Silvio Berlusconi e Beppe Grillo hanno messo sì in discussione il sistema Euro, ma ciò non ha impedito all’Eurogruppo di imporre il modello delle politiche neoliberiste alla politica italiana.
Oggi la sinistra italiana è necessaria come non mai.
La perdita di quote di mercato, l’aumento della disoccupazione e del lavoro precario, con la conseguente compressione dei salari, possono rientrare nei miopi interessi delle imprese italiane, ma la sinistra italiana non può più stare a guardare questo processo di de-industrializzazione.
Lo sviluppo in Grecia e in Spagna, in Germania e in Francia, dimostra come la frammentazione della sinistra possa essere superata non solo con un processo di unificazione tra i partiti di sinistra esistenti ma soprattutto con l’incontro di tante energie innovative fuori dal circuito politico tradizionale.
Solo una sinistra sufficientemente forte nei rispettivi Stati nazionali potrà cambiare la politica europea. La sinistra europea ha bisogno ora di una sinistra forte in Italia.
Vi saluto calorosamente dalla Germania e vi auguro ogni successo per il processo di costruzione di una nuova sinistra italiana».
[ 15 settembre]
davamo conto dell’incontro svoltosi a Parigi il 12 settembre, segnalando l’intervento svolto da Fassina.
Ora, con più austerità, più svendite di beni pubblici, con politiche economiche sempre più irrazionali e politiche sociali improntate ad una sfacciata misantropia di massa, il nuovo Memorandum può servire solo a peggiorare la Grande Depressione in Grecia e a consentire che la ricchezza della Grecia sia saccheggiata a vantaggio di interessi privati interni ed esterni.
Da questo golpe finanziario dobbiamo trarre una lezione. L’euro è diventato uno strumento di dominio economico e politico da parte di un’oligarchia europea che si fa schermo del governo tedesco, ben contenta di lasciare alla cancelliera Merkel il lavoro sporco che gli altri governi non sono capaci di compiere. Questa Europa genera soltanto violenza nei paesi e tra di essi: disoccupazione di massa, brutale dumping sociale e insulti contro la periferia europea, attribuiti alla leadership tedesca ma in realtà ripetuti a pappagallo da tutte le élite europee, incluse quelle della stessa periferia. In questo modo, l’Unione europea alimenta l’avanzata dell’estrema destra e rende impossibile in Europa il controllo democratico sulla produzione e la distribuzione della ricchezza.
Siamo determinati a rompere con questa Europa. È la condizione primaria per ricostruire la cooperazione tra i nostri popoli e i nostri paesi su nuove basi. Come possiamo mettere in atto politiche di redistribuzione della ricchezza, di creazione di opportunità di lavoro dignitoso, specialmente per i giovani, di transizione ecologica, di ricostruzione della partecipazione democratica entro i vincoli di questa UE? Dobbiamo sfuggire alla vacuità e disumanità dei trattati europei vigenti e rimodellarli in modo da levarci di dosso la camicia di forza del neoliberismo, abolire il Fiscal compact e opporci al trattato commerciale con gli Stati Uniti, il TTIP.
Viviamo tempi eccezionali. Stiamo affrontando un’emergenza. Gli stati membri hanno bisogno dello spazio politico che consenta alle loro democrazie di respirare e avanzare soluzioni adeguate alle esigenze nazionali, senza il timore di giri di vite da parte di un Eurogruppo autoritario e dominato dai paesi più forti e dai grandi poteri economici, o da parte di una BCE utilizzata come un rullo compressore, che minaccia di schiacciare i paesi che non “cooperano”, come è accaduto con Cipro e con la Grecia.
Questo è il nostro piano A: lavoreremo nei nostri rispettivi paesi, e insieme in Europa, per una totale rinegoziazione dei trattati europei. Ci impegniamo a sostenere ovunque le lotte dei cittadini europei, con una campagna di disobbedienza civile contro le scelte europee arbitrarie e le “regole” irrazionali, finché tale rinegoziazione non sia ottenuta.
Il nostro primo obiettivo sarà porre fine all’irresponsabilità dell’Eurogruppo. Il secondo sarà rimuovere la finzione di una BCE “apolitica” e “indipendente”, quando in realtà essa è profondamente politica (nella forma più deleteria) e totalmente dipendente dagli interessi delle banche e dei loro rappresentanti politici, pronta come è a reprimere la democrazia con la semplice pressione di un bottone.
Anche i governi che rappresentano gli interessi dell’oligarchia europea, e che si nascondono dietro a Berlino e Francoforte, hanno un loro piano A: non cedere alla domanda di democrazia dei popoli europei e agire in modo brutale per piegare la loro resistenza. Lo abbiamo visto in Grecia lo scorso luglio. Come sono riusciti a strangolare il governo greco, democraticamente eletto? Dotandosi di un piano B: espellere la Grecia dall’eurozona nelle peggiori condizioni possibili, distruggendo il suo sistema bancario e uccidendo la sua economia.
Di fronte a questo ricatto, anche noi abbiamo bisogno di un nostro piano B, da opporre al piano B delle forze più reazionarie e anti-democratiche. Per rinforzare la nostra posizione negoziale di fronte a politiche brutali che sacrificano gli interessi della maggioranza per favorire un’esigua minoranza. Ma anche per riaffermare il semplice principio che l’Europa è per gli europei, e le valute sono strumenti per promuovere la prosperità diffusa, non strumenti di tortura o armi per uccidere la democrazia. Se l’euro non potrà essere democratizzato, se insisteranno nel volerlo usare per strangolare i popoli, ci leveremo e, guardandoli negli occhi, diremo loro: “fatevi avanti, le vostre minacce non ci spaventano”. Troveremo un modo per assicurare che gli europei abbiano un sistema monetario che operi a loro vantaggio, non contro di loro.
Il nostro piano A per un’Europa democratica, supportato da un piano B che mostri ai poteri costituiti che non possono indurci alla sottomissione spaventandoci, è inclusivo e fa appello alla maggioranza degli europei. Ciò richiede un elevato livello di preparazione. Gli aspetti tecnici saranno definiti nel confronto reciproco. Molte idee sono già sul tavolo: l’introduzione di sistemi di pagamento paralleli, valute parallele, digitalizzazione delle transazioni, sistemi di scambio complementari community based, fino all’uscita dall’euro e la sua trasformazione da moneta unica in moneta comune.
Nessun paese europeo può operare per la propria liberazione in modo isolato. La nostra visione è internazionalista. Anticipando ciò che potrebbe accadere in Spagna, Irlanda – forse, a seconda di come evolverà la situazione, nuovamente in Grecia – e in Francia nel 2017, abbiamo bisogno di lavorare insieme concretamente al piano B, tenendo conto delle diverse caratteristiche di ciascun paese.
Proponiamo pertanto la convocazione di una conferenza internazionale sul piano B per l’Europa, aperta a chiunque sia disponibile, cittadini, organizzazioni ed intellettuali. La conferenza può aver luogo in tempi ravvicinati, già a Novembre 2015. Inizieremo il percorso sabato 12 settembre, durante la Fête de l’Humanité a Parigi. Unitevi a noi!»
Stefano Fassina, parlamentare, ex vice-ministro dell’economa e finanze (Italia)
Oskar Lafontaine, ex ministro delle finanze, fondatore del partito Die Linke (Germania)
Jean-Luc Mélenchon, parlamentare europeo, co-fondatore del Parti de Gauche (Francia)
Yanis Varoufakis, parlamentare, ex ministro delle finanze (Grecia)
[ 11 settembre ]
Eppur si muove…
Il dramma della capitolazione di SYRIZA e di Tsipras, come abbiamo già segnalato, ha terremotato la sinistra altreuropeista.
L’Unione europea non è riformabile, l’euro è una moneta fasulla, l’egemonia tedesca ci porta verso il baratro…
Queste idee, fino a ieri condannate all’esilio ( a sinistra), ogni giorno guadagnano terreno, si fanno largo nel vuoto pneumatico dell’altreuropeismo il quale è diventato oramai “tsiprismo”, difesa ad oltranza della capitolazione —vedi le posizioni vergognose di Rifondazione e di Sel, che assieme ad altri rimasugli hanno resuscitato la Brigata Kalimera per andare ad Atene il 20 settembre a celebrare (questa volta) i funerali di Tsipras.
E con Tsipras han deciso di spiaggiarsi…
Di contro ai fondamentalisti dello tsiprismo, ovvero agli alfieri della capitolazione, dicevamo che si stanno smarcando, a livello europeo, pezzi da novanta dei partiti della “sinistra radicale”, primo fra tutti Oskar Lafontaine.
E’ un fatto positivo? Sì lo è.
Ne è la riprova l’evento [vedi immagine sopra] che avverrà in seno alla Festa dell’Humanité (ovvero del Partito comunista francese) che si svolge in questi giorni a Parigi.
Luogo quantomeno singolare, visto che il Pcf si è attestato sulla prima linea del blocco degli alfieri della capitolazione o fondamentalisti dello tsiprismo.
Ma in questa festa il Parti de Gauche di Jean-Luc Mélenchon —principale partito del francese Fronte di sinistra oramai andato in pezzi— ha un suo spazio, spazio nel quale domani 12 settembre si svolge un incontro che merita di essere menzionato. Ci saranno oltre a Mélenchon, Yanis Varoufakis, Oskar Lafontaine, e Stefano Fassina.
Sappiamo che i nostri amici francesi andranno e qualcosa di questo confronto sapremo, e scriveremo.
Non ci dispiace nemmeno che Stefano Fassina (per il quale, come i lettori sanno, nutriamo una certa simpatia) sia tra i protagonisti dell’incontro parigino.
Però una domanda a Stefano Fassina vorremmo rivolgergliela: perché mai, dato che pensi che quest’Unione è irriformabile, hai deciso di partecipare, con Sel, Rifondazione e i rimasugli dell’Altra Europa con Tsipras, a resuscitare il morto di un partito che fa dell’europeismo un dogma? Perché hai deciso di fare il grillo parlante in quel carrozzone? Perché la parte di anima bella tra gli zombi?
Chissà che l’incontro di Parigi non lo aiuti a ricredersi….