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«PRODI, LEI È COLPEVOLE, CHIEDA SCUSA…» di Cristina Re

[ 27 febbraio ]


QUI , il testo e il commento di Cristina di seguito


Sergio Cesaratto


Rethinking Economics Bologna con Prodi una studentessa (io): “aveva espresso dubbi sul progetto europeo auspicando un ritorno alle frontiere tra gli Stati Ue.”


Prodi, che fa il politico di mestiere, ha ovviamente deviato il discorso mettendomi in bocca parole non mie.
La favola della nuova generazione Europea di studenti colti, aperti e con alta mobilità si scontra però con la realtà, ossia con la generazione dei disoccupati e dei lavoratori poveri. Infatti, solo l’1% degli studenti italiani partecipa a progetti di mobilità, mentre gli altri si trovano in situazioni di precarietà o disoccupazione. La disoccupazione giovanile nel 2017 è arrivata a superare il 40% e coloro che trovano lavoro sono costretti ad accettare orari e salari da fame con contratti a termine o retribuiti tramite voucher. In tantissimi sono costretti ad emigrare; alcuni svolgono attività di ricerca qui sotto finanziata altri sono costretti a lavori non qualificati e sottopagati, nonostante l’alto livello d’istruzione.
Quotidiano.net in cui dice “la mia Europa è morta. Ma spero che la crisi la svegli. Ora possiamo solo aggiungere: preghiamo”
Beh, troppo semplice così.

Adesso, non le chiedo, come fa qualcuno, di formare un nuovo partito o ricandidarsi per riparare alla situazione. No, quello spetta a noi.
http://www.agi.it/…/ue_prodi_tornare_indietro_sarebbe_una_…/
* Fonte: Politica & Economia Blog



E BRAVO BERTINOTTI! di Emmezeta

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[ 12 agosto ]

Ragazzi, questa sì che è una notizia! 

intervista a la Repubblica. Una roba che non gli capitava da decenni. E dunque da annotare con piacere.

L’occasione è stata un po’ casuale. Gliel’ha fornita Renzi che, ad una festa dell’Unità nel modenese, ha parlato di “Sindrome Bertinotti” come simbolo dell’instabilità delle coalizioni di governo. Ora, questa leggenda del Bertinotti che faceva saltare i governi è davvero una bufala coi fiocchi. Nel gennaio 2008, quando il governo Prodi cadde su iniziativa di Mastella, ma dopo essere stato già delegittimato dal neo-segretario piddino Veltroni, la colpa toccò curiosamente a Rifondazione Comunista, i cui parlamentari dopo essersi tranquillamente votati di tutto (incluso il finanziamento alla “missione” in Afghanistan) rimasero a fare la guardia dell’ormai vuoto bidone prodiano fino all’ultimo istante. Quasi commoventi.

Ma lasciamo perdere. La leggenda del Bertinotti sabotatore dei governi di centrosinistra – magari lo fosse stato! – fa comodo a troppi, ed è inevitabile che il più incallito tra i venditori di luoghi comuni attualmente sulla scena ne faccia uso senza ritegno.

Quel che invece dobbiamo rilevare sono le risposte di Bertinotti al suo intervistatore. Ben lungi dal difendersi dalle trite accuse renziane, sposta il discorso su questioni di sostanza.

Riportiamo queste tre risposte al giornalista Andrea Carugati.

Quali sono le quattro cose giuste in queste risposte?

La prima è l’affermazione sulla continuità del ventennio che va da Prodi a Renzi. La seconda è quella sul fatto che il centrosinistra, e non solo in Italia, è stata – ben più della destra – la parte politica responsabile della gestione delle politiche di austerità al servizio delle oligarchie finanziarie. La terza è che l’esito del referendum non dipende certo dal posizionamento della ridicola sinistra piddina, quanto piuttosto dalla rivolta popolare (il “basso”) contro le élite (l'”alto). La quarta, meno esplicita ma pur sempre significativa, è il riferimento in qualche modo positivo alla Brexit.

Roba pesante come si vede. Che ben poco ha a che fare con l’attuale blaterare nel vuoto dei suoi confusi epigoni, sia nel campo falcemartellato di Rifondazione che in quello ancora più fumoso dei sellini.

Eh già, bel problema quello dell’eredità politica! Prendete, ad esempio, quel che ha combinato ieri alla Camera il sellino Sannicandro, che per giustificare la difesa degli stipendi dei parlamentari ha gridato che loro (i deputati) non appartengono mica «all’ultima categoria dei metalmeccanici»! Ci mancherebbe altro!…

Ecco, forse nel quadretto regalatoci dal parlamentare pugliese Sannicandro si capisce cosa sono l’alto e il basso, ma si capisce soprattutto dove tende a collocarsi con naturalezza la sinistra sinistrata. E poi ci si meraviglia se i ceti popolari guardano sempre più altrove, assimilando l’attuale “sinistra” alle èlite che ci hanno portato dove sappiamo.

Detto questo dobbiamo però tornare a Fausto Bertinotti. Le tesi sommariamente esposte nell’intervista sono da sottoscrivere. Ma se quel che è stato detto è giusto, troppe sono le cose non dette. Facciamola corta: se – testuale e pienamente condivisibile – «Il centrosinistra degli anni Novanta è stato la culla delle politiche che Renzi attua oggi», com’è possibile non accennare minimamente agli errori commessi?

Errori che vanno dal 1994-1996 – prima l’alleanza con Occhetto, poi la desistenza e quindi l’appoggio esterno al primo governo Prodi – al 2008, con la morte del governo e della maggioranza unionista che aveva portato il Nostro sullo scranno più alto di Montecitorio. Quattordici anni (14) e quattro legislature, in termini politici un’eternità.

Bene, su quei 14 anni da leader di Rifondazione Bertinotti tace. Eppure sono gli anni che hanno portato il partito di cui era segretario dall’essere una concreta speranza ad essere la certezza del nulla.

Chi scrive è convinto da sempre che se il Prc avesse scelto la rottura strategica con il centrosinistra già nel 1995 (governo Dini), quel partito sarebbe arrivato vivo e vegeto al decisivo appuntamento con le dinamiche sociali prodotte dalla crisi economica iniziata nel 2008. Le rotture, che pure ci sono state come nel 1998, hanno sempre avuto invece un carattere tattico, parziale e temporaneo; momenti transitori in cui si coltivava l’alleanza futura. E’ arrivato così il 2006, che non poteva non portare con se la disfatta del 2008.

Su questo Bertinotti – che se non è l’unico responsabile del disastro, di certo è il più importante – tace. Eppure le conseguenze di quel posizionamento subalterno, ed in alcuni momenti financo servile nei confronti del centrosinistra, sono state semplicemente letali. Probabilmente l’ex segretario del Prc sa che se il suo partito avesse mantenuto in quegli anni la necessaria autonomia politica dal centrosinistra, molte sarebbero state le possibilità di raccogliere la spinta antisistemica che ha fatto invece emergere M5S.

Riconoscerlo non sarebbe male.




«SIAMO SOTTO LA TUTELA TEDESCA». INDOVINA CHI L’HA DETTO? di Emmezeta

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[Nella foto Helmut Khol e Romano Prodi]


«La crisi greca mostrò invece che non eravamo tutti uguali e che la solidarietà europea era stata costruita solo sulla carta».

Chi ha fatto questa affermazione? Prima di rispondere, leggete come viene argomentata:


«In poche settimane le banche tedesche e francesi (comprese quelle che abbondantemente guadagnavano e tuttora guadagnano nel mercato italiano) si sono precipitate a vendere i nostri titoli pubblici in loro possesso, spingendo ovviamente tutti gli altri a fare altrettanto. Esse hanno improvvisamente trasformato i buoni del Tesoro italiani in pericolosi “derivati” anche se vendere questi titoli equivaleva a scommettere sulla bancarotta italiana. L’esempio francese e tedesco è stato ovviamente subito seguito da parte di tutti gli altri operatori, cominciando dagli americani».

«Ci si è poi finalmente accorti che, col crollo dell’otto per cento del nostro PIL e con una crescita sotto zero della nostra economia, il debito italiano sarebbe sempre cresciuto. Nonostante questo, dato che gli impulsi suicidi sono lenti a morire, abbiamo voluto mettere addirittura nella carta costituzionale il pareggio del bilancio della nostra economia. Un favore politico per chi comanda a Berlino ma un assurdo logico perché non si mettono in costituzione obiettivi che dipendono anche da eventi che non sono sotto il nostro controllo».

Il pareggio di bilancio inserito nella Costituzione come frutto di «impulsi suicidi lenti a morire» e, peggio ancora: «un favore politico per chi comanda a Berlino».

Ma mentre ripone grande fiducia nella BCE del compare Draghi, ecco il giudizio sulle istituzioni europee: «L’esperienza ci dimostra che ben poco possiamo fare conto sulla solidarietà europea e sull’operato delle Istituzioni comunitarie di Bruxelles, negli ultimi tempi sostanzialmente operanti sotto tutela germanica».

GRILLO: NIENTE SCHERZI DA PRETE di Piemme

19 aprile. Mentre scriviamo è in corso la terza votazione. Sarà un nulla di fatto. E’ sfumata la possibilità di eleggere un Presidente di “tutta la nazione” —eufemismo per significare un candidato gradito anche ai berlusones. Il PD si è ricompattato su Prodi. Facciamo gli scongiuri ma, a questo punto è probabile che al Quirinale salga lui.

Un altro garante, della sudditanza italiana all’euro-dittatura

di Piemme

Il Pd ha avuto una resipiscenza. Ha scelto Romano Prodi, adottando quindi il criterio principe. Qual è questo criterio è presto detto: un paese a sovranità limitata, sottoposto a commissariamento da parte degli euro-oligarchi, oramai intrappolato uno Stato d’emergenza presidenzialista, deve mettere al Quirinale un personaggio che sia di garanzia sia per i poteri euro-atlantisti (non dimentichiamo che Prodi fa parte della setta Bilderberg) che per i grandi gruppi finanziari e bancari globali —per i quali i Berlusconi è una sciagura.

La conseguenza immediata molto probabile, se Prodi ce la farà alla quarta o quinta votazione, è che ogni ipotesi di “inciucio”, di governo Pd-Pdl, è derubricata e si va dritti ad elezioni anticipate, con la formazione di un governo-traghettatore a guida Pd che gestirà la campagna elettorale. Euro-oligarchi e poteri forti euro-atlantici, dato il terremoto delle elezioni di febbraio, non potrebbero essere più contenti.

Lo tengano bene a mente Grillo e i suoi, che si tenessero bene alla larga dal votare o avallare l’elezioni di Prodi in nome di un consunto anti-belusconismo. Non crediamo affatto che Rodotà sia un’anima bella, ma a questo punto che i “grillini” si tengano fermi al loro candidato, evitando ogni pasticcio.

Non è escluso Rodotà, che è pur sempre un’uomo del centro-sinistra, se ne verrà fuori ritirando la sua candidatura, proprio per spianare la strada al “mortadella” —un posto da Ministro nel prossimo governicchio glielo si può sempre dare.

In questo caso M5S si tenga fermo al mandato ricevuto dalla gran parte dei suoi elettori, che hanno detto nelle urne: “Tutti a casa!”. Non c’è un altro candidato disponibile? Si voti scheda bianca, anzi si indichi nella scheda un nome che simboleggi l’indignazione popolare.

Si perderanno per strada parte dei voti? Una parte degli elettori torneranno all’ovile? Occorre metterlo nel conto. Questo paese va cambiato da cima a fondo, e ciò non si otterrà se non con una potente sollevazione popolare. La svolta verrà dal basso, non dall’alto, dal Quirinale. In questa prospettiva non ci sarebbe peggiore disgrazia che quella che pure il movimento che tanti italiani hanno votato esprimendo la loro volontà di darci un taglio, si impaludasse nei giochetti e negli intrighi di Palazzo.

La battaglia è appena cominciata. La tattica va subordinata alla strategia.