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IL DILEMMA DI PARAGONE E DI BATTISTA di Moreno Pasquinelli

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Il sottoscritto non ha mai condiviso l’idea che Movimento 5 Stelle sia stato fin dall’inizio concepito da qualche diabolica testa d’uovo in seno alle élite dominanti come specchietto per le allodole per deviare e sterilizzare il diffuso disprezzo delle classi subalterne verso centro-sinistra e centro-destra. Quel che si dice, con odioso anglicismo, movimento gatekeeper.



L’ascesa del M5s ha invece profonde cause sociali e politiche: la pauperizzazione generale dovuta al combinato disposto delle politiche neoliberiste e della crisi economica, quindi la crisi d’egemonia delle élite dominanti. Quella che abbiamo chiamato crisi organica o storico-sistemica del capitalismo casinò. E’ così che ci possiamo spiegare come, in tutto l’Occidente, siano sorte forze politiche nuove le più disparate, che certa sociologia di regime ha voluto etichettare come “populiste”.

Scambiare questo fenomeno colossale come risultato di uno stratagemma delle élite dominanti significa non comprendere le dimensioni storico-sistemiche della crisi, cioè non avare capito nulla.

Ciò detto le élite non sono state a guardare. Esse hanno prima tentato di satanizzare i “populisti” per sbarrargli la strada del governo e poi, davanti al fallimento di questa tattica, facendo buon viso a cattivo gioco, sono passate al “piano B”, accettarli nella “stanza dei bottoni” nella speranza di addomesticare i medesimi “populisti”
Questo han fatto con il M5S.
Il “Piano B” è perfettamente riuscito.

 

Ma c’è un alto e c’è un basso.

Andata in porto questa assimilazione dei gruppi dirigenti, siccome la crisi sistemica è sempre lì, non è che sono scomparse le istanze di giustizia sociale che han portato alle stelle i Di Maio, i Fico e compagnia. 
Al netto di altri fattori secondari non si capirebbe un fico secco della crisi politica del M5S senza considerare questa contraddizione: quella tra le istanze e le speranze di milioni di cittadini che han fatto del Movimento la prima forza politica del Paese, e la politica neoconservatrice del gruppo dirigente. Contraddizione che in definitiva è forma sui generis del più profondo e crescente contrasto sociale e di classe che attraversa la nostra società.

Si capisce il dilemma di Paragone e Di Battista. 

Giunti a questo punto — al punto che il M5S è diventato una decisiva stampella dell’oligarchia euro-liberista — la rottura, la scissione, non è solo nell’ordine delle cose, è posta all’ordine del giorno. Detto altrimenti: non possono più stare assieme il diavolo della governabilità con l’Acqua santa delle istanze di giustizia sociale — e dell”incipiente rivolta popolare.

Hanno Paragone e Di Battista il coraggio (questo non è sufficiente) e la chiarezza di visione per passare il Rubicone, lasciarsi alle spalle quella che appare una sterile diatriba interna per gettarsi definitivamente nella mischia dando vita ad una nuova forza politica di massa?

Ce lo auguriamo. Questo è il momento, e va colto al volo, prima che su di loro si spengano le luci della ribalta. E se lo faranno essi meriteranno il sostegno non solo della sinistra patriottica ma di tutti coloro che in questi anni si sono battuti per la sovranità nazionale e popolare. 


Si apra dunque, immediatamente, una discussione seria e larga su quale possa e debba essere questa nuova forza politica.

Noi da parte nostra una proposta l’abbiamo fatta: IL PARTITO DELL’ITALEXIT.

 

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