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COSA NON VA IN SEX EDUCATION di Filippo Dellepiane

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Sex education, serie tv Netflix famosissima. Divertente, sagace e irriverente. La scorsa settimana è uscita l’ultima stagione, quella conclusiva, e penso possa valer la pena parlarne.

Ma facciamo un rapido recap di cos’è questa serie e di cosa parla. In questo programma un ragazzo, di nome Otis, apre una clinica del sesso dopo aver sentito più volte le sedute della madre sessuologa ed avendone, così, tratto alcuni insegnamenti. Diventa così molto famoso nella sua scuola, reinventandosi come il guru delle relazioni e dei rapporti sessuali nel suo liceo. Accanto a lui, come personaggi principali, troviamo Eric (il suo migliore amico omosessuale) e Maeve, ragazza molto carina ed appassionata alla letteratura, cresciuta in un quartiere malfamato della cittadina di Morsdale (in Inghilterra, dove la serie è girata, ma è un posto immaginario) e figlia di una tossica.

La storia e ciò che accade durante le stagioni non saranno l’argomento di questo testo; il focus sarà, invece, capire come una serie netflix possa propagandare temi cari al sistema in una modalità che non risulti noiosa o strana ai giovani di oggi.

Facciamo un po’ di chiarezza: anzitutto, diciamo che la scelta di inserire temi riguardo al mondo queer è stata ben pensata, non frutto di un’accelerata totale e repentina. Prima hanno deciso di stabilire alcune cose: anzitutto che la sessualità non è soltanto penetrativa, che le famiglie tradizionali dimostrano a più riprese una fragilità intrinseca e, dopodiché, nell’ultima stagione hanno dato il colpo di grazia, inventando un liceo queer in cui ogni distinzione sessuale è abolita e i personaggi eteronormativi hanno difficoltà ad integrarsi.

Una cittadina, insomma, di qualche migliaio di abitanti che ha la più grande varietà di gusti ed identità sessuali che il mondo abbia mai visto, vedi a volte il caso della vita! In ordine sparso: gay, bisessuali, lesbiche, transessuali (MtoF e FtoM), pansessuali, demisessuali, asessuali, etero e così via. Chiaramente, manco a dirlo, si è anche evidenziato come il gusto sessuale non sia più stabile dopo una certa età, bensì sia variabile per tutta la vita, e che le persone eterosessuali in fondo non esistono, siamo tutti bisex (almeno).

Certo, però, non dobbiamo nemmeno scandalizzare troppo il pubblico. Cosa potremmo mettere come buona copertura? Netflix inserisce così una tranquillizzante, vanilla, relazione eterosessuale fra Otis e, per l’appunto, Maeve. Stabiliamo, però, che sarà una storia difficile, cercando di frenarla il più possibile, un continuo tira e molla senza fine.

Ora abbiamo, così, un’immagine tranquillizzante che ci permetterà di lavorare ai fianchi. In che modo? Anzitutto evidenziando l’alternativa, la non monogamia etica. Secondariamente, segnalando come sia difficile rimanere fedeli ad una persona soltanto, come i maschi siano degli esseri insicuri che oramai non sanno manco fare sesso perché hanno problemi di erezione. Infine, come ciliegina sulla torta, faremo una bella puntata all’insegna del privilegio maschile ed eterosessuale, che porta per un certo periodo all’allontanamento persino fra Otis ed Eric, segnalando come i due mondi etero e queer siano così distanti!

Ah beh, chiaramente, su questo filone aggiungeremo anche il tema del rapporto fra la chiesa, di cui alcuni fanno parte, e la loro identità (segnalo la classicissima figura del bullo represso che non accetta la sua identità, un must delle serie teen). Da non cattolico, e a dire il vero abbastanza un mangia preti, mi ha molto infastidito questo riferimento al sacro che, per decenza, poteva anche essere lasciato fuori, senza tirare in mezzo visioni più o meno profetiche di Gesù queer o altro.

Perché tutto questo è pericoloso? Perché è spiazzante, confusionario, non è realistico. Al contrario, crea un orizzonte della sessualità stordente, scioccante e che porta ad interrogarti seriamente su che cosa si stia vedendo. Immedesimandomi in un ragazzo/a/* (si scherza!) di 12, 13 anni, età in cui la propria identità solitamente si mette in generale in discussione, sarei francamente spaesato. Vedendo alcune scene non sapevo dire se quella persona fosse “un tipo o una tipa”. Immaginiamoci, in piena età adolescenziale, questo che cosa significhi: perdita di punti di riferimento, confusione sessuale, voglia di emulare esempi della tv che, magari, non ci appartengono proprio, dando vita appunto a quello che tanta gente chiama la moda di essere bisessuali, fluidi, aperti ecc. E questo avviene di più con le ragazze, spiegato perfettamente dal neologismo “eteropessimismo”. Il dispiacere di non essere altro che eterosessuali, in nuova salsa il dispiacere di non essere operai ma borghesi!

È la rappresentazione di un nuovo mondo che lascia tanti cadaveri lungo il suo percorso, deludendo i più, attratti da scenari assolutamente irreali, che nulla hanno a che fare con la vita ordinaria e regolare delle persone le quali, a meno che non siano rock star strafatte, tali esperienze non le faranno mai! Ed in questo il ruolo della pornografia, dipendenza sulla quale prometto di tornare, complica ulteriormente le cose.

Siamo oltre il livello superficiale della tristezza per le dimensioni ridotte del proprio membro, per quanto riguarda gli uomini, e della constatazione “deprimente”, per le ragazze, della bellezza di alcune attrici del porno: qui delineiamo un vero e proprio modo di fare sesso attraverso la pornografia.

COSA PENSO (IN BREVE) DELLA QUESTIONE TRANS

Disobbedendo all’imperativo (tirannico) delle attiviste transessuali, secondo le quali da etero bianco cis [cis qualifica la corrispondenza tra l’identità sessuale con quella biologica] non avrei facoltà di parlare di tali argomenti, dico brevemente la mia. Penso esistano concretamente casi di disforia di genere. Considero, inoltre, questi pochi casi come da seguire con attenzione e, perché no, con una transizione finale. Ma parliamo, per l’appunto, di casi specifici e parliamo comunque di un disturbo, non di qualcosa di allegro e gioioso o di ideologico che noi scegliamo! Tutti gli altri casi, che non siano stati dopo tempo e per tempo segnalati, sono assolutamente riconducibili ad altre cause e problematiche, anche e soprattutto di ordine sociale.

Programmi come sex education, che io personalmente ho trovato geniale sia per la sua comicità che per i suoi intenti così ben nascosti, non fanno altro che aggravare la situazione, costruendo un perimetro di empatia nel quale i giovani possono rispecchiarsi ma che sarà una delle concause di enormi problemi, come il recente aumento di casi di de-transizione dimostra. Quest’ultimo fenomeno palesa ancora una volta una forma mercantile, consumista, del sesso: ho avuto il giochino, ma dopo qualche tempo mi ha annoiato. Ma riparleremo anche di questo.

Un pensiero su “COSA NON VA IN SEX EDUCATION di Filippo Dellepiane”

  1. Graziano+PRIOTTO dice:

    Alla maniera di Occam…

    la mia generazione (1945) ha vissuto la cosiddetta “liberazione sessuale” della fine degli anni ’60. Lo slogan “fate l’amore non fate la guerra” racchiudeva tutto quello che c’era da dire pubblicamente sull’argomento. Che nelle scuole di ogni ordine e grado non fosse previsto un insegnamento sessuale non era una difficoltà insormontabile, la mia generazione come tutte quelle precedenti lo risolveva col moderno metodo del “learning on the job” o learning by doing”, e se vogliamo dirlo più volgarmente “plug and play”. E restava un fatto privato fra individui consenzienti. La dannazione del sesso restava retaggio della chiesa cattolica (in teoria, poiché in pratica coloro che predicavano castità … lasciamo perdere). Che negli ultimi tempi omosessualità, transsessualità e tutte le varie categorie riassunte nella nota formula che inizia con LGTB… (e non sappiamo dove finirà) abbiano assunto tale importanza da farne oggetto di manifestazioni e proclami è dovuto a mio avviso semplicemnete al fatto che i giovani – frastornati, terrorizzati e manipolati dalle propagande climatiche e psicopandemiche – non sapendo e potendo dedicarsi all’impegno politico su problemi reali altro non riescono in maggioranza a concepire che problemi individuali, dove fasulli intellettuali sedicenti sinistrorsi ma ben intrecciati col sistema insieme a pseudopsicologi à la Bernais alacremente si spartiscono il compito di manipolare questa povera umanità disorientata. E nessuno si stupisce che ad es. l’idolo scandinava dei difensori climatici sia corsa a leccare il neonazista di Kiev. Ciò detto a conforto e ridimensionamento di questa angosciante situazione non bisogna dimenticare i giovani dei Paesi non infetti dall’ ideologia di cui sopra, cioè la maggioranza del pianeta: per fortuna i problemi di sesso al posto di quelli politici sono la prerogativa di una minima parte dell’attuale generazione mondiale, e sono concentrati nella parte perdente del globo, quella che si proclama a difesa dei “valori dell’Occidente”, che riassunti in una parola si chiamano ipocrisia.

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