IL FASCISMO, LA MODERNITÀ, IL CULTO DELLA MORTE di Emilio Gentile
[ 6 marzo 2019 ]
Emilio Gentile, è liberale e anticomunista, è tuttavia, allievo del De Felice uno dei più autorevoli storici del fascismo. Ci pare importante leggere quanto ha recentemente scritto sul rapporto tra modernità e fascismo.
Quarantacinque anni fa, la rivista «Storia contemporanea», fondata e diretta da Renzo De Felice, pubblicò una nota di considerazioni sull’ideologia del fascismo. L’opinione allora dominante fra gli studiosi negava l’esistenza di una ideologia fascista. Tutt’al più si concedeva al fascismo un’ideologia abborracciata e rabberciata con scampoli di ideologie tradizionaliste e reazionarie. Invece, l’autore della nota sostenne che il fascismo non solo ebbe una propria ideologia, ma fu un’ideologia modernista, rivoluzionaria e totalitaria, espressione di un movimento politico nuovo, mosso da un ottimismo tragico e attivo alla conquista del futuro, con l’ambizione di dare inizio a una nuova epoca e costruire una nuova civiltà. Il fascismo, proseguiva la nota, animato dal «mito del futuro», mirava alla rigenerazione della nazione per creare un «uomo nuovo», entro le strutture dello Stato totalitario, dove la massa viveva in condizione di mobilitazione organizzata permanente.
«Nello Stato totalitario la vita civile era uno spettacolo continuo, dove l’uomo nuovo fascista si esaltava nel flusso della massa ordinata, col suggestivo richiamo alla solidarietà collettiva fino a raggiungere, in momenti di alta tensione psicologica ed emotiva, la fusione mistica della propria individualità con l’unità della nazione e della stirpe, attraverso la mediazione magica del duce».
«ridotto a un elemento cellulare della folla e, come folla, suggestionabile non attraverso un discorso razionale, ma soltanto mediante gli strumenti della sopraffazione psicologica, della violenza morale attraverso la manipolazione della coscienze, degradando la vita a pura esteriorità. Ma, esaltando la fantasia e l’immaginazione, eccitando i pregiudizi di gruppo, le angosce, le frustrazioni, i complessi di grandezza o di miseria, si distrugge la capacità di scelta e di critica dell’individuo».
«una storiografia che attraverso il filologismo interessato e l’empirismo obiettivistico finisce sostanzialmente alla riabilitazione del fascismo, quando, come nel caso di Emilio Gentile, non arriva addirittura ad attaccarlo da “destra”».
Lo confermano due recenti indagini sulla cultura del fascismo e della destra rivoluzionaria, condotte per vie differenti, dall’inglese Roger Griffin e dall’italiano Francesco Germinario. Griffin ha indagato la parentela” fra modernismo, fascismo e nazismo, ponendo al centro della sua analisi «il senso di un inizio», cioè il mito palingenetico di una nuova nascita, comune al fascismo e al nazismo. Germinario ha affrontato il mito politico della “morte sacrificale” nella destra rivoluzionaria, coniugato con la pratica della violenza, come energia rigeneratrice di una nazione afflitta dalla decadente modernità liberale e borghese. L’indagine di Griffin (edita nel 2007 e tradotta ora in italiano), muove dalla rielaborazione del concetto di modernismo, che lo studioso inglese svincola dall’identificazione con la modernità razionalista e progressista, postulata come l’unica valida definizione del modernismo politico. Con una complessa analisi, che si avvale di vasta cultura, inoltrandosi in vari campi, dalla politica alla psicologia, dalla filosofia all’arte, Griffin dimostra che l’elemento chiave per comprendere la genesi, la psicologia, l’ideologia, la politica e l’azione del fascismo e del nazismo, è «senso di un inizio”, lo stato d’animo di sentirsi sulla soglia di un nuovo mondo».
alternativo”, col quale il nazismo cercò di distruggere la modernità liberale per creare il suo Ordine Nuovo. Su quest’ultimo tema si innesta il mito della «morte sacrificale» nella destra rivoluzionaria studiato da Germinano.
* Fonte: Il Sole 24 Ore del 24 febbraio 2019
https://twitter.com/TeresaBellanova/status/1103218120234336256/photo/1La Lega per #festadelladonna #8marzoLa domanda pare essere: chi offende la dignità delle donne? Se leggete il volantino avrete ben chiaro che ad offenderci è proprio la #Lega. Le parlamentari e le ministre del Governo, condividono quanto riportato qui? Non hanno nulla da dire?
Il socialismo nazionale, al pari di quello marxista, non si presentava soltanto come un nuovo inizio: ERA un nuovo inizio per la civiltà europea minacciata della dissoluzione che ci troviamo oggi ad esperire.Al pari di ogni inizio essi attingevano – consapevolmente nel primo caso, ammantandosi di una falsa patina di scientificità nel secondo – alle forze ctonie del mito, del simbolo, del rituale e della profezia, le uniche in grado di suscitare fedi pubbliche sufficientemente intense da sopraffare il potenziale disgregante dello spirito critico e suscitare aggregazioni durevoli."La durata e la consistenza di una collettività coincidono con la durata e la consistenza dei suoi pregiudizi […]. La verità non traspare se non quando gli uomini, dimentichi del delirio costruttivo, si abbandonano alla dissoluzione delle morali, degli ideali e delle credenze. Conoscere è vedere; non è né sperare né intraprendere".