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Chi è James Mattis

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[ 13 luglio 2010 ]

Obama sceglie «il macellaio di Falluja» alla testa delle forze armate imperiali
«L’uomo che il presidente americano ha scelto al posto di Petraeus per guidare il CentCom, il Comando Centrale delle Forze armate americane a Tampa, in Florida piace a tutti, a sinistra e a destra, ai politici e ai militari, ad analisti e commentatori. Si chiama James Mattis.» [Il Sole24Ore, 10 luglio]

Nell’aprile del 2004, ad un anno dall’invasione, in Iraq la Resistenza infliggeva colpi pesanti agli eserciti occupanti. Interi quartieri di Baghdad, come molte zone della provincia di al-Anbar erano in mano agli insorti. L’epicentro della guerriglia era la città liberata di Falluja, pochi chilometri ad ovest della capitale.
Fu proprio nell’aprile che i comandi americani decisero si sferrare un’offensiva per occupare la città. Essa fallì miseramente. La Resistenza respinse gli attaccanti, infliggendo loro notevoli perdite. Falluja diventò il simbolo della guerra di liberazione, della sua avanzata della sua forza.
Ma gli americani, ritiratisi con la coda tra le gambe promisero una spietata vendetta. Annunciarono ai quattro venti che di li a poco avrebbero tentato di riprendersi la città, questa volta ricorrendo ad ogni mezzo possibile. Puntuale, nel novembre 2004, venne la vendetta. A capo degli assalitori c’era un vero a proprio Rambo, il generale James Mattis, che per la maniera nazista con cui espugnò la città e sterminò i guerriglieri, verrà soprannominato appunto “il macellaio di Falluja”. Il Macellaio non aveva annunciato una vendetta furiosa a caso: doveva terrorizzare gli abitanti, provocare, come in effetti avvenne, il loro esodo. Ad ottobre la città era già accerchiata de decine di migliaia di soldati americani. Appositi varchi  vennero lasciati aperti per facilitare l’esodo che altro non era se non una deportazione in stile nazi-sionista (i comandi americani in quest’occasione non negarono di aver utilizzato le tattiche dell’esercito israeliano).

Quando l’esercito al comando di Mattis scatenò l’offensiva di novembre (denominata “Operation Phantom Fury”), Falluja era una città fantasma, presidiata da circa 2/3 mila guerriglieri, alcuni dei quali volontari islamisti giunti dall’estero. Scottati dalla sconfitta di Aprile gli americani ricorsero ad ogni mezzo, anzitutto ad un numero esorbitante di soldati (15/20 mila), ai bombardamenti a tappeto, all’uso di bombe al fosforo bianco, al  martellamento giorno e notte dell’artiglieria. Interi quartieri vennero quasi rasi al suolo. Solo dopo i marines entrarono nella città, lottando strada per strada ( ne verranno uccisi circa 500), e compiendo crimini inenarrabili contro i guerriglieri ai qualim del resto, gli americani non riconoscono lo status di combattenti. Falluja fu cinta per un mese da un rigido cordone sanitario, a nessun giornalista fu permesso vedere cosa stesse accadendo. Solo successivamente si saprà dei metodi sanguinari usati dal Macellaio, i quali gli valsero l’encomio di Bush.

Mattis non ha perso occasione per difendere i metodi usati a Falluja e in Iraq. Egli si è vantato a più riprese che non ha alcuna pietà, non solo per i “terroristi” ma neppure per i civili, i quali possono perire per effetto collaterale. Nel 2005, di ritorno dall’Afghanistan (dove ha dato personalmente l’ordine di bombare diversi villaggi nell’est del paese dove trovarono la morte civili, anzituto bambini), raccontò a San Diego di “provare piacere nello sparare  alla gente che per cinque anni è andata in giro a schiaffeggiare le donne soltanto perché non portavano il velo”. Mattis aggiunse “questi fondamentalisti in realtà non appartengono al genere umano, per cui sparargli è davvero divertente”. Giustificò infine la decisione cinica di corrompere e stipendiare decine di migliaia di guerriglieri iracheni allo scopo di combattere al-Qaeda con queste parole: “Siamo un paese che ha armato Stalin per sconfiggere Hitler, possiamo benissimo lavorare con i nemici di al-Qaeda per sconfiggere al-Qaeda”. Famosa un’altra frase, la più classica delle americanate, che egli ama dire ai suoi marines: “Sono venuto in pace (sic!). Non ho portato l’artiglieria. ma, con le lacrime agli occhi, vi giuro che se provate a fottermi vi ucciderò tutti”.


Questi sono gli uomini che Obama ha scelto a capto del suo esercito. A conferma che negli USA cambiano i presidenti, ma non gli apparati militari statuali imperiali, né tantomeno le loro strategie di dominaio planetario.


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