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NO AL DDL PILLON di Claudia Zeta

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[ 12 ottobre 2018 ]

Il 20 settembre scorso, dando nota del Disegno di legge Pillon sul cosiddetto “affido condiviso” chiedevamo di aprire una discussione seria, che cioè entrasse nel merito della proposta di legge.

Il 30 settembre abbiamo pubblicato l’intervento di M.Micaela Bartolucci, militante di Programma 101, che come temevamo non è piaciuto alle femministe di sinistra. 
Volentieri pubblichiamo questo contributo che invece stronca la legge in questione.
*  *  *

Il 4 ottobre scorso, il consiglio comunale di Verona ha approvato una mozione del leghista Alberto Zelger in cui si attacca frontalmente il diritto all’aborto, si proclama Verona “città a favore della vita”, e si stabiliscono dei finanziamenti alle associazioni cattoliche antiabortiste.

Mozione votata persino dalla capogruppo PD Carla Padovani.

A difendere la mozione anche il senatore leghista Simone Pillon: 

“Dopo aver letto la delibera, posso dire che non capisco davvero perché indignarsi per questa decisione. A norma di legge dovrebbero farlo tutti i comuni. Sbaglio? A me pare chiaro che l’articolo 1 della 194/1978 sancisce che lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità, e tutela la vita umana dal suo inizio.” [1]

Queste posizioni non sono estemporanee, bensì il frutto di una cultura profondamente radicata nel dna di una parte consistente della Lega. Lo stesso Salvini nel dicembre 2017 in un’intervista radiofonica ha definito l’aborto come omicidio. [2]

Non parliamo poi delle numerosissime iniziative promosse da gruppi ultracattolici e da organizzazioni dell’estrema destra sulle tematiche della famiglia tradizionale, dell’aborto e della procreazione, a cui hanno partecipato esponenti leghisti, in primis il ministro Fontana.


Nella foto accanto il Ministro Fontana al Verona Family Pride del 2015 accanto a Luca Castellini  coordinatore di Forza Nuova per il Nord Italia      

Non è un caso se l’unico volume pubblicato da Simone Pillon, riguardante il diritto di Famiglia nella repubblica di San Marino, è edito da “Il Cerchio”, casa editrice di Adolfo Morganti noto esponente romagnolo dell’ala rautiana del MSI, che da tempo opera per promuovere una sintesi culturale tra le posizioni del cattolicesimo conservatore e della destra radicale.

Pillon si è espresso in modo chiaro in un’intervista alla Stampa del 12 settembre sul fatto che vorrebbe introdurre una forma di matrimonio indissolubile come il “convenant

Il volume cofirmato da
Pillon edito da Il Cerchio

marriage” americano, che è un tipo di matrimonio legalmente riconosciuto in Arizona, Arkansas e Louisiana, in cui i coniugi sposati accettano motivi estremamente limitati per arrivare al divorzio (ad es. una violenza domestica accertata).

C’è il fondato sospetto che queste convinzioni abbiano inciso nella formulazione del Disegno di Legge N.735 presentato in Senato il 01 agosto 2018 che ha come primo firmatario lo stesso Senatore Pillon.

Al di là delle intenzioni dichiarate, cioè da un lato correggere alcune storture della legislazione attuale, che in alcuni casi ha penalizzato i padri separati, e dall’altro arrivare ad una responsabilizzazione “paritaria”di entrambi i genitori nella cura dei figli, il DDL 735 rischia di produrre storture ancora peggiori rispetto a quelle che vorrebbe correggere.

Analizziamo ora alcuni dei punti più controversi.

Nell’articolo 3 viene introdotta la mediazione obbligatoria nei casi di separazioni in cui siano coinvolti figli minorenni. Concetto ribadito nell’articolo 7: “I genitori di prole minorenne che vogliono separarsi devono a pena di improcedibilità iniziare un percorso di

Stralcio dell’intervista a Pillon
su La Stampa del 12/09/2018

mediazione familiare”. Questa obbligatoria fase di mediazione (che a mio avviso, dovrebbe invece essere sempre spontanea e mai imposta) appesantisce i tempi, frena le procedure e aumenta i costi per arrivare a concludere il percorso di separazione.

Nell’articolo 4 si afferma che 

«entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia, con proprio decreto, stabilisce i parametri per la determinazione dei compensi professionali per i mediatori familiari, prevedendo in ogni caso la gratuità del primo incontro”. A questo proposito Loredana Taddei, responsabile politiche di genere della CGIL, sottolinea che “la decisione di imporre a pagamento la mediazione familiare nei casi di separazioni con minori fa crescere enormemente i costi rendendo per i soggetti più deboli difficilmente praticabile la richiesta di separazione”. [3]

La disparità economica colpisce anche all’articolo 11 dove si afferma che i tempi paritetici o equipollenti che i figli dovrebbero trascorrere con entrambi i genitori, non valgono in alcuni casi tra cui “l’inadeguatezza evidente degli spazi predisposti per la vita del minore”. In pratica il genitore che non si trovi nelle condizioni economiche di potersi permettere una casa sufficientemente spaziosa, ad esempio perché vive in un monolocale o peggio perché può permettersi solo una stanza in un appartamento condiviso con altri coinquilini rischia di avere minore diritto a trascorrere il tempo con il figlio.

Veniamo quindi al cuore del DDL. 


Questo disegno di legge si fonda sulla teoria della Sindrome di Alienazione Parentale (PAS) inventata dallo psichiatra statunitense Richard Gardner (autore che come si legge nella sentenza della Corte di Cassazione I Sez. Civ. Pres Luccioli n.7041/2013, giustificava la pedofilia). [4] Gardner sosteneva che un figlio che rifiuta il padre accusandolo di maltrattamenti o abusi sessuali è in verità manipolato dalla madre che gli ha fatto il lavaggio del cervello. Tale teoria, secondo la maggioranza degli psicologi e psicoterapeuti priva di conforto scientifico, è usata spesso dal genitore abusante per crearsi un alibi nei casi di incesto e maltrattamenti in famiglia. [5]

Il Dottor. Fabio Roia, presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, voce tra le più autorevoli nel panorama del contrasto alla violenza di genere, afferma che: 

“Si tratta di una falsa sindrome, nel senso che sotto il profilo di patologia non ha avuto nessun tipo di riconoscimento scientifico perché non è mai stata inclusa nei manuali delle malattie psichiatriche che è il Dsm”. [6]

A tal proposito il Movimento per l’Infanzia sostiene che: 

“Genera sconcerto e grande preoccupazione che un modello di scienza spazzatura a favore di padri accusati di incesto e maltrattamento sia addirittura proposta in una Legge dello Stato italiano. Il tema dell’alienazione parentale è posto quando un figlio rifiuta un genitore anche quando (e questa ipotesi riguarda la maggioranza dei casi) giustifica la paura raccontando episodi di violenza fisica, psicologica, sessuale o assistita. Tutta l’ideologia legata alla PAS si sviluppa proprio sul tema delle false accuse di violenze e maltrattamenti […] e quindi i bambini rifiuterebbero il padre in quanto manipolati da madri criminali”. [7]

Seguendo la logica delle “false accuse”, nell’art.11 per escludere un genitore dall’affidamento condiviso è richiesto un “comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica del figlio minore”. Si rende quindi necessario un supplemento di indagine volto a dimostrare in maniera giuridicamente inoppugnabile (“comprovata”, appunto) l’esistenza di un pericolo o di una violenza subita. Questa che in apparenza potrebbe sembrare una norma di buon senso, in realtà finisce per obbligare da un lato il figlio alla convivenza con il genitore potenzialmente pericoloso, dall’altro l’ex coniuge o ex convivente a dover forzatamente mediare con il potenziale autore degli abusi. Tutto ciò fino a che non si arrivi ad una sentenza definitiva che in Italia come sappiamo prevede tre gradi di giudizio, e procedimenti giudiziari che durano anni. A differenza della versione attuale degli artt. 337-ter e 337-quater del codice civile in cui il giudice già basandosi sulle denunce e sulle consulenze degli psicologi può intervenire prima che vi sia una sentenza penale definitiva passata in giudicato, evitando così da subito il protrarsi dei maltrattamenti.

Inoltre va tenuto conto che i processi per pedofilia e incesto sono i più difficili da celebrare perché si tratta di provare l’abuso, nell’assenza di elementi esterni di riscontro, con la sola testimonianza diretta di un bambino, spesso traumatizzato e spaventato, testimonianza da contrapporre a quella di un adulto.

Le cose peggiorano ulteriormente analizzando gli art. 17 e 18 del DDL Pillon.

L’articolo 17 recita: 

«Quando in fase di separazione dei genitori o dopo di essa la condotta di un genitore è causa di grave pregiudizio ai diritti relazionali del figlio minore e degli altri familiari, ostacolando il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con l’altro genitore e la conservazione rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui agli articoli 342-ter e 342-quater. I provvedimenti di cui a quest’ultimo articolo possono essere applicati , nell’esclusivo interesse del minore, anche quando, pur in assenza di evidenti condotte di uno dei genitori, il figlio minore manifesti comunque rifiuto, alienazione o estraniazione con riguardo a uno di essi».

Mentre nell’articolo 18 è scritto: 

«Con il decreto di cui all’articolo 342-bis il giudice ordina al genitore che ha tenuto la condotta pregiudizievole per il minore la cessazione della stessa condotta; può inoltre disporre con provvedimento d’urgenza la limitazione o sospensione della sua responsabilità genitoriale. Il giudice può applicare in tali casi anche di ufficio e inaudita altera parte uno dei provvedimenti previsti dall’articolo 709- ter del codice di procedura civile. Il giudice, nei casi di cui all’articolo 342- bis, può in ogni caso disporre l’inversione della residenza abituale del figlio minore presso l’altro genitore oppure limitare i tempi di permanenza del minore presso il genitore inadempiente». 

In pratica mentre il genitore che ha un rapporto positivo con il figlio può essere allontanato dal domicilio anche se non ha posto in essere alcuna condotta pregiudizievole, diventando inspiegabilmente colpevole, confinato fuori dalla famiglia e di conseguenza punito solo per il fatto di non essere stato rifiutato; d’altra parte il figlio, sarà costretto a vivere esclusivamente proprio con il genitore temuto e rifiutato.

Ma per non farsi mancare nulla il DDL, in caso di inidoneità di entrambi i genitori, colloca i figli presso famiglie affidatarie, e nei casi più estremi prevede addirittura, nell’ultimo comma dell’art. 18, il “collocamento provvisorio del minore presso una struttura specializzata, previa redazione da parte dei servizi sociali o degli operatori della struttura di uno specifico programma per il pieno recupero della bigenitorialità”.

In altre parole se un bambino rifiuta un genitore, anche motivando le paure con accuse di violenza e abusi, il giudice, solo a causa di questo rifiuto, può mettere in una casa di ri-educazione il figlio perché impari ad accettare il genitore “falsamente” accusato, ove la falsità dell’accusa viene presupposta per legge.

Riguardo alla bigenitorialità, il Forum delle Associazioni Familiari, la più ampia piattaforma di rappresentanza dell’associazionismo cattolico in Italia, sostiene che questo DDL 

«crea un non meglio specificato diritto individuale alla genitorialità che rende i bambini oggetto dei diritti dei genitori”». [8]

Mentre il Coordinamento italiano per i servizi maltrattamento all’infanzia (Cismai) esprime “viva preoccupazione” per il Ddl 735, 

«fortemente orientato a tutelare gli interessi degli adulti a discapito di quelli dei bambini”. […] ” La divisione a metà del tempo e la doppia residenza dei figli ledono fortemente il diritto dei minori alla stabilità, alla continuità e alla protezione, per quanto possibile, dalle scissioni e dalle lacerazioni che inevitabilmente le separazioni portano nella vita delle famiglie. Questo articolo teorizza la possibilità applicativa della divisione a metà di un figlio, ma questo significa considerare i minori alla stregua di beni materiali». [9]

Concetti analoghi vengono sostenuti anche dal Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca): 

«Il testo in discussione rischia di ledere alcuni diritti fondamentali dei figli minorenni, che devono sempre avere la precedenza rispetto a quelli dei genitori. In particolare, la norma che prevede il diritto dei figli a trascorrere con i genitori tempi paritetici o equipollenti non tiene conto del diritto dei minorenni alla stabilità e alla protezione, per quanto possibile, dalle scissioni e dalle lacerazioni della separazione. La cosiddetta ‘bigenitorialità’ si esprime, a nostro avviso, in un pari grado di assunzione di responsabilità nei confronti della crescita dei figli, non nella misurazione dei tempi che questi ultimi trascorrono con i loro genitori. Non è accettabile la prefigurazione della norma che tratta i figli come fossero beni materiali e quindi divisibili a metà». [10]

E’ impossibile citare nello spazio di un articolo tutte le altre organizzazioni e comitati contrari al DDL Pillon, dalle principali associazioni di avvocati specializzati (AIAF, AMI, UNCMI, Cammino), gli psicologi che si sono espressi sia attraverso il loro Ordine Nazionale, sia tramite l’Associazione Italiana di Psicologia e la Conferenza della Psicologia Giuridica, fino ad arrivare alle varie associazioni femministe, al Telefono Rosa ed alle ACLI.

Lo stesso Pillon, che in un primo tempo si era detto fiducioso in una rapida approvazione del DDL, ha dovuto aprire alle audizioni con tutte queste realtà contrarie o fortemente critiche alla sua ipotesi di riforma, mentre il Movimento 5 Stelle, tramite il sottosegretario Vincenzo Spadafora, ha preso ufficialmente posizione per una radicale modifica del Disegno di Legge [11], con buona pace di chi lo aveva difeso a spada tratta, finendo grottescamente per essere più realista del re ovvero a destra dei clerico reazionari.

NOTE


[1] https://www.repubblica.it/politica/2018/10/06/news/verona_la_lega_difende_la_mozione_anti-aborto_un_modello_per_tutte_le_citta_-208305066/

[2] http://www.dire.it/15-02-2017/106190-aborto-salvini-un-omicidio-al-governo-riduciamo-interruzioni/

[3] “Ddl Pillon, Cgil: la norma non va bene” http://www.rassegna.it/articoli/ddl-pillon-cgil-la-norma-non-va-bene

[4] http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/9073.pdf

[5] Alla pagina https://it.wikipedia.org/wiki/Richard_Gardner si legge: “La proposta sindrome da “Alienazione genitoriale” non ha trovato consenso tra psichiatri, psicologi e terapeuti; anche scienziati e giuristi sono contrari a introdurre il concetto di “alienazione genitoriale” in campo forense. Neppure il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) riconosce o menziona la PAS come sindrome o malattia, né nella sua edizione più recente né nella sua integrazione del 2000. I tentativi di chiederne l’ammissione nel DSM-5, uscito nel 2013, sono stati rigettati; il portavoce del gruppo di lavoro che si è occupato della revisione del Manuale, dott. Darrel Regier, ha detto che riguardo alla PAS «non vi sono sufficienti prove scientifiche che ne giustifichino l’ammissione nel DSM». Controversa è anche la terapia proposta da Gardner per la PAS: egli riteneva che fosse necessario affidare il bambino al genitore «alienato» (ovvero al genitore che era stato messo in cattiva luce dal genitore alienante), e che il bambino dovesse essere curato in una struttura chiusa fin quando non veniva meno il rifiuto verso quel genitore. Egli sosteneva che le critiche alla sindrome da lui proposta venissero da coloro che in qualche maniera avevano interesse a che questa cosa non avvenisse. In generale, però, il riconoscimento giudiziale di presunta PAS e l’affidamento forzato contro la volontà dei figli al genitore non desiderato, nelle cause in cui questo è occorso, è stato giudicato rovinoso per i figli, e condannato da numerose associazioni di tutela dei minori; Richard Ducote, avvocato specializzato in cause familiari e che coinvolgono i minori, tra gli ultimi ad avere affrontato in tribunale Gardner, sostenne che gli unici tribunali che avevano vagliato la PAS al test Frye (che vuole che una teoria sia ammissibile qualora accettata e consolidata) la rigettarono; in una causa di affido in Florida in cui lo stesso Ducote era una delle parti, e l’oggetto del contendere era un padre che sosteneva il proprio figlio essere affetto da PAS, quando la corte dispose che le teorie di Gardner fossero preventivamente vagliate secondo gli standard Frye al fine di ammetterle come prova lo stesso Gardner non si presentò”

[6] Profondo conoscitore del fenomeno, ha seguito il tema della tutela dei soggetti deboli prima in procura, poi dal 1991 come presidente di collegio. Suo il lavoro “Crimini contro le donne, politiche, leggi e buone pratiche” (Franco Angeli, 2017), un volume che raccoglie anni di studio e di esperienza in tribunale. Roia, il giudice anti-violenza: “Il ddl Pillon è incostituzionale” https://alleyoop.ilsole24ore.com/2018/10/03/roia-il-giudice-anti-violenza-il-ddl-pillon-e-incostituzionale/

[7] http://www.movimentoinfanzia.it/ddl-7352018-protegge-violenti-gli-abusanti/

[8] http://www.vita.it/it/article/2018/09/13/il-forum-famiglie-boccia-il-ddl-pillon-crea-un-diritto-individuale-al-/149006/

[9] http://cismai.it/comunicato-cismai-sul-ddl-735-del-senatore-pillon/

[10] https://www.agensir.it/quotidiano/2018/9/21/affido-condiviso-cnca-modificare-il-testo-del-ddl-pillon-per-garantire-il-rispetto-dei-diritti-dei-figli-minorenni/

[11] “Sono allarmato dai dati del rapporto Terre des Hommes – ha detto – perchè presentano in generale un aumento dei reati nei confronti dei bambini e delle bambine. Mi ha colpito molto tra questi reati in aumento, oltre quello preoccupante legato alla pedopornografia, l’altro è quello legato ai maltrattamenti in famiglia. Questo reato l’ho collegato alla proposta del senatore Pillon perchè è una proposta complessa che rivede tutto il sistema di affidamento dei bambini in casi di separazioni delle coppie e soprattutto che non tiene conto di tutta una serie di cose, come può essere il caso minori maltrattati, per cui è un decreto che di fatto è come se dividesse il bambino in due parti uguali, come se fosse un oggetto. Credo che il nostro dovere sia rivedere in Parlamento la proposta come così è stata formulata perchè dal mio punto di vista – ha sottolineato – non è assolutamente possibile approvarla. Intanto stiamo lavorando con i senatori del M5s e poi vedremo – ha concluso – come ci muoveremo se attraverso un emendamento o tutto quello la prassi parlamentare consente”.

https://www.huffingtonpost.it/2018/10/10/i-5-stelle-fermano-il-ddl-pillon-sullaffido-condiviso-cosi-non-va_a_23556630/

7 pensieri su “NO AL DDL PILLON di Claudia Zeta”

  1. Anonimo dice:

    Brava Claudia Zeta! Articolo micidiale che demolisce dalle fondamenta il "DDL" del neocatecumenale Pillon. Una proposta di legge in cui sono stati dimenticati i veri soggetti deboli …i figli! Un DDL fatto per il profitto di chi vive sulle spalle delle famiglie in crisi, cioè mediatori di professione (come Pillon stesso) gli avvocati e tutta la pletora catto-reazionaria (e antiabortista) che va dal Papa ai Sentinelli in piedi, gli stessi del family day! Ciò che preoccupa non è tanto la scontata reazione delle "femministe di sinistra" al DDL Pillon (e all'articolo molto personale di Maria Micaela) ma quella del sostegno, vergognoso e reazionario, dei maschilisti di sinistra/destra/centro, mai come stavolta accomunati dal collante identitario e interclassista del genere! …."femmine, avete voluto la bicicletta della parità?…adesso pedalate!"…. Ps.Non sarà che mo cominciate anche voi con le masturbazioni sorosiane sui diritti civili!!??Left Patriot

  2. Anonimo dice:

    in italia ogni anno in fase di separazione vi sono da parte delle donne 36.000 denunce di violenze nei confronti degli uomini. di queste, 34.000 poi si rivelano false.io voglio vedere allora 34.000 donne all'anno in galera (e sono stato buono) per calunnia. a quel punto potremo dire di aver raggiunto la parità dei sessi.un compagno.

  3. Anonimo dice:

    https://www.ilrestodelcarlino.it/ascoli/cronaca/padri-separati-1.4235584La sinistra si è sempre disinteressata al dramma dei padri separati, è per questo che esso finisce in mano al cattolicesimo tradizionalista. E' sintomatico che tutti e tutte coloro che si oppongono al DDL Pillon non tengano minimamente conto di questo dramma, che è un dramma umano: economico e affettivo. Quanto al diritto alla bigenitorialità, è prima di tutto un diritto del minore: il diritto ad avere anche un padre (oltre ad una madre), e a viverci assieme una parte significativa della propria vita. Che poi si citino le posizioni contro il DDL Pillon delle associazioni di avvocati specializzati, farebbe solo sorridere (davvero bisogna spiegare a dei marxisti l'importanza degli interessi economici?). Farebbe sorridere, se dietro non ci fossero i drammi umani cui si accennava.

  4. Luca dice:

    A Patriot Left,dato il nickname con cui ti firmi, ti faccio notare che ti affianchi all'unica voce "vergognosa e reazionaria, delle femministe di sinistra/destra/centro, mai come oggi accomunate dal collante identitario e interclassista del genere!"Per me, il genere non è classe, e di lotta di classe abbiamo bisogno.La scelta è legittima.

  5. Anonimo dice:

    Cosa c'entra tutta la premessa sul caso Verona e il DDL in questione?

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