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KURDISTAN: CHI LA FA L’ASPETTI

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Quando Pentagono e curdi delle YPG camminavano fianco a fianco

[ giovedì 24 ottobre 2019 ]
La drammatica vicenda storica del popolo curdo ha origini lontane. 

Recita un antico e terribile proverbio arabo:«Tre calamità vi sono al mondo: le locuste, i topi e i curdi».
Approfittando del vuoto lasciato dall’implosione dello stato siriano, dilaniato da una guerra civile ben presto diventato campo di battaglia tra potenze regionali e mondiali, le minoranze curde delle zone del nord-est della Siria confinanti con la Turchia — area in cui vivono anche arabi ed assiri —, si sono ben presto autorganizzate de facto giungendo costituendo un loro stato. 
All’inizio del 2015 il braccio armato dei curdi, le Unità di Difesa Popolare (YPG), respingono a Kobane l’assedio dello Stato Islamico. Subito dopo avviene la svolta strategica. Con le YPG come spina dorsale nell’autunno del 2015 viene fondato il fronte delle Forze Democratiche Siriane (SDF). Le SDF diventano presto una longa manus degli USA nella guerra per annientare il nemico pubblico numero uno: lo Stato Islamico. E’ grazie a YPG e SDF, sostenute dal poderoso supporto aereo, logistico e finanziario nordamericano, che venne lanciata l’offensiva finale di sterminio contro lo Stato Islamico, conclusasi con la conquista di Raqqa (letteralmente rasa al suolo dai bombardamenti yankee) nell’ottobre 2017. Impossibile dimenticare: in tutto l’Occidente salivano smodati peana per “l’eroica vittoria curda sui tagliagole islamisti”.
Si sapeva che la Turchia non avrebbe tollerato a lungo questo equilibrio di forze.
Eccoci dunque all’oggi. L’offensiva turca per occupare una lunga striscia di territorio siriano di confine per espellere le forze curde affinché sia possibile, come attesta l’articolo più sotto, una colossale operazione di rimpiazzo etnico. Operazione, è sotto gli occhi di tutti, avallata non solo da russi e americani, ma pure dal governo di Assad.
I curdi, per l’ennesima volta, lasciati a se stessi. Solo Israele e l’Unione europea gridano allo scandalo e dicono di restare a loro fianco.

*  *  *

SIRIA, LA GRANDE SPARTIZIONE E’ INIZIATA
Con Putin garante e Trump a rimorchio.
In morte del sogno curdo


di Umberto Degiovannangeli

Tradimenti e deportazione. L’Onu ridotto a spettatore inerme. La Nato che non muove foglia per non irritare Ankara. Trump che annuncia di aver deciso di togliere le sanzioni imposte alla Turchia il giorno dell’inizio dell’invasione in Siria. L’Unione Europea latitante. Uno Stato membro delle Nazioni Unite che si vede di fatto amputata una parte di territorio che resterà nelle mani turche con la Russia come garante.

Le cifre in ballo dicono molto sulle intenzioni del progetto: stanziare 3,5 milioni di persone in un’area di 32 km per 450 significa modificare completamente la demografia, la società, la cultura di quei luoghi. Sintesi della capitolazione della comunità internazionale e delle sue istanze rappresentative sul fronte siriano. Dove a dettar legge sono i contraenti del “patto di Sochi”: il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, e il suo omologo turco Recep Tayyp Erdogan. Il primo che sarà garante della spartizione dei pozzi petroliferi del Roiava con Bashar al-Assad e l’alleato iraniano. La morsa si è chiusa attorno ai curdi siriani. Il presidente siriano “sostiene pienamente” i risultati dell’incontro tra Putin ed Erdogan a Sochi. Lo afferma il portavoce del presidente russo, Dmitry Peskov, parlando con i giornalisti. A detta di Peskov, Assad ha anche assicurato la disponibilità “delle guardie di frontiera siriane di pattugliare insieme alla polizia militare russa il

Rojava: le zone controllate dalle YPG nel giugno 2015

confine” tra Siria e Turchia. Tali affermazioni, dice il portavoce del Cremlino, sono state fatte nel corso di una telefonata che Putin ha avuto con Assad per informarlo dei contenuti del Memorandum sottoscritto al vertice di Sochi. Durante il colloquio, avvenuto su iniziativa russa, il capo del Cremlino ha anche informato Assad che la “principale priorità consiste nel restaurare l’integrità territoriale della Siria e di rafforzare gli sforzi di natura politica”. Il regime di Damasco, prenderà il controllo del nord del Paese con la benedizione di Mosca, che funge da garante per Ankara rispetto alle mosse del presidente Bashar al -Assad. Un ruolo di garante che si manifesterà nel rinnovato impegno della Russia a garantire la prosecuzione dell’accordo di Adana, con cui il padre di Bashar, Hafez, nel 1998 si impegnò a impedire attacchi dei curdi del Pkk alla Turchia dal proprio territorio (Ypg è considerata l’ala siriana del Pkk e la contiguità tra le due organizzazioni è per Ankara un dato di fatto)

Un’intesa, quella tra Russia, governo siriano e turco, che esclude come già annunciato il quarto soggetto in campo, le milizie e la popolazione curda, e rappresenta la diretta conseguenza della stretta di mano in dieci punti raggiunta ieri a Sochi tra Erdogan e Putin. La Turchia continuerà a mantenere il controllo di un territorio di 120 km di estensione e 30 di profondità, compreso tra le città di Tel Abyad (ovest) e Ras Al Ayn (est) sottratto a Ypg con l’offensiva “Fonte di pace” delle scorse settimane. A partire dalle 12 di oggi militari russi e siriani controlleranno l’effettivo abbandono della safe zone da parte dei miliziani Ypg, entro 150 ore al di fuori dalla suddetta area, destinata a rimanere sotto il controllo di Ankara. Mosca si è impegnata a garantire l’abbandono totale dei miliziani Ypg della città di Tal Rifat, ma soprattutto di Manbij. Quest’ultima si trova fuori dalla “safe zone”, a ovest dell’Eufrate ed è da sempre un centro che la Turchia ha insistito con gli Usa negli ultimi anni perché fosse abbandonato da Ypg. Pattugliamenti congiunti Russia-Turchia sono invece previsti per una profondità di 10 km, a est e ovest del territorio tra Tel Abyad e Ras Al Ayn sotto il controllo dell’esercito di Ankara, lungo tutto il confine turco, con esclusione della città di Qamishli. Un’azione congiunta per la quale sarà

Un terzo della Siria: le zone sotto controllo YPG nel 2019

costituito un meccanismo di coordinamento permanente. Il fine condiviso da Erdogan e Assad è lo sradicamento dei curdi e la loro sostituzione forzata coi profughi siriani, che curdi non sono, ma che verrebbero stabilizzati in quella striscia di territorio denominato “zona di sicurezza”, adiacente al confine tra Turchia e Siria. Il che, tradotto in denaro, significa 27 miliardi di dollari per costruire villaggi, moschee, ospedali e scuole, ovvero un tentativo di ripresa economica per un Paese in gravissima crisi. Tutto questo operando una mastodontica sostituzione demografica, che porterebbe due milioni di profughi siriani in una striscia di terra al confine con la Turchia, fino ad allora abitata storicamente dai Curdi. Due milioni di profughi costretti a tornare nella terra da cui sono fuggiti perché perseguitati dal feroce regime di Assad, e centinaia di migliaia di curdi sparsi non si sa dove e perseguitati ancora una volta per la propria ambizione alla libertà, all’essere un popolo. Quella che si sta per avviare è una enorme operazione forzata di “sostituzione etnica”.

E’ l’arabizzazione del Rojava. E’ la disintegrazione di un modello, oltre che di un territorio, Le conseguenze dell’accordo si sono già viste a Ginevra: un uomo di etnia curda si è dato fuoco di fronte alla sede dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati(Unhcr). Il manifestante, un 30enne che vive in Germania, si è cosparso di benzina nel cortile dell’Unhcr, tra Rue de Montbrillant e Avenue de France. I soccorsi lo hanno trasferito in elicottero al Chuv di Losanna, un ospedale specializzato nel trattamento dei grandi ustionati. Nel frattempo, sempre l’infaticabile portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che gli Stati Uniti hanno “abbandonato” i loro alleati curdi in Siria lasciandoli affrontare da soli l’offensiva turca. “Gli Stati Uniti sono stati gli alleati più stretti dei curdi. Eppure li hanno abbandonati, essenzialmente li hanno traditi e ora preferiscono mantenere i curdi al confine. In pratica, li costringono a combattere i turchi”, sentenzia il portavoce, citato dall’agenzia di stampa Sputnik. Secondo Peskov, è “ovvio” che, se i curdi non si ritireranno dalla cosiddetta zona sicura al confine, le guardie di frontiera siriane e la polizia militare russa dovrebbero lasciare l’area. In questo caso, i restanti gruppi curdi, ha affermato, verrebbero “annientati” dall’esercito turco. “I due più grandi Paesi al mondo”, Usa e Russia, hanno riconosciuto la “legittimità” dell’operazione Fonte di Pace lanciata dalla Turchia nel nord-est della Siria e gli accordi raggiunti da Ankara con le due potenze sono “successi politici”. A rivendicarli è il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa Anadolu. In merito all’accordo raggiunto ieri a Sochi, il capo della diplomazia di Ankara ha sottolineato che se le forze turche individueranno “elementi terroristici nell’area dell’operazione Fonte di Pace, li neutralizzeranno”. Secondo Cavusoglu, l’azione della Turchia ha impedito la nascita di uno “Stato terrorista” nel nord della Siria. Il ministro ha quindi definito l’operazione una “svolta” per il futuro del Paese arabo.

La striscia di occupazione turca

Una forzatura trionfalistica? Niente affatto. Perché ad esultare per la realizzazione della “safe zone” è lo stesso inquilino della Casa Bianca. Trump ha definito un “grande successo” la creazione di una zona di sicurezza in Siria”. “Grande successo al confine tra Turchia e Siria, creato zona di sicurezza!”, ha twittato il presidente Usa, secondo cui” Il cessate il fuoco ha retto e le missioni di combattimento sono finite”, ha scritto su Twitter il presidente degli Stati Uniti. Inoltre, “i curdi sono al sicuro e hanno lavorato molto bene con noi”. E “al sicuro” sono stati definiti anche i prigionieri dell’Isis catturati. Ed è solo l’antipasto. The Donald dà appuntamento ai giornalista sul prato della Casa Bianca per provare a trasformare un tradimento in una vittoria: “Il cessate il fuoco tiene, credo che la tregua sarà permanente”, per questo le sanzioni alla Turchia “saranno revocate, annuncia Trump, rivendicando come ”questo risultato sia stato creato da noi, non da altre nazioni″. “Ho chiesto al segretario del Tesoro – dichiara il tycoon – di revocare tutte le sanzioni imposte il 14 ottobre in risposta all’offensiva della Turchia”. “Questa mattina – ha reso noto il presidente – il governo turco ha informato la mia amministrazione che fermerà i combattimenti e l’offensiva in Siria e renderà il cessate il fuoco permanente. E credo lo sarà”. Così, ha continuato nella sua dichiarazione dalla Diplomatic Reception Room, “le sanzioni saranno revocate a meno che non succeda qualcosa della quale non siamo felici”. “Ci aspettiamo che la Turchia rispetti i suoi impegni riguardo all’Isis”, aggiunge, rivendicando “il grande lavoro fatto, abbiamo risparmiato migliaia di vite”.

Un piccolo numero di soldati Usa resterà in Siria nell’area dove c’è il petrolio e si deciderà in futuro cosa fare col petrolio, ha poi aggiunto. Ma quel “qualcosa” del quale “non essere felici” è già avvenuto. Quanto alle coraggiose combattenti curde che tanto avevano emozionato l’Occidente, come marchio d’infamia per una Europa incapace di andare oltre parole di condanna e uno stop tardivo e parziale alla vendita di armi alla Turchia, valga un video agghiacciante, che circola in rete. “Questa è una delle vostre puttane. Ora è sotto i nostri piedi”. Il video dell’infamia, rilanciato da analisti

internazionali come Mutlu Civirolu, mostra un gruppo di uomini appartenente alle fazioni supportate dalla Turchia, esultare per l’uccisione di una combattente curda tra Kobane e Tal Abyad. Il gruppo, in particolare, è quello di Faylaq Majid, coinvolto nella battaglia nella regione di Idlib contro il regime di Bashar al-Assad e alleato di milizie jihadiste come quella di Tahrir al-Sham e Ahrar al-Sham L’identità della milizia è rivelata, nel filmato dagli stessi aguzzini, e confermata dai ricercatori del Rojava Information Center. Milizie assoldate da Erdogan, con il sostegno di Putin e l’avallo di Trump. La vergogna si è consumata. Il cerchio si è chiuso. La “grande spartizione” può iniziare.


5 pensieri su “KURDISTAN: CHI LA FA L’ASPETTI”

  1. Unknown dice:

    Perchè postate questa immondizia?Saverio

  2. Anonimo dice:

    Dunque solo Israele e Unione Europea sostengono i Curdi…. aggiungerei anche Saviano che vorrebbe un intevento armato dell'Europa. Ma che razza di posizione sostenete?

  3. lemming2050 dice:

    Per un’interpretazione molto diversa si legga:https://comitatocontrolaguerramilano.wordpress.com/È naturale provare simpatia per il popolo curdo, ma non avrebbe senso che uno Stato curdo nascesse in Siria, che tra tutti i paesi della regione è quello che ne ospita meno

  4. Anonimo dice:

    Fascisti, rosso-bruni e qualche cosiddetto “antimperialista” hanno tirato la volata a Erdoganhttps://www.ilpopoloveneto.it/rubriche/finis-terrae/2019/10/26/90459-fascisti-rosso-bruni-e-qualche-cosiddetto-antimperialista-hanno-tirato-la-volata-a-erdogan

  5. SOLLEVAZIONE dice:

    Noi sosteniamo questa posizione:(1) Diritto del popolo curdo all'autodeterminazione, ma questo diritto non significa secessione.(2) Siamo per una Siria democratica e federale in cui il popolo curdo goda dei diritti nazionali.(3) Il Rojava del resto è una area multinazionale non solo abitata da curdi (molti sono gli arabi e poi gli assiri)(4) I curdi del YPG, nel verminaio della guerra civile e poi regionale che ha spappolato la Siria, avevano tutto il diritto ad armarsi nel Rojava ed a formare un autogoverno a perti a arabi e assiri. Giusta quindi la resistenza contro l'offensiva dell'ISIS.(5) Da condannare invece l'essere diventati truppe cammellate degli americani nella guerra senguinosissima contro lo Stato islamico che ha portato le forze YPG ad estendere il loro dominio a zone abitate da arabo-siriani, dove di curdi non c'è nemmeno l'ombra. Questa espansione nulla aveva a che fare con l'autodeterminazione, era diventata anzi annessione manu militari.

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