NOI NO, NON SIAMO IN LUTTO di Moreno Pasquinelli
Mi imbarazza apparire adiacente a Tomaso Montanari, ma nemmeno io condivido, e quindi non rispetterò, il lutto per la morte di Silvio Berlusconi. Mi dividono da Montanari molte cose, una delle più importanti è proprio il suo antiberlusconismo metafisico e fanatico. In nome dell’antiberlusconismo sono state infatti compiute le più grandi nefandezze politiche dell’ultimo trentennio, porcherie che al confronto il bunga bunga è una pornografica bazzecola.
Ci sarà una ragione se al suo capezzale sono accorsi tutti, nessuno escluso, gli esponenti di punta del servile capitalismo italiano, nonché i loro lacché politici?
La ragione è presto detta: Berlusconi, al netto del suo indisponente narcisismo populistico, è stato uno di loro, un alfiere dell’Occidente capitalista a guida americana, di qui il suo europeismo di rimbalzo. Briganti che possono litigare fra loro, ma nei momenti critici sempre capaci di mettere al primo posto i loro meschini interessi di classe e di cosca.
Berlusconi è l’emblema stesso del carattere straccione della borghesia italiana: in tutti gli snodi decisivi della sua carriera politica, egli ha ubbidito, ha finito per piegare la testa a quelli sopra di lui — non in nome del supremo interesse nazionale, ma del suo patrimonio e della salvaguardia del sistema. Dunque, partito in pompa magna per berlusconizzare la borghesia, è finito ad essere stato egli stesso deberlusconizzato — sostegno a Monti e poi a Draghi docet. Per questo i potenti sono accorsi al suo funerale, assolvendolo, prima ancora che lo facesse la Chiesa, dai suoi peccati e per i fastidi che a volte ha loro arrecato.
Lorsignori sanno infatti distinguere le cose importanti da quelle secondarie, le scelte politiche decisive dalle pagliacciate.
Sembra che egli abbia detto di considerarsi un napoletano nato a Milano. Un Pulcinella alla guida della politica italiana, ma nel periodo del crepuscolo nazionale — che egli ha contribuito a determinare.
Non si dica che egli è stato uno statista ed un patriota. Ci si è teatralmente atteggiato, è vero, ma non lo è mai stato.
Non ho amato Craxi (anche perché all’americanista Berlusconi ha spianto la strada), ma chiunque può comprendere la differenza tra l’essere condannato all’esilio dal potere profondo e l’esser celebrato da questo stesso potere come una star.