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CHI E’ IL SOGGETTO POLITICO (2) di Paolo Emilio Bogni*

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Il saggio che verrà sviluppato di seguito (2 CHI E’ IL SOGGETTO POLITICO) segue quello precedente intitolato – 1 COSA E’ L’ECONOMIA e precede i cinque successivi intitolati – 3 COSA E’ LA MONETA, – 4 COSA E’ IL CAPITALISMO, – 5 PERCHE’ IL CAPITALISMO NON E’ ECONOMIA, – 6 ECONOMIA/ECOLOGIA, – 7 LINEAMENTI DI UN PROGRAMMA ECONOMICO.

Premessa

Se vogliamo che il nostro lavoro di ricerca sulla definizione del soggetto politico sia credibile, rigoroso e possibilmente privo di zone d’ombra aporetiche, dobbiamo stabilire il canonico punto zero da cui situiamo la sua origine. A seguire, come corollario di questa prima indagine, indicheremo anche il fine per il quale mondanamente (orizzonte politico storico-sociale) ed evolutivamente (verticalità ontologica) il soggetto politico esiste.

Quest’origine non può però situarsi – immediatamente – nella dimensione storico-sociale. Abbiamo già anticipato – nel primo saggio di questa collana – che l’essenza umana è fondamentalmente un respiro spirituale che precede lo spazio, la materia e il tempo. Il soggetto politico – nei fatti – è colui il quale – gettato nello spazio, nella materia, nel tempo e nel corpo biologico – è il creatore e il principale attore della Storia, ma non deve la sua essenza (l’essenza umana) alla Storia stessa. Anzi. Se l’umanità fosse un prodotto storico – e per fortuna non lo è -, essa avrebbe lo stesso destino tracciato dal destino nichilista della morte o dell’esaurimento biologico e fisico della propria parte corporea, alla stregua di tutti gli enti viventi del regno animale e vegetale.

Vedremo nei successivi saggi (il quarto e il quinto, COSA E’ IL CAPITALISMO e PERCHE’ IL CAPITALISMO NON E’ ECONOMIA) come il sistema attuale voglia scientemente ridurre il significato di essere umano proprio alla stregua del regno animale – pura istintualità – e quello vegetale – pura ripetitività – ridefinendo donne e uomini come numeri e algoritmi all’interno di un dispositivo tecnico planetario (Heidegger docet) attraverso un progetto denominato transumanesimo. Quest’ultimo è la colonna sonora ideologica dell’attuale epoca che, attraverso la risoluzione dell’umano nelle gabbie dei circuiti telematici, mira a completare – nel quadro della perseverante sussunzione della totalità sociale nel capitale – la radicale realizzazione della forma più acuta di alienazione del genere umano dalla propria essenza.

Di quanto il transumanesimo rappresenti un fenomeno ideologico imperante in quest’epoca post-moderna ne tratteremo, a suo tempo, in quelle stanze. Qui ci focalizziamo sulla ricerca dell’origine del soggetto politico (protagonista di questo secondo saggio), perché in qualche modo quell’origine rappresenta anche il fine dell’esistenza del soggetto politico stesso in quanto agente della e nella Storia. Il principio del soggetto politico – libera volontà che crea e agisce nella Storia – è quindi antecedente alla Storia stessa.

Questo assunto non può essere dimostrato – ovviamente – nei laboratori che usano il metodo sperimentale galileiano e nemmeno può sottostare a potenziali falsificabilità popperiane. Una scienza dell’origine non soggiace a protocolli che prevedono un risultato matematico-quantitativo legato a dei rapporti causa-effetto fondati su nessi logici inquadrati in paradigmi – denominati scienze sperimentali – che vogliano ricostruire regioni parziali della realtà.

La scienza che può dimostrare quell’origine ha dunque come missione quella di rintracciare la genuina fondazione del soggetto politico. Essa è la scienza dello spirito. L’intuizione – l’intuizione umana – è il suo organo principale ed è l’unico strumento che può accedere alle conoscenze di questa scienza. Le sue affermazioni sono asserti apodittici, sono assiomi da cui dedurre concetti che successivamente – da un punto di vista storico-sociale – trovano verità e conferma nello spazio e nel tempo. Ed è lì che questa scienza incontra la collaborazione e il supporto delle scienze sperimentali galileiane deputate a certificare l’esattezza di protocolli certi intorno a discipline calcolabili nel tempo e nello spazio.

Il principio del soggetto politico, la sua fondazione e la sua matrice trovano la loro radice – come in tutti gli enti viventi e non viventi, visibili e non visibili – nell’origine. Tutto è deducibile da lì. L’origine è l’Essere. Nell’affermare ciò non diciamo nulla di nuovo o originale (per l’appunto..). Anzi. Tutte le problematiche filosofiche connesse all’Essere occupano secoli e secoli di travaglio speculativo che rampollano da questo particolare oggetto d’indagine. L’Essere è la problematica filosofica (e anche politica, oltre che religiosa) di cui ci occupiamo da millenni. L’Essere in quanto principio è origine. E’ definibile filosoficamente, religiosamente, metafisicamente anche con i nomi di Dio, Totalità, Assoluto o Uno. E’ storicamente il concetto più attraente ma al tempo stesso più divisivo della Storia dell’umanità.

La centralità di esso come tema di ricerca scaturisce dalla delicatezza della sua importanza che – consciamente o meno – lo indica e lo pone come la priorità di tutte le conoscenze e sta alla base di tutte le culture e sapienze del pianeta, anche tra quelle che non sono mai entrate in contatto diretto tra loro. L’Essere è incondizionato, perfetto, eterno, immutabile, infinito e onnisciente. E non può non essere così. In quanto origine, esso comprende il tempo e lo spazio ma non è riducibile a essi se considerato nella sua totalità.

Quest’ultima è posta al di là del tempo cronologico, dello spazio materiale e della Storia, perché – in questi ultimi ambiti – gli enti, che partecipano all’Essere ma non lo sono integralmente, sperimentano la caducità, la provvisorietà, la deperibilità e la morte, quindi – pur partecipando all’Essere – sono attraversati anche dal non-essere.

Non ringrazieremo mai a sufficienza Martin Heidegger quando ammoniva che l’Essere non è l’Ente per eccellenza ma non è ente in alcun modo. Non lo è. L’Essere non è un ente. Esso è la luce che apre la prospettiva all’esistenza degli enti che a esso partecipano ma non lo rappresentano totalmente. L’Essere può esistere senza enti che lo ricerchino. Gli enti – al contrario – esistono solo alla luce dell’Essere e senza essa sarebbero nulla.

E quel particolare Ente qual è l’uomo lo ri-cerca e lo vuole, come se non ri-cercandolo e non volendolo non completasse il senso della sua esistenza. Perché? Se gli enti esistono e dunque esiste l’ente essere umano come sintesi di spirito e corpo, di natura e cultura ed esistono – ad esempio – quelle merci e quei servizi che dovrebbero essere disposti al soddisfacimento evolutivo dei suoi bisogni, perché tutti questi enti – senzienti o meno – esistono fuori e in opposizione alla perfezione, all’eternità, all’immutabilità e all’onniscienza, quantunque gli enti godano della luce dell’Essere senza la quale non sarebbero e non esisterebbero? E perché economia (vedi il saggio precedente COSA E’ L’ECONOMIA) ci dice che questo ente deve soddisfare i suoi bisogni orientando il loro soddisfacimento verso la stella polare dell’evoluzione spirituale?

Le risposte a queste domande le troviamo indagando l’Essere. Infatti, l’ente essere umano – l’umanità – è il frutto di un conflitto interno all’Essere. L’Ente non è una creazione dell’Essere, contrariamente a quanto sostengono – ad esempio – le religioni monoteistiche abramitiche (cristianesimo, ebraismo, islam). L’Ente – per quanto incosciente nei termini della sua individualità – è coeterno all’Essere e dunque è coevo a esso e non può essere una sua creatura. L’Ente è invece un’emanazione dell’Essere, una versione derubricata e coscientemente inferiore all’Uno ma non ontologicamente separata da esso. L’Essere e gli Enti (compreso l’Ente che s’interroga sull’Essere, di cui ora stiamo trattando) abitano lo stesso Mondo. Un unico mondo.

Per quanto noi siamo discepoli devoti di Platone, dal maestro ci distinguiamo (con tutta la modestia del caso che rivolgiamo nei suoi confronti) per un approccio mono-mondano. L’Essere e gli Enti differiscono e si distinguono, però, per il loro rapporto con la totalità. L’Essere è la totalità mentre l’Ente storicamente no, o lo può parzialmente essere solo a livello storico-sociale esercitando la massima attività spirituale qual è l’azione politica mentre essa umanamente realizza la Comunità secondo i decreti contenuti nella sua essenza.

L’intuizione descrive l’Essere come perfetto nella realizzazione eterna e necessaria delle Leggi che governano l’Universo infinito – che governano se stesso -, fondate su amore, unità, ordine, armonia, misura, bellezza e giustizia (Idee innate che vedremo inscritte nell’essenza umana. Più avanti ne parleremo) ma attraversato – contrariamente da quello che viene narrato da pur pregevoli e straordinarie culture millenarie – da un’assenza di pace che segna il suo intimo malessere nell’infinità della sua luce. Nel seno della sua perfezione qualsiasi dualità è ricomposta, contenuta, dissimulata, taciuta, risolta.

Nell’eterna ancorché apparente quiete primordiale, la principale di queste dualità soffocate e annullate, costituita da necessità e libertà, rappresenta iconicamente il tormento dell’Essere. L’immutabilità perfetta dell’Essere primordiale si sposa alla necessità dominante ed escludente la libertà. L’Essere è Uno. E’ la solitudine perfetta. E’ la noia perfetta del soggetto che non pensa alcun oggetto perché nulla gli si oppone come tale. L’Essere primordiale è la soggettività compiuta realizzata a se stessa. Le leggi che governano la totalità primordiale sono perfette ma non volute o frutto di scelta libera. Sono necessarie. Sono assolutamente le categorie per eccellenza dello Spirito.

Ma nell’Uno primordiale, una di queste categorie – la libertà – è repressa. Nell’Uno primordiale c’è luce, è luce, ma non c’è vita né movimento. E’ infinita energia potenziale concentrata in un infinito e eterno punto zero, luminosissimo ma statico. Quel punto primordiale è però tormentato. Quella perfezione non è la realizzazione delle Leggi universali ma ne è solo l’enunciazione, maestosa ma immobile. Non c’è realtà in quell’Essenza ma abbagliante presenza statica, quella dell’Io sono eterno. Ma è un’eternità in cui non è realizzata la verità. Quest’ultima troverà compimento quando le Leggi universali saranno consacrate dalla libertà. Ma per vivere la libertà, l’Uno deve negare se stesso e la sua assoluta singolarità. Deve negare l’immobilità del suo punto zero. L’Essere abbandona dunque la torre d’avorio della propria necessità totale. In questa ribellione interiore, il tormento dell’Essere porta all’autodeflagrazione.

Essere e il Soggetto politico

L’Essere primordiale, al culmine del tormento eterno, non annulla la necessità ma (finalmente) scioglie dalle catene la libertà che prende dimora ufficiale all’interno della totalità, rendendo viva la dualità fin lì eternamente rimossa e dissimulata. L’anelito dell’Essere è ora quello di essere potenzialmente perfetto ma nella libertà. Le sette grandi Leggi universali devono realizzare la perfezione nella libertà. L’Uno apre se stesso alla frammentazione e rapportandosi a essa le riconosce la prerogativa del libero percorso per la vera realizzazione delle Leggi universali. L’Uno si divide in infinite particelle, da quelle più sottili e vicine al punto zero – con alta coscienza – a quelle più dense e corpose e costituenti la materia – fino all’incoscienza praticamente azzerata dei minerali.

Dal big bang ontologico, l’Uno perde la solitudine e sperimenta una condizione mai percepita nel punto zero: la molteplicità. Essa è la portatrice – in alcune sue espressioni (l’umanità) – di quella libertà che è la sola condizione per rendere verità a quelle sette fondamentali Leggi universali quali amore, unità, ordine, armonia, misura, bellezza e giustizia. Il prezzo da pagare, però, è la Storia da scrivere per realizzare questo programma che è al tempo stesso di governo umano e di ricongiungimento divino. La libertà è potenzialità. Essa permette qualsiasi scelta. O l’elevazione alle vette celestiali della meraviglia contenuta in ognuna delle sette Idee (Leggi) fondamentali oppure l’oscuramento di esse e lo sprofondamento negli abissi infernali.

In un altro nostro lavoro (che esula dalla collana di questi sette saggi) – intitolato capitalismo e alienazione – tenteremo di dimostrare che l’attuale Epoca – denominata post-moderna e caratterizzata dal drammatico passaggio dall’ultimo umanesimo al transumanesimo – è il palcoscenico terminale con cui l’umanità vorrebbe portare a termine il progetto della propria estinzione di specie. La libertà ha anche la potenzialità di radicalizzare il processo di alienazione totale dalla propria essenza in cui un’umanità è disperata dall’idea di risalire all’Uno e dove destina se stessa al suicidio. Nella Storia – a seguito del big bang ontologico – vengono sdoganate altre dualità che dalla notte dei tempi segnano il cammino del racconto umano. Quella del bene-male è generata dal rapporto che l’uomo ha con le proprietà delle sette idee innate (vedremo tra poco a proposito del primo topos dell’essenza umana) che sono l’eredità del padre (Uno) che ogni particella umana contiene nella propria matrice spirituale proveniente da quell’ancestrale deflagrazione.

Di tutti gli Enti, che sono la versione storica delle particelle originate dall’autodeflagrazione, l’essere umano è quello che coglie se stesso come l’unico che può interrogarsi su chi sia la luce che dà corpo alla sua esistenza; su quale rapporto abbia con quella e quale funzione abbia quella luce rispetto alla progettualità della sua esistenza; soprattutto – la più sconvolgente delle interrogazioni – quale sia il motivo (a cui noi abbiamo umilmente risposto in anticipo con una Tesi che stiamo qui sviluppando) della separazione tra la unica e statica sorgente luminosa che tutto comprendeva e se stesso (l’uomo e il mondo abitato) che gode di riflesso di quella luce. In questa riflessione – non solo energetica, ma anche da intendersi come movimento di pensiero – ci sta anche l’emersione di un’altra dualità, tipica della Storia: quella tra soggetto e oggetto.

A un livello alto in cui è considerata questa dualità vi è l’autocoscienza in quanto attraversamento del pensiero su se stesso in prima istanza oggettivato come momento di studio, attenzione, indagine. Oppure la dinamica espressa dalle scienze (sia quelle sperimentali che quelle sociali) in cui il pensiero e le sue strutture s’immergono nel fenomeno da ricreare sperimentalmente. A livello relazionale – invece – c’è la comparsa dell’altro che genera un’ulteriore dualità quale quella che contrappone l’io al noi. A questo livello l’essere umano è zoon politikon e – dei suoi risvolti -tratteremo più avanti. Ognuna di queste dualità – nel punto zero primordiale – erano semplicemente inconcepibili. Il tormento dell’Essere le ha disingessate, soprattutto nell’anelito della libertà- dando luogo contemporaneamente alle neonate molteplicità, diversità, alterità e alla comparsa della parola, del logos.

L’essere umano – a questo stadio – diviene zoon logon echon, che anticipiamo essere argomento anch’esso di futura descrizione. L’Essere rimane sempre uno stato incommensurabile rispetto agli enti (nella sua totalità è – in ultima analisi – eterno, infinito, immutabile) ma sull’onniscienza divina dell’Essere bisogna che anche l’Ente essere umano faccia chiarezza. L’onniscienza divina dell’Uno non può allargarsi alla dimensione del futuro in quanto la libertà pregiudica ogni scienza che si rivolga a un tempo non ancora compiuto, e questo vale sia per le scienze sperimentali (che possono prevedere staticamente – a partire da dati e categorie del passato – un singolo fenomeno o un insieme circoscritto di essi, ma non il quadro generale complessivo del mondo cosiddetto naturale, pur dominato esso dalla necessità) che – soprattutto – per la scienza dello spirito – e qui torniamo all’Essere integrale -, in quanto quel tormento che esigeva la libertà è spiritualmente la prova provata che il futuro come luogo del sapere è un’assurdità. E’ un non-essere sul quale l’Essere non ha né competenza né desiderio.

L’idea che un Dio conosca il futuro è il frutto della paura paralizzante che attanaglia l’essere umano dall’istante successivo al big bang ontologico. L’Uno eterno e necessario non era futuro né aveva futuro ma dimorava in un presente astorico e fuori dal tempo. l’Uno deflagrato convive con la molteplicità che gestisce il sapere tra il presente storico e le epoche che gli stanno alle spalle, vale a dire il passato. Non esiste alcuna scienza esatta sul futuro in quanto contrasterebbe con la libertà di cui una parte degli Enti godono, soprattutto il genere umano. Il futuro è da scrivere spiritualmente e storicamente, nella più pura potenzialità, né scritta né anticipata necessariamente.

L’Essere non è deflagrato per corrispondere al divenire ponendo esso nelle maglie di una necessità riveduta e corretta o mascherata sotto le mentite spoglie di una libertà pilotata o eterodiretta da “sacre scritture” o dottrine storicistiche preveggenti il futuro. Quante dottrine anticapitaliste portano in sé il germe dello storicismo! Non funziona così, con buona pace tanto per i materialisti atei delle magnifiche sorti progressive illusi che nella Storia vi sia un nesso globale oggettivo per il quale l’umanità – progredendo nel bene – giunga a un paradiso in terra, quanto per gli “spirituali” devoti e rivolti al dio consolatorio dell’al di là che cura il male dell’al di qua promettendo redenzione e gloria nel paradiso dei cieli. Fosse così semplice, sia nel primo caso quanto nel secondo.. Invece, cari lettori (sperando siate giunti sin qua) la Storia siamo noi con la nostra volontà e con la nostra libera scelta. Assumiamocelo – una buona volta – questo preciso impegno.

La condizione strutturale del genere umano è dunque situata su un piano di piena assunzione di questa responsabilità, ove nessuna esternità (la Storia autonoma o il dio consolatorio) salva l’umanità dalla propria alienazione, voluta e inconsciamente progettata, come vedremo nei saggi successivi. E di questo fatto, un soggetto politico che deve organizzare politicamente economia nella propria Comunità deve fondamentalmente tenerne conto. E deve tenere conto da dove egli proviene – ontologicamente – al fine di definire antropologicamente quali siano i prerequisiti per affrontare la sua vicenda storico-sociale in funzione della propria emancipazione (sul piano mondano) e la propria evoluzione sul piano spirituale. Soprattutto deve definire il rapporto intercorrente tra il genere umano e quel punto zero (origine) denominato Essere.

Negando l’eterna e totale necessità e uscendo da quel punto zero di perfetta immutabilità, l’Essere primordiale – scatenando la libertà – placa il suo tormento che ora però (nella Storia, nel tempo, nello spazio, nella materia, nei corpi) sposta quell’ancestrale “disagio” sull’Ente – l’essere umano – a lui più somigliante e simile e a più alta coscienza. Ora è l’Ente che vive storicamente una tragedia. Con la bicicletta della libertà deve pedalare in mezzo all’inevitabile morte, alla provvisorietà, alla precarietà, alla sofferenza, alla fatica e al dolore. In mezzo a questa valle di lacrime – per dirla con un’immagine cara ai nostri amici cristiani -, l’essere umano, attivata la memoria ancestrale anche solo momentaneamente a sprazzi o solo per alcuni istanti, ricorda quello stato di quiete e immutabile perfezione che dimorava là in quel punto zero primordiale. E in questo ricordo prova il sentimento più struggente, cieco e sublime. Non lo sente in modo sempre conscio o nitido. Ma esso lo scuote e modula il respiro sino agli stadi più rarefatti dell’atmosfera. Egli prova la nostalgìa. La nostalgìa di una casa di cui non recupera alcuna immagine ma solo frequenze sottili a cui vibra la propria coscienza più profonda. Non è un ricordo fotografico. E’ un ricordo emotivo.

E’ la nostalgia dell’Assoluto. L’essere umano intuisce che egli è il frutto di quell’arcaica e immutabile perfezione e ne anela – molto spesso inconsciamente – il ricongiungimento. Muove un desiderio che si trasforma in un potenziale progetto: il ritorno a casa. Percepisce che non lo può fare nella materia che – presa a se stante – è il regno della necessità. Non può compiere quel viaggio con qualsivoglia modalità. No. E’ un viaggio particolare. Questo viaggio è un lungo percorso a tappe ove potenzialmente, progressivamente o regressivamente c’è l’obiettivo dell’ascensione.

E’ un viaggio che può condurre alla méta come può precipitare negli abissi del nulla. E’ il viaggio della libertà. E’ il viaggio che attraversa la materia, i corpi e il tempo. E’ il viaggio verso l’elevazione della coscienza e una scalata ai livelli superiori dell’Essere. E’ un percorso ove mondanamente la dimensione storico-sociale deve essere il luogo della realizzazione delle Idee innate nella matrice spirituale umana, soprattutto nell’apoteosi della settima e ultima Idea, quella della giustizia, stella polare della massima attività spirituale qual è la politica. E’ un viaggio ove l’essere umano sperimenta l’olismo come modalità e anche principio filosofico ove riconosce alla propria totalità corpo-spirito, alla totalità storico-sociale e all’interazione con la natura ambientale un’armonia tra le parti che non è rappresentata dalla mera somma algebrica di esse, riconoscendo in queste totalità il raddoppiamento metaforico di quella ancestrale totalità perfetta situata in quel punto zero oggetto di nostalgia. Un percorso ove ogni uomo deve cooperare con un altro uomo per solidarizzare intorno al proprio status di viaggiatore dello spirito e non un precario nella materia ove si compiono divisività, separazioni, competizione e prevaricazioni. E’ un percorso ove mondanamente al tempo stesso è sublimata la materia come banco di lavoro per la realizzazione delle Leggi sacre elevate alla massima espressione – con appunto la giustizia a fare da compendio – e il contemporaneo inizio del distacco da essa e il superamento graduale delle sue trappole seduttive.

L’attaccamento alla Storia, alla materia, ai corpi costituisce un impedimento al Ritorno a casa e rappresenta un’anticamera della morte eterna. Quel ritorno a casa è la risalita all’Uno. Come abbiamo visto, l’Essere illumina gli enti. Senza quella luce essi sarebbero inesistenti. Ma quell’Ente a lui più vicino – vicino alla sorgente luminosa da cui è partita la deflagrazione – accoglie le vibrazioni di quell’ancestrale tormento, paragonabile a quella radiazione fossile diffusasi in ogni angolo dell’Universo ancora presente in sottofondo a distanza di miliardi di anni da quell’evento da cui nacquero galassie e stelle. Quel tormento è una richiesta di aiuto che specularmente ben si concilia con la brama del ritorno a casa della matrice spirituale umana. E’ come se due innamorati telepaticamente – nell’immensità cosmica – si mandassero segnali di richiamo con i quali trasmettersi reciprocamente il desiderio di riconciliarsi.

Quella risalita all’Uno è realizzata solo nell’evoluzione dell’essere umano ora incarnato nella terra di mezzo. Non costituisce solo un viaggio alla spasmodica ricerca dell’Essere perduto. Lo è ma non solo. Quella risalita all’Uno da parte dell’essere umano, quel ritorno alla casa del padre, rappresenta la salvezza dell’Uno stesso, dapprima condannato (nella notte dei tempi) alla solitudine eterna di un Soggetto senza alcun oggetto e ora dannato – avendo liberato la libertà – nella separazione dal molteplice e spettatore impotente di un vaso di pandora scoperchiato e non più dipendente dal proprio controllo.

L’Essere è pur sempre la totalità e pur sempre illumina gli enti e illumina quell’Ente – l’Essere umano – ma è separato da esso. E quest’ultimo – beneficiario della libertà – è l’unico che può creare nella volontà autonoma la dimensione realizzata e concreta delle sette Idee che fondano le Leggi sacre universali. Ecco perché le sette Idee innate sono reali. L’essere umano ha dunque questa enorme responsabilità: nel ridefinire – nel divenire – l’Essere diviene esso stesso l’Essere abbracciandolo nella libertà. E i due innamorati tornerebbero – se l’uomo vuole – Uno. L’Ente e L’Uno sono dunque in una corrispondenza biunivoca che li lega nella prospettiva del comune obiettivo. La salvezza dell’Essere. Perché l’estinzione del genere umano (a differenza dell’estinzione del leopardo o del faggio) rappresenterebbe un degrado assoluto dell’Essere stesso. Nel prosieguo del saggio scenderemo più nei dettagli su quali siano le strutture dell’essere umano, della sua natura e della sua essenza. Descriveremo le proprietà del corpo e quelle dei tre topos della sua matrice spirituale incarnata nello stesso corpo e nella Storia. Questa complessa descrizione la riteniamo fondamentale e propedeutica a delineare gli attributi e i contenuti dell’essere umano inteso come soggetto politico.

Struttura del Soggetto politico

Nel primo saggio abbiamo elaborato una definizione del concetto di economia. E da lì ripartiamo. Economia è – sostanzialmente – l’organizzazione etica garantita dalla Politica in merito al soddisfacimento evolutivo dei bisogni sobri, essenziali e creativi di cui è portatrice una persona con la sua Comunità. Economia è l’Oggetto di quel particolare Soggetto (essere umano comunitario) latore di quei bisogni da soddisfare evolutivamente. Ed è su questo punto che lavoreremo in questo secondo saggio. Esso (il Soggetto da indagare) risulta dal particolare sinolo tra corpo e matrice spirituale.

Questo sinolo è altrimenti conosciuto come Natura umana. L’Essenza della Natura umana è il secondo elemento del sinolo – lo spirito – rappresentato dalla matrice che s’incarna nel corpo. Come specificato nel precedente saggio (1 COSA E’ L’ECONOMIA), il rigore logico della nostra analisi complessiva (lunga sette saggi) avrebbe imposto la precedenza all’analisi preliminare sulle peculiarità e caratteristiche fondamentali del soggetto. La precedenza non era dovuta tanto e solo a una questione di priorità ontologica. E’ il soggetto – infatti – che pensa e agisce la Realtà, non certo l’oggetto da esso posto. Essa rappresentava un obbligo anche – e soprattutto – perché ogni e qualsivoglia oggetto storico-sociale (e dunque politico) è la proiezione del pensiero e dell’azione del soggetto e dunque il risultato della sua valutazione ed aspirazione etica legata a una potenziale esigenza evolutiva da considerare al fine stesso del suo essere posto nel mondo.

L’oggetto – infatti – è sempre un dopo del quale – nelle implicazioni – ne va sempre del senso stesso del soggetto che lo pone in quanto perimetrate all’interno di quelle esigenze evolutive e di quelle aspirazioni e valutazioni etiche di cui sopra. L’economia è dunque un oggetto politico posto e prodotto dall’essere umano e tutto ciò che riguarda economia è interamente riguardante l’essenza e l’attività dell’essere umano.

In Essere e Tempo, Martin Heidegger ha aperto la via a questa metodologia, anche se ridurre l’Essere da lui indagato a oggetto dell’Esserci (dasein) è ovviamente una forzatura se non addirittura un’inesattezza. A noi, però, interessa il metodo. Se la stessa indagine ontologica era svolta dall’Esserci heideggeriano (Essere umano nella sua singolarità) e Heidegger sentì la necessità di quel tipo di analisi preliminare su esso, a maggior ragione noi – che indaghiamo molto più “semplicemente” l’oggetto economia – dobbiamo ribadire il primato ontologico dell’essere umano quale indagatore di oggetti – i suoi – e conservare la preliminarità dello studio basico degli elementi fondamentali di cui è costituita la propria Natura umana.

Per comprendere l’economia, dunque, il soggetto economico (essere umano comunitario) deve prima comprendere se stesso in quanto soggetto che problematicamente si pone la ricerca della definizione concettuale dell’oggetto pensato e agito. Soprattutto – indagando preliminarmente il soggetto –, dobbiamo scoprire donde in esso sono originate le esigenze evolutive, la naturale valutazione etica della dimensione storico-sociale e l’aspirazione etica a (potenzialmente) trasformarla verso il bene e ricordando come questi fondamentali stiano alla base della produzione di quel particolare oggetto posto denominato economia.

La Natura umana è perciò l’unione tra un corpo fisico e biologico con una dimensione spirituale che fondamentalmente la definisce. Corpo e spirito sono complementari e vivono in una perenne – storicamente parlando – corrispondenza biunivoca ove la salute dell’uno dipende vitalmente dall’altro e viceversa. Perché, malgrado l’interdipendenza, l’essenza della Natura umana risiede però nello spirito e non nel pur importantissimo corpo? Perché lo spirito ha un respiro infinito e la sua più alta espressione – il pensiero – ha la straordinaria capacità di astrarre concetti e oggettivarli problematicamente, trasformando liberamente e potenzialmente la realtà in cui dimora la Natura umana in forza dell’elaborazione e l’applicazione di essi.

L’astrazione del pensiero è la prima e più importante metafora con cui lo spirito coglie la propria dimensione infinita e potenzialmente eterna. Esso – attraverso l’inesauribile agire – trascende il finito, il luogo della Storia e della morte, ove la dimensione del corpo è soggetta alla deperibilità, alla necessità delle leggi biologiche e all’intrascendibile aspettativa della propria fine data dal decesso inevitabile. Lo spirito potenzialmente sublima la Storia, accoglie i cicli e nobilita la morte.

Il corpo è il tempio dello spirito incarnato e lo custodisce – pur nella finitudine – nella materia dello spazio e del tempo. Il soggetto che ora analizzeremo – di base un essere umano comunitario – è dunque da definire più complessivamente in relazione al suo oggetto problematicamente posto. Il soggetto da noi preso in considerazione è colui il quale esprime una serie di bisogni da soddisfare non casualmente ma evolutivamente attraverso un’organizzazione comunitaria che ha la sua cabina di regia nella Politica, la quale è la garante etica anche di altri ambiti comunitari (educativi, politici, ecologici, sanitari, geopolitici,..) che non quelli strettamente legati al pur evolutivo consumo. In questa complessa maglia di confronti, azioni, decisioni, valutazioni etiche e rapporti sociali e diplomatici, è la Politica che incorpora e subordina a sé il senso e l’indirizzo da dare all’organizzazione etica di quella particolare soddisfazione evolutiva.

L’economia, perciò, non è un compartimento stagno separato dalla complessa maglia storico-sociale a cui partecipa la comunità di appartenenza del soggetto. Quando dunque parliamo di un’organizzazione del sistema dei bisogni non possiamo rivolgerci semplicemente e superficialmente a un generico soggetto economico, ma a un vero e proprio soggetto politico. Anzi, un soggetto economico (a meno che si aggiunga qualche aggettivo derivato dalla comunità o qualcosa di simile) semplicemente non esiste. Latore dei bisogni sobri, essenziali e creativi è dunque il soggetto politico. E la sua essenza – come detto – è lo spirito, il quale è deputato all’educazione, alla valutazione etica della propria epoca storico-sociale e all’evoluzione. Lo spazio, il tempo cronologico, la Storia, la materia e il corpo sono formidabili banchi di prova per l’umanità. Nessuna di queste dimensioni portano però nel loro grembo potenzialità evolutive che indirizzino al Bene. E’ lo spirito che si occupa del bene e la massima attività spirituale è la Politica.

Essa, come abbiamo già anticipato in questo e nel precedente saggio (COSA E’ L’ECONOMIA), è quel respiro dello Spirito che rende la mondanità storico-sociale aderente e coerente alla matrice della Natura umana, in cui sono iscritte (innate) le sette principali Leggi che governano la Totalità dell’Universo e – nella proiezione storico-sociale – le relazioni comunitarie della cosiddetta Polis. La scienza operativa della Polis è la Politike che è il termine greco antico da cui provengono il senso e il significato della parola politica. Essa è dunque la Scienza operativa che attiene alla relazione tra due o più monos (singola persona, singolo cittadino) all’interno di una Polis (incontro di due o più monos).

La Scienza operativa della relazione tra due o più monos (politica) è liberamente orientata alla realizzazione delle potenzialità delle Idee innate presenti nella matrice spirituale, che d’ora innanzi chiameremo Idee Reali in quanto è nella realtà storico-sociale che esse si realizzano concretamente e attualmente. La Polis come luogo d’incontro, d’interazione e di sinergia tra due o più monos prende il nome – come già visto nel primo saggio – di Oikos (Comunità). Così come già illustrammo in quei passaggi che ogni monos è naturalmente portatore di bisogni sobri, essenziali e creativi e il soddisfacimento di questi è naturalmente oggetto d’analisi e attuazione di una particolare Scienza interna alla politica. Essa è l’Oikos-nomos (eco-nomia) ed è il nomos (legge, ordine) dell’Oikos (comunità).

Ecco spiegato perché naturalmente la politica ha il primato sull’economia, perché quest’ultima è fattore interno, parzialità sussunta e strumento operativo della scienza etica della relazione tra due o più monos, ovvero di una Comunità di persone. La politica è la Scienza etica delle scelte eco-nomiche. La politica è la Scienza dell’umanità intesa come relazione tra donne e uomini che tendono alla realizzazione della propria Natura umana. La politica è la Scienza agita dallo zoon politikon aristotelico in quanto uomo naturalmente comunitario e sociale.

Il livello supremo che incarna la dimensione politica è lo Stato, un noi comunitario organicamente costituito da Istituzioni che realizzano e garantiscono sostanzialmente sette sovranità fondamentali senza le quali lo Stato non è Stato e semplicemente non è. Nella sua genuina definizione, all’oggi – in questa Epoca – lo Stato praticamente non esiste in tutto il pianeta, a parte rarissime eccezioni e nessuna presente nel cosiddetto occidente americanocentrico. Quali sono le sette sovranità fondamentali per le quali è confermata la teoria – e con essa la prassi – che lo Stato incarni la politica di un Popolo libero, indipendente, autonomo e – per l’appunto – sovrano? Esse sono le sovranità di questi ambiti: politica, militare, economica, monetaria, alimentare, sanitaria e educativa. Queste sette fondamentali sovranità sono la proiezione delle sette Idee innate inscritte nella matrice spirituale umana che si collegano all’elenco da poco indicato con unità (politica), ordine (militare), giustizia (economica), misura (monetaria), armonia (alimentare), bellezza (sanitaria) e amore (educativa). Nulla – idealmente – si trasforma storicamente o s’indirizza eticamente se non attraverso la politica. Il soggetto politico è dunque la proiezione storico-sociale in ambito comunitario della Natura umana. Essa è l’incontro e la momentanea fusione (dalla nascita alla morte) tra il corpo e la matrice spirituale. Cominciamo ora dal primo elemento di questa fusione situato al livello inferiore: il corpo.

Il Corpo

Il corpo è l’espressione della materia, ovvero il grado inferiore dell’Essere. Ciò non vuol dire (riferendoci all’aggettivo inferiore eventualmente inteso come diminutio) che non abbia la sua notevole importanza. Esso è la sede di tutti gli aspetti cognitivi attraverso i quali il pensiero si esprime in tutte le sue articolazioni. E’ il medium tra la libertà d’azione spirituale e la necessità della sopravvivenza della singola persona. Senza il corpo non ci sarebbero presenza (qui e ora), esistenza (trasformazione), Storia (dispiegamento del pensiero umano creativo) e potenziale evoluzione da parte del genere umano. Il corpo è fondamentalmente disposto dalla necessità (fisiologica, biologica,..), cioè da leggi indipendenti dalla volontà libera. Esso è precario, soggetto a invecchiamento e decadimento progressivo. Esso è mortale e finito.

A dimostrazione però di quanto corpo e spirito si condizionino e dialoghino tra loro implicandosi a vicenda, la malattia del corpo (sia fisica che psichica) può avere una genesi anche dagli scompensi dovuti al livello psichico e spirituale. Il corpo – e in questa veste ricopre un ruolo di straordinaria importanza – è il vettore in cui s’incarna l’Energia della Matrice spirituale (vedremo tra poco le strutture energetiche, il secondo topos della matrice spirituale). Fondamentale è riconoscere che la Natura umana è Energia. Essa è pensiero che crea e lavoro che trasforma.

L’Energia è dunque il presupposto indispensabile – a noi potenzialmente disponibile! – per l’agire rivoluzionario a livello storico-sociale. L’energia è il motore del pensiero che crea (elaborazione teorica) ed è il motore del lavoro che trasforma (prassi rivoluzionaria). L’essere umano è una struttura complessa composta da diversi livelli energetici corrispondenti ai diversi livelli dell’Essere e del suo Essere situantesi tra il livello inferiore della materia (corpo) e quelli più sottili ed elevati degli stadi superiori e spirituali con tutte le possibilità di evoluzione.

Il corpo è il medium per i diversi livelli di energia portati dallo spirito quale manifestazione delle sette strutture energetiche, il secondo topos dell’essenza umana ed è integrato nel Logos quale espressione molteplice delle attività spirituali creatrici, il terzo topos (idem come sopra per le strutture energetiche), argomento che caratterizzerà la costituzione della Natura umana come Natura storica. Il corpo è il tempio dello Spirito e deve essere oggetto di cura costante. Questo tempio deve potenzialmente durare un lungo arco temporale per permettere allo spirito di portare a compimento i suoi potenziali obiettivi, sia quelli che competono eticamente all’orizzontalità storico-sociale tanto quelli deputati all’elevazione nella dimensione della verticalità ontologica. Il corpo deve essere solido, bello, sano e accogliente.

Il corpo deve avere una presenza esteticamente gradevole e deve essere accudito anche nella forma. La trascuratezza estetica del corpo è l’anticamera dell’oscurità dello spirito. Il corpo deve essere curato nel metabolismo e dunque nutrito con un’alimentazione sana e corretta. Il corpo deve essere il medium di una sessualità che connetta con il piacere evolutivo e che si predisponga, altresì, alla riproduzione della specie. Il corpo deve essere attivo fisicamente in modo tale che tutti i suoi organi funzionino al meglio e nella salute. Il corpo deve collaborare con lo spirito per una crescita evolutiva in una dimensione olistica ove il Tutto ricomprenda e unifichi ogni singola (e solo apparentemente divisa) parte.

La fusione corpo-spirito è la prima metafora della particolare dimensione che inquadra armonicamente l’unità olistica, la quale definisce la totalità dinamica di ogni elemento della natura umana tale per cui ogni essere umano è impensabile se non in relazione a tutte le proprie caratteristiche (pure quelle inerenti al connubio corpo-spirito). Ma anche in relazione – l’essere umano comunitario – all’altro e cioè gli altri esseri umani, gli altri esseri viventi, quelli non viventi, a quelli visibili e non visibili, al pianeta (oikos come madre terra) nella sua globalità e l’universo tutto. La dimensione olistica dell’Essere (la totalità – l’Uno – in rapporto al molteplice e il molteplice in rapporto alla totalità) è la medesima dimensione olistica del nostro essere (umanità in rapporto al mondo e il mondo in rapporto all’umanità).

Il secondo e fondamentale elemento d’analisi per definire il soggetto politico, ovvero l’essere umano comunitario, è la matrice spirituale.

La Matrice spirituale

La matrice spirituale ha una maggiore complessità d’analisi rispetto al corpo. La Natura umana – ricordiamolo – è l’incontro tra questi due elementi. La Matrice spirituale, però, – senza nulla togliere all’importanza del corpo – ne rappresenta il principio il quale è da noi definito con il termine di essenza umana. Essa rappresenta il grado superiore dell’Essere per ciò che concerne la sfera dell’umanità. Del corpo abbiamo poc’anzi detto e scritto. Della matrice spirituale (o essenza umana) – di cui ora ci occuperemo nello specifico – sono tre i topos che analizzeremo in profondità con due prerequisiti indispensabili da chiarire come premessa. Lo spirito ha infatti due qualità totalmente assenti nella materia e nei semplici corpi biologici: la libertà e la coscienza.

Con libertà (primo prerequisito fondamentale) intendiamo quell’esclusiva predisposizione che possiede l’essere umano (e la sua Natura) quando fondamentalmente riconosce – intuitivamente – una dualità etica intorno alla coppia irriducibile e alternativa di bene e male. Come corollario immediato a questa prima intuizione, la libertà è il riconoscimento della possibilità di scelta tra questi due poli assolutamente inconciliabili e alternativi. Il bene è la conservazione nella vita comunitaria storico-sociale dei valori espressi da sette Idee innate reali (vedremo poco oltre) e cioè l’amore, l’unità, l’ordine, l’armonia, la misura, la bellezza e la giustizia. Per male, s’intende la negazione nella Realtà storico-sociale comunitaria dei valori espressi da queste sette Idee innate reali. La libertà è il riconoscimento che lo spirito è dimensionato dal mondo dei fenomeni retti dalla necessità. Lo spirito, inoltre – incarnato nel corpo – sperimenta la finitudine. La libertà è – kantianamente – l’indipendenza della volontà dal mondo dei fenomeni. Nel mondo delle relazioni storico-sociali, però, la volontà è libera quando c’è il riconoscimento che la possibilità è potenzialità e dunque creazione.

Per coscienza (secondo prerequisito fondamentale) intendiamo fondamentalmente quattro cose: la prima è che il pensiero umano coglie se stesso come atto puro dello spirito. In questa prima fase, la coscienza – rientrando dall’attraversamento degli oggetti da essa posti – diviene autocoscienza. La seconda è che il pensiero libero muove la volontà creativa e trasformativa della realtà secondo gli essenziali dettami della matrice spirituale. La terza è che il pensiero riconosce se stesso come potenzialità. Tanto è maggiore il grado di questo riconoscimento, tanto maggiore è la coscienza e quindi maggiore è – per una persona, una comunità o un popolo – il potere creativo di plasmare, costruire, produrre, edificare Realtà storico-sociali secondo Natura e cioè secondo il Bene. La quarta è che la coscienza è sinonimo di consapevolezza di discernere liberamente tra Bene e Male e indirizzare il senso dell’esistenza (personale e comunitaria) in opposte direzioni. Soddisfatta la disamina sui due prerequisiti fondamentali dell’essenza umana, anticipiamo in sintesi i tre topos di cui è animata la matrice spirituale.

Primo topos: Idee innate come nucleo della Matrice spirituale

Il primo topos riguarda un ambito che è radicalmente atemporale e metastorico e costituisce il nucleo profondo della matrice spirituale quale essenza dell’Essere umano. Questo nucleo racchiude le Leggi universali che governano il tutto e rappresentano la radicalità dell’Essere. Queste Leggi costituiscono l’essenza della nostra matrice e precedono sia il corpo che – soprattutto – la Storia.

Queste Leggi universali che governano il Tutto, la totalità, il cosmo, sono presenti nella nostra matrice spirituale nella forma di archetipi, in qualità di modelli formali intorno ai quali – in libertà e coscienza – l’essere umano può plasmare e creare la Realtà. Questi archetipi – incontrando il corpo – si presentano come energia (secondo topos) e come parola, verbo, logos (terzo topos). La distinzione tra i tre topos non è però assolutamente da intendersi nei termini di un’inesistente tappa cronologica scandita da diversi momenti, ma solo di diversi livelli dello stesso Spirito in movimento simultaneo (sono, esisto, creo) nel potenziale percorso evolutivo all’interno dell’Essere. Questi archetipi hanno dunque il dono dell’eternità, dell’a-temporalità e dell’a-spazialità. Entrano nel tempo, nella Storia, nello spazio, nella materia e nel nostro corpo attraverso lo Spirito e – in particolare – nel singolo spirito di ogni singola persona. In sé, ogni archetipo non è corruttibile né riducibile al nulla in quanto – fondamentalmente – non è Storia né – tantomeno – un prodotto storico.

Quando a suo tempo parleremo di nichilismo, tratteremo del nulla in quanto risultato terminale di un’Epoca che si allontana radicalmente da esse, ma non parleremo della distruzione (impossibile) di esse. Se l’Essere (Dio, Principio, Uno, Tutto,..) rappresenta la totalità perfetta in cui esse sono espresse e manifestate, dimostreremo che il nichilismo è la sublimazione del non-Essere. Ma in quanto tale, L’Essere esiste e sempre esisterà. Tormentato o separato dalla molteplicità. Ma esiste sempre. Semmai è l’umanità che deve decidere se vuole esistere oppure no. A suo tempo, però, completeremo questo discorso (qui per sommi capi solo anticipato) e che complessivamente è inquadrato in un’analisi economico-politica.

Queste Leggi (archetipi) sono le sette Idee innate reali e si rappresentano come amore, unità, ordine, armonia, misura, bellezza e giustizia. Esse non sono prodotti storici ma sono il potenziale contenuto nella nostra essenza per dare forma alla Storia. Con queste Idee l’essere umano potrebbe potenzialmente creare realmente una comunità umana simile all’universo divino e alla sacralità delle sue Leggi. Potrebbe (e non “deve”), perché la potenzialità è disponibilità in funzione della libera volontà. Queste sette Idee innate reali simboleggiano la carta d’identità dell’essere umano. Queste sette Idee innate sono reali perché l’essere umano che vuole liberamente realizzare se stesso deve concretizzarle storicamente nella creazione di comunità umane secondo la propria Natura, pena l’insorgere di quel fenomeno (di cui ci occuperemo a suo tempo) distruttivo che prende il nome di alienazione. Essa – in una prima definizione generalissima – è l’allontanamento dell’essere umano dalla propria essenza e cioè – fondamentalmente – dalle sette Idee innate reali. Queste sette Idee innate sono il contenuto a-storico portato in dote dalla matrice spirituale e la cui esistenza prescinde dal corpo in cui la matrice s’incarna. Le sette Idee innate reali, che rappresentano il primo topos dell’essenza umana, sono le seguenti:

1 – Amore – L’Idea di Amore è espressa mirabilmente nella metafora della luce, manifestazione del movimento energetico disinteressato, omnidirezionale e propagatore del calore, della passione e della luminosità. La luce – amore – è energia in movimento. L’amore è il movimento di energia verso l’altro, con l’altro e per l’altro, sia esso un essere simile, un essere vivente o un essere non vivente. E’ l’aver cura e il prendersi cura degli altri come altro da me inteso come altro me ma che non è me. L’Amore è la compassione verso l’altro simile in quanto còlto (potenzialmente) nel comune destino evolutivo transitante nella Storia attraverso la gioia e la sofferenza. E’ l’Idea della donazione gratuita, totale e disinteressata di sé rivolta all’altro anche nella comunanza di esperienze, per la crescita e l’evoluzione propria e degli altri.

2 – Unità – E’ l’Idea della consapevolezza dell’appartenenza di ogni singolo ente (essere umano in primis) alla totalità assoluta, all’Uno. Essa è il presupposto del principio olistico ove la parzialità si coniuga alla totalità e la totalità è l’espressione organica delle parzialità. Ove la singola persona si coglie e si completa nel Tutto. Nella sfera politica, l’unità è la condizione del completamento comunitario del singolo nella dimensione storico-sociale. Il principio olistico così inteso nelle sue due diramazioni sta alla base del concetto stesso di persona. Essa è l’espressione della singola matrice spirituale fusa in un corpo che è collegata organicamente – anche nella dimensione del progetto – a tutti i livelli superiori dell’Essere. Una matrice spirituale e un corpo disancorati dall’aggancio ai livelli superiori dell’Essere e quindi preclusi a un percorso evolutivo fanno della (non) persona un semplice individuo dedito esclusivamente alle semplici pulsioni animali e emozioni da “vivere” in una dimensione prettamente materialistica, solipsistica, egoica e monadistica. La fotografia, cioè, di quello che resta dell’attuale essere umano di questa epoca ultima.

3 – Armonia – Essa è l’Idea che manifesta la virtuosa complementarietà delle vocazioni, dei ruoli e dei compiti di ogni ente (e di ogni singola persona) nel quadro della totalità delle relazioni sia tra umani – contesto storico-sociale – che tra umani e universo tutto (ambiente, pianeta, cosmo).

4 – Ordine – E’ l’Idea che indica la costituzione gerarchica spirituale – in un modello organico – della virtuosa complementarietà delle vocazioni, dei ruoli e dei compiti di ogni ente (e di ogni singola persona) nel quadro della totalità delle relazioni sia tra umani – contesto storico-sociale – che tra umani e universo tutto (ambiente, pianeta, cosmo).

5 – Misura – Essa è l’Idea del metron aristotelico. E’ la finitudine etica che costituisce il senso del limite tra sé e l’infinito attraverso la mediazione, l’incontro e il confronto con l’altro. Quell’altro nostro simile o essere vivente, oppure non vivente, o anche il pianeta nostra casa. E’ il limite da imporre al nostro ruolo, al senso della nostra vocazione. Nella dimensione storico-sociale è anche il limite etico al consumo di beni e al possesso di ricchezze.

6 – Bellezza – E’ l’Idea da cui sorge il piacere; è la fonte che genera il sentimento gioioso financo – kantianamente – allo struggimento del sublime. La bellezza assume le sembianze della prorompente energia erotica emessa da un nostro simile, dalle sottili frequenze, dalle forme sublimi, dai suoni nostalgici, dalla tumultuosa passione, dai colori luminosi e dai profumi inebrianti. E’ l’ebbrezza dell’Uno che dimora nella finitudine della singola persona. E’ lo stupore gioioso che l’altro (persona, paesaggio, opera d’arte,..) muove sul crinale della nostra esistenza tra il finito e l’infinito.

7 – Giustizia – Essa – l’Idea della giustizia – è la sintesi superiore e il riassunto organico delle precedenti sei Idee reali innate nella nostra matrice spirituale. Se vissuta, la giustizia le valorizza alla massima espressione realizzando la stella polare dell’esistenza umana nella dimensione storico-sociale: il Bene. La giustizia è la condizione (Idea reale) per la quale una persona e una comunità non patiscano impedimento, sopraffazione, ostacolo, preclusione, sfruttamento, parassitismo e alienazione nelle attività tese al proprio percorso evolutivo mosso dal bene comune e personale.

Secondo topos: le strutture energetiche

Il secondo topos dell’essenza umana – principio della nostra matrice spirituale in senso stretto e della nostra Natura umana in generale – riguarda le sette strutture energetiche che sono anch’esse il condizionamento della presenza spirituale sul corpo ma che – a differenza delle sette idee innate reali – non possono e non sono prescindibili – nella loro definizione e riconoscimento – dal corpo in cui lo spirito dimora. Queste sette strutture energetiche sono gerarchicamente distribuite dal basso verso l’alto, dalla più materialmente densa alla più sottilmente spirituale, lungo un simbolico tragitto di ascesa che dal basso della spina dorsale giunge sino alla sommità del capo. Queste sette strutture energetiche sono il carburante vitale della nostra esistenza. Sono particolari centri energetici che – potenzialmente – muovono emotivamente, sentimentalmente, cognitivamente, intuitivamente e spiritualmente la nostra azione in funzione della trasformazione evolutiva dei piani storici e ontologici dell’Essere. Queste sette strutture energetiche sono – dal basso verso l’alto – i sette centri energetici che presiedono al radicamento spazio-temporale, sessualità, l’autodeterminazione, la relazione, l’espressività, l’intuizione e quello dedicato alla pura spiritualità.

Per sviluppare la propria azione trasformatrice (creare Realtà storico-sociali potenzialmente infinite, spazianti tutte tra il bene sommo e il male estremo) attraverso il lavoro in quanto trasformatore energetico, l’essere umano deve preliminarmente ri-conoscere (oltre alle sette Idee innate reali – primo topos – e alle sette declinazioni del Logos in quanto Attività spirituali creatrici – terzo topos) le fondamentali sette strutture energetiche – secondo topos – di cui è fondamentalmente dotato nel momento stesso in cui la fusione corpo-spirito lo cali nel contesto storico-sociale della propria Epoca.

Il ri-conoscimento di esse è necessario al fine di definire come seria e rigorosa l’azione veramente rivoluzionaria (e con essa intendiamo un’azione volta al superamento epocale odierno caratterizzato dallo stradominio del Capitale, di cui cominceremo a parlare nel quarto saggio di questa collana, intitolato COSA E’ IL CAPITALISMO) del militante politico ed equipaggiarlo dei giusti abiti con i quali affrontare la conoscenza, la valutazione etica e la proposta di trasformazione storico-sociale per la fuoriuscita dall’attuale stagione epocale.

Queste sette strutture energetiche – a differenza delle Idee innate, che sono puro atto dello spirito – compaiono quando lo spirito s’incarna nel corpo, “informando” però quest’ultimo sul senso evolutivo che l’esistenza dell’essere umano potenzialmente ha. Intorno a queste fondamentali strutture, però, il corpo ricopre un ruolo di non secondaria importanza, al pari delle attività spirituali creatrici (Logos incarnato e storicizzato) che rappresentano il terzo grande ambito – di cui poco oltre ci occuperemo – di cui è caratterizzata l’Essenza umana, la carta d’identità della nostra matrice spirituale.

Per parlare delle sette strutture energetiche, dunque, ricordiamo che esse sono di genesi spirituale ma trovano una loro definizione rigorosa solo se delineate dalla simbiosi tra corpo e spirito e che idealmente esse sono simbolicamente distribuite – dal basso, il primo, fino all’alto, il settimo – sulla colonna vertebrale del nostro corpo sino a compiersi alla sommità del capo, idealmente indicate sul perineo, parte inferiore dell’addome, plesso solare, cuore, gola, testa (“terzo occhio”) e sommità del capo,  a ribadire la centralità del tempio in cui la nostra matrice spirituale dimora. Il corpo (il nostro corpo, il tempio da curare..) rappresenta la materialità necessaria per vivere nella terra di mezzo in cui lo spirito dell’essere umano è attualmente situato e presso la quale sperimenta la potenziale evoluzione. Di seguito – sinteticamente – descriveremo le principali caratteristiche delle sette strutture energetiche di cui è universalmente e naturalmente dotato l’essere umano.

Il primo centro energetico è quello deputato al radicamento spazio-temporale. È il centro energetico del qui e ora, della situazione etica da vivere nel mondo e nella sua quotidianità avendo però un collegamento solido al contesto materiale circostante. E’ la struttura energetica equivalente – per aiutarci con metafore – a quelle esercitate dalle radici di un albero o dalle fondamenta di un edificio abitativo. E’ il centro energetico che ci radica nel tempo, nello spazio e nella materia. E’ il luogo del radicamento alla terra, al suo ancoraggio. È caratterizzato dalle emozioni di sopravvivenza, dalla ricerca di stabilità, sicurezza e dalla ricerca dell’autosufficienza. E’ il centro del riconoscimento  della fusione tra spirito e corpo sulla Terra e nella Storia. E’ il centro energetico a suo modo (siappur parzialmente e in modalità espositiva incompleta) intuito da Kant nell’Estetica trascendentale della sua Critica della Ragion pura, quando in essa scorgeva quella Forma pura riconducibile ai due fondamentali elementi del tempo e dello spazio nei quali trovano la loro realizzazione i fenomeni. L’essere umano centrato in questo prima struttura energetica vive saldamente – con una formula risaputa – con “i piedi per terra, con le giuste ambizioni e non con la testa tra le nuvole”.

Il secondo centro energetico è quello che presiede alla sessualità, creatività (qui intesa come slancio vitale) e autostima, al piacere, alla riproduzione della specie, alle emozioni e alla loro sublimazione in vista di un loro percorso di crescita. È il centro energetico deputato all’elevazione della sessualità e al movimento verticale evolutivo del piacere.

Il terzo centro energetico è quello che presiede all’autodeterminazione, alla volontà e alla trasformazione. E’ il centro energetico che per primo chiama in causa l’ego – l’individualità – quale caratteristica primaria della singola persona in quanto attrice storica e quindi soggetto atto alla decisione e alla scelta che risolva armonicamente la singolarità con la comunità di appartenenza. E’ il luogo della gestione dell’emotività in funzione dell’equilibrata autodeterminazione.

Il quarto centro energetico è quello deputato alla relazione con l’altro, gli altri, la natura ambientale e il mondo. E’ il centro energetico che maggiormente è in connessione con l’Idea innata dell’amore. E’ quello del cuore, centrale sia fisicamente che nelle dinamiche dell’equilibrio psicofisico. Unisce i centri energetici superiori e più spirituali, a quelli inferiori e più materiali. E’ la struttura energetica che media tra il corpo e la mente e presiede agli scambi passionali e movimenti sentimentali, in primis quello della com-passione e del perdono.

Il quinto centro energetico è quello che presiede all’espressività, alla  comunicazione (sia con gli altri che con noi stessi) e alla creatività, quest’ultima qui intesa come realtà da plasmare con progetti personali e comunitari nel profondo legame che unisce la parola alla cosa cui inerisce e riferisce. E’ il centro energetico in cui la creatività (artistica, culturale, politica,..) passa dalla purificazione del linguaggio e in cui l’esercizio d’ascolto (degli altri e di noi stessi) è propedeutico alla costruzione di un’armonica comunità secondo natura umana. E’ il centro energetico deputato alla realizzazione del verbum o logos in cui la magia della parola diviene realtà dei fatti attraverso la chiara elaborazione progettuale di comunità umane tese alla realizzazione massima della propria essenza. E’ intorno alla parola che questo centro gestisce forme sottili di energia.

Il sesto centro energetico è quello che presiede all’intuizione, alla percezione immediata del sapere del mondo inteso quest’ultimo come l’insieme delle leggi universali di cui è costituita anche la nostra essenza. È l’intuizione che le leggi che governano il tutto universale sono le medesime espresse dalle nostre sette Idee innate reali. E’ il centro energetico predisposto all’intuizione dell’intimo legame tra microcosmo e macrocosmo. E’ il centro energetico che permette l’empatia con altre persone che guardano “oltre” le apparenze fenomeniche scorgendo potenzialità evolutive nella realtà quotidiana alienata. In questo centro energetico si collegano tutti gli opposti e tutte le dualità, come il bene e il male, l’elemento maschile e quello femminile, la ragione mondana e la percezione trascendente, la forma e la sostanza, il corpo e lo spirito. In questo particolare centro vi è la comprensione della dialettica storica (indispensabile per chi milita politicamente e milita in un progetto rivoluzionario anticapitalista..) come modalità filosofica da adottare nella terra di mezzo in cui lo spirito umano è incarnato in un corpo situato nella materia, nello spazio e nel tempo cronologico. E’ il centro energetico rappresentato simbolicamente dal “terzo occhio” che vede quello che esiste oltre a queste separazioni dialettiche e storico-sociali, tipiche del nostro livello mondano dell’Essere. E’ il centro energetico che intuisce come il corpo e la Storia sono un banco di prova da attraversare per risalire nel percorso di ricongiungimento con i livelli superiori dell’Essere.

Il settimo centro energetico è quello che presiede al pensiero come atto puro dello spirito. È il centro energetico che presiede all’illuminazione, allo stadio della conoscenza ove abbiamo la coscienza che il pensiero crea. E’ il centro energetico che fa da ponte tra la Storia e la trascendenza, tra l’umano e il divino, tra il corpo e lo spirito. E’ il centro energetico che – opportuno grado di coscienza permettendo – porta a compimento la superiore sintesi tra rivoluzione mondana e evoluzione ontologica, tra giustizia terrena ed elevazione divina.

Il Terzo topos: il Logos in quanto Attività spirituali creatrici

Il terzo topos dell’essenza umana riguarda la manifestazione più diretta dello spirito nel tempio in cui dimora, vale a dire la parola, il verbo, il logos, ovvero il Dio che si fa Uomo, il verbo che si fa carne, il pensiero che si fa azione, la teoria che diviene prassi, lo spirito che diviene Storia, la parola che magicamente diviene Realtà. Per magia non intendiamo la pratica assurda che fungerebbe da illuminazione sulla “vera realtà” rappresentata da quella trappola quale il mito del velo di Maya attraverso il quale vi sarebbe una frattura tra un (presunto) Essere vero noumenico (l’al di là) separato da un (presunto) essere apparente e finto (l’al di qua) in quanto teatro di fenomeni illusori.

Questo falsissimo platonismo (Platone non ha mai detto castronerie del genere) è origine di tutte le filosofie nichiliste e giustificatrici della modernità attuale. La parola è invece il sacro che plasma il tempo e lo spazio. La parola è la conduzione dello spirito che dall’Uno torna all’Uno. La magia della parola è il contenuto dell’intuizione, la sua folgore. Essa (la parola) è il simbolo di tutti i respiri dello Spirito. E’ il pensiero che manifesta se stesso nella Realtà. E’ attività creatrice. La parola è magia. La magia è parola. Per magia intendiamo il meraviglioso passaggio dalla radice archetipica – le sette Idee innate – alle strutture del reale nel quale sono tra loro in relazione gli enti mondani.

La magia è energia che crea – attraverso l’attività dello spirito umano – un mondo attraverso simboli. Essi sono la proiezione degli archetipi quali le idee platoniche che noi associamo alle Idee reali di cui parliamo in questo saggio e che sono la Costituzione della nostra matrice spirituale. L’archetipo non è però solo l’ispirazione della creatività ma è anche il luogo per eccellenza della Parola che si nutre anche di emozioni, sentimenti e della linfa del cuore. In Gustav Jung, l’archetipo non è solo l’immagine innata del singolo. Rappresenta anche il modello ispiratore con il quale creare la Realtà storico-sociale, nella quale inquadrare anche i programmi economici a fini evolutivi. La parola è perciò il punto d’incontro tra cuore e razionalità, tra sentimento e logica. E’ lo spazio magico nel quale lo Spirito si espande. La parola è lo scrigno che emana questa energia e che emette una particolare frequenza. La risonanza di essa con il nostro essere più profondo – ove la matrice spirituale tocca le corde del suo livello più alto, l’Anima – genera il brillamento del cuore e – anche solo per qualche attimo – si delineano i contorni della nostra vocazione che non è mai una figura immediata alla nostra coscienza e per molti – purtroppo – non lo è mai per tutta una vita.

Il logos è la definitiva fusione tra spirito e corpo (fusione anticipata dalle precedenti sette strutture energetiche) e si declina in sette traduzioni pratiche consistenti nelle sette attività spirituali creatrici, vale a dire il linguaggio espressivo, la ragione lineare, la ragione dialettica, la dialogicità, la socialità, l’alterità comunitaria e il calcolo sociale. Il logos è dunque tensione, movimento, creazione. Se le sette strutture elaborate precedentemente sono dei centri energetici d’irradiazione, Il logos è invece un motore energetico che beneficia di quelle irradiazioni articolando la propria azione in sette modalità. Le sette attività spirituali creatrici – attraverso le sette strutture energetiche – lavorano per la trasformazione evolutiva dell’Essere affinché le potenzialità divine delle Leggi universali espresse dalle sette Idee innate inscritte nella nostra matrice spirituale si realizzino divenendo Realtà storico-sociale nella loro massima pienezza e cioè realizzando il Bene comune. Le sette attività spirituali creatrici hanno il compito evolutivo di portare all’atto la potenza inscritta nelle sette Idee innate. Esse – le sette declinazioni del logos – sono un potenziale programma di governo evolutivo che realizza l’umanità alla massima espressione. Le sette attività spirituali creatrici, altrettante traduzioni e declinazioni del logos, sono il (terzo) topos nel quale la Natura umana diviene Natura storica.

Ogni volta che ci avviciniamo al logos quale figura problematica da chiarire, approfondire e oggettivare – e nel definire le sue sette declinazioni quali attività spirituali creatrici siamo all’interno di questa atmosfera -, quattro termini si mettono in fila indiana in attesa della corretta connessione di essi: parola, pensiero, spirito e azione. Parola intesa come verbo, simbolo, segno di un’essenza che vuole essere consistenza, esistenza e realtà. Pensiero che vuole essere ragione di questa parola nella realtà. E per ragione intendiamo il processo discorsivo che riguardi l’origine dei nessi logici che strutturano i fenomeni legati alla necessità quanto ai nessi evolutivi legati al senso che strutturano le relazioni libere tra esseri umani e tra esseri umani e il mondo in cui dimorano. Spirito che è respiro di questa ragione che sta sul crinale tra necessità e libertà avendo come potenziale stella polare l’evoluzione. Azione perché logos – nelle sue sette articolazioni – è al tempo stesso il segnale stradale (il senso), la strada (tra essenza e esistenza), come crearla (senso nell’esistenza) e come percorrerla (avendone e prendendosene cura).

Il logos ha perciò sette fondamentali significati che fondano le sette attività spirituali creatrici che costituiscono il terzo topos dell’essenza umana oggetto del nostro studio.

Il primo significato è quello dato dal linguaggio espressivo in quanto attività spirituale della Natura umana che concilia – nella Tradizione (trasmissione coerente) – l’universalità delle Idee reali (Amore, Unità, Ordine, Armonia, Misura, Bellezza e Giustizia) con la specificità di ognuna delle due vie attraverso le quali agiscono: a) Cultura popolare, Etnodiversità o Etnoidentità. b) Vocazione o attitudine personale. Questo primo significato è intimamente legato all’espressione aristotelica dello zoon logon echon, vale a dire essere umano inteso come animale dotato di linguaggio espressivo.

Il linguaggio espressivo – oltre all’aspetto conciliativo di cui sopra – ha anche un aspetto conservativo. E’ un’attività spirituale preposta alla trasmissione coerente dell’arcaico legame tra nome e cosa, pur comprendendo all’interno di questa trasmissione coerente (tradizione) che la creatività umana predispone questo legame arcaico alla variazione semantica che è origine delle formulazioni di sempre nuovi codici, frequenze, colori, suoni, note, canoni, alfabeti e calcoli. Nei bisogni creativi da soddisfare evolutivamente attraverso il controllo etico della politica e l’organizzazione economica, la cultura occupa lo spazio unico e fondamentale e il suo carattere espansivo rende il bisogno anche come portato storico.

La cultura è dunque libera creazione di codici, canoni, forme e alfabeti con cui rappresentare e istituire la Realtà e – al tempo stesso – Unità della tradizione nella diversità dei paradigmi. Alla luce di ciò, il virtuoso linguaggio espressivo è quella delicata attività spirituale creatrice che armonizza la conservazione del legame arcaico con il progressivo allargamento d’istanze culturali. La Tradizione è il rispetto di questa fondamentale trasmissione coerente, quella del legame arcaico, che garantisce l’intersecazione del piano orizzontale storico-sociale (all’interno del quale il senso delle sette Idee reali si fa Storia) con la verticale trascendente del piano dell’Essere, atemporale e a-spaziale, da cui discendono gli archetipi divini che costituiscono l’essenza della nostra matrice spirituale e – per esteso – della nostra Natura umana.

Il linguaggio espressivo realizzatosi genuinamente nella Storia attraverso la Tradizione garantisce l’ottimale lavoro di sintesi tra natura e cultura. Sintesi nella quale è originata la storicità del bisogno da soddisfare – al di là della contingenza epocale – nei termini evolutivi cari al rispetto genuino di eco-nomia. La Tradizione riconosciuta al linguaggio espressivo è garanzia dell’incontro tra l’universalità della Natura umana realizzata nella bellissima e variegata diversità delle etnodiversità e specificità cultural-popolari e del connubio tra universalità della Natura umana espressa nelle singole vocazioni personali. Il linguaggio espressivo – sia quello concernente la ragione lineare scientifica sia – soprattutto – inerente alla ragione dialettica (vedremo poco oltre) – riconosce le essenze di ogni ente storico mondano sia da un punto di vista scientifico che da un punto di vista etico.

Anticipando qui temi che svilupperemo nel quarto saggio di questa collana (4 – COSA E’ IL CAPITALISMO), premettiamo che l’attuale Epoca capitalista – che indagheremo approfonditamente in quello scritto – necessita – al fine di giungere alla realizzazione dei propri scopi e interessi – che l’essere umano si allontani dall’arcaicità del legame tradizionale e magico tra nome e cosa. L’uomo moderno è disconnesso tra l’espressione verbale di un nome e l’ancestrale significato della cosa cui – oggi – artificialmente si riferisce dopo la destrutturazione e ri-programmazione dell’umano. Questa disconnessione è la base di tutti i processi di mistificazione e manipolazione attraverso la quale il sistema capitalista controlla – direttamente o indirettamente – codici, frequenze, alfabeti, canoni, paradigmi di tutti gli ambiti riferiti alla conoscenza, sia essa quella adibita ai contesti storico-sociali (economia, politica, geopolitica,..) sia essa quella riferita alle sovrastrutture culturali (arte, filosofia, diritto, religione,..), al fine di perseguire i propri scopi di infinita accumulazione di capitale.

Il secondo significato del logos e la sua traduzione nella relativa attività spirituale creatrice è quello della ragione lineare. Essa è quella versione del logos che inerisce fondamentalmente al sapere basato sulla logica aristotelica e allargato alle scienze sperimentali ed è conosciuta come la ragione della mente. E’ la Ragione della necessità (verstand, ovvero l’intelletto). Qui dobbiamo fermarci e chiarire una distinzione fondamentale che in generale riguarda quella facoltà del pensiero umano denominata ragione. Essa è di due tipi. Da un tipo di vista teorico è ben riassunta nella distinzione kantiano-hegeliana tra intelletto (che qui definiamo ragione lineare) e ragione in senso stretto (che qui definiamo ragione dialettica, vernunft, la ragione del cuore quale terzo significato di logos, di cui ci occuperemo a seguire).

La distinzione sta nel diverso modo in cui il pensiero si rapporta alla Realtà. Se esso si rapporta nella dimensione della necessità, ovvero quando tratta gli enti all’interno di protocolli fenomenici tali per cui i loro rapporti hanno una valenza matematico-quantitativa regolata dal loro situarsi nella dimensione spazio-temporale rispettando la logica aristotelica del principio d’identità, quello di non contraddizione e quello del terzo escluso, siamo in presenza dell’intelletto. Esso – nella definizione degli enti e della loro posizione nello spazio e nel tempo – astrae questi dalla totalità e li definisce nei termini matematico-quantitativi rispettando i protocolli che presuppongo un particolare sapere denominato scienza sperimentale (fisica, biologia, ottica, astronomia, chimica,..).

Il logos declinato in questo primo significato è dunque il logos sinonimo di ragione lineare e la sua missione è definire la certezza e l’esattezza dei distinti campi d’indagine tipici dell’intelletto astratto dalla totalità quantunque situato in una parzialità universale, tipica di quei protocolli legati alle scienze sperimentali quali – ad esempio – fisica, biologia, ottica, astronomia e chimica. Nella ragione lineare non c’è alcuna libertà del volere umano. La fotosintesi clorofilliana e la forza di gravità – per portare due tra innumerevoli esempi – sono fenomeni biologici e fisici che prescindono dalla volontà del biologo e del fisico, i quali necessariamente hanno il compito di ri-costruire i rapporti matematico-quantitativi che ruotano intorno a nessi logici che legano il rapporto causa-effetto che necessariamente presiedono allo svolgimento della fotosintesi clorofilliana e alla forza di gravità.

La ragione lineare scientifica – quella amata dai galileiani o dalla nostra quotidianità quando guidiamo la macchina, quando calcoliamo le spese delle bollette o quando misuriamo i grammi di vitamina C che assorbiamo per rinforzare l’apparato immunitario – ha un rapporto statico con la parola. Non ne intercetta la magia ma si limita al suo uso precettistico. Come anticipato, la ragione lineare – tutt’al più – gestisce la superficie della parola (il suo involucro) all’interno di griglie interpretative che trovano il loro scopo nel raggiungimento dell’esattezza, della validità e della certezza. Dell’esattezza, della validità e della certezza in merito al funzionamento dell’anestesia prima dell’estrazione di un dente, in merito al funzionamento della tenuta dei pilastri come sostegno a una soletta e in merito al funzionamento dell’accensione di una lampadina quando schiacciamo l’interruttore.

Anche se la sua rigidità – soprattutto dopo il 1900 – è stata messa in discussione da una certificata e dimostrata reciproca contaminazione e influenza tra l’osservatore scientifico e il fenomeno studiato (soprattutto nelle dimensioni dell’infinitamente grande o in quelle dell’infinitamente piccolo), – e di cui qui non possiamo ampliarne l’indagine per ovvie ragioni di spazio e di perimetro argomentativo – la ragione lineare è normalmente deputata a leggere e rispecchiare il mondo dei fenomeni naturali, quelli ascrivibili – ad esempio – alle cosiddette scienze sperimentali, cioè a quei saperi fenomenici che potenzialmente possono essere riprodotti artificialmente in laboratorio.

La ragione lineare ri-costruisce in termini matematico-quantitativi gruppi di paradigmi che ineriscono la realtà materiale (ove per materia s’intende il contenuto empirico, sia quello solido-concreto che quello concettuale) in cui esprimono le proprie dinamiche le realtà cosiddette naturali (regno minerale, vegetale e animale) avendo come obiettivo non la Verità ma la certezza o l’esattezza dei giudizi comprendenti quei singoli paradigmi interpretativi. In essi non esiste – a differenza del mondo etico – alcuna libertà. La ragione lineare, dunque, rispecchia le leggi di questi paradigmi regionali entro le quali le relative dinamiche sono rigidamente subordinate alla necessità.

Il terzo significato dell’attività spirituale creatrice è quello della ragione dialettica. Essa è il pensiero della coscienza, cioè il pensiero del cuore, di quell’attività spirituale della Natura umana che indaga sulla dicotomia Bene-male attraverso la quale esprime una valutazione etica sulla Realtà storico-sociale in cui l’Umanità agisce. La ragione dialettica, a differenza di quella lineare, non risponde al presupposto del principio di non contraddizione, in quanto il male riconosciuto in un’indagine dell’epoca ha dialetticamente una funzione evolutiva in quanto ha il compito di ricordare che dialetticamente il Bene è la base progettuale per la realizzazione delle divine potenzialità contenute nelle sette Idee reali inscritte nell’essenza umana e dunque stimola e incita l’essere umano alla trasformazione politica della Realtà storico-sociale in quel senso (bene).

Quindi, la valutazione etica è operata su una dicotomia strutturalmente contraddittoria, pur ponendosi – la ragione dialettica – il compito del suo superamento a un livello superiore di coscienza prima e di coniugazione tra teoria e prassi dopo. Il male, il dolore e la sofferenza acquisiscono (di contro la necessità escludente del principio di non contraddizione) il motore per l’evoluzione dell’Umanità verso la realizzazione della propria enorme e immensa potenzialità divina che – a scanso di equivoci – passa anche attraverso la prova della dimensione storico-sociale. L’aumento del grado di coscienza intorno alle potenzialità della nostra Natura umana avviene attraverso la libera volontà. La ragione dialettica non è mossa dalla necessità, come la ragione lineare. Lo sfruttamento e il parassitismo (due dei tre crimini del sistema capitalista. Lo vedremo a suo tempo) sono opera – purtroppo – di un’Umanità libera e consapevole, mentre la forza di gravità – fenomeno fisico – e la fotosintesi – fenomeno biologico – sono necessari e inconsapevoli.

La ragione dialettica ha il compito di riconoscere e sentire la profondità del Reale cercando in esso la presenza delle sette Idee, degli archetipi che definiscono la genuina essenza dell’Umanità. La ragione dialettica è quella del cuore, quella della volontà che liberamente sceglie di aderire nella concretezza della quotidianità storico-sociale attraverso le sette Idee reali (vedi primo topos) che riflettono luce, bene e verità, oppure di non aderire a esse e riscontrare oscurità, male e menzogna. Nella sostanza – anticipando un lavoro successivo (4 – COSA E’ IL CAPITALISMO) riconosciamo alla ragione dialettica hegelo-marxiana di matrice idealistica (e non materialistica!) una convergenza con la descritta ragione dialettica in quanto logos espresso in questa particolare attività spirituale creatrice.

La ragione dialettica di matrice idealista ha una strettissima consonanza con la valutazione delle dualità bene/male, spirito/materia, luce/oscurità che – come archetipi -, si riverberano nella dimensione storico-sociale e rappresentano le opposte possibilità per la libera volontà umana. Abbiamo visto che il logos è la parola che s’incarna nella Storia. La ragione lineare – quella predisposta alla codificazione dei protocolli scientifici –, che abbiamo trattato nel significato precedente, si rapporta alla parola percependola statica e cogliendone solo l’aspetto superficiale del suo involucro, fungibile quantitativamente alle materie matematiche.

La ragione dialettica è invece quella facoltà del pensiero e del cuore che si rapporta alla parola intuendola come dinamica, cogliendo il nucleo profondo di essa come naturalmente disposta ai legami relazionali, sia essa la luce di un essere vivente (di cui aver cura), sia essa la luce di un essere non vivente (di cui prendersi cura). L’essenza della parola è dunque la qualità, espressa dal suo nucleo profondo. Quello intimamente legato ai sette fondamentali archetipi di cui le sette Idee innate ne sono la testimonianza diretta presso l’Essere.

La parola è creativa perché la sua magia è la qualità che attraversa le orizzontalità storiche innalzandosi alle verticalità celesti. Il recettore umano della parola è dunque la coscienza. Solo essa può riconoscerla. La ragione dialettica ha il delicato compito di sondare il legame – nella parola – tra quel nucleo profondo e gli archetipi divini che regolano l’universo e la Totalità. In questo riconoscimento, ci sarà la valutazione etica di un’epoca e la diagnosi sul suo stato di salute, di quanto – cioè – una comunità umana vive secondo la natura della propria essenza e che rapporto essa ha con l’amore, con l’unità, con l’armonia, con l’ordine, con la misura, con la bellezza e – soprattutto – con la giustizia.

Come introduzione al quarto, quinto e sesto significato di logos, è necessaria una premessa che ha come oggetto di ricerca il concetto che collega e riassume i tre significati che andremo a definire. Stiamo parlando del concetto aristotelico di zoon politikon. Così come zoon logon echon introduceva il primo significato delle sette possibili traduzioni di logos (linguaggio espressivo), lo zoon politikon è il denominatore comune alla dialogicità, socialità e alterità comunitaria.

E’ noto che zoon politikon è un concetto elaborato da Aristotele e indicava – con questo termine – la peculiarità dell’essere umano in quanto animale naturalmente portato alla socievolezza, quindi un essere comunitario e sociale. Questo animale politico abbiamo visto essere anche dotato di linguaggio espressivo (zoon logon echon). Ecco dunque che l’essere umano è un animale che naturalmente è predisposto a ricercare senso – attraverso il linguaggio – per socializzare con i suoi simili e edificare con loro una comunità. Per agganciarci al discorso del precedente saggio di questa collana (1 – COSA E’ L’ECONOMIA), lo zoon politikon può essere declinato anche come l’esercizio sociale di un monos dotato di bisogni che interagisce con un altro (e altri) monos dotato di bisogni, formando socialmente una solidale Polis orientata da un Bene che è Comune a entrambi. Quel bene è l’adesione storica – nelle strutture sociali – delle sette Idee innate e per comune s’intende l’eguaglianza di tutti i membri dell’umanità di agire in modo che nella libertà essi possano elevarsi spiritualmente anche attraverso il soddisfacimento evolutivo dei bisogni di cui sono naturalmente portatori, presupponendo un potenziale condivisivo destino per tutti i membri della comunità politica. Questa condizione di zoon politikon (coniugato allo zoon logon echon) pone l’umanità in uno stato di propensione alla relazione evolutiva tra i membri e alla creazione di una Comunità di destino potenzialmente identica alla diversissime e moltissime varietà etnoculturali che rendono ricco il nostro Pianeta.

Il quarto significato dell’attività spirituale creatrice è quello della dialogicità. Essa è  il libero confronto comunitario che due o più soggetti (persone, comunità, popoli, federazione di popoli) intrattengono intorno a argomenti posti dalla ragione lineare o quella dialettica, avendo come presupposto condiviso il Dialogo veritativo. Questa condivisione deve necessariamente presumere due condizioni: l’amore sincero per la verità e cioè l’idea che ogni risultato – anche al termine di un acceso confronto – deve assumere l’adesione di esso a ognuna delle sette Idee innate di modo che esso (il risultato) armonizzi finalmente l’iniziale contesa ed elevi i due poli del dialogo. La seconda è quella che il punto finale raggiunto non determini né vincitori né vinti, ma donne e uomini evoluti.

Il quinto significato dell’attività spirituale creatrice è quello della socialità. Il logos diviene Comunità. Qui lo zoon politikon ricorda la naturale propensione dell’umano a “stare insieme”, ma non per necessità. Se così fosse, infatti, l’uomo avrebbe dato vita a una sola forma di aggregazione sociale, esattamente come i lupi, le api, i leoni e via discorrendo. Nella realtà storica, invece, stante le diverse forme sociali, politiche e comunitarie sperimentate nella Storia è facilmente deducibile (ce ne fosse bisogno..) che l’essere umano è promotore di libera socialità. Se la libertà è però la prerogativa fondamentale nella scelta tra bene e male ecco che la scelta di creare un tipo di comunità piuttosto che la sua opposta è una scelta fondamentalmente etica. La socialità è dunque un fattore relazionale ad alto tasso evolutivo. Il generale concetto di zoon politikon è stato aggiornato dal rilevante concetto marxiano del gattungwesen, ovvero Essere Naturale Generico, in quanto l’essere umano può costruire e dar vita ad innumerevoli tipologie di comunità. La socialità orientata al bene – dal nostro punto di vista – non ha il solo scopo etico dell’emancipazione orizzontale storico-sociale della persona che vive in comunità (come già indicavano lo zoon politikon e il senso del gattungwesen in tutte le speculazioni aristotelico-marxiane), ma anche – in verticale – l’evoluzione dello spirito da un punto di vista ontologico. A suo tempo e in diversi punti dei prossimi saggi di questa collana avremo modo di riprendere la spinosa questione.

Il sesto significato dell’attività spirituale creatrice è quello dell’alterità comunitaria. Essa è la precondizione per la quale viene definita l’identità di ogni persona e di ogni comunita’. L’identità di ognuno (persona o comunità) è definibile solo ed esclusivamente nell’incontro con l’altro. La dialogicità e la socialità – orientate potenzialmente al bene – sono i prerequisiti per definire l’identità di una persona che risolve se stessa sempre e comunque nella comunità, ovvero riflettendo se stesso nell’altro nel momento della costituzione storico-sociale della Polis. Esiste l’individualità – anche forte e spiccata, energica e carismatica – solo nella maglia di una relazione comunitaria. Al di fuori di essa non vi è alcuna identità singola se non quella dell’atomo isolato o della monade egoista e chiusa nelle proprie pareti.

Il settimo significato dell’attività spirituale creatrice è quello del calcolo sociale. Questa settima e ultima traduzione del significato di logos è debitrice – e noi con lei – del lavoro certosino e approfondito di Costanzo Preve, filosofo politico tra i più arguti del secondo ‘900 e inizio di questo ventunesimo secolo, nonché fondatore della scuola torinese del marxismo idealista. Nella declinazione del logos in questi termini, il calcolo sociale comunitario – ripreso da una lettura della geometria pitagorico-platonica applicata alla sfera sociale – è strettamente legato all’Idea innata della misura che riprende il concetto aristotelico del metron (sottolineiamo qui, ce ne fosse ancora bisogno, di quanto la grecità antica sia per noi un faro illuminante..) qui previanamente declinato con il significato di limite etico. Esso è il parametro per almeno tre ambiti storico-sociali in cui il logos respira. Il primo è il senso della misura da applicare al possesso di ricchezze e al consumo di merci e servizi, questi ultimi soddisfatti possibilmente in un quadro evolutivo. Il secondo è il parametro per determinare la giustizia distributiva, ovvero evitare che in una comunità vi siano da un lato persone che muoiono di fame e altre che abbondano nel lusso. Il terzo è il criterio che valuta l’impatto ambientale rispetto alle attività umane monitorando il livello della simbiosi tra i diversi regni e – di quest’ultimo ambito – ne parleremo diffusamente nel sesto saggio ECONOMIA/ECOLOGIA.

A conclusione dell’analisi sui tre topos della matrice spirituale incarnata nel corpo dell’essere umano, riassumiamo brevemente gli aspetti salienti dei livelli con cui lo spirito presenta se stesso nel mondo storico attraverso l’umanità. Il primo livello è quello della sua essenza, determinata fondamentalmente dal contenuto ereditato dall’Essere a cui partecipa e che fonda le Leggi della totalità. Il contenuto inscritto nell’essenza umana sono le sette Idee innate reali, vale a dire amore, unità, ordine, armonia, misura, bellezza e giustizia. Il secondo livello – quello dell’energia – è determinato dal “primo incontro” tra spirito e corpo – da cui è originata la Natura umana – in cui si sedimentano sette strutture energetiche ubicate lungo la verticale del corpo. Esse presiedono al radicamento spazio-temporale, alla sessualità, all’autodeterminazione, alla relazione, all’espressività, all’intuizione e quello dedicato alla pura spiritualità. Il terzo livello è quello dell’attività. Esso è il luogo delle sette declinazioni del logos inteso come respiro spirituale atto al governo dell’azione concreta. Queste sette traduzioni indicano sette attività spirituali creatrici. Creatrici di realtà storico-sociale. Quest’ultimo livello – oltre a essere l’approfondimento del “primo incontro” tra spirito e corpo – ha il compito di realizzare concretamente tutte le meravigliose potenzialità insite nell’essenza affidandosi all’energia del secondo livello.

Il soggetto politico – appartenendo alla Natura umana – è strutturalmente portatore di una contraddizione operativa irrisolvibile, che lo accompagna lungo l’arco dell’intera esistenza. La Natura umana, infatti, essendo composta da due elementi eterogenei (spirito e corpo) è fondamentalmente soggetta a tensione. Essa è provocata dallo scontro tra la perfezione trascendente della dimensione spirituale e l’imperfezione immanente, caratteristica della dimensione biologico-corporea. Questa differenza di potenziale è il Motore dell’Energia che dà movimento alla creatività storica. Motore energetico che dà luogo al cammino rivoluzionario-evolutivo.

Il soggetto politico comprende gli ambiti della singolarità personale (bisogni, vocazione, individualità) ma non è assolutamente da intendersi – viste le premesse dello zoon politikon aristotelico – come un io atomizzato, solipsistico, individualistico, egoista, egoico e monadistico. Il soggetto politico è un io personale che diviene un noi comunitario che realizza la propria libertà nello Stato, massima espressione della suprema attività spirituale umana qual è la politica. E’ evidente – dunque – che la libertà è la responsabilità personale di evolvere comunitariamente avendo diritto a esprimere la propria singola vocazione senza impedimenti alcuni, nel quadro di un percorso educativo che porti all’evoluzione propria e al Popolo di appartenenza. Non esistono altre definizioni di libertà. La libertà del soggetto politico è interna e compiuta al bene comune. L’io che si risolve comunitariamente nel noi è il raddoppiamento metaforico emblematico della scintilla spirituale che anela a risolversi liberamente nell’Uno a cui desidera ricongiungersi.

Se dunque il soggetto politico è l’emersione del contenuto che sostanzia la sua essenza – e questo è il compito dell’educazione quale momento propedeutico all’azione politica – egli è infatti la risultante anche di un processo educativo lungo, faticoso e tortuoso, che coincide in larga parte con l’azione politica protesa alla disalienazione del genere umano. L’educazione è la via obbligatoria per realizzare integralmente l’Essere potenziale (e meraviglioso) della Natura umana. Il livello storico-mondano dell’Essere è l’Essere politico e comunitario (l’Essere sociale coincidente con il soggetto politico) che si sviluppa in quattro momenti ed è intorno ad essi che si costituisce una Polis che possa umanamente e veramente realizzare le sette sovranità.

L’Essere sociale (estensione politica della Natura umana che veritativamente esprime se stessa alla massima potenzialità) si articola in quattro livelli espressivi.

1) L’Essere personale, dotato di bisogni singolari, sobri e creativi. E’ l’essere che si connota con una precisa vocazione da spendere nell’esistenza in funzione della sua potenziale crescita e quella della comunità d’appartenenza. La vocazione è la predisposizione a un lavoro, un’arte, una missione in cui il proprio ruolo è di armonizzare i propri talenti in vista di un’evoluzione propria e comunitaria.

2) L’Essere famigliare, espressione della naturale e tradizionale fusione di genitori (madre femmina e donna, padre maschio e uomo) con figli. Rappresenta il primo momento etico che media il rapporto tra il singolo e la Comunità, declinando i bisogni essenziali, sobri e creativi al fine di promuovere la realizzazione delle vocazioni personali sia nell’interesse dell’evoluzione del singolo che, simultaneamente, nell’interesse della crescita della Comunità.

3) L’Essere culturale e professionale, che si forma e si sviluppa attraverso l’opera dei corpi sociali intermedi, siano essi interni alle unità produttive, siano essi legati all’associazionismo delle espressioni e delle passioni. E’ il momento etico della solidarietà comunitaria. E’ il momento in cui i bisogni essenziali, creativi, personali e sociali trovano la loro compiutezza – a misura della Natura umana – nella dimensione comunitaria.

4) Infine, l’Essere sociale politico e comunitario integrale, costituente lo Stato etico-politico, sintesi e garante comunitario dei Valori (amore, unità, ordine, armonia, misura, bellezza e giustizia) fondanti la Comunità popolare e nazionale, caratterizzata da una propria identità culturale storica.

Al termine dell’esposizione del corpo, dei due prerequisiti fondamentali dello spirito umano, delle sette idee innate reali (primo topos), delle sette strutture energetiche (secondo topos) e delle sette attività spirituali creatrici del Logos (terzo topos) e della conclusiva definizione del soggetto politico come un noi comunitario, rileviamo necessariamente un nesso specifico ineludibile e insormontabile che caratterizza l’azione del soggetto politico che voglia storicamente perseguire con serietà e sincerità il bene comune.

Questa correlazione è il legame che unisce la rivoluzione e l’evoluzione. La rivoluzione è il percorso di emancipazione sociale anticapitalista e comunitaria che in orizzontale caratterizza l’azione storico-sociale di un’umanità cosciente nell’intraprendere un cammino che interrompa il progetto di suicidio di specie quale stadio terminale dell’alienazione e – al contrario – realizzi alla massima espressione il contenuto delle sette Idee innate.

La rivoluzione è il percorso storico in cui è realizzato il ristabilimento del primato ontologico dell’essenza umana di contro alla sua alienazione ed è quindi compiuta interiormente (su di sé) e esteriormente (sulle istituzioni storico-sociali). L’evoluzione è la contemporanea risalita all’Uno – il ritorno a casa – che progressivamente l’umanità compie anche attraverso la rivoluzione storico-sociale (banco di prova ineludibile e ineliminabile) in cui lo spirito si congeda – dopo averli ringraziati – dal corpo biologico e dal corpo storico e sociale.

*Fronte del Dissenso Lombardia

Un pensiero su “CHI E’ IL SOGGETTO POLITICO (2) di Paolo Emilio Bogni*”

  1. Ares dice:

    Chiedo scusa ma l’articolo mi risulta di non facile lettura; da quanto recepisco, è un mirabile tentativo di collegare in un articolato discorso filosofico concetti vari in modo da creare una base di riferimento comune su cui quindi poter poi condividere tematiche o riflessioni.
    Non volendo certo negare lo sforzo e la cultura dietro la ricostruzione, mi sento, a tutela della libertà di pensiero e delle minoranze, di fare la seguente considerazione.
    L’articolo indica giustamente di non poter dimostrare tutto sperimentalmente , né di seguire il criterio di falsificazione di Popper, ma di individuare conferme nella realtà presente. Questo è in linea con la teoria matematica dei modelli dove si introducano gli assiomi e si deducono i teoremi, e la presenza di un intero modello effettivo coerente con un sistema di assiomi mostra la coerenza interna di quel sistema di assiomi; l’intento recepito dall’articolo (seppur non esaustivo) è analogo. E’ però da ricordare che nella teoria dei modelli insieme di assiomi diversi possono risultare consistenti con diverso significato degli enti riferiti; ad esempio la geometria euclidea e le geometrie non euclidee sono entrambi sistemi di assiomi coerenti che però sono soddisfatti in modelli diversi,nel senso che laddove è in presenza di un modello che soddisfa le geometrie non euclidee gli stessi termini “retta” e “punto” che nelle geometrie euclidee hanno certi significati e proprietà sono da intendersi in modo diverso dato che soddisfano proprietà diverse (ad esempio nelle geometrie non euclidee data una “retta” e un “punto” esterno ad essa la “retta parallela” a quella data non esiste o non è unica) ; cambiando quindi anche solo pochi assiomi in un contesto matematico si possono ottenere modelli della realtà che valutano in modo diverso gli enti e quindi sono sì coerenti ma in descrizione di sistemi e realtà diverse.
    Pertanto , anche ammessa la coerenza dell’intero ragionamento filosofico presentato (che, come detto, può essere una base di partenza per cercare di costruire un punto di riflessione comune), non è detto che altri sistemi non possano essere coerenti.
    Laddove quindi ad esempio l’articolo parla dell’entità “Essere”, si sostiene che “L’Ente non è una creazione dell’Essere, contrariamente a quanto sostengono – ad esempio – le religioni monoteistiche ” . Ammesso che ciò sia in linea con l’analisi filosofica riportata (non entro nel merito per non facilità di ricezione) questo non vuol dire che in altri sistemi di valori , in altre associazioni tra entità citate e assiomi, tra entità citate e modelli di realtà, la frase possa avere validità . Per quanto riguarda le religioni monoteistiche, infatti, in genere esse non sostengono (a differenza della definizione adottata dal ragionamento dell’articolo) che “Dio” è coincidente con l’ “Essere”; Dio in tali religioni è ed è in genere causa ultima non causata di tutte le cose (poi magari qualche filosofia mette in discussione anche questo) e Dio esiste ed è, ma non tutto quello che è in essere, che esiste, è Dio; “Dio” e “Essere” sono quindi in altri contesti soggetti con proprietà diverse da quelle mostrate nell’articolo e , anzi , interi sistemi filosofici (anche volendosi restringere a quelli non improntati a considerazioni nichilistiche) hanno provato a introdurre concetti quali immanazione, emanazione, anima del mondo, vuoto, etere, meccanicismo, … . Anche quindi assumendo coerenza e consistenza del ragionamento filosofico riportato, non è detto che con un altro sistema di assunzioni (che pure anche ammetta il concetto di Essere a differenza di approcci più disfattisti filosofici e come detto più portati ad un nichilismo, o anche solo ad una latra concezione della realtà quale può essere un “panta rei”), con un altra concezione dei soggetti, con un altro insieme di assiomi di base, possa essere vero che “L’Ente è una creazione dell’Essere”, così come la frase “per un punto esterno ad una retta passa una sola retta parallela” è vera nel sistema di assiomi della geometria euclidea ma non in quello delle geometrie non euclidee, senza quindi che questo implichi che le geometrie euclidee o quelle non euclidee siano ciascuna false (e infatti ciascuna di esse ha dei modelli matematici che dimostrano la consistenza dei corrispondenti insiemi di assiomi). Se quindi altre spiegazioni sono possibili (e ciascuna corrente filosofica o religiosa come detto nel corso della storia ha cercato in vari modi di proporre possibili variazioni, laddove più consistenti laddove meno), la frase “L’Ente è una creazione dell’Essere” che può essere coerentemente falsa nel sistema filosofico evocato dall’articolo può essere vera in altri sistemi che abbiano loro coerenza, senza che questo appunto determini incoerenza di nessuno di essi (Poi sistemi diversi determinano considerazioni diverse della realtà e un modello, un insieme di assiomi, può meglio descrivere uno scenario, una realtà, un universo, rispetto ad un altro, così come in alcuni casi le geometrie euclidee sono più utili a descrivere certe situazioni mentre in altri sono le geometrie non euclidee più utili a descrivere la situazione).

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