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SOVRANITÀ E CAPITALISMO (parte seconda) di Tonguessy

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[ 25 marzo ]

Pubblichiamo la seconda parte del lucido contributo di Tonguessy. QUI la prima.

La ricetta del capitalismo postmoderno consiste nella drastica compressione della middle class grazie alla contrazione salariale da una parte, e all’affidarsi alla manodopera delle nazioni emergenti dall’altra. Questo per quanto riguarda l’aspetto produttivo. Ma è entrato in gioco anche l’aspetto speculativo, che permette enormi guadagni senza impegnare il capitale in lunghe progettazioni, ammodernamenti e pianificazioni. E con guadagni decisamente superiori.

La migliore sintesi che io abbia letto è questa:

«L’arricchimento mediante speculazione ha preso il posto dell’arricchimento produttivo.
L’investimento produttivo per bene che vada rende il 10-15 % l’anno, un investimento finanziario se le va male la porta al lastrico ma se le va bene le permette di triplicare il suo patrimonio» [2]

Non sono parole di un economista, ma di un fisico, il compianto Emilio Del Giudice che assieme a Giuliano Preparata aveva studiato la fusione fredda, ed in questa intervista denunciava le ragioni della sua mancata applicazione industriale.

Il capitale, per far funzionare delocalizzazione e speculazione finanziaria, deve però adottare modelli differenti (rispetto al passato) di relazioni internazionali. Vanno aboliti quegli ostacoli che impediscono al capitale di essere investito lì dove ha margini maggiori di guadagno. La sovranità, di conseguenza, diventa uno dei principali nodi da sciogliere.

«In Europa, l’emanazione della dir. 22/1993 CEE ha determinato un significativo mutamento delle borse valori… La tendenza alla privatizzazione si inserisce nell’ambito di un più ampio processo di internazionalizzazione dei mercati, favorito dalla rimozione degli ostacoli alla prestazione in forma transfrontaliera dei servizi finanziari e dall’applicazione della tecnologia telematica alle relative transazioni».” [3] 

Così sintetizza la Treccani la necessità di internazionalizzazione. Da notare il necessario apporto di tecnologia telematica. Science finds, Industry applies, Man conforms.

La tecnologia telematica ci porta a Zbigniew Brezinsky, secondo il quale “l’America è una potenza egemone nel mondo perché produce l’86% delle comunicazioni mondiali”. Scienza e tecnologia sono ancora una volta al servizio del capitale secondo lo statista.

In effetti i padroni del vapore, una volta eliminato il “pericolo rosso”, si sono trovati nell’agevole compito di fregarsene tout court delle questioni nazionali, e rilanciare la produzione delocalizzata da una parte, e la speculazione finanziaria dall’altra. Che poi sono aspetti diversi della stessa politica economica: senza più sovranità sparisce la classe media ed i capitali sono concentrati nella mani di pochissime persone mentre la maggior parte della popolazione soffre di una progressiva erosione del proprio tenore di vita. Ecco la globalizzazione secondo Oxfam: oggi 85 super-ricchi possiedono l’equivalente di quanto detenuto da metà della popolazione mondiale, e ciò è possibile grazie ad “un sistema nel quale la ricchezza e il potere sono sempre più concentrati nelle mani di pochi, mentre il resto dei cittadini del mondo si spartisce le briciole”.[4]

Le cose nel passato stavano diversamente.

Il capitalismo postmoderno ha saputo valorizzare al massimo le caratteristiche tecnologiche capaci di radicarsi nell’inconscio collettivo, la più importante delle quali è la virtualità. Fateci caso: al giorno d’oggi le maggiori forme di comunicazione, e quindi di manipolazione del sentire comune, sono affidate al virtuale, quindi al digitale. Dai telefonini alla tivu, dai supporti musicali a quelli informatici, Brezinsky sembra avere colto perfettamente il significato di postmodernità vista come connubio tra tecnologia e politica.

Come la vecchia Organization for European Economic Cooperation legata al piano Marshall si interessava di modificare i piani economici delle nazioni europee, così le odierne direttive Ue si incaricano di regolamentare i nuovi assetti e garantire la libera circolazione di capitali, merci e lavoratori con l’evidente fine di realizzare quanto denunciato da Oxfam e da Del Giudice.

«In sintesi, oggi la borsa sembra avere appreso un mestiere perverso: premia chi distribuisce dividendi e chi riacquista le proprie azioni, affonda chi annuncia aumenti di capitale per finanziare sviluppi futuri o risanare gestioni compromesse dalle alte leve cui la vulgata abitua. In altre parole, si spinge la speculazione contro l’intraprendenza. V’è da chiedersi se questo comportamento abbia una qualche relazione con la produzione del benessere della nazione».

 Non è l’analisi di parte di qualche gruppo anarcoinsurrezionalista, ma il segnale di allarme che si legge in un corposo documento della Consob. [5]

Il fatto è che non bastano né Confindustria né Consob (che pure qualche voce in capitolo ce l’hanno) a fermare il Moloch del capitalismo postmoderno, lanciato com’è nella realizzazione dei piani esposti. Al punto che Squinzi, in un’occasione, è arrivato addirittura a piangere per la “macelleria sociale” in atto. I vecchi padroni dell’era produttiva sono stati scalzati dai loro troni, questo ci dice Squinzi. Di conseguenza la sovranità, così importante ai tempi del capitalismo produttivo, è diventata un dannoso ostacolo per l’odierna valanga globalista.

«Ormai sono i mercati a influenzare l’economia e a determinare le politiche di Governi e aziende» scrive Il Sole 24 Ore.[6]

Secondo il quotidiano di Confindustria i derivati finanziari sono 7 volte il PIL mondiale. Ma c’è chi ipotizza rapporti ben maggiori. Cosa significa? Che per ogni euro investito nella produzione (ancora legata al vecchio capitalismo) ce ne sono 7 (o 10, o 15 a seconda delle stime) che sono investiti in ambiti non-produttivi, ovvero virtuali.

Wile Coyote dopo essere caduto da centinaia di metri di altezza si alza un po’ ammaccato ma pronto a riprendere la sua vita di sempre grazie alla potenza della virtualità. La virtualità dei videogames permette possibilità e vite infinite. L’eterno ritorno di Nietzsche (“Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?” —La Gaia Scienza) ha infine trovato la possibilità concreta di realizzazione grazie alle tecniche di virtualizzazione. Nietzsche ha quindi chiesto alla teutonica (quindi affidabilissima) Deutsche Bank se volesse investire ancora nei derivati. Ecco il risultato:

«Deutsche Bank ha un’esposizione in derivati di 54 trilioni di euro, per intenderci venti volte il Pil tedesco e 10 volte quello della zona euro».” [7] 

L’eterno ritorno dei derivati.

Quando entriamo nell’ontologia della speculazione finanziaria i prodotti trattati non sono merci tangibili, dotate di fisicità propria, ma valori virtuali. Baudrillard li chiamerebbe simulacri. Ciò che ha reso possibile questo salto epocale è stata la creazione di sistemi di gestione della virtualità. Torniamo quindi al rapporto tra capitale e scienza, e ci ritroviamo il brutto deja vu del Science finds, Bank applies and Man conforms. Il capitale ha mantenuto inalterato il consigliere preferito, mentre ha cambiato l’interlocutore secondario. L’uomo, come previsto, si deve adattare comunque.

Ma cos’è che la scienza ha scovato, e che poi ha dato alle banche per la realizzazione pratica?

Beh, intanto i computer. Cioè i virtualizzatori per eccellenza. Dotati di linguaggio incomprensibile ai più, hanno conosciuto un’esplosione in termini di potenza di calcolo e di memoria disponibile. Cioè riescono a fare cose impensabili fino a poche decine di anni fa. E questo è un fattore tecnico indispensabile. I cartoni animati, mentre nei decenni passati venivano realizzati con migliaia di tavole disegnate a mano, oggi sono creati al computer tramite programmi appositi. Nel 1961 il più potente IBM riusciva a fare un megaFLOP (10^6 operazioni al secondo) mentre il migliore IBM cinquant’anni dopo riusciva a fare una decina di petaFLOPS (10^15).

Ma il fattore tecnico non basta, serve un’idea per far lavorare i potenti calcolatori moderni e raggiungere i risultati che i padroni del vapore si aspettano. Serve un piano Marshall e relativo think tank per impostare e realizzare i nuovi orizzonti capitalisti. Ecco che arrivano Merton e Scholes che si guadagnano il Nobel in economia per aver ideato “un nuovo metodo per determinare il valore di strumenti derivati” . Questi ultimi secondo Warren Buffet sono “armi finanziarie di distruzione di massa”, ma pazienza. Scholes fu tra i fondatori, nel 1994, dell’hedge fund Long Term Capital Management che garantì inizialmente rendimenti del 40% e alla fine venne salvato dal fallimento dalla Federal Reserve nel settembre 1998 per circa 3.6 miliardi di dollari. [8]

Il che mette in luce come i tax-payers abbiano finanziato gli speculatori. Chiaro il triangolo scienza-capitale-Stato? Chiaro come avviene la concentrazione di capitali sottraendoli ai cittadini?

Giusto per dare un’idea di come le cose stiano limitatamente al mercato USA, eccovi un grafico

Grazie ai cambiamenti epocali introdotti dai computer siamo così passati dalle 1000 lire “pagabili al portatore” (che garantivano cioè un controvalore fisico in oro) al trasferimento di bit da un computer ad un altro (o allo stesso), approdando alla quintessenza del virtuale monetario, ovvero il cashless: non esiste più nulla da pagare al portatore perché non esiste più il contante. Svezia, Danimarca, Norvegia e ultimamente anche Australia sono impegnate nell’eliminazione di quest’ultimo. Tutto tracciato dal Grande Fratello Digitale. Il cittadino non possiede più nulla di fisico, i suoi averi vengono amministrati tramite una gestione remota.

E cosa ha reso possibile tutto questo, se non la mai dichiarata dittatura del digitale che ha permesso il salto da concreto a virtuale? Flussi costanti di simulacri iperreali, frutto dell’osmosi postmoderna tra Sé e i bit, inesorabilmente stanno sgretolando il senso stesso di Realtà: il virtuale si fonde con il concreto e, dopo averne confuso senso e portata, prima lo confina nel limbo dell’improbabile e poi lo scaraventa nell’inferno dell’obsoleto. Sovranità inclusa. I confini diventano sempre meno solidi per permettere al capitale postmoderno di espandere il proprio mercato virtuale. La precarietà del virtuale che si basa sul relativismo assoluto (neanche la morte di Wile Coyote è reale, alla fine di ogni videogame si può ricominciare anche se siamo stati uccisi) viene mitigata dalla solidità del sistema di credenze: le banconote non sono più al portatore ma virtuali, disponibili da smartphone. Il fatto che tutti comprino smartphone toglie a questa traballante situazione la precarietà che le è propria, rendendola di fatto paragonabile (almeno in apparenza) all’oro depositato presso la banca centrale. Almeno in apparenza, dicevo. E nella Societé di Spectacle di Debord l’apparenza è tutto. Esiste solo ciò che appare. Basta farlo credere. Il Re nudo non è mai stato così ben vestito.

“Ci si avvicina alla verità solo di quanto il coraggio può avventurarsi avanti” 

Nietzsche. Ecce Homo

“Non è il coraggio che ci manca, è la paura che ci frega!” 

5 pensieri su “SOVRANITÀ E CAPITALISMO (parte seconda) di Tonguessy”

  1. Georgejefferson dice:

    Vera e giusta analisi.

  2. Valdo dice:

    Caro Tonguessy, che cosa significa, come hai scritto, che valuterai con "molta attenzione il sovranismo, a partire dal salvinismo"? Ti avvicini alla Lega, forse? Oppure, al contrario, scottato dall'esperienza Ars, lo guardi con sospetto, così come altre esperienze sovraniste? E perché ti sei sentito spinto a citare il salvinismo, visto che da quello che ho capito io, non mi sembri certo appartenere a quell'area?Grazie.

  3. Tonguessy dice:

    Caro Valdo, la seconda che hai detto, come avrebbe detto Quelohttps://www.youtube.com/watch?v=WGQ7JZRZ65MIl sovranismo è ANCHE diventato un metodo per reclutare i delusi a fini personali, piuttosto che liberare i popoli. Non servono analisi raffinate, bastano degli slogan semplici che individuano un nemico facile facile da incolpare per tutte le malefatte subite ed è fatta.Ma mi pare che non fosse in questo articolo dove ho espresso questa opinione….

  4. Tonguessy dice:

    Non capisco che fine abbia fatto il mio commento a Valdo, inghiottito da qualche cyberbuconero.Intanto non è in questo thread che io ho commentato le mie perplessità nei confronti di certo sovranismo, ma poco importa. Ciò che io ho avuto modo di constatare è che esistono "delusioni" (chiamiamole così) diffuse che possono essere incanalate per scopi politici di tutt'altra valenza. Ad esempi per manovre politiche che nulla hanno a che vedere con l'oggetto dell'analisi. E' sicuramente il caso dell'ARS, che dopo l'iniziale coesione al modello sovranista (ai tempi del primo congresso di Lanciano) si è poi gradatamente smarcata per perseguire indirizzi che nulla hanno a che vedere con l'accrescimento del massimo interesse del popolo. Il salvinismo fa parte di questa deriva politica. Ma il campo è molto vasto ed esce dal svranismo. Prendi ad esempio 100% animalisti, un sito ed un'organizzazione di estrema destra che fa leva sull'animalismo (oggi una questione molto sentita) per attirare i "delusi" di quell'area sociale verso destra.Quindi mi impongo una certa severità nell'avvicinarmi alle succitate aree di impegno politico, perchè lo scotto pagato nell'adesione all'ARS è stato molto pesante.

  5. Valdo dice:

    Si, Tonguessy, era in un altro thread ma ho postato qui la domanda- Ora mi è chiaro. Aggiungo solo che è normale che in politica le istanze del popolo servano ANCHE a chi le rappresenta per fare carriera ed avere il potere e questo fa parte della natura umana e si avrà in tutti i movimenti…

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