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TONI NEGRI: VANITÀ PER NIENTE GIUSTA

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[ 31 gennaio 2018 ]

Ogni tanto ci siamo occupati di Toni Negri, a volte contestando la sua visione teorica, altre per segnalare le sue piroette europeiste. Ne segnaliamo tre: QUI, QUI e QUI.

Da un po’ di tempo Negri era sparito dai monitor.
E’ riapparso l’altro ieri con un’intervista rilasciata a Vanity Fair, che gli ha dato questo titolo: «Auspico che Bruxelles prenda le redini del Governo italiano».
Dice anche di peggio. Leggere per credere….
«Mi auspico che Bruxelles prenda le redini dell’Italia dopo il 4 marzo. Non lo desidero, per me la burocrazia europea è il grande nemico. Però è meglio avere qualcosa, che il nulla più completo. Angela Merkel, fatti avanti…». 

Toni Negri ha le idee chiare per quello che si augura dopo le elezioni politiche italiane. L’attivista e filosofo italiano, 84 anni, parla dalla sua Parigi, città in cui ha vissuto ormai gran parte della sua vita, prima come latitante, poi come professore. Da qui ha scritto la sua autobiografia, Galera ed esilio (Ponte alle Grazie, pp. 448, € 19,50), in cui racconta i momenti salienti della sua vita: la fondazione di Potere Operaio, l’avventura di Autonomia operaia, i quattro anni passati a Rebibbia, il processo per insurrezione armata, la condanna per associazione sovversiva e concorso morale, l’uscita dal carcere dopo l’elezione coi Radicali, gli anni in Francia. Adesso, però, il teorico dell’estrema sinistra  italiana pensa che la sinistra italiana non esista più. «Sì è polverizzata. Non è riuscita a inventare il futuro. Ha massacrato tutti quelli che potevano darle una dritta».

A chi si riferisce?
«A noi, alla sinistra degli anni 70».

Lei chi voterebbe?
«Nessuno, mi fa schifo votare questo sistema di partiti. Spero che un Gentiloni o un Padoan di turno prendano in mano il Governo. Altrimenti salta anche l’euro italiano».

Gli ultimi sondaggi indicano i giovani sempre più lontani dalle urne. 
«Viviamo in un torpore politico. Ma attenzione, è sbagliato credere che non ci sarà un risveglio rumoroso».

Un risveglio rumoroso…
«Ci sarà uno scoppio di felicità, di rottura, come c’è stato nel ’68. Ogni 10 anni avvengono dei risvegli: nel 2000 il movimento dei No-Global; nel 2011 quello di Occupy. Tra poco chissà. Il problema è l’organizzazione».

In Italia di movimento c’è quello dei 5 Stelle.
«Ma di cosa stiamo parlando. I Stelle sono delle pulci, dei pidocchietti».

Non rivede in loro la caratteristica dell’attivismo dal basso che lei abbracciò 50 anni fa?
«No, se li immagina per caso condurre uno sciopero selvaggio in fabbrica o un appropriazione in un supermercato?».

Beh, per fortuna rimangono sul terreno della legalità.
«Ma un movimento va oltre la legge, ne costruisce di nuove. È sempre una ricerca di espansione del legale, del diritto».

Le piace la loro proposta del reddito di cittadinanza? 
«È una farsa. Quello che proponevamo noi era universale. Era garantito a tutti, a ricchi e poveri, a disoccupati e lavoratori. Era veramente un reddito che si acquisiva con la nascita, beneficio del lavoro comune. Questo qui proposto è solo un sussidio per i poveri, simile agli 80 euro di Renzi».

Renzi è ancora alla guida del Pd.
«Chi, il marito della Boschi?».

È insidiato a sinistra dall’ex comunista Massimo D’Alema…
«Chi, quello della guerra in Kosovo?».

… e al centro da Di Maio. 
«Che trasparenza…».

Rimane Berlusconi.
«Un vero birbone».

Le sembra quasi simpatico. 
«Quello no. Ma mi dispiace per il modo assurdo in cui è stato trattato. Non sto parlando della sua innocenza o colpevolezza. Dico che se uno è tormentato al di fuori delle ragioni della legge, è sbagliato».


E Berlusconi è stato tormentato? 
«Beh, è stato condannato prima dalla stampa e dagli avversari politici che dai giudici».


Da tifoso sfegatato milanista, le spiace vederlo lasciare i rossoneri?
«No. Speravo che almeno col Milan non si comportasse da padrone bastardo. Invece, non appena non ha più avuto interesse politico a far vincere la squadra, ha smesso di investire la grana. Adesso speriamo nei cinesi».


L’allenatore Gattuso le piace?
«Lui è un calciatore e allenatore operaio. E a me gli operai piacciono tutti».

2 pensieri su “TONI NEGRI: VANITÀ PER NIENTE GIUSTA”

  1. Anonimo dice:

    Antonio Negri detto Toni e' l'emblema della disonesta' intellettuale.

  2. Legge Mancino n°205 dice:

    A parigi senza euro non campi…..forse nelle banlieu, ma il signor negri è abituato a vivere bene….quindi c'è da capirlo. Per il resto siccome è pannelliano/radicale lo invito a farsi da solo la sedizione profonda, il fine-vita, lascia spazio ai giovani, negri.

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