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SPREAD: COME USCIRE DALLA TRAPPOLA di Leonardo Mazzei

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[ 8 settembre 2018 ]

Mazzei ci spiega, con parole chiare, chi c’è dietro la trappola spread, come nacque;  come e con quali misure è necessario e possibile uscirne.

Il tema non è nuovo. E’ lì da sette anni, da quando servì ad intronizzare Monti, portando l’Italia sulla china di un declino di cui ancora non si vede la fine. No, il tema non è nuovo, ma è di nuovo attualissimo. Il signor spread torna a presentarsi non solo come il supremo regolatore delle scelte economiche, ma come l’autentico dittatore dell’eterno “stato d’eccezione” in cui l’Italia si è cacciata entrando nell’euro.
Torneremo a breve sulle alterne vicende che ci stanno portando al decisivo snodo della Legge di Bilancio. Vicende che vedono un triplo e complicato confronto: tra il governo e l’Unione Europea sui numeri del bilancio 2019; tra M5s e Lega sulle priorità dei provvedimenti da adottare; tra questi due partiti e la Quinta Colonna dei poteri sistemici all’interno dell’esecutivo (Tria, Moavero, ecc.) sul grado di compatibilità (politica, oltreché economica) dell’intera manovra. Di certo a nessuno sfuggirà come, in questa triplice partita, la vera arma delle forze euriste sia fondamentalmente lo spread.


Meno di un mese fa segnalammo come i veri eroi dell’attuale opposizione fossero nientemeno che gli speculatori, cioè appunto i “signori dello spread“. La novità è che mentre allora sembrava che quest’arma dovesse servire a disarcionare Conte, oggi —  avendo valutato l’assenza di alternative politiche — essa viene sapientemente usata dal blocco dominante per condizionare le mosse della maggioranza governativa, imbrigliandola così di fatto in estenuanti mediazioni al ribasso. Vedremo nelle prossime settimane fino a che punto questa operazione avrà successo, ma di certo questo è il problema: la dittatura dello spread, il suo potere condizionante quando non apertamente eversivo.


A due anni dalla storica sconfitta del disegno anticostituzionale di Renzi, la democrazia italiana è di fronte ad una minaccia più subdola, ma più grave. Talvolta le norme non scritte che regolano la vita di un Paese possono pesare assai di più di quelle scolpite negli articoli di una Costituzione di cui ci si ricorda soltanto nelle celebrazioni liturgiche. E’ questo, in tutta evidenza, il caso dello spread.

L’uso che si fa di quest’arma azzera totalmente la sostanza del concetto di sovranità popolare contenuto nell’art. 1 della Carta del 1948. Questo è un fatto, anche se ben pochi costituzionalisti amano affrontare apertamente il tema: troppo forte è la loro adesione al dogma eurista che ne garantisce l’internità ad un’èlite ormai priva di consenso.
Ma qualcuno dovrà pure occuparsene, o facciamo tutti finta che si tratti di un fatto tra i tanti?
Eh no!, signori cari. Oggi la dittatura dello spread non è un elemento tra tanti, è invece il fatto decisivo col quale fare i conti. Quello che sta uccidendo la democrazia nel nostro Paese, a dosi neppur troppo omeopatiche. Questo tutte le persone oneste ed “informate dei fatti” non possono non saperlo. Già, ma come farci i conti?
Credo che, essenzialmente, ci siano tre possibili livelli di azione: la denuncia immediata e costante, un’azione di governo orientata a contrastare i “signori dello spread“, una strategia di fuoriuscita dalla gabbia eurista. Inutile sottolineare l’intima connessione tra questi tre momenti di azione, tutti orientati a riconquistare la sovranità nazionale, democratica e popolare.

1. Perché sia necessaria la denuncia è facile da capirsi, troppo forte e manifesta è la disonestà intellettuale dei media mainstream, quelli che ci presentano ogni balzo all’insù dello spread come un giudizio divino. Ma questa denuncia ha da articolarsi su due piani, quello immediato e quello di fondo.

Sul piano immediato vanno sempre messi in luce almeno tre aspetti. Il primo è che lo spread è un valore frutto delle manovre di una finanza speculativa da contrastare, non da assecondare; la risultante dell’azione di forze oligarchiche nemiche per loro natura di ogni forma di democrazia. Il secondo è che spesso tali azioni avvengono in accordo con le forze politiche della conservazione, quelle che amano lo status quo dell’austerità e del vincolo esterno. Il terzo è che quasi sempre gli stessi effetti dello spread vengono artatamente esagerati, facendone un mostro talmente orribile da confiscare per l’eternità ogni spinta al cambiamento. Illuminante a tal proposito l’incredibile campagna terroristica scatenata a fine maggio a sostegno del golpe mattarelliano (LEGGI QUI).
Ma la denuncia di questa disinformazione sistemica servirebbe a ben poco senza la chiara indicazione dell’origine del male denominato spread. Un’origine che sta in due passaggi, certo noti ai nostri lettori ma che giova sempre ricordare: 1. Il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro (1981), autori Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi, che gettò i titoli del debito pubblico nelle mani della finanza internazionale. 2. L’entrata nell’euro, con l’esproprio definitivo della sovranità monetaria.
Chi vi parla dello spread senza riconoscere l’effetto disastroso, ancorché voluto dalle èlite, di queste due mosse, va invitato ad informarsi (se davvero disinformato), o ad andare semplicemente a quel paese (se informato ma devoto al dogma euro-liberista).


2. Può un governo teso alla riconquista della sovranità, iniziare intanto ad agire per frenare i “signori dello spread“? La risposta è sì. Esso può farlo, purché lo voglia davvero, purché riesca a sconfiggere le forze interne che tirano nell’altra direzione, purché abbia chiari i limiti di questa azione, che ha senso solo nella prospettiva dell’uscita dalla gabbia dell’euro.

Qui il punto è quello della rinazionalizzazione del debito. Più il debito è in mani estere, più la speculazione ha possibilità di dispiegarsi. In Giappone, con un debito pubblico doppio rispetto al nostro, ma interamente detenuto da soggetti interni, lo spread non sanno neppure cosa sia.  Tornando a noi, non è che i detentori nazionali dei titoli del debito siano alieni dallo speculare. Tutt’altro, ma dato che costoro sono rappresentati essenzialmente dalle banche, è evidente come queste ultime debbano stare ben attente ad effettuare manovre speculative che finirebbero — colpendo l’intera economia italiana — per ritorcersi contro i loro stessi interessi.
La cosa interessante è che — per diversi motivi sui quali qui non entriamo — questo processo di rinazionalizzazione è già in atto. Se nel 2010 la quota del debito italiano detenuta da soggetti esteri era del 44,3%, se essa era scesa al 36,5% nel 2014, già nel maggio di quest’anno si era arrivati al 31,3%. Poi, come ampiamente riportato dalla stampa, tra maggio e giugno altri 70 miliardi in Btp hanno cambiato proprietario, passando dalle mani degli investitori stranieri alle banche italiane. Ragion per cui la quota estera del debito è oggi valutabile in un 28% scarso.
Ovviamente il terrorismo dei media ha presentato questo passaggio come una sorta di nuovo disastro nazionale, questo in un Paese dove la ricchezza finanziaria ammonta a ben 4.300 miliardi! In realtà questo processo, benché non guidato politicamente, benché frutto di dinamiche di mercato, è in realtà potenzialmente positivo per la gestione del debito pubblico italiano, che ha bisogno appunto di essere rinazionalizzato.
Ovvio che questa rinazionalizzazione non potrà mai completarsi senza la riacquisizione della sovranità monetaria e senza la nazionalizzazione delle banche. Tuttavia, il processo in corso può favorire proprio queste scelte. Il problema è casomai il tempo, dato che quello a disposizione non sembra troppo lungo. C’è bisogno dunque di nuovi strumenti che consentano di accelerare il percorso verso la rinazionalizzazione del debito. 
Da qui nasce una nostra modesta proposta, avanzata in un articolo di un mese fa, quella che lì abbiamo chiamato “Btp famiglia”, che così schematizzavamo:

«In pratica si tratterebbe di questo: 1) Da una data x lo Stato emette solo un nuovo tipo di Btp decennale, chiamato per esempio “Btp famiglia”. 2) Il governo dichiara che questo titolo è garantito al 100%. 3) Il Btp famiglia potrà essere acquistato solo da soggetti italiani, avviando così una progressiva rinazionalizzazione del debito. 4) Il suo tasso di interesse sarà un po’ più elevato di quello corrente, diciamo al 4% per i primi tre anni, del 3% per gli anni successivi. 5) Questo titolo non sarà negoziabile sul mercato secondario. 6) Ove l’investitore volesse rientrare in possesso del suo capitale prima della scadenza, ma dopo i primi cinque anni, lo Stato procederebbe al riacquisto al valore nominale. 7) Qualora invece la richiesta di riacquisto avvenisse entro i primi cinque anni, lo Stato riacquisterebbe allo stesso valore meno una penale da calcolarsi allo scopo di impedire operazioni meramente speculative». 

Come si può ben capire qui non è certo importante né il nome dello strumento finanziario, né l’esatto schema del suo funzionamento, ed il nostro era solo un esempio per far capire di cosa stiamo parlando. Importante è solo il concetto: un Paese con la ricchezza finanziaria che abbiamo detto non ha alcun motivo di lasciare in mani straniere quote importanti del proprio debito, di cui ha invece l’interesse a rientrare integralmente in possesso proprio per sfuggire ai trucchi e alle manovre dei pescecani della finanza.


3. Ovvio come quanto detto finora abbia senso solo nella prospettiva dell’uscita dall’euro. Guai a chi si dimenticasse per strada quello che dovrà essere il passaggio chiave per la riconquista della sovranità. Senza l’abbandono del sistema della moneta unica non potrà esservi una vera uscita dalla crisi. Né potranno esservi serie misure di contrasto alla disoccupazione, tantomeno il ribaltamento delle politiche neoliberiste che hanno aumentato a dismisura diseguaglianze e povertà. Chi dice il contrario mente.

Ricordare sempre questa verità non è una cosa da fissati, è invece la bussola necessaria di ogni concreta azione dell’oggi, a partire da quella, quanto mai indispensabile, contro i “signori dello spread” e contro le forze oligarchiche che cercano in tutti i modi la vittoria di TINA (There is no alternative), di cui lo spread è un formidabile alleato.
Solo battendo queste forze un futuro diverso potrà infine dischiudersi. E per batterle bisogna schierarsi e combattere ora, non quando sarà troppo tardi. Con il coraggio dell’intelligenza (giusta tattica e non mero arrembaggio) e l’intelligenza del coraggio (senza il quale mai vi sarà vittoria). E’ di questo che c’è bisogno. Urgente bisogno.

15 pensieri su “SPREAD: COME USCIRE DALLA TRAPPOLA di Leonardo Mazzei”

  1. Anonimo dice:

    Da quando i mercanti hanno scacciato gesù dal tempiosuccedono cose paradossali: spread moralizzatori, bail-in, agenzie di rating che giudicano intere nazioni…A proposito di agenzie di rating, dato che topparonoclamorosamente il giudizio sulla Lehman Brothersassegnando il rating "A" fino al giorno prima del fallimento, non sarebbe utile creare delle agenziedi rating per giudicare le agenzie di rating ?Nel caso Lehman meriterebbero un rating "Z".

  2. Anonimo dice:

    Grande pezzo, mi complimento con l'autore

  3. dianade dice:

    BTP Famiglia! Bellissima idea. Bel nome. É importante anche il nome. Azzeccato. Ispira fiducia. Buona l'idea degli interessi piú alti. I BTP andrebbero a ruba. Io li comprerei subito per esempio e tutta la gente che conosco anche. Quelli che hanno qualche risparmio non sanno dove mettere i loro soldi. Sono disperati. Ma come potrebbe realizzarsi? Potrebbe questo governo? Che motivi avrebbe per opporsi? Io non so immaginarli. Qualcuno saprebbe indicarne qualcuno? E se non ce ne fossero realmente, come convincere Bagnai o Borghi ad approvare una idea che non é loro? Se ho capito bene, nazionalizzando il debito sparisce lo spauracchio dello spread. Ma accidenti é una cosa fondamentale! Peró mi piacerebbe sentire anche dei pareri contrari se ci sono.

  4. Ippolito Grimaldi dice:

    Anche a me ha impressionato favorevolmente l' idea proposta da Mazzei, bisognerebbe però sentire la voce di altri esperti al riguardo, in modo da inquadrare bene pregi e difetti dello strumento.

  5. Lidia dice:

    Sono d'accordo di non continuare a criminalizzare i risparmiatori che vorrebbero ottenere interessi moderatamente positivi, così da non essere indotti a tentare investimenti speculativi pericolosi o a tenere i soldi sotto il materasso. Però non mi pare che si possa fare una cosa del genere nell'UE. E' possibile limitare la libera circolazione dei capitali, destinando questi titoli ai soli cittadini italiani? E non permettere la loro vendita sul mercato secondario? In ogni caso sarebbero riservati anche alle banche? Non credo sia possibile un'operazione del genere, ma mettiamo il caso che fosse possibile. Penso che si potrebbe anche ridurre il tasso d'interesse al 2%, senza arrivare al 3 o al 4, se fosse realmente garantito, ma il problema vero è l'impossibilità a rivenderlo sul mercato secondario. Se lo Stato dopo cinque anni lo rimborsa alla pari, tanto vale definirlo un titolo quinquennale, rinnovabile. Ma l'idea di prevedere un possibile rimborso prima dei cinque anni con una penale, non incoraggia all'acquisto e non garantisce lo Stato che potrebbe in caso di forte rialzo dell'inflazione o dello spread, dover riacquistare un gran numero di titoli (un po’ come la corsa agli sportelli). In generale penso che sarebbe opportuno indicizzare le emissioni di titoli -ma questo non evita la perdita di valore dei titoli in caso di forte spread e quindi di rendimenti più alti sui titoli successivi.

  6. Lidia dice:

    Questo commento è stato eliminato dall’autore.

  7. dianade dice:

    Quello che dice Lidia ha un po' smontato il mio entusiasmo. Sarebbe molto interessante sapere cosa ne pensa Mazzei. O altri.

  8. Lidia dice:

    Solo ora ho letto anche l’articolo precedente di Leonardo su questo stesso tema, del 7 agosto e lo commento qui. Quello che dicono Giavazzi e Alesina mi stupisce detto da loro, comunque io penso da anni che andrebbe fatta una cosa del genere, ma solo immediatamente dopo essere usciti dall’euro. Anche quello che propone Leonardo mi sembra impossibile da attuare prima. Non credo che l’UE e la BCE potrebbero permettere la nazionalizzazione del settore bancario, né l’imposizione di norme e operazioni distorsive del libero mercato. Prima di poter attuare qualsiasi provvedimento, insieme a una procedura d’infrazione, partirebbe immediatamente uno spread eccezionalmente punitivo e si potrebbe arrivare al blocco della liquidità da parte della BCE. Perciò tutte le proposte che immaginano di poter bloccare la speculazione o i ricatti prima di rimettere in funzione la stampa della lira a mio parere non sono realizzabili.

  9. giuseppe dice:

    MA QUESTE PIE ILLUSIONI LE TRASFORMA LEI IN REALTA'???

  10. Anonimo dice:

    Leggo invece che vogliono emettere bond in dollari.La nostra nuova moneta dopo l'euro sarà il dollaro. Poveri noi.

  11. Leonardo Mazzei dice:

    Cara Lidia,innanzitutto ti ringrazio per le tue osservazioni.E' ovvio che non ci sono vere alternative al ritorno alla sovranità monetaria, dunque all'uscita dall'euro, ma siamo sicuri che prima non si possa far niente?Nessuno di noi crede alla riformabilità dell'UE, ma è forse sbagliato cercare di individuare qualche arma in più in un passaggio così difficile?Del resto, mi pare di aver scritto a chiare lettere che tutto il mio ragionamento ha senso solo nella prospettiva di uscita dalla gabbia europea. Ora, è certo che a Bruxelles non sarebbero affatto felici se il governo italiano si dotasse di qualche strumento finanziario innovativo per gestire il proprio debito. Ma se si opponessero ad una scelta così comprensibile da tutti, come quella di iniziare a liberarsi dalla dittatura dallo spread, quale miglior pretesto per mandarli a quel paese ed andar dritti sulla propria strada?Io penso che si tratterebbe di una formidabile mossa politica: non sono loro ad indicare lo spread come l'indicatore di tutti i mali? Bene, noi ce lo vogliamo togliere dai piedi e tu ce lo impedisci? Ma sarebbe la prova della serietà del governo italiano e dell'inaffidabilità assoluta della cricca eurista! Perché non sfidarli su questo terreno?Naturalmente, non sono così sciocco da pensare che quella del "Btp famiglia" possa essere una mossa risolutiva. Utile però sì. Anche per stabilire un nuovo rapporto tra Stato e cittadini, per dare fiducia, per far capire la posta in gioco, eccetera.Sul piano tecnico ho già scritto che quello contenuto nell'articolo è solo un esempio, che può essere affinato, modificato, o anche del tutto abbandonato se meccanismi più efficaci venissero individuati.Comunque, per rispondere brevemente alle tue osservazioni in merito:1. E' vero che il tasso di interesse potrebbe anche essere più basso, ma dovrà comunque essere tale da risultare appetibile. Certo, lo Stato avrebbe un qualche aggravio immediato, ma in prospettiva comincerebbe a togliere di mezzo la speculazione e ad avere una sufficiente stabilità del costo del servizio del debito. Non mi pare poco. Inoltre, gli interessi così pagati ricadrebbero almeno in parte sull'economia italiana, anziché ingrassare le banche francesi e tedesche.2. Il no alla trattazione sul mercato secondario è l'architrave di questa proposta. Qualora venisse meno essa non avrebbe senso. Il tasso leggermente più alto serve anche a compensare questo vincolo.3. Titolo decennale o quinquennale? La tua osservazione è pertinente, ma non sta scritto da nessuna parte che i tassi offerti oggi siano gli stessi che avremo tra cinque anni.4. Infine la questione inflazione. La tua preferenza per titoli indicizzati (che peraltro esistono già) ha un senso, e può essere questa una soluzione equilibrata. Tuttavia, nel caso di un forte rialzo dell'inflazione, il problema che dici esisterebbe comunque: nella mia ipotesi determinerebbe una vendita anticipata allo Stato, nella tua un forte rialzo dei tassi. Chiaro che questi ultimi dovrebbero salire in un caso come nell'altro. Dunque alla fine non ci sarebbero grandi differenze.

  12. dianade dice:

    Grazie Mazzei. Sembri una persona sensata e con pochi problemi di ego. Che sollievo. Con tutti sti narcisi che sguazzano in rete! Secondo me hai ragione su tutta la linea, anche se ne so poco di economia e vado più che altro a intuito. Quello che proponi sembra fattibile e difendibile e puó essere capito da tutti. Mentre i Minibot di Borghi ad esempio, o il Sire di Conditi o i Certificati di credito fiscale di Zibordi, tutte proposte molto interessanti, sono peró forse piú complicate e difficili da accettare, credo. Speriamo che qualcuno al governo ti ascolti.

  13. dianade dice:

    Grazie anche a Lidia che con i suoi commenti cosí circostanziati ha suscitato la risposta di Mazzei che ha potuto cosí spiegare ancora meglio la sua proposta e le sue implicazioni.

  14. Lidia dice:

    Caro Leonardo, grazie di aver risposto, spero non ti dispiacerà se replico per provare a chiarire meglio. Prima di quelle osservazioni sullo specifico provvedimento proposto, avevo detto che non credo si possa fare perché Bruxelles non accetterebbe un venir meno al principio della libera circolazione dei capitali, che è un caposaldo dell’UE. Perciò penso che alla fine non verrà fatto. Al di là del fatto che dubito della possibilità di prevedere qualcosa che convinca le famiglie italiane all’acquisto senza eccessivi oneri per lo Stato (prima ancora che il tasso d’interesse – che comunque è un problema se si vogliono rispettare i vincoli europei – l’obbligo a un eventuale rimborso anticipato, dal momento che viene escluso il mercato secondario). Inoltre non parli delle banche, l’acquisto sarebbe limitato alle persone fisiche? E comunque si tratterebbe di un provvedimento molto lento e graduale. Ovviamente l’ipotesi di una conversione forzosa sarebbe ancor meno possibile dentro l’UE, senza considerare che provocherebbe un’immediata fuga di capitali preventiva anche da parte di chi non fosse toccato direttamente.

  15. Leonardo Mazzei dice:

    Rispondo all'ultimo intervento di Lidia.Ribadito che il mio è solo uno schema di massima, che può essere modificato in vari modi, fermo restando l'obiettivo della rinazionalizzazione del debito, rispondo sulla questione delle banche. No, per come l'ho pensato io il Btp famiglia (lo dice il nome) dovrebbe essere rivolto unicamente alle famiglie. Le banche ne hanno già anche troppi in "pancia". E poi c'è l'obiettivo politico di ricostruire la fiducia tra i cittadini e lo Stato, in applicazione all'art. 47 della Costituzione: "La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme". Un aspetto che non sottovaluterei.

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