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LA TRAPPOLA DI TUCIDIDE di Moreno Pasquinelli

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Non c’è bisogno di ricorrere all’empirismo scettico di D. Hume per capire che nella dimensione del divenire storico-sociale non c’è rapporto univoco e lineare tra causa ed effetto. Si può anche essere più assertivi ed affermare senza possibilità di smentita che: (1) posta una causa da questa possono venire multipli e imprevedibili effetti; (2) viceversa, ogni effetto, ogni fenomeno, è il risultato dell’interazione  di diverse cause; (3) così che l’effetto è, per sua natura, più ricco e fecondo di possibilità della causa o del concorso di cause che l’ha prodotto.

Si può discettare a lungo se ci possa essere una filosofia della storia, se, posta l’inattendibilità della aristotelica causa efficiente, valga invece il principio anti-teleologico di W. Wundt della eterogenesi dei fini. Sia come sia, dal momento che la storia ha cacciato il determinismo dalla porta, è bene che non lo si faccia rientrare dalla finestra. Come ebbe a dire uno che di politica è stato grande stratega, la politica è un’arte, non una scienza. Non lo è appunto perché non vale il determinismo. Detto altrimenti: l’azione politica (poiché d’azione finalizzata ad uno scopo qui si parla) deve tener conto di diversi ordini di realtà. Non ci sono solo le leggi economiche, non ci sono solo le costanti geopolitiche, non ci sono solo strutture e sovrastrutture statuali. Se l’azione politica chiama in causa l’intervento attivo delle masse qui entrano in gioco variabili che hanno a che fare con fattori quali la passione, il sentimento, il mito. Fattori che sono quindi destinati a mescolarsi con quelli, in ultima istanza decisivi, quali la ragione e la coscienza.

Vale dunque nel mondo storico-sociale il principio dell’indeterminismo? La risposta è sì, posto che questo principio tira in ballo il rapporto biunivoco tra soggetto e oggetto; e posto che esso non implica né il caos — vedi la storiella secondo cui un battito d’ali di una farfalla in Cina provoca un tornado negli Stati Uniti —, né il dominio metafisico del caso. Vale invece l’idea della contingenza, o l’incontro tra causalità e accidentalità.

Ciò che vale per chi l’ordine di cose esistenti vuole rovesciare, vale a maggior ragione per chi viceversa vuole conservarlo.

*   *   *

Dopo il crollo dell’URSS e l’11 settembre, l’ambizione di Washington era quella d’imporre e stabilizzare un ordine monopolare — meglio noto come Project for the New American Century. Questa pretesa è fallita per diverse e concomitanti ragioni. Due fattori balzano agli occhi: il risorgimento della Russia come grande potenza militare e la poderosa avanzata cinese. Senza dimenticare che quella brama egemonica si schiantò sui campi di battaglia dell’Iraq e dell’Afghanistan. Il collasso finanziario del 2007-2009, ponendo fine al mito della società opulenta, fece il resto.

E’ venuto così avanti il tanto strombazzato “ordine policentrico o multipolare”. Concetto non solo ambiguo, ma fasullo e deviante. Il concetto farebbe pensare ad un equilibrio, per quanto disarmonico e conflittuale, tra potenze nascenti e declinanti. Concetto fasullo visto che non solo non c’è alcun equilibrio, c’è invece squilibrio, così che dovremmo dire che siamo dentro ad un “disordine multipolare”.

Sì, per chi scrive il mondo sta entrando in quella che per convenzione è stata definita la Trappola di Tucidide: è già in atto tra potenze nascenti e declinanti una competizione dura per la supremazia mondiale e detta competizione ha un’alta probabilità di sfociare in una guerra su larga scala. Allora fu Sparta a scatenare il conflitto per arrestare la crescente egemonia della potenza ateniese. Oggi chi avrebbe interesse a scatenare una nuova devastante guerra globale (ciò non implica che essa sia destinata a sfociare in terza guerra mondiale, visto che potrebbe concentrarsi in un singolo pur grande scacchiere mondiale, e non coinvolgere necessariamente vasti schieramenti internazionali)?

Non è difficile rispondere a questa domanda: sono gli Stati Uniti d’America. Il perché è presto detto. Gli Stati Uniti sono a tutt’oggi la principale potenza mondiale —ovvero prima potenza nei campi militare, economico, finanziario, scientifico e culturale —, ma tutti i dati ci dicono che sono una potenza al tramonto, mentre la Cina, prima o poi, è destinata a prendere il sopravvento. La domanda è d’obbligo: ha mai accettato una grande potenza imperiale o imperialista di consegnare ad un’altra concorrente lo scettro della sua supremazia? La risposta è no.

Chi ha visto nel trumpismo la rinascita della tradizionale corrente isolazionista americana si sbagliava. L’isolazionismo è un lusso che nessun impero può permettersi. Per usare una metafora: il trumpismo era l’imperialismo americano che faceva un passo indietro, prendere la rincorsa, e quindi fare un nuovo balzo in avanti. L’arrivo di Joe Biden, all’insegna dell’aggressivo e urticante slogan America is back!, è espressione della consapevolezza che anche il passo indietro è un’opzione che l’impero non può permettersi; che solo una strategia multilaterale e asimmetrica d’attacco può sbarrare la strada alla Cina. Di qui, nel caso non si riesca ad azzoppare l’Impero di mezzo, la possibilità, per meglio dire, l’alta probabilità, che il Deep State americano stia considerando come inevitabile lo sbocco bellico. Quando questi Dr. Stranamore si proiettano nell’orizzonte dell’inesorabile è certo che essi vogliano tentare di attaccare per primi, poiché ciò darebbe loro il grande vantaggio della sorpresa e di scegliere il campo da gioco.

Manco a dirlo nell’equazione c’è una variabile decisiva, quella russa. La forza d’urto militare ricostruitasi sotto il regno di Putin è talmente poderosa che la sua eventuale discesa in campo a favore dell’uno o dell’altro potrebbe determinare l’esito del conflitto. Non mi pare che Mosca voglia essere trascinata in una guerra su larga scala. Il che significa, di contro a chi esagera la convergenza con Pechino, nemmeno a favore della Cina. Washington, del resto, non può permettersi di combattere una guerra su due fronti, nel Pacifico contro la Cina e in Europa e Medioriente contro la Russia — semmai al Pentagono immaginano una guerra in due tempi. Come ci indicano sia il primo che il secondo conflitto mondiale, si sa come le guerre iniziano, non come finiscono. Nemmeno Stalin voleva entrare in guerra, e per questo siglò un patto con Hitler, sperando che la sua vittoria ad Occidente, l’avrebbe non solo trattenuto dall’aggressione a oriente, ma saziato. Non fu così e l’errore (l’aver abbassato la guardia) fu pagato a carissimo prezzo. Posso dunque immaginare che la Russia, si terrà alla larga dal venire invischiata in un conflitto, e non siglerà alcun patto bilaterale che implichi come tassativo il proprio intervento.

Impostori e sicofanti, ovvero gli italioti, fanno il verso all’élite americana, agitando lo spauracchio cinese, alimentando, chi apertamente e chi a mezza bocca, la guerra di propaganda (che com’è noto anticipa sempre, perché propedeutica, quella militare vera e propria). Tentare di convincerli è tempo perso, che si sono già messi l’elmetto in nome dell’atlantismo. Molti sono gli incerti ed i confusi. Va spiegato loro che se in generale non è mai stata la potenza nascente a cercare il pretesto della guerra, ciò vale ancor più oggi per la Cina. L’élite cinese lavora sui tempi lunghi; non di guerra ma di stabilità ha bisogno, e questo implica guadagnare tempo. E va quindi spiegato agli italiani che per il nostro Paese è più necessario che mai, tanto più con l’arrivo di Biden, sganciarsi dalla NATO, poiché restarci dentro implica essere trascinati in una guerra che non potrà che condurci nell’abisso, sempre meno nazione sovrana, condannati a diventare insignificante e disarmato protettorato coloniale della potenza che dovesse uscire vincente.

Trump non c’è più, è arrivato Biden. Nel nuovo contesto, per quanto il fatto complichi e di molto la nostra battaglia, ciò significa che l’uscita dalla Unione europea chiama in causa, lo si voglia o meno, anche lo sganciamento dalla NATO.

*   *   *

Cosimo de’ Medici sembra avesse detto a Savonarola che “Gli stati non si governano coi paternoster”. Ci dice il Machiavelli che Savonarola rispose che quel precetto fosse “di tiranni e non di veri principi”. Prima o poi dovremmo lasciarci alle spalle il “momento Polanyi” per entrare nel “momento machiavelliano”. L’Italia, ridotta in cenci, ha bisogno più che mai di un Nuovo Principe, di un gramsciano Partito rivoluzionario, di un profeta armato che chiami il popolo all’azione. Azione che tra tutte le “virtù” Machiavelli considerava la più importante.

16 pensieri su “LA TRAPPOLA DI TUCIDIDE di Moreno Pasquinelli”

  1. FaBer dice:

    Ce lo ammazzerebbero il giorno dopo che si fosse manifestato, ‘sto principe.
    L’ultimo mi pare sia stato Craxi, o chi volete voi …
    Usciamo dal paradigma capitalista, come ha fatto il principe del FLN subcomandante Marcos e seguaci, più che dalla Nato. L’eterogenesi dei fini della teoria gramsciana si è manifestata ad abbundantiam.
    Propendo per accettare l’idea di lasciare che L’Italia finisca il proprio dissolvimento e ritorni, appunto, all’epoca dei principi locali e da lì ricominciare sulla base dei principi zapatisti o qualcosa del genere. Servono innumerevoli principini locali: impossibili da eliminare fisicamente.

  2. Roberto Rosignoli dice:

    Faber
    Ma che dici????
    Gramsci non accettava per niente il concetto di eterogenesi dei fini.
    Che sciocchezza!
    Tutta la idea del “moderno principe” indica l’esatto contrario.

    1. FaBer dice:

      Intendevo dire che l’eterogenesi dei fini del partito comunista in Italia è incarnata nell’attuale PD, nel senso che il moderno pricipe, quando mai arrivasse al potere, sarebbe costretto a rimanere all’interno del paradigma attualmente dominante, quello espresso dal cosiddetto Marx esoterico (feticismo del valore).
      Parlo del paradigma che spinge me e te a mostrare chi ce l’ha più lungo, in tema di teoria politica.
      Così non se ne esce … cari “compagni”
      Bisogna uscire dal paradigma capitalista che avvelena sia i destri che i sinistri, altro che uscire dalla Nato con cento e passa basi militari solo in Itaalia.
      Bastra scontri dottrinari, per favore, parliamo delle basi militari e di che senso abbia scalare lo Stato quando lo Stato profondo è già in mano alla “sinistra” … tovarish!

  3. Francesco dice:

    Concordo totalmente sulla necessita’ di uscire dalla Nato, oltreché dalla Ue. L’importante pero’ e’ non andare a farsi legare mani e piedi in una “pseudo-Nato” a trazione cinese. Checche ne pensino tanti, la Cina e’ solo un’altra faccia della medaglia ultracapitalista/imperialista (…con l’aggravante di volersi spacciare ipocritamente per “Socialista”) e di conseguenza la Cina si comporterebbe nei confronti dell’Italia esattamente cosi’ come si stanno comportando da 80 anni gli angloamericani: da “potenza coloniale”.
    La soluzione veramente ideale sarebbe la neutralita’ geopolitica.

    Francesco F.
    Manduria (Ta)

    P.S. a chi nutrisse dubbi sulla vera natura della Cina attuale pongo questo quesito APPARENTEMENTE “profano”: secondo voi il gruppo Suning che tiene il controllo della societa’ calcistica dell’Inter e che e’ DIRETTAMENTE legato con il governo cinese, ha deciso di “scendere in campo” nel settore calcistico per “diffondere i valori del Socialismo anche nel mondo dello sport” OPPURE per realizzare una “banale” SPECULAZIONE FINANZIARIA di stampo tipicamente ultracapitalistico?

  4. Antonello Messina dice:

    Che bello questo articolo di Pasquinelli. Dopo decenni di cazzate populiste e sovraniste, torna finalmente a interessarsi delle cose che contano, come quando dirigeva il Campo antimperialista.

  5. Piero dice:

    Mi viene in mente De Gaulle e la sua Europa dall’Atlantico agli Urali. Non so se vale insieme l’uscita dall’unione Europea e dalla Nato. Se usciamo dall’Unione Eu ci troviamo ancora più sottoposti al servaggio Usa con tutte le basi militari che controllano il nostro paese. Insieme alla Germania e alla Francia potremmo pensare di affrancarci e gettare uno sguardo verso est. De Gaulle potrebbe tornare attuale. Unione Europea potenza economica, Russia potenza militare, a livello globale si avrebbe un tripartizione di forze che potrebbero dare vita ad un equilibrio strategico più saldo di quelli qui ipotizzati. Naturalmente questo vale come perimetro strategico per le tre aree. All’ interno delle tre aree rimane aperto il conflitto tra le elites capitaliste e le forze che lottano per il suo superamento e per instaurare una società socialista. (La Cina non la considero una società socialista, almeno non ancora, e qui la lotta per una società socialista dovrà avere caratteristiche peculiari. Penso comunque che siano avvantaggiati rispetto a Usa e Eurorussia).

  6. Paolo algeri dice:

    Molto buono questo contributo di Pasquinelli, mi sembra realistico e pragmatico.
    Paolo

  7. Graziano+PRIOTTO dice:

    I veri timori dell’imperialismo statunitense.

    Ciò che temono più di tutto gli Imperi al tramonto non viene mai espresso apertamente.Lo si deduce dalle loro azioni.
    Trump aveva promesso un rapporto diverso, non conflittuale con la Russia ma soprattutto aveva dichiarato la NATO superflua.
    Sono bastate queste due proposte a far perdere le staffe ai democratici , ovvero ai falchi perpetui.
    Il vero timore è esattamente un avvicinamento dell’Europa (UE) alla Federazione Russa (non un’alleanza ma anche soltanto una pacifica cooperazione incute timore: ecco perché le sanzioni contro ogni ditta sospettata di lavorare per la Russia ) . L’apparato militar industriale statunitense perderebbe un nemico indispensabile per i propri affari, e soprattutto la NATO sarebbe riconosciuta per quello che realmente è stata fin dall’inizio: una forza di occupazione statunitense … a spese dei Paesi occupati.
    Dunque più che di uscita dalla NATO si dovrebbe lavorare per la sua dissoluzione. Fosse anche, in una fase di passaggio, sotto la forma di un’armata europea ma staccata ed indipendente dagli USA. Ma visto lo stretto legame di dipendenza dell’UE dalla NATO, il passo precedente resta comunque l’uscita dall’UE (o anche qui: meglio il suo dissolvimento, se possibile pacifico finché si è ancora in tempo).

  8. RobertoG dice:

    Mi pare evidente che tra potenze di primo livello, intendendo per tali quelle che posseggono armamento nucleare, non possa esserci oggi alcuna guerra aperta a meno che la follia non prenda il sopravvento determinando la fine del genere umano. Neppure si può pensare che questi soggetti potrebbero sfidarsi in una guerra decisiva limitandosi al solo utilizzo di ordigni nucleari tattici. Prima di cedere definitivamente entrerebbero in scena quelli strategici e sarebbe la fine.
    Detto questo, vari conflitti sono già in essere e riguardano alcuni ambiti come l’economia, la geopolitica ed episodi di guerra asimmetrica, oppure guerre locali calde alle quali i primattori forniscono appoggio diretto o indiretto. La Siria è il caso più evidente.
    Ma se si pensa che tutto ciò rappresenti già la prima fase di una guerra globale tra superpotenze per la supremazia del pianeta si commette a mio giudizio un errore di valutazione. A tutt’oggi non esiste alcun paragone tra il potere degli Stati Uniti e quello di chiunque altro, ma al massimo, come detto, una qualche competizione in settori specifici. E non esiste non tanto per il fatto che costoro controllano militarmente il pianeta sia sulla terra con quasi 900 basi militari e gli oceani con cinque flotte, ma non esiste per un motivo molto semplice. E cioè che chi si mette contro la Cina, si mette contro la Cina e poco altro. Chi si mette contro la Russia, si mette contro la Russia e poco altro. Ma chi si mette contro gli Stati Uniti, si mette contro gli Stati Uniti e contro il Canada, l’Inghilterra, l’Australia, la Germania, l’Italia, l’Arabia Saudita, la Colombia, il Giappone, la Spagna , la Polonia, Israele, il Perù, la Nuova Zelanda, l’India eccetera, eccetera, eccetera per citare solamente le prime che mi sono venute in mente. La strada per decostruire questo impero globale è ancora lunga purtroppo e forse non è ancora neppure cominciata.
    Per quanto riguarda la nostra italietta invece, si capisce che l’obiettivo primario, non solo per evitare guerre ma soprattutto per giungere ad una indipendenza che abbia un qualche senso compiuto, dovrebbe essere l’uscita dalla NATO e la fine dell’occupazione militare del paese, ma è altresì vero che questa finalità oggi non può in nessun modo essere raggiunta da soli. Non è uscita dalla NATO la Turchia che ha una sola base militare al suo interno, un’autonomia militare e politica che noi ce la sognamo e che ha addirittura acquistato i sistemi d’arma russi, figuriamoci se possiamo farlo noi da soli, povera colonia costellata di basi da nord a sud , isole (soprattutto) comprese. Noi siamo più vicini a venir inglobati come 51° stato degli USA che ad uscire dalla NATO.
    Il soggetto che va preso in considerazione a questo fine deve essere invece l’Europa intera, quella che si è suicidata con gli ultimi due grandi conflitti mondiali finendo a diventare una provincia pregiata dell’impero globale USA. Occorre costruire un movimento internazionale dal basso che rivendichi l’autonomia del continente. E’ l’unica strada da percorrere per questo obiettivo strategico che possa avere una possibilità di successo. E già che ci siamo imporre ai militanti di questo ipotetico movimento di imparare la lingua esperanto per comunicare adeguatamente tra loro, così tanto per essere chiari fin dall’inizio di quale siano le caratteristiche del mondo verso il quale si vuole andare.

  9. Tiziano dice:

    Il commento di Roberto G mi sembra un ragionamento molto condivisibile salvo il fatto che bisognerebbe un po’ capire come sia possibile però portarlo avanti appunto sul piano militare e poi nello stesso tempo uscire dall’europa sul piano monetario – istituzionale.
    Serve appunto un ragionamento complessivo organico sotto tutti i punti di vista .
    Tiziano

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