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VAE VICTIS di Giorgio Bianchi

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L’Italia e la Germania hanno perso la guerra. Negli ultimi settant’anni ogni tanto si sono presi la briga di ricordarcelo, ma non hanno potuto calcare troppo la mano altrimenti si sarebbe potuta spezzare la corda.

Ci hanno fatto vivere al di sopra delle nostre possibilità perchè era il modo più intelligente per controllarci e perchè dovevamo fungere da vetrinetta per far schiattare d’invidia i cittadini del Patto di Varsavia e facilitare l’inoculazione di quel sentimento anti-russo che tanto utile sta tornando in questi tempi per tenere lontana l’Europa Occidentale dall’unica possibilità che ha per affrancarsi dal giogo imperiale: un’alleanza strategica con la Russia (il nostro posto nel frattempo è stato preso dai Polacchi, dai Baltici, dai Cechi, che ora vivono nell’illusione che ha caratterizzato i nostri anni più belli).

Caduto il Muro, hanno polverizzato un’intera classe dirigente ambigua (per loro) e fatto avanzare le quinte colonne storiche (Napolitano in primis) e le seconde linee preventivamente indottrinate all’atlantismo, al neoliberismo, al carrierismo (in Germania con la Baerbock addirittura stanno per promuovere le seste linee: ma è gggiovane, è donna, è “green”, cosa si può voler di più dalla vita ? Forse si accorgeranno tra una decina d’anni del calibro che hanno usato per spararsi nelle mutande; del resto noi ancora non l’abbiamo capito).

Nel momento stesso in cui hanno rimosso la minaccia del socialismo reale, hanno iniziato a richiedere indietro, un poco alla volta, tutti i fringe benefit che avevano concesso per rammollire la popolazione, nascondere lo status di Paesi occupati, disinnescare la resistenza e per marcare la differenza con l’Impero del Male (diritti sociali, garanzie costituzionali, standard di vita tra i più alti al mondo) e sono gradualmente passati, modello rana bollita, dal soft power (cit. Joseph Samuel Nye) allo hard power che stiamo vivendo in questi giorni.

Questo cambio di paradigma nei Paesi sotto occupazione mascherata è estremamente pericoloso visto che non può essere indolore e pertanto necessita di provvedimenti da Paese sotto controllo militare: sistemi di sorveglianza di massa, coprifuoco, Stato di polizia, chiusura delle frontiere, check point, pass sul modello dell’ahnenpass nazista, amministrazione controllata dell’economia con particolare riferimento alla libera impresa, normalizzazione dell’autoritarismo a partire dalle scuole, criminalizzazione del dissenso, propaganda sfrenata, promozione sociale dei collaborazionisti, apartheid

Il passaggio dal soft allo hard power richiede un periodo di transizione, necessario per riprogrammare attraverso la propaganda e la manipolazione occulta le menti dei popoli sotto occupazione e per costruire le infrastrutture necessarie per l’esercizio del governo autoritario.

E questo è esattamente il momento che stiamo vivendo: il Sistema sta velocemente abbandonando la vecchia pelle democratica, ormai troppo stretta e lacerata, e sta consolidando all’aria la nuova, più robusta e adatta a contenere un corpo sociale non ancora pronto per la svolta autoritaria.

Questa è l’ultima occasione che abbiamo, dobbiamo agire mentre sono in muta, è l’unico momento di vulnerabilità del Sistema; una volta cambiata la pelle, inizierà l’epoca della repressione manu militari del dissenso oppure, in caso estremo, la guerra civile.

E’ chiaro che per uscirne non c’è altra via che una guerra di liberazione, prima ce ne rendiamo conto, meglio sarà per tutti.

Bisogna spiegarlo anche ai nostri fratelli oltre le Alpi e oltre cortina sanitaria, perchè una cosa sola è certa, da soli non ne usciremo liberi.

* Fonte: BYEBYEUNCLESAM

Un pensiero su “VAE VICTIS di Giorgio Bianchi”

  1. RobertoG dice:

    Finalmente qualcuno che anzichè parlare delle solite elites senza nome e senza volto individua con chiarezza la natura del problema. Anzi il Problema. Sì, perchè hai voglia di parlare di sovranità, di conquistare l’egemonia ed altre quisquilie del genere, se non ti confronti con il fatto che l’Italia e con essa l’Europa è un paese/continente occupato militarmente dagli Stati Uniti si finisce solamente per dare aria alla bocca, depistarsi da soli e perdere tempo. Siamo americanocentrici, condizionati politicamente, economicamente e culturalmente d’accordo, ma la radice di tutto sta sempre nel fatto che l’Italia è una pelle di leopardo costellata da 113 aree che sono sottratte alla sua sovranità e che contengono di tutto, da semplici impianti di comunicazione a grandi basi aeronavali, da sofisticate installazioni belliche a depositi di armi nucleari. Mai è stato spiegato al popolo italiano quali sono le basi giuridiche e gli accordi grazie ai quali dobbiamo subire questa dominazione che dura da 75 anni e che non tende a cessare, anzi sono previsti ancora nuovi insediamenti. Non abbiamo ovviamente la forza al momento per liberare il paese ma abbiamo, questo sì , il dovere di fare chiarezza affinchè sia quanto meno percepita la situazione per quello che è: non un alleato che è qui per proteggerci (da chi poi?) ma un’occupante che ci impedisce di esercitare il nostro libero arbitrio come popolo e come nazione. Rimosso questo ostacolo dopo diventerebbe assai più semplice liberarsi della marmaglia collaborazionista nostrana, sia quella di governo che quella di (finta) opposizione e che ha intasato le istituzioni sia pubbliche che private e che, tra l’altro, in ossequio a questo potere ci ha precipitato nel baratro della (dis)Unione Europea, un costrutto inventato a bella posta per separare l’Europa dalla Russia e mantenerla in perenne crisi con l’austerità. E’ altresì evidente di come la narrazione e la gestione della pandemia sia tanto più delirante nelle nazioni più sottoposte al dominante, dato che è esso che deve ristrutturarsi e con lui le colonie che gli sono più dipendenti.

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