Browse By

EUROCONFUSIONE A PALAZZO di Leonardo Mazzei

474 visite totali, 1 visite odierne

L’euroausterità bussa prepotentemente alle porte, e manda la politica romana in euroconfusione. Nel giro di 24 ore l’Italia ha pronunciato un irresponsabile sì al nuovo Patto di stabilità imposto dalla Germania, ed un giusto per quanto pasticciato no alla riforma del Mes. Roba da batticuore, che ci dice comunque una cosa: l’austerità tornerà alla grande, ma i problemi interni a quella follia chiamata “Unione Europea” sono destinati ad aggravarsi.

Perché questa schizofrenia del governo

La prima cosa da chiedersi è il perché della schizofrenia del governo italiano. Il leghista Claudio Borghi, certamente persona informata dei fatti, così l’ha spiegato a “il Giornale”:
«C’era da decidere se bocciare il Patto o il Mes», perché «entrambe le cose non si poteva» e «abbiamo scelto quella che faceva più danno all’Italia».

In poche parole, il Borghi ci dice tre cose: che bisognava mandare un segnale a Bruxelles, ma anche all’elettorato; che però non si poteva strappare davvero con la cupola eurista; che per l’Italia la riforma del Mes sarebbe stata pure peggio del nuovo Patto di stabilità. Se i primi due punti ci parlano di un equilibrismo politico portato all’estremo, il terzo è sostanzialmente una spudorata menzogna, dato che il nuovo Patto di stabilità farà danni ben maggiori della pur pessima riforma del Mes.

Una volta tanto, le ricostruzioni giornalistiche sono sostanzialmente credibili. Giorgia Meloni, che nei mesi scorsi aveva sempre parlato di “logica di pacchetto”, lasciando intendere che il nuovo Mes sarebbe stato approvato solo dopo che l’Italia avesse ottenuto concessioni sostanziali sul Patto di stabilità, alla fine è stata costretta ad ingoiare due rospi in una volta sola. Due smacchi così grossi, da far pensare che l’annunciata influenza che l’ha opportunamente sottratta alle telecamere, sia stata più che altro la conseguenza di una indigestione di anfibi.

Il primo rospo si chiama Patto di stabilità, e sarà lo strumento principe per rimettere l’Italia sulla carreggiata dell’austerità e della stagnazione. A renderlo ancor più indigeribile è stata la gestione politica dell’accordo in sede europea. Mentre il nostro Paese sembrava dover essere nel terzetto dei decisori, insieme a Francia e Germania, alla fine l’accordo è stato annunciato dal solito asse Berlino-Parigi, che ha chiesto all’Italia di accodarsi senza protestare. Cosa poi avvenuta il giorno dopo, con un Giorgetti a testa bassa che ha così pronunciato l’abituale signorsì.

E’ vero, Meloni ha ottenuto che il meccanismo austeritario si dispieghi al massimo solo dopo il 2027. Ma questo “risultato” – conseguito in coppia con Macron, che ha la stessa tempistica elettorale della signora della Garbatella (così funzionano le trattative nella mitica Europa!) – non cambia di molto i termini della questione: una stretta austeritaria dovrà partire già dal prossimo anno, ed il governo dovrà mettere definitivamente nel cassetto tutte le sue promesse elettorali.

Il secondo rospo Meloni lo ha dovuto ingoiare sul Mes. Subito il primo colpo dall’asse carolingio sul fronte esterno, la capa del governo non ha potuto evitare il secondo proveniente all’interno dall’alleato Salvini. La Lega ha così trascinato Fratelli d’Italia nel no al Mes. E, con il contributo del Movimento Cinque Stelle, quel no ha ottenuto la maggioranza alla Camera, affossando almeno per ora la perfida riforma del già pessimo Mes. Per Meloni il fiasco è evidente. Non solo, almeno per una volta, ha dovuto mettersi in scia del mal sopportato Salvini, ma quel voto va ad inficiare l’immagine europeista e “responsabile” che si è cucita addosso accodandosi fin dal primo giorno del suo governo ai desideri dell’UE e della NATO.

La lezione che ci viene da questa pur confusa vicenda è piuttosto semplice: in politica, come nella vita, l’ambiguità talvolta paga, ma alla lunga i nodi vengono sempre al pettine. Non si può mantenere la promessa di difendere gli interessi nazionali, senza rompere sul serio con la cupola eurista. Questa evidente contraddizione, che solo gli euroinomani incalliti riescono ancora a non vedere, è il contesto che ha prodotto la schizofrenia di un sì al Patto di stabilità e di un no alla riforma del Mes.

Tuttavia, è bene precisarlo con chiarezza, meglio questa schizofrenia che il totale appiattimento del “viva l’Europa” a cui siamo abituati.

La falsa opposizione a pezzi

Questa puntualizzazione, per noi evidentemente scontata, è però utile di fronte allo spettacolo offerto dagli insuperabili abitanti di Piddinia City. I cui rappresentanti parlamentari, ormai suddivisi in tre parti (Pd, Italia Viva ed Azione), hanno ritrovato nel servilismo del sì al Mes le ragioni della loro comune casa madre. Come sempre, “buon sangue non mente”!

Il bello è che adesso costoro hanno pure qualcosa da ridire sull’accettazione del nuovo Patto di stabilità, rimproverando al governo di non aver difeso a sufficienza gli interessi nazionali. Un rimprovero in sé giustissimo e da sottoscrivere in toto, se non fosse che conosciamo i nostri polli. Immaginatevi cosa avrebbero detto Schlein, Renzi e Calenda, se per caso il governo non avesse chinato la testa di fronte al diktat franco-tedesco! Irresponsabili, populisti, antieuropeisti: ecco cosa avrebbe gridato a squarciagola il trio di cui sopra. Che difatti ha approvato senza batter ciglio la porcheria della riforma del Mes.

Ma i nodi son venuti al pettine anche nell’insieme della grigia opposizione parlamentare. Se Piddinia City si è ritrovata unita nell’adorazione di uno dei tanti strumenti di tortura approntati dai sacerdoti della religione eurista, i Cinque Stelle hanno invece votato no al Mes, mentre la piccola pattuglia di Alternativa Verdi e Sinistra si è coraggiosamente (anche qui buon sangue non mente) astenuta.

Dunque, mentre la maggioranza si è divisa in due, con l’astensione di Forza Italia e Noi Moderati; l’opposizione si è spaccata addirittura in tre, dimostrando così un paio di cose. La prima, scontata, è che si tratta della più debole opposizione della storia repubblicana. La seconda, da tenere bene a mente, è che quando i nodi arrivano, questo avviene per tutti.

Il voto del 21 dicembre, solstizio d’inverno, avrà quindi conseguenze politiche di lungo periodo. La schizofrenia non è solo nel governo, ma pure nella finta opposizione. Ed anche questo ci dice molto sul livello raggiunto dalla crisi europea e sulle ripercussioni che avremo in Italia.

E ora che succede?

Adesso molti si chiedono che cosa succederà. Per gli eurofanatici siamo di fronte ad un imperdonabile peccato che ci manderà all’inferno, ma in realtà – almeno per ora – in Europa è calma piatta. Dopo il voto sul Mes lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi si è addirittura ridotto, passando da 162 a 157; mentre la grande stampa europea ha letteralmente ignorato il voto della Camera dei deputati.

Siamo dunque di fronte ad uno psicodramma solo italiano? Per certi aspetti sì, per altri no. Un consistente gruppo di eminenti economisti, pur avversi al governo, ha scritto che: «La sola riforma sensata del Mes sarebbe la sua abolizione». Ma, purtroppo, la bocciatura della sua riforma non abolisce il Mes, che continuerà invece ad esistere e ad esercitare la sua funzione di strumento ammazza-popoli (Grecia docet).

Per i custodi dell’ortodossia ordoliberista è molto più importante aver portato a casa il nuovo Patto di stabilità che la riforma del Mes. Riforma che, si vocifera oggi su alcuni organi di informazione, qualcuno a Bruxelles vorrebbe adesso realizzare a “19”, cioè ad esclusione dell’Italia, vanificando così di fatto il diritto di veto di Roma all’interno dell’Eurozona.

Vedremo. Certe reazioni a caldo lasciano il tempo che trovano. Più probabile che la cupola eurista decida piuttosto di tornare all’attacco dopo le elezioni europee del prossimo giugno.

Per capire quel che accadrà, bisogna distinguere gli aspetti economici da quelli politici. Sul piano economico la mancata riforma del Mes non cambia molto, mentre su quello politico potrebbe cambiare tantissimo. Certo, il no italiano è stato un po’ casuale e controvoglia, più una reazione allo sgarbo franco-tedesco che l’espressione di una vera volontà politica. Ma a volte anche una casuale palla di neve può innescare una vera valanga.

Cosa prevedeva la riforma del Mes

A questo punto, pur senza entrare in troppi e complicati dettagli, è bene andare a vedere cosa prevedeva la riforma del Mes e cosa arriverà invece con il regalo di Natale del nuovo Patto di stabilità.

Sul Mes il discorso è semplice. Fin dalla sua nascita, nel 2012, il Mes (che peraltro è un fondo di diritto lussemburghese!) è stato uno degli strumenti principali dell’ortodossia ordoliberista e del dominio tedesco nell’UE. Il Mes interviene nei paesi che lo richiedono solo a seguito dell’accettazione di pesantissime condizioni, stabilite con la firma di un apposito Memorandum. L’applicazione di queste condizioni (normalmente nuove tasse, tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, liberalizzazioni) viene verificata da un mostro a tre teste (la famigerata Troika) composto dalla Bce, dalla Commissione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. Le conseguenze per i popoli (sperimentate in Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Cipro) sono sempre state devastanti.

Al Mes l’Italia ha già versato 14,3 miliardi, ma è impegnata per una quota che potrebbe arrivare (ove ve ne fosse necessità) fino a124 miliardi. La riforma bocciata dalla Camera, oltre ad introdurre la possibilità di prestare questi soldi ad un nuovo fondo per salvare le banche, prevedeva un meccanismo per rendere più semplice la ristrutturazione del debito pubblico nei paesi maggiormente indebitati. Tra questi in primo luogo l’Italia. In questo modo si sarebbe arrivati alla classificazione dei paesi dell’eurozona in diverse categorie di rischio, favorendo così l’esplosione dello spread a tutto svantaggio del nostro Paese.

Sul punto è opportuna una precisazione. Non siamo certo contrari ad una parziale ristrutturazione del debito, ma questa andrà fatta con dei criteri piuttosto precisi, colpendo la speculazione e le grandi banche estere, tutelando al tempo stesso il risparmio nazionale ed i piccoli investitori. Ed andrà fatta soprattutto dentro un disegno di sganciamento dai mercati finanziari. Ammettere invece la possibilità della ristrutturazione, ma restando in un sistema dominato dai pescecani della finanza (come si voleva col Mes), spianerebbe la strada ad un disastro annunciato di cui non si sente proprio il bisogno.

Il no al Mes è dunque un fatto altamente positivo, anche se va detto che l’Italia è già sottoposta ai vincoli di quello che noi chiamiamo Super-Mes, cioè il Pnrr con le sue 528 condizioni da rispettare. Condizioni fatte di privatizzazioni e liberalizzazioni a favore dei grandi gruppi ed a danno del popolo lavoratore. Ma su questo il partito unico neoliberista di centro-sinistra-destra non ha nulla da obiettare…

Cosa arriverà col nuovo Patto di stabilità

Per un pericolo momentaneamente respinto, arriverà però la certezza di nuovi e pesanti sacrifici. Il nuovo Patto di stabilità è perfino più pesante del previsto. E’ vero che (in teoria fino al 2027) vi saranno criteri di flessibilità sui quali ogni paese proverà a giocare, ma è vero anche che i criteri di fondo del nuovo Patto non lasciano adito a dubbi.

Non solo i vincoli di Maastricht vengono confermati, alla faccia dei cambiamenti annunciati nel 2020, ma essi vengono perfino induriti. Il 3% del rapporto deficit/Pil dovrà progressivamente abbassarsi fino all’1,5%. Potrebbe sembrare poco, ma per l’Italia si tratta di una differenza di 30 miliardi, da recuperare con tagli alla spesa e/o più tasse.

Ma questo ancora non basta. Il debito dovrà cominciare a ridursi di almeno un 1% all’anno. Si tratta di 20 miliardi da sottrarre annualmente all’economia reale. Certo, scompare in questo modo la mostruosità del Fiscal compact, che pretendeva la riduzione di un 5% all’anno. Ma poiché si trattava di una richiesta assurda il Fiscal compact nessuno l’ha mai rispettato. Adesso, invece, la regola del nuovo Patto si presenta come “realista”, dunque applicabile, più precisamente da far applicare agli eventuali riottosi.

Formalmente il Patto sarà più “democratico”, dato che ogni stato avrà la titolarità dei piani di rientro del debito, ma di fatto sarà la Commissione Europea ad avere la prima e l’ultima parola. La prima con la definizione della “traiettoria tecnica” che ciascun paese dovrà seguire, l’ultima con la ratifica del piano stesso.

Brevi conclusioni

La progressività con la quale verranno perseguiti gli obiettivi di bilancio non va scambiata per generosità. A Bruxelles sono criminali ma non stupidi. E sanno che diversamente la loro costruzione salterebbe in aria. Faranno invece di tutto per preservarla, ma senza mai rinunciare alla sua unica e vera ragion d’essere, cioè la sua natura ultra-liberista. L’Unione Europea è il paradiso dei liberisti, un paradiso che si regge sulle regole ordoliberali, le uniche che possono tenere in piedi una gabbia sempre più traballante.

Per quanto lungo ed accidentato potrà essere il percorso, lavorare per dargli il colpo finale, uscendo da questa gabbia una volta per tutte, è perciò l’unica cosa sensata da fare.

No, dunque, al Mes con o senza riforma, no al nuovo Patto di stabilità! Ma, soprattutto, ricominciamo a parlare di italexit!

2 pensieri su “EUROCONFUSIONE A PALAZZO di Leonardo Mazzei”

  1. Tiziano dice:

    Parlando proprio di Italexit mi piacerebbe , se possibile , poter inquadrare gli scenari che si verrebbero a creare. Penso che tanti come me seppur favorevoli si pongono la domanda : e dopo cosa succede ? Quindi oltre a smascherare la controparte sarebbe molto interessante capire bene se siamo di fronte ad una scelta giusta ma con altissimi rischi o con buone speranze di successo. Grazie e perdonate se l’argomento è già stato affrontato in passato

  2. Lorenzo60 dice:

    L’Italexit sulla falsariga della Brexit. Questa l’unica strada per riprendersi sovranità monetaria e indipendenza politica. Tutte le teorie sulla globalizzazione si sono rivelate non in grado di garantire sviluppo e occupazione, gli unici strumenti che possono migliorare le condizioni economiche dei cittadini e del bilancio dello Stato. Se è vero che in Italia il risparmio privato è il triplo del debito pubblico l’Italia lo può garantirlo senza vincoli di ogni sorta (Mes Pnrr, patti vari). Quindi il mio augurio per il nuovo anno è che gli italiani si sveglino.Buon Natale a tutti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *