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PETARDI A GEMONIO

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Gemonio: la sede devastata della Lega Nord

L’inesorabile tramonto del leghismo


di Piemme


«Bossi, insomma, non vuol vedere che i petardi sono il segnale di una radicalizzazione giovanile che monta, e che cresce a causa della crisi sistemica, una crisi rispetto alla quale il celodurismo leghista si disvela nella sua evanescenza. Non vuole prender atto che  la fratturazione sociale e di classe attraversa pure la “Padania”, e che essa si annuncia come rottura generazionale, si manifesta nel salutare rinnegamento dei padri da parte dei figli. «Signori! se questo è il vostro mondo, che vada alla malora!». 



Nella notte tra il 28 e il 29 dicembre due “grossi” petardi hanno mandato in frantumi la vetrina della sede della Lega Nord di Gemonio. La cosa non avrebbe avuto la risonanaza che ha avuto se non fosse stato che a Gemonio ci vive il leader maximo, l’Umberto Bossi. Peggio: la sede sta a poche centinaia di metri di distanza dalla casa di quest’ultimo. Lasciamo stare l’esecrazione di rito, tra cui quella di Maroni, «Non ci lasceremo intimidire», nella doppia veste di dirigente della Lega Nord e di Ministro degli Interni.


A caldo il Bossi se l’è presa, tanto per cambiare “… con la palude romana”, avanzando quindi la tesi del “complotto”, che notoriamente è quella che oltre a non richiedere che uno si sprema troppo il cervello, rappresenta spesso un comodo alibi per non guardare in faccia alla realtà.


C’ha pensato la Digos a mandare in frantumi, dopo la vetrina della sede, l’illusione che il nemico non ci celi nell’amata Padania. Ieri infatti sono stati denunciati, per l’attacco notturno in questione, due ragazzi. Sorpresa: non sono agenti dei servizi segreti deviati, ma abitanti di Gemonio, e da tutti conosciuti. Orrore! «In casa avevano polvere pirica e stendardi di Antifa». Doppia sorpresa: sono figli di genitori di provata fede leghista.
Bossi addirittura ha affermato: «Quei due vengono da famiglie leghiste, sono figli di leghisti…I miei figli li conoscono».


Appena scoperto che tra lui e i «terroristi» c’è appena un grado di separazione, Bossi ha abbassato i toni, riducendo la cosa a ..”ragazzata”. “Ragazzata”… Dopo quella del complotto un’altra spiegazione consolatrice. La verità Bossi ce l’ha sotto gli occhi, ma spaventato, proprio lui che è considerato un “animale politico” di razza, uno che ha fiuto, si tappa naso, occhi e orecchie. 


Se ascoltasse il botto dei petardi, dovrebbe coglierne il messaggio: che la spinta propulsiva della Lega si va esaurendo. Dopo la prima generazione di fede leghista, la seconda, se ci sarà, sarà niente di più che uno sbiadito ricordo della prima. 


I due ragazzi che hanno pensato e portato a compimento la loro azione simbolica questo ci dicono: che cova tra i giovani della “Padania” la stessa rabbia, la stessa sete di giustizia e di radicale cambiamento che abbiamo visto in opera a Roma il 14/12. Bossi si illude che la Padania sia estranea al risveglio e al subbuglio che afferra la gioventù. I due petardi di Gemonio ci dicono che la merda non si ferma sulla riva meridionale del Po, che ha travalicato il confine, che il malessere giovanile va quagliando in vera e propria ribellione. Bossi si sbaglia se pensa che la piena in arrivo possa essere arginata con le sue sparate populiste e demogogiche, con la promessa spompata del “federalismo”, o ostendando i successi della “buona amministrazione leghista”.


Bossi non vuole vedere che il “leghismo”, al culmine del suo momento di gloria, inizia a fare schifo, col suo precipitato di egoismo  piccolo-borghese, non più a quattro gatti radical-chic, ma a strati sociali sempre più vasti, alla tanta povera gente che paga gli effetti della crisi e a malapena riesce a sopravvivere, che sente che la situazione andrà peggiorando


«Bossi, insomma, non vuol vedere che i petardi sono il segnale di una radicalizzazione giovanile che monta, e che cresce a causa della crisi sistemica, una crisi rispetto alla quale il celodurismo leghista si disvela nella sua evanescenza. Non vuole prender atto che  la fratturazione sociale e di classe attraversa pure la “Padania”, e che essa si annuncia come rottura generazionale, si manifesta nel salutare rinnegamento dei padri da parte dei figli. «Se questo è il vostro mondo, che vada alla malora!». 


Di più: la Lega, finita la fase “epica” del populismo secessionista e discesa ai più miti consigli del “federalismo fiscale”, ovvero venuta a patti con la “palude romana”, vien percepita come forza sistemica, come forza della conservazione sociale. Come forza nemica.


I «Petardi di Gemonio» questo ci dicono in buona sostanza: che va evaporando l’illusione, la pretesa, che la Lega sia una forza di lotta e di governo. Contro chi va lottando infatti la Lega Nord? Fino a ieri anzitutto contro i migranti, patetico capro espiatorio di un movimento che ha venduto l’anima al diavolo. Oggi anche contro gli operai, che in tanti l’hanno votata: vedi il sì leghista alla linea Marchionne. Il tutto con il feticcio interclassista e paternalista del “territorio”, della comunanza di interessi su basi geografiche e toponomastiche.
Sarà un “territorio” che vi seppellirà.

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