BOSSI STACCA LA SPINA?
Solo un mignottocrate? |
Se ne parla (semmai) dopo le elezioni amministrative
di Piemme
In Italia se ne vedono di tutti i colori. Il fenomeno senz’altro più paradossale (rassomiglia a quello del calabrone) è quello di un governo bollito, che si tiene in sella grazie ad un palo di sostegno dietro la schiena. La sfrontata dichiarazione di oggi di Berlusconi, che ha bellamente ammesso che sul nucleare ha preso per il culo tutti quanti, sarebbe enorme se non fosse che oramai sono quasi tutti assuefatti. La cosa ha fatto seguito alla decisione di bombardare la Libia, che oltre a smentire tutte le precedenti prese di posizione del governo, polverizza il Ministro della difesa, che conta evidentemente come il due di briscola, nonchè urta la Lega nord. A seguire la decisione di dare semaforo verde alla scalata della multinazionale francese Lactalis su Parmalat.
Cancellata in un battibaleno la precedente decisione di difendere “l’italianità” dell’azienda parmense (schiaffo a Tremonti e alla Lega). Tutto questo segue la linea improvvisamente “umanitaria”, sgradita alla Lega, seguita sui recenti flussi migratori e il dietro front rispetto alla critiche a Parigi (anche qui: quanto conta il Ministro Maroni?).
«Non più secessionismo, e nemmeno il federalismo di Cattaneo, bensì quello… di Cavour. Con queste premesse anche gli ultimi seguaci del neoguelfismo cattolico (fatta salva l’eliminazione di Berlusconi) potrebbero trovare un accordo, ovvero un modello federativo che veda Roma, alleata di Milano, ben salda come capitale di uno Stato formalmente unitario. Bossi si riallaccia non a caso ad Alberto da Giussano, che fu, a difesa della supremazia milanese sul resto della Lombardia, combattente guelfo e filo-papalino. Si potrebbe risalire alla “Pataria” del secolo precedente e che ebbe Milano come epicentro. Movimento popolare ribelle che prese sì di mira la canina stercora dell’alto clero locale, i suoi privilegi, la sua corruzione ma, cattolico quant’altri mai, invocò e ottenne l’appoggio del Papa e di Roma, per poi diventare carburante prezioso alla grande riforma restauratrice e centralista gregoriana». (Può l’Italia fare la fine della Jugoslavia?)
C’è un ultimo elemento, che è tuttavia quello sostanziale. Per quanto a molti dirigenti leghisti Berlusconi sia inviso, essi debbono tener conto delle forze sociali “padane” a cui danno voce. Gli interessi neo-corporativi che essi difendono sono intrecciati in maniera simbiotica e forse oramai inestricabile con quelli che il berlusconismo a sua volta rappresenta. L’autonomia del politico ha un limite invalicabile: quando l’elemento politico si separa dal suo committente sociale, quest’ultimo va a cercarsi, e prima o poi trova, una diversa e adeguata rappresentanza politica.