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SICILIA: METAFORA DELLA CATASTROFE NEOLIBERISTA di Beppe De Santis*

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[ 8 febbraio ]

* Beppe De Santis è membro del Consiglio nazionale di P101

Rosario Crocetta: le responsabilità del capro espiatorio


“NESSUNO POTREBBE FARE PEGGIO DEL GOVERNATORE ROSARIO CROCETTA”: è la vox populi, oggi, la più diffusa in Sicilia. Ripetuta, mantra ossessivo, in tutti i cantoni isolani, nei bar,nelle taverne, negli stadi,nelle sacrestie, nelle case. E per la verità, la realtà non offre scampo. Disoccupazione di massa, povertà endemica, disgregazione sociale, interi comparti dello stato sociale ( scuola, sanità) stressati e stremati, gli ex poli industriali decaduti (Fiat di Termini Imerese) o declinanti, tra speranze tradite di rigenerazione ambientale e inerziale processo di dissolvimento (polo petrolchimico di Gela), sistema trasportistico di base a pezzi (vaghe inquietanti sembianze da dopoguerra), quattro fattorie agricole su dieci cancellate (ah, “i forconi”!), città e paesi in via di desertificazione.

Il funesto rosario potrebbe continuare. Eppure, devo dire, con onestà e responsabilità, che il vero – e primo- colpevole non è Crocetta. Crocetta individualista, autarchico, narcisista, parolaio, pifferaio, incantatore di serpenti, “tragediatore”. Crocetta sedicente, presunto diverso, cristiano e rivoluzionario. Povero Cristo e povero Che Guevara. Crocetta giustizialista, senza macchia e senza paura, alleato organico della Confindustria di Antonello Montante, presunto, finto neo-lottatore antimafia, frettolosamente disconosciuto a impostura acclarata.

Crocetta che deve fare a meno dell’antimafia ereditaria di sangue (fuoriuscita dal governo a malo modo di Rita Borsellino, ex assessore regionale alla Sanità). Crocetta che affida il governo di interi reparti della sanità palermitana al suo onnipotente estetista personale, il mitico dott. Matteo Tutino. Crocetta che regge il suo governo su una maggioranza arcobaleno, metamorfica, la più trasformista che la povera Sicilia abbia mai potuto concepire. La Sicilia. Che di trasformismo pur s’intende.

Crocetta che, in 3 anni e 3 mesi di governatorato, ha già cambiato 4 governi superando tutti i record, con una carambola di sconosciuti e improvvidi assessori e di burocrati di mezza tacca elevati agli onori di governo. Dopo la prova iniziale, disastrosa e tragicomica, del lancio sul ring degli assessori del noto affabulatore scientifico Antonino Zichichie del cantautore mistico Franco Battiato. Soltanto dopo 4 mesi di inenarrabili performances e titaniche gaffes.

Crocetta che, in cambio di qualche centinaia di milioni di euro di mance da parte del governo nazionale, ha rinunciato a rivendicare e ottenere – da parte del governo nazionale – 3-4 miliardi di euro che toccavano alla Sicilia, secondo le regole dello Statuto autonomistico (parte integrante della Costituzione italiana). Mentre si svuota la Costituzione italiana, lo Statuto Autonomistico – di conseguenza- non può che morire.

Crocetta che – dopo una iniziale e retorica resistenza- ha subito l’installazione (in itinere) del MUOS – sistema di comunicazione satellitare di ultima generazione gestito direttamente dagli USA- in Sicilia e ha accettato la totale trivellazione dei mari di Sicilia, una vergognosa resa senza condizioni alle multinazionali OIL, speculatrici senza scrupolo e inquinanti senza pari.

Eppure, devo ripetere, con onestà e responsabilità,che il vero- e primo – colpevole non è Crocetta. Nè la sua maggioranza, nè il suo governo.
L’esempio di 6 Presidenti/Governatori siciliani

Il governo Crocetta è stato preceduto, nell’ultimo quarto di secolo, da altri governi e Presidenti ben più solidi, determinati, capaci, concreti e sperimentati. Facciamo l’esempio di 5 Presidenti o Governatori ( dal 2001) e governi relativamente solidi e diversi tra loro per maggioranza, composizione dell’Esecutivo e caratteri del leader i turno: Governo Campione (sinistra democristiana), con i postcomunisti nella maggioranza e nel governo , dal 7/1992 al 12/1993; Governo Provenzano (Forza Italia), con maggioranza di centro-destra in salsa berlusconiana, dal 6/1996 all’1/1998; Governo Capodicasa (post-comunista), con maggioranza e governo di centro-sinistra, dall’11/1998 al 7/2000; Governo Cuffaro (post-DC-UDC), con maggioranza di centrodestra a trazione centrista, dal 7/2001 all’1/2008; Governo Lombardo (post-sinistra DC-neo-autonomista, eletto con oltre due milioni di voti personali), con una maggioranza centrista e autonomista, e, nella seconda fase, con l’appoggio esterno dei post-comunisti, dal 4/2008 all’11/2012.

Nonostante la relativa solidità e dinamicità di queste maggioranze, di questi governi, di questi Presidenti o Governatori, pur così diversi tra loro, la Sicilia è andata irreparabilmente arretrando sotto il profilo economico, occupazionale, reddituale, dei consumi, dello Stato sociale, della qualità della Pubblica Amministrazione, delle infrastrutture primarie e delle reti dei servizi a rete (rifiuti, risorse idriche), della coesione sociale, della qualità ambientale generale, del destino delle giovani generazioni, dell’emancipazione e liberazione delle donne.

Per singolare paradosso, proprio sul fronte più tragico e controverso, quello della – pur relativa – liberazione dalla mafia, la Sicilia ha fatto storicamente dei passi in avanti. Passi in avanti, peraltro, mai acquisiti per sempre e sempre da riconquistare. In una eterna, necessaria e sacrosanta fatica di Sisifo. A volte, spem contra spem. Ma, in 35-25 anni, la Sicilia è strutturalmente arretrata in termini di civiltà complessiva, di benessere generale, di coesione sociale generale. Di democrazia. Di sovranità costituzionale.

Non intendo, ora, sgranare il brutale rosario dei dati. E allora, devo dire che i primi, principali, responsabili della DISFATTA SICILIANA, non sono i vari Giuseppe Campione, Giuseppe Provenzano, Angelo Capodicasa, Totò Cuffaro, Raffaele Lombardo e, ultimo e meschino, Rosario Crocetta, con le loro classi dirigenti, i loro partiti e non partiti, le maggioranze, i governi, le burocrazie collegate.

Certo, ciascuno di loro ha le proprie specifiche colpe e responsabilità, che sono arcinote e stigmatizzate, sul fronte della legalità repubblicana antimafia, della corruzione, del clientelismo, del nepotismo e del familismo, della malamministrazione, dell’affarismo pervasivo, della competenza, della capacità di visione programmatica e progettuale, dell’impegno per il bene comune. Nessuno gliele potrà togliere dal groppone.
Non vi è buon governo possibile senza battere il Neoliberismo, in Sicilia e altrove

Sono codeste, per dir così, le RESPONSABILITA’ ORDINARIE, seppure gravi e metastatiche. Ma resta il fatto, titanico, inquietante, dirimente, che chiunque, oggi, andasse a governare la Sicilia – come l’intero Mezzogiorno e l’intera Italia –SENZA LIQUIDARE RADICALMENTE LE DOMINANTI POLITICHE NEOLIBERISTE, contribuirebbe all’ulteriore disfatta –in termini di benessere e di democrazia – della Sicilia, del Mezzogiorno e dell’ Italia.

Il compito – della serie “i compiti a casa”- che il neoliberismo impone a chiunque vada a governare la Sicilia, come gli altri territori del Sud e dell’intera Italia – è quello di TAGLIARE,E TAGLIARE E ANCORA TAGLIARE LA SPESA PUBBLICA. Tagliare e tagliare la spesa sociale, la spesa per i poveri e i disperati, la spesa sanitaria, la spesa scolastica formativa e universitaria, la spesa per i trasporti, la spesa per gli asili nido e i servizi per l’infanzia, la spesa dei Comuni, la spesa delle ex municipalizzate, la spesa per i lavoratori pubblici. La spesa pubblica per sostenere le imprese esistenti e agonizzanti e promuovere le nuove imprese. La spesa pubblica per la ricerca e l’innovazione.

I governatori delle Regioni italiane sono prevalentemente costretti a svolgere il ruolo di TAGLIATOPRI DI SPESA, quindi, di tagliatori di redditi, di lavori, di servizi, di vite, di speranze. Non governatori, ma tagliatori. Tagliatori di vite, di teste.

La gara politica è ridotta alla gara tra CHI TAGLIA MEGLIO (ai fini degli interessi delle oligarchie neoliberiste), riuscendo a cavarsela, a barcamenarsi, a estorcere un consenso sempre più logorato, esiguo e riottoso. Consenso imposto sempre più per via autoritaria (la controriforma costituzionale di Renzi).

Sappiamo che non può esistere uno Stato democratico, o una regione democratica, o un Comune democratico degni di questo nome SENZA LA SPESA PUBBLICA. Senza la sovranità monetaria statuale che ne è alla base. Più in generale, sappiamo che non può esistere una società democratica, una democrazia, senza spesa pubblica, senza sovranità monetaria, senza sovranità statuale costituzionale. Non può esistere una democrazia che non governi, non indirizzi, non controlli l’economia. Delle due l’una: o la democrazia controlla l’economia, o la democrazia evapora, scompare, si dilegua. In Sicilia, in Campania, in Italia.

Tutt’altra è la questione della QUALITÀ della spesa pubblica, della QUALITÀ della Pubblica amministrazione, della QUALITÀ della democrazia, della QUALITÀ della politica, che vanno assicurate con impegno e onore. Ma perché ci sia la qualità della spesa pubblica, vi deve PRIMA essere la QUANTITÀ adeguata dell spesa pubblica da mobilitare.

In Sicilia, il problema non è Crocetta, non è prevalentemente Crocetta. Il problema è combattere e battere il neoliberismo, che domina in Sicilia, in Italia, soprattutto attraverso una Unione Europea, e un’Eurozona, che è diventata uno strumento privilegiato del neoliberismo globale, del finanzcapitalismo, del capitalismo speculativo globale, in particolare attraverso l’EURO. Moneta senza Stato sovrano, moneta non sovrana, moneta della speculazione finanziaria globale. Moneta che uccide l’economia reale, i territori, compresa la Sicilia.
La Responsabilità, la colpa straordinaria delle Classi Dirigenti

La responsabilità ordinaria, abbiamo detto sopra. Ma, la VERA RESPONSABILITÀ STRAORDINARIA della classi dirigenti europee, italiane, meridionali e siciliane è NON AVER CAPITO LA NATURA DEL NUOVO CAPITALISMO GLOBALE, di non aver voluto vedere il progressivo svuotamento del compromesso keynesiano (quello vigente in Italia e altrove dal 1945 al 1975), di aver subito una metamorfosi dell’Unione Europea in senso strutturalmente neoliberista hayekiano, di aver accettato supinamente il sistema letale dell’euro, di aver pensato di convivere creativamente con il finanzcapitalismo, di adattarvisi comodamente. Altri, per slittamenti progressivi, opportunistici o esplicitamente criminali, hanno pensato addirittura di assumere il ruolo di neoalfieri del finanzcapitalismo. Interi ceti politici di origine keynesiana, popolare, socialista e comunista sono diventati, in poco più di un trentennio, da fervidi keynesiani di vario rango e spessore, i servi e le mosche cocchiere del finanzcapitalismo. In Sicilia e altrove.

Questa è la vera responsabilità, RESPONSABILITÀ STRAORDINARIA, la vera colpa storica, epocale, anche dei 6 Presidenti della Regione Siciliana, presi ad esempio sopra. Altro che le miserie soggettive e micro politiche del Crocetta di turno. Chiunque governasse la Sicilia d’oggi, con le stesse politiche neoliberiste dominanti farebbe, più o meno, quanto Crocetta. Un po’ meglio, un po’ peggio: una differenza di dettaglio. Questa è la verità vera. Nessuna si illuda o imbrogli se stesso e i suoi figli.

È una vera e propria rivoluzione quella di cui v’è bisogno. Una rivoluzione democratica, una rivoluzione keynesiana, una rivoluzione di ispirazione popolare cristiana, una rivoluzione di ispirazione neosolidale e neosocialista. Anche in Sicilia. Dalla Sicilia. Dal Mezzogiorno.

Dalla Sicilia, dal Mezzogiorno un contributo determinante alla Rivoluzione Democratica e Socialista contro il Neoliberismo

Oltre un secolo e mezzo fa furono i siciliani, per primi, a rendersi conto dei caratteri della MALAUNITÀ italiana del 1861, ribellandosi e pagando col sangue. A fine Ottocento, è in Sicilia che esplose il grandioso movimento dei Fasci Siciliani, primo vero movimento di massa di identità socialista. A cavallo degli anni Quaranta e Cinquanta, in Sicilia si produsse il movimento per la conquista delle terre e per una buona riforma agraria più polare e combattivo. Una cinquantina i forti ed eroici sindacalisti massacrati dalla mafia agraria.

Il popolarismo cattolico democratico nacque, nei primi decenni del Novecento, nella Sicilia sud-orientale su impulso di un piccola grande prete, Don Luigi Sturzo. Il meridionalismo socialista e democratico germinò tra la Sicilia di Sturzo, la Sardegna di Antonio Gramsci, la Puglia di Gaetano Salvemini e l’Irpinia di Guido Dorso.

Sicilia terra di mafia. Ma Sicilia terra di antimafia, quella vera. I più grandi eroi antimafia del Novecento, fino ad oggi, SONO SICILIANI. SICILIANI. A cominciare da Giovanni Falcone e da Paolo Borsellino. Insomma le radici per farcela, sono forti e ottime. Dissodare il terreno e ricominciare.

La Sicilia non si salva se non battendo preliminarmente il neoliberismo. Perciò ho contribuito promuovere e ho firmato l’Appello del Programma 101. Sì, lo so. Stiamo mettendo su, per ora, un’ARCA DI NOÈ. Anche dalla tragica e generosa Sicilia. Ma l’Arca, nel Diluvio e dopo il Diluvio neoliberista,non è una FINE. E’ un INIZIO.


* Fonte: Programma 101

Un pensiero su “SICILIA: METAFORA DELLA CATASTROFE NEOLIBERISTA di Beppe De Santis*”

  1. Fiorenzo Fraioli dice:

    Bravo Beppe, hai colto il punto.

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