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HAIMÉ, VINCERÀ LA CLINTON di Carlo Formenti

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[ 19 ottobre ]

“Non è la Seconda Guerra Fredda, ma se vince Hillary Clinton, i primi tre mesi del prossimo anno saranno i più pericolosi da quando è crollata l’Unione Sovietica”: così Ian Bremmer, intervistato da Giuseppe Sarcina sulle pagine del Corriere della Sera


La preoccupazione, a mio parere, non è solo fondata, direi che la si può definire addirittura eufemistica. Parlare di rischio di una nuova Guerra Fredda significa infatti non prendere atto del fatto che la Seconda Guerra Fredda è già in atto da tempo, almeno a partire dall’inizio della guerra in Ucraina che vede gli Stati Uniti e l’Europa (ancorché recalcitrante) schierati a fianco del governo fascista di Kiev. Di fatto, come denuncia senza peli sulla lingua Papa Francesco, più che a una Guerra Fredda, siamo di fronte a una vera e propria Terza Guerra Mondiale, come ha appena confermato l’annuncio di Obama di essere pronto a scatenare un attacco informatico contro la Russia, in ritorsione alle presunte interferenze degli hacker russi nelle elezioni presidenziali americane.

Se tali interferenze siano un fatto reale non lo sapremo mai, a meno che un nuovo Snowden abbandoni le fila della Cia e ci racconti come sono andate effettivamente le cose. Il dubbio è più che lecito, visto che la storia antica e recente dell’imperialismo americano è piena di “incidenti” (basti ricordare quello del Golfo del Tonchino che legittimò l’attacco al Vietnam del Nord) creati ad arte per scatenare guerre di aggressione. A prescindere da questo “particolare”, occorre ricordare che 1) l’avvio di una cyberguerra rappresenterebbe oggi – considerati gli effetti che avrebbe sulle infrastrutture del paese attaccato – un equivalente del bombardamento giapponese su Pearl Harbour, 2) che all’attacco corrisponderebbe inevitabilmente un contrattacco (come già annunciato da Putin). Se a questo aggiungiamo l’invio di soldati della Nato (italiani compresi!) nelle Repubbliche Baltiche e gli inviti che le autorità russe rivolgono ai civili perché si preparino a un possibile conflitto nucleare, il quadro si fa ancora più fosco.

Ma perché tutto questo tintinnare di sciabole? 

Se è vero quanto sostengono gli economisti che hanno studiato la storia di lungo periodo del capitalismo, come Giovanni Arrighi e altri, i quali prevedevano l’esaurimento del ciclo egemonico dominato dagli Stati Uniti —una diagnosi confermata dalla crisi innescata dal processo di finanziarizzazione, dal proliferare di guerre locali provocate dal tentativo di conservare il controllo sul Medio Oriente e dall’emergere della Cina, che protende i suoi tentacoli nel mar Giallo e verso le ex repubbliche sovietiche, da cui vorrebbe far passare la sua “via della seta”— è opportuno ricordare che nel passato nessuna potenza declinante ha mai mancato di provocare guerre distruttive nel tentativo di conservare la propria egemonia, per cui gli Stati Uniti, finché mantengono la loro supremazia militare, non possono non essere tentati di “giocare d’anticipo” per sfruttare tale vantaggio. La battuta di Bremmer suona inquietante perché si sa che la Clinton è espressione, oltre che degli interessi dei maggiori gruppi finanziari, del partito dei “falchi”, nonché fervida sostenitrice della teoria dell’esportazione della “democrazia” made in Usa con la forza delle armi.

Non stupisce quindi che goda dell’appoggio incondizionato di tutti i poteri forti occidentali, dalla finanza all’industria hi tech, dalla lobby militare industriale ai media. A stupire è piuttosto l’appoggio che le arriva dalle sinistre, non escluse certe sinistre sedicenti radicali e antagoniste, che appaiono totalmente incapaci di cogliere i rischi associati a una sua —ahimè ormai certa— vittoria, e insistono invece a indicare come “nemico principale” e più pericoloso quel Donald Trump che viceversa, propone una politica isolazionista e di disimpegno dai teatri più caldi del conflitto globale. 


Questo vuol dire che bisogna sposare la sua ideologia razzista, sessista e xenofoba? Ovviamente no, ma smettiamola almeno con gli appelli a votare la Clinton per “evitare la catastrofe”.
* Fonte: Micromega

11 pensieri su “HAIMÉ, VINCERÀ LA CLINTON di Carlo Formenti”

  1. Anonimo dice:

    Più che altro Dovreste riflettere su questo:come mai proprio mentre Obama dice che bisogna smetterla con l'austerità dando un esplicito endorsement a Renzi la UE pensa che forse manderà una lettera al governo italiano perché mette in dubbio gli obiettivi e la loro fattibilità nella finanziaria?http://it.investing.com/news/notizie-mercato-azionario/legge-bilancio,-ue-nutre-dubbi,-potrebbe-inviare-lettera-111021Co sono due tendenze, una filo americana e antirussa contro un'altra filotedesca disponibile a una collaborazione coi russi.non è una questione di poco conto e rende sostanzialmente impossibile il formarsi di un partito popolare sia in Europa che nei singoli stati nazionali.

  2. Anonimo dice:

    Se ci sono due tendenze vuol dire che c'è una frattura nel blocco dominante. Se i blocchi popolari non si formano (o almeno cominciano a provarci) quando si verificano queste fratture quando altro dovrebbero formarsi? Quando i dominanti sono coesi? Ma che logica è mai questa?Che poi gli USA non siano mai stati così forti mi pare quanto meno discutibile. Negli anni '90 ad esempio sono stati più forti di adesso. Certo sono ancora egemoni e non scateneranno una guerra diretta contro la Russia, almeno non ora, ma dire "mai forti come adesso" mi sembra esagerato.

  3. Anonimo dice:

    Anonimo delle 19:04Non c'è una frattura. Frattura significa che si scelgono strade divergenti. Gli europei filotedeschi vogliono diventare dei player (quasi) alla pari con gli americani avvalendosi proprio del fattore Russia quindi ponendosi come il perno di una nuova situazione multipolare. Per fare questo hanno bisogno al loro interno di essere i titolari di un dominio inflessibile sul lavoro e sulla media borghesia da cui l'insistenza al limite dell'ottusità sui principi dell'austerità.Ma non si prospettano soluzioni "alternative" politiche ed economiche ossia, in altri termini, non esiste una reale conflittualità fra le élite. Se così fosse si creerebbero effettivamente le condizioni per dei movimenti popolari che avrebbero qualche possibilità di sviluppo perché funzionali alla élite che cerca (ipoteticamente) di sovvertire radicalmente i rapporti di forza ma al contrario il mantenimento in comune dell'egemonia rimane saldamente l'irrinunciabile fondamento di un patto che non sta venendo meno.La prova molto semplice è che dal 2007 non è nato ancora alcun movimento dal basso se non i vari populismi che allo stato sono rivendicazioni molto confuse che non mettono "minimamente" in discussione i capisaldi liberisti del sistema.In queste condizioni si verifica esattamente quello a cui stiamo assistendo e cioè un fermento di tentativi litigiosi e frammentari che non potranno mai avere uno sbocco davvero propositivo.Mi dispiace che suoni sgradevole sentirselo dire ma finché non vedrò un singolo risultato concreto significherà che questi "fermenti" nella loro assoluta inconcludenza sono il principale freno a sé stessi addirittura avvantaggiando il potere perché lo esimono dalla necessità di esercitare su di essi una qualsiasi forma di controllo.Sulla forza degli USA mi riferivo al periodo della guerra fredda. Gli sproloqui su una "possibile" guerra nucleare con la Russia mi sembrano (e sono) la speranza dei disperati impotenti.Suggerisco come inizio di smetterla di parlare in maniera sentimentale e di verificare la validità delle proprie affermazioni sulla base dei risultati ottenuti più che sulla corrispondenza a principi astratti che non interessano a nessuno.

  4. Anonimo dice:

    Anonimo delle 20:36 (io sono quello delle 19:04)Ma sei lo stesso anonimo che insiste sempre sul senso di appartenenza, che sperò (sbagliando) in Tsipras fino alla fine criticando aspramente MPL? E' uno stile inconfondibile ma magari non sei tu.Mi sembra che i tuoi ragionamenti siano troppo deterministici e disapprovo il metodo sia perché la storia non è così deterministica sia per le grosse asimmetrie informative (va di moda dire così) che sono a sfavore di noi ci troviamo qui parlare.Non credo in una terza guerra mondiale e l'ho pure scritto, questo però non vuol dire che "una nuova situazione multipolare" (penso che stiamo effettivamente andando lì) sarebbe più stabile, anzi penso che aumenteranno disordine e conflittualità anche se non si può certo dire precisamente come.Facciamo così, se vogliamo trovare un paragone storico che somigli (e sottolineo somigli, non è e non potrebbe essere uguale) a questa era è la fine dell'egemonia britannica iniziata a fine '800. Non fu forse a fine '800 che nacque il partito socialista? Mica si dovette aspettare la guerra mondiale. E nacque anche come evoluzione delle società di mutuo soccorso nate parecchio tempo prima (che, contrariamente a quanto sembrano quasi credere alcuni, non furono create da Von Hayek che non era ancora nato). Noi per ora non abbiamo manco quelle ma penso che, pur con le dovute differenze, sia grossomodo questa la strada da seguire.Se non si forma nulla prima di una eventuale armageddon, che non avverrà prima di vari decenni, saranno guai anche allora. Per formarsi qualcosa è necessario che siano degli scossoni, ma tu pensi che non ci saranno. MPL invece ha puntato tutta la sua analisi su questa ipotesi. Il risultato lo daranno i fatti, è inutile incaponirsi qui.

  5. Anonimo dice:

    Anonimo delle 20:36Non sono quella persona che credi e non ho mai scritto nulla su Tsipras, almeno qui.Sto dicendo una cosa molto semplice: non esiste movimento dal basso se in prima battuta non è funzionale a una élite.Poi in seguito si può sviluppare e diventare una forza autonoma ma solo se c'è stata quella precondizione.La rivoluzione francese, quella russa, i movimenti socialisti,il fascismo si sono potuti sviluppare solo perché all'inizio hanno trovato uno spazio funzionale ai dominanti in cui inserirsi.Tu stesso scrivi che oggi non ci sono i movimenti solidaristici tipo quelli ottocenteschi.Chiediti come mai, proprio mentre i diritti dei lavoratori sono sotto attacco.Inoltre su Von Hayek qui e altrove ho letto troppe stupidaggini quindi invito a leggere "The road to serfdom" perché è una sorpresa.Intanto Von Hayek considera il liberismo una istanza di libertà contro l'oppressione (magari si sbaglia ma le intenzioni sono tutt'altro che elitarie) e poi il pilastro della sua idea di sistema economico è che si impedisca la nascita di cartelli e monopoli.Invece, come sai bene, la discussione viene centrata sempre regolarmente sulla ricerca del cattivaccio di turno (Von Hayek, Spinelli, prima Berlusconi), cosa che serve alla autogratificazione ma inficia la possibilità della nascita di una autentica coscienza politica.Non a caso, perché tutti questi personaggi di sottobosco che imperversano su internet hanno un solo scopo che è la bassa autopromozione.Per chiudere in due parole, questo sito (e molti altri) non fanno altro che praticare una sorta di onanismo autopromozionale che serve solo da scusa per coprire la propria impotenza e incapacità di trovare e tentare vie evidentemente troppo impegnative.Se vuoi leggiti questo recente articolo che dice esattamente questo:http://www.alt-market.com/articles/3039-east-vs-west-division-is-about-the-dollar-not-nuclear-warTi riporto una frase significativa che sembra rivolta a FormentiA nuclear war is also perhaps subconsciously enticing to some people. The idea that the slate could be wiped clean leaving only the prepared to come out of the smoke and ash to rebuild could in some ways be considered a preferable outcome […] I find it saddening that the coming fight is so frightening to people that they would rather assume a nuclear nightmare is on the way

  6. Anonimo dice:

    Una piccola aggiunta.A proposito di fraintendimenti…Cito:"questo però non vuol dire che "una nuova situazione multipolare" (penso che stiamo effettivamente andando lì) sarebbe più stabile"Ma io non ho detto da nessuna parte che "sarebbe più stabile" e, evidentemente al contrario di te, non mi auguro affatto la tua "stabilità".La gente ha bisogno di certezze, valide o non valide non importa, purché siano "certezze".Dopodiché si mette il paraocchi e buonanotte… :D"

  7. Anonimo dice:

    La mia frase che riporti (sono l'anonimo che l'ha scritta):"questo però non vuol dire che "una nuova situazione multipolare" (penso che stiamo effettivamente andando lì) sarebbe più stabile"non era per niente un auspicio di stabilità, era anzi una costatazione di poca probabilità di una stabilità.

  8. Anonimo dice:

    E dimenticavo (sono sempre quello delle 19:04), Formenti nell'articolo non parla mai di guerra nucleare. Parla solo di un cyberattacco. Esprime anche dei dubbi ma comunque vi da un certo credito. Lo sopravvaluta? Probabilmente sì.Io continuo a non credere a conflitti devastati diretti anche se informatici. Però in un quadro di aumento di conflittualità e disordine, magari anche attraverso crisi finanziarie ed attacchi informatici tramite interposte (e malcapitate) nazioni non posso certo escluderlo del tutto.

  9. Anonimo dice:

    Mi sbagliavo, ne parla al volo riferendosi alle nazioni baltiche. Fa molto male a darvi credito ma non è certo il centro del suo articolo. L'equivoco maggiore mi pare quello di dare credito alla sciocchezza di Papa Francesco della terza guerra mondiale a blocchi.Il centro invece mi pare quello del cyberattacco, lo trovo probabile solo come minaccia rivolta verso chiunque voglia collaborare con la Russia e non contro la Russia stessa.

  10. Anonimo dice:

    Anonimo delle 19:04E quindi per te la stabilità è un valore positivo.Secondo me no, soprattutto adesso.

  11. francesco la mantia dice:

    La vittoria di Clinton significa il proseguimento delle logiche neoliberiste e il pieno sostegno a Merkel olande Renzi rajoy. Lo status quo per intenderci. Trump sarebbe la Brexit per gli Stati Uniti. Queste elezioni presidenziali ricordano molto il dibattito degli inizi del secolo in Argentina: civilización o/y barbarie

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