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EMERGENZIALISMO, ULTIMO VOLTO DEL CAPITALISMO di Leonardo Mazzei

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A sentire i mezzi di informazione saremmo alla “riapertura”, o ancor più pomposamente alla “ripartenza”. E’ così? No, non è così. Posto che un allentamento delle misure era nelle cose, considerato che le proteste di queste settimane una certa pressione l’hanno esercitata, chi canta vittoria è fuori dalla realtà.

L’allentamento di Draghi è infatti millimetrico. Resta la folle “Italia a colori”, rimane il coprifuoco e vengono introdotti nuovi “pass” per la mobilità tra le regioni. Emblematico poi il caso dei ristoranti: quelli al chiuso (cioè la stragrande maggioranza) potranno riaprire solo il primo giugno, solo a pranzo e con regole capestro peggiori di prima. Dei famosi “sostegni” non si conosce ancora il dettaglio, ma sembrano pensati per le aziende di maggiori dimensioni: i piccoli e le partite Iva non si facciano illusione alcuna. Per chi non l’avesse capito, è questa la “distruzione creativa” annunciata da Draghi fin dal suo insediamento.

Ci sarà modo per tornare sul senso di queste misure. Qui ci limitiamo a cogliere un dato più generale, che non riguarda solo l’Italia. Il punto è che dopo 14 mesi di confinamenti variamente declinati lorsignori non intendono affatto porre fine allo stato d’emergenza. Né a quello formale, né a quello sostanziale. Tantomeno a quello psicologico. L’attacco all’essere umano in quanto tale deve infatti continuare.

Dal virus al clima, l’emergenza non dovrà finire mai

Nei giorni scorsi è uscita una notiziola che merita qualche commento. Il direttore tecnico della Cnn, tal Charlie Chester, è stato pizzicato in un video mentre confessava ad un’amica alcune cosette. Tra queste il ruolo sporco giocato dall’emittente nella sconfitta di Trump, nonché la spudorata partecipazione della stessa alla campagna terroristica sul Covid. Ma la cosa più importante è un’altra. Poiché la gente potrebbe essersi stancata di quella sull’epidemia – dice Chester – la prossima narrazione catastrofista sarà quella sul clima, con la continua proiezione di immagini di ghiacciai che si sciolgono, temperature che aumentano, eccetera. Insomma, clima o virus, l’importante è che l’emergenza non finisca mai.

Ora qualcuno potrebbe pensare che il signor Chester abbia un po’ esagerato, oppure che il video sia il frutto di una montatura trumpiana. Non lo crediamo proprio. Ad ogni modo ci viene qui in aiuto un annuncio di Scientific American, una delle più prestigiose riviste di divulgazione scientifica del pianeta. Nel suo profilo Twitter ufficiale, la rivista informava il 12 aprile scorso di aver «concordato con i principali organi di stampa di tutto il mondo di iniziare a parlare di “emergenza climatica” nella loro informazione sul cambiamento climatico».

Avete capito? Prima hanno cominciato con la solfa del “riscaldamento globale”. Poi, considerato che quella teoria non regge poi tanto alla prova dei fatti, si è passati al più generico ed onnicomprensivo “cambiamento climatico”. Infine, il catastrofismo lo impone, eccoci alla nuova formula dell’“emergenza climatica”.

Di questa transizione da “cambiamento climatico” a “emergenza climatica” aveva già scritto criticamente Lucio Caracciolo nel n. 12/2020 di Limes, riferendo un fatterello emblematico assai: «Nel maggio 2019, così una nota interna alla redazione del Guardian esortava allo speech act: “Usate emergenza o crollo climatico invece che cambiamento climatico. Usate surriscaldamento (heating) invece che riscaldamento (warming) globale. (…) Usate negazionista della scienza del clima o negazionista climatico invece che scettico».

Non c’è molto da aggiungere a tutto ciò. Chiunque può infatti ben comprendere come funzionano i media, cogliendo le impressionanti analogie tra la narrazione pandemica e quella climatica. La loro costruzione nei “laboratori” mediatici, in simbiosi con quella scienza del capitale che ha espulso il dubbio e la discussione per assicurarsi l’intangibilità del dogma e degli affari, è davanti agli occhi di chi vuol vedere, ragionare e capire.

Perché lo fanno?

Clima e virus hanno dunque in comune l’identico sbocco emergenzialista. Questo è un fatto. Ma perché i dominanti battono oggi senza sosta questa strada? Qual è il loro scopo?

Chi scrive provò a rispondere sul tema climatico due anni fa, quando del Covid ancora non vi era traccia. Adesso molti hanno preso consapevolezza delle falsità e della strumentalità della narrazione pandemica, ma pochi vedono invece come il discorso mainstream sul clima abbia la stessa natura, gli stessi protagonisti, gli stessi scopi.

Nel 2019 parlammo degli interessi economici e di quelli politici che stanno dietro alla narrazione climatica, accennando anche al decisivo tema della paura come strumento di controllo sociale. Così scrivevamo allora:

«Viviamo in effetti un’epoca strana, dove all’ottimismo esagerato del periodo precedente – l’idea piuttosto ingenua di un infinito progresso lineare per quanto diseguale – che tuttavia alimentava la sinistra, si è sostituito un pessimismo antropologico senza precedenti. Questo pessimismo è il nemico giurato di ogni speranza di cambiamento. Proprio per questo piace tanto alle élite, oggi evidentemente non più in grado (a differenza del passato) di offrire una positiva narrazione a lieto fine dell’umana vicenda. Sta di fatto che la paura è diventata il principale ingrediente di ogni discorso sul futuro. E’ così al bar come nei media. Nei discorsi dei politici come in quelli degli intellettuali. Infine sono arrivati gli scienziati con il loro carico da 90 del “global warming”».

Bene. In quel testo parlavamo di “pessimismo antropologico”, ma oggi, con l’arma del Covid, siamo andati ben oltre. Se il pessimismo antropologico fa da sfondo, adesso l’obiettivo sempre più chiaro è l’essere umano in quanto tale. Un essere umano da colpevolizzare dopo averlo irregimentato. I casi di contagio calano? E’ merito dei potenti, dei governanti, dei giornalisti, degli scienziati. I casi invece crescono? La colpa è nostra, per non esserci distanziati, mascherati, rinchiusi abbastanza.

Dal punto di vista dei dominanti il meccanismo è perfetto, anche se di tanto in tanto devono allentare per impedire che il conflitto sociale inizi a farsi pericoloso. Ma – domanda delle domande – qual è l’obiettivo finale?

Spero che qualcuno abbia risposte migliori della mia. Ma se si continua ad attaccare (criminalizzandolo) l’essere umano in quanto tale, è difficile non pensare che si voglia esattamente la sua fine, allo scopo di sostituirlo con qualcosa di diverso. Sono sempre stato piuttosto prudente sul transumanesimo, ma forse mi sbagliavo.

Intanto prendiamo atto di una cosa: il capitalismo attuale ha il volto dell’emergenzialismo. Oggi il virus, domani il clima, dopodomani magari qualcos’altro. E non intendono mollare. Ci sarà pure un perché.

Fonte: Liberiamo l’Italia

7 pensieri su “EMERGENZIALISMO, ULTIMO VOLTO DEL CAPITALISMO di Leonardo Mazzei”

  1. Nicola dice:

    Perfetto, come sempre.

  2. Francesco dice:

    Ultimamente seguo molto meno il blog per la linea negazionista intrapresa. Al sig. Mazzei, che è comunque sempre interessante leggere, vorrei ricordare che il 10 marzo se ne usciva con questo articolo ” COVID: LA SMENTITA INDIANA “. Condivide ancora quanto scritto un mese fa o forse qualche dubbio se lo pone alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni nel paese indiano? Quello che voglio dire che, non avendo certezze granitiche come voi, ogni cosa che leggo la prendo col beneficio d`inventario. Come questo articolo.

    1. Leonardo Mazzei dice:

      Vedo solo ora questa critica di Francesco.
      Premesso che condivido in toto quanto gli è stato risposto da un altro Francesco (Francesco F.), vengo subito alla questione indiana.
      Quando ho scritto sul tema (un mese e mezzo fa) mi sono ovviamente basato sui numeri di allora, che non a caso avevano suscitato l’interesse della stessa stampa internazionale, dal Corriere della Sera al Financial Times.
      Certamente adesso quei numeri sono cambiati e Francesco non ha torto a segnalarlo. Sulle ragioni dell’attuale aumento dei contagi in India è presto per dire. Effetto di una nuova variante? Probabile, ma non lo sappiamo ancora.
      Detto questo, bisogna considerare la dimensione demografica di quel paese. Nonostante l’attuale impennata, ad oggi i contagi in India sono ancora all’1,15% della popolazione, contro il 6,46% dell’Italia (quasi 6 volte meno); mentre la mortalità è allo 0,013% contro lo 0,19 dell’Italia (quasi 15 volte meno). Dunque la politica del confinamento e del “distanziamento sociale” all’italiana ed all’europea non sembra proprio vantaggiosa.

      Quello che è inaccettabile nel commento di Francesco è il riferimento al negazionismo.
      Su questo blog non si negano né il virus né l’epidemia. Semplicemente si cerca di riportare tutto alle giuste dimensioni. Andando con l’accetta il Covid non è la peste e neppure la spagnola. Casomai possiamo paragonarlo all’Asiatica. Ma per l’Asiatica non vi furono chiusure e confinamenti. Oggi sì.
      Ed allora il vero negazionista è colui che nega l’utilizzo del Covid al fine di un ampio disegno di riorganizzazione sociale portato avanti dall’oligarchia dominante. E’ chi nega l’esistenza di questo disegno, del quale vediamo tracce nelle decisioni politiche di ogni giorno, il vero negazionista.
      Nel mio articolo ho parlato dell’emergenzialismo come volto ed arma del capitalismo contemporaneo, come modalità di governo e di estensione totalitaria del dominio di una ristretta cupola al potere. Si vuole forse negare questa realtà? Chi ne è convinto la neghi pure, ma eviti almeno di dare del negazionista a chi questa realtà la vede e la vuole combattere.

  3. Matteo Demicheli (Brescia) dice:

    Francesco caro,
    Fossi in Mazzei ti chiamerei in giudizio per diffamazione.
    Perché la redazione fa passare commenti come questo che usa lo stesso stigma del potere?

  4. Cittadino dice:

    Quel giornalaccio che è l’express spesso anticipa bene le intenzioni di lorsignori. Da tempo ogni tanto si ritira fuori la questione della crisi climatica, ma cosa ancora più grave talvolta parla di food shortage.

    Non so cosa abbiano in mente ma vista l’aria che tira (ricordiamo pure tutte volte che si sono tirati fuori la trovata del mangiar insetti) c’è di che essere preoccupati.

    Giovanni

  5. Francesco dice:

    Mi permetto di rispondere al mio omonimo di cui sopra che accusa Sollevazione di “negazionismo” in merito al coronavirus.
    Intanto il fatto che Lei non segua il blog la dice lunga… altrimenti saprebbe che ne’ la redazione ne’ la gran parte di coloro che frequentano il blog hanno mai negato l’esistenza del virus, ma si sono limitati a esprimere DUBBI sulla sua reale pericolosita’ e critiche sull’uso strumentale del virus da parte di chi e’ al potere.
    Sono d’accordo con Lei quando sostiene che bisogna prendere con beneficio d’inventario ogni singola notizia, specie di questi tempi. Questo concetto tuttavia deve essere messo in pratica PRIMA DI TUTTO e SOPRATTUTTO proprio nei confronti delle notizie diffuse da chi e’ al potere (…ossia il 90% delle notizie in circolazione…).
    Le faccio un esempio pratico. Ieri pomeriggio durante la trasmissione Geo (trasmessa su rai3) la presentatrice ha intervistato, sul tema del covid19, un docente medico dell’universita’ di Tor Vergata. Tra le altre cose ha chiesto anche al professore in questione se coloro che hanno gia’ contratto il virus si possono considerare immuni da nuovi attacchi per il futuro. A questa domanda il professore ha risposto che per cio’ che si sa, questa immunita’ non e’ sicura se non per 6-7 mesi. Ebbene peccato che la presentatrice, si sia poi “DIMENTICATA” di porre la stessa domanda in merito alla durata dell’efficacia dei vaccini. Semplice dimentanza???

    Francesco F.
    Manduria (Ta)

  6. alessandro+chiavacci dice:

    Qual’è l’obiettivo finale…??? Non credo che sia il transumanesimo, troppo importanti e insostituibili gli umani. La riduzione della popolazione di alcuni paesi occidentali, e la sua sostituzione con popolazioni con meno esperienza di diritti, più facile. Bisogna considerare che il capitalismo transnazionale si è “emancipato” dalla necessità di assicurare condizioni di vita sopportabili per il popolo. La competizione, nella forma della libera circolazione dei capitali, si è emancipata dall’ idea di “bene comune”. Dal suo punto di vista certe popolazioni sono “eccedenti”, dove l’eccedenza è sempre relativa, relativa cioè alla quota del valore prodotto di cui i lavoratori si appropriano.

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