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LIBIA: L’AFGHANISTAN D’ITALIA?

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[ 17 febbraio ]
La più pericolosa avventura militare degli ultimi settant’anni

Il governo Renzi ormai smania. Dopo gli squilli di tromba di Gentiloni – «Siamo pronti a combattere» – ieri è stata la volta di Roberta Pinotti. Il ministro della difesa ha annunciato al Messaggero che «l’Italia guiderà la coalizione». La guerra insomma ci sarà. Una guerra annunciata anche dalla partenza degli italiani e dalla chiusura dell’ambasciata a Tripoli.
Questa mattina, poi, la Francia ha chiesto una riunione urgente del consiglio di sicurezza dell’ONU. E’ da lì che dovrebbe arrivare la copertura internazionale ad un’operazione di guerra già pianificata da tempo. Sempre stamani, intanto, aerei egiziani hanno bombardato le postazioni dell’Isis a Derna.   Ufficialmente per vendicare i 21 egiziani coopti uccisi dai miliziani del Califfato, ma è chiaro che la partita è ben più ampia.

Se la guerra è certa, non ancora del tutto chiara è la struttura della coalizione che scenderà davvero in campo. Ma di sicuro, stavolta, il peso maggiore sarà dell’Italia. Italiani in Libia, ancora una volta dunque, come in quel lontano 1911 in cui iniziò un’occupazione criminale come poche.

Forse molti non l’hanno ancora capito, ma si tratterà di vera guerra. Con i morti non da una sola parte del fronte. La Pinotti cerca di esorcizzare il tutto con un improbabile paragone con il Libano. Paragone assurdo, perchè nel Paese dei Cedri tutte le parti in conflitto (Israele, Hezbollah, stato libanese) avevano allora accettato (agosto 2006) il cessate il fuoco. In Libia nessuno ha accettato alcunché. Ed anzi, lo scopo dell’imminente attacco italiano è piuttosto quello di eliminare uno dei soggetti in campo: l’Isis.

Soggetto che lì si trova, al pari di altre milizie islamiche, per non parlare di quelle tribali, principalmente a causa della guerra vigliaccamente scatenata dall’occidente nel marzo 2011. Una guerra che frantumò del tutto la già fragile unità nazionale del Paese. Sono i promotori di quella guerra, costata decine di migliaia di vittime, i primi responsabili dell’odierno caos libico.

Parliamo di Nicolas Sarkozy, di David Cameron, del nobel per la «pace» Obama, e per l’Italia del finalmente ex Napolitano. Vollero quella guerra a tutti i costi. E per giustificarla, ogni panzana (come quella delle inesistenti «fosse comuni») venne utilizzata.

I risultati sono ben visibili da tempo. La Libia, nel suo progressivo disfacimento, è diventata una sorta di Somalia affacciata sul Mediterraneo. Il Paese è da tempo in balìa di milizie di ogni tipo. Le alleanze sono ballerine e soggette a tanti fattori, così pure come gli interessi che non è difficile intravedere sullo sfondo.

Senza neppure un accenno di autocritica, senza nemmeno una qualche riflessione, l’occidente si appresta ora a scatenare un’altra guerra alla Libia, a neanche 4 anni dall’inizio di quella precedente. L’arroganza dell’imperialismo, si sa, non ha limiti. Esattamente come il suo desiderio di dominio su ogni pezzo di terra che possa dargli qualche profitto. Ed è questo il caso della disgraziata Libia.

Di fronte alla prospettiva di una nuova e più grande catastrofe bisogna pronunciare un no chiaro e forte contro la guerra. Se vi sarà, come pensiamo, l’intervento italiano in Libia sarà l’ennesima violazione dell’articolo 11 di quella Costituzione repubblicana che è ormai oggetto di un attacco quotidiano da parte delle forze di governo. Ma sarà anche la più pericolosa avventura militare degli ultimi settant’anni.

I nostrani strateghi, assieme a quelli della Nato, tenteranno di inserirsi nel mosaico libico con la solita politica del divide et impera. Essi dichiarano di cercare l’appoggio tanto del governo insediatosi nelle città di al-Bayda e Tobruk, quanto di quello di Tripoli. Il piccolo particolare è che questi due «governi» si stanno combattendo aspramente tra loro. Cesseranno le ostilità per fare un favore a Renzi? C’è da dubitarne.

Entrambi questi governi si appoggiano su coalizioni molto variegate. Quello di al-Bayda/Tobruk è una sorta di raggruppamento delle forze anti-islamiste. Esso sostiene le azioni delle forze del generale filo-americano Halifa Haftar, conta sul sostegno della milizia della città di Zintan e di quello di alcune tribù del sud. Sul piano internazionale ha l’appoggio dell’occidente, dell’Egitto, degli Emirati Arabi e dell’Arabia Saudita.

La coalizione che ha conquistato Tripoli, e che controlla buona parte della Tripolitania, denominatasi Alba libica, si può considerare vicina alla Fratellanza Musulmana, ma comprende anche la milizia di Misurata e buona parte delle forze berbere. In alleanza con questa coalizione – che internazionalmente gode del sostegno della Turchia e del Qatar – è stata anche Ansar al-Sharia (oggi affiliata all’Isis), il gruppo che attaccò il consolato americano a Bengasi nel 2012.

Fuori da queste coalizioni, in realtà composte anche da un pulviscolo di milizie minori, opera l’Isis (che controlla le città di Derna e Sirte), a sua volta in lotta con altre milizie islamiste (ad esempio i Martiri di Abu Salim) che non riconoscono l’autorità del «Califfo».

Dire che lo scenario è complesso è veramente poco. Tuttavia non è difficile prevedere il tentativo occidentale di isolare l’Isis, non solo per poterlo attaccare con più decisione, ma anche per poter avviare il controllo del territorio con almeno una parvenza di non-belligeranza con le altre forze in campo.

Riuscirà questo disegno? Non ci pare per niente scontato. In ogni caso il tentativo di controllare il territorio – diciamo la fascia costiera, più le installazioni petrolifere – richiederà molti uomini sul terreno. La qual cosa non sarà gradita neppure dalle forze di Alba libica.  

In questo quadro non è difficile prevedere un conflitto aspro e prolungato. Una guerra vera, abbiamo già detto. Questa volta, se le cose andranno come sembra, a conduzione italiana. Una guerra in cui le forze occidentali potrebbero facilmente impantanarsi a lungo.

Ci sono dunque buone probabilità che la Libia possa diventare l’Afghanistan dell’Italia. Che tutti ne siano consapevoli. Specie le forze del movimento contro la guerra che stavolta non hanno ancora battuto un colpo.

No alla guerra!
No all’intervento italiano in Libia!
No alla pretesa dell’imperialismo occidentale di dominare il mondo!

PSMentre chiudevamo l’articolo sono arrivate queste dichiarazioni di Renzi: «Questo non è il tempo dell’intervento militare… Il Paese è fuori controllo da 3 anni… non si passi dall’indifferenza totale all’isteria irragionevole». Che dire? Sembrerebbero frasi di una qualche saggezza. Ma, a parte il fatto che i primi isterici ed irragionevoli sono da ricercarsi tra i suoi ministri, quale credibilità possiamo dare alle parole del noto mentitore fiorentino? Vedremo, ma costui è capacissimo di passare da un discorso di questo tipo ad uno totalmente opposto. Il tutto in poche ore, magari una volta ottenuta la copertura dell’ONU. A meno che questa parziale marcia indietro non nasconda una cosa ben diversa: la solita lotta su chi avrà il comando dell’operazione militare. In ogni caso, lo scopriremo presto.

Fonte: Campo Antimperialista

2 pensieri su “LIBIA: L’AFGHANISTAN D’ITALIA?”

  1. Lorenzo dice:

    Non mi è chiara la logica politica dell'articolo. Scrivete che "le forze occidentali potrebbero impantanarsi. Ci sono buone probabilità che la Libia diventi l'Afghanistan dell'Italia".Se così fosse voi vi opporreste? Sapete mica che l'Afghanistan fu uno dei principali fattori di crollo dell'Unione sovietica? E voi volete impedire a Italia e Unione europea di infilare il collo nella ghigliottina? Volete pace e benessere o le catastrofi apportatrici di cambiamenti radicali?Di sfuggita, non credo che Napolitano abbia voluto la guerra del 2011. La guerra fu decisa a Washington e a Parigi e l'Italia dovette aggregarsi per non perdere completamente le proprie rendite petrolifere e finanziarie In Libia. Probabilmente il principale ritorno fu l'elezione di un italiano (Draghi) a capo della BCE.

  2. Anonimo dice:

    Aincompagni della redazione e ai lettoriQuesto blog è molto interessante e sta crescendo come numero di lettori come risulta da Alexahttp://www.alexa.com/siteinfo/http%3A%2F%2Fsollevazione.blogspot.itMa sta crescendo soprattutto nell'intensità della discussione fra i lettori (con interventi anche della redazione che si spera diventino semrpe poû frequenti) e questo a mio avviso è il fattore decisivo perché in un futurorossimo si passi dal gruppetto al movimento verone proprio.Folevo quindi suggerire alla redazione, chiedendo anche il parere ai lettori, di aggiungere al blog una sezione di Forum nella quale si possano sviluppare delle discussioni che possano durare piû del breve tempo di visibilità di un normale post.La consistenza sia numerica che ideologica di un movimento non viene dalla maggiore o minore "verità" dei suoi concetti ma dalla vitalità del discorso autonomo fra i militanti.MGP

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