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NON BASTA USCIRE DALL’EURO di Sandro Targetti

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3 febbraio

Pubblichiamo l’intervento di Sandro Targetti (Direzione nazionale PRC, esponente del documento 3 “per la rifondazione di un partito comunista – nella foto) all’incontro internazionale OLTRE L’EURO. CONTRO LE POLITICHE NEOLIBERISTE, svoltosi a Roma il 24 ed il 25 gennaio scorsi.

«Il risultato delle elezioni europee, la politica di Renzi in perfetta continuità con quella dei suoi predecessori e (al netto delle chiacchiere) del tutto prona all’oligarchia finanziaria europea; il peggioramento di tutti i dati macroeconomici che segnano un peggioramento della crisi e della sofferenza sociale; le guerre nel Mediterraneo (dall’Ucraina alla Siria alla Libia) impongono a tutta la sinistra ed in particolare ai comunisti una messa a punto della nostra strategia, per evitare di rimanere schiacciati tra il populismo reazionario di una Lega sempre più lepenista e l’illusionismo renziano che vende sul mercato politico un’inesistente conflitto del proprio governo con le politiche di austerità che invece promuove con piena convinzione.

Le politiche liberiste che l’Ue continua a portare avanti, si avvitano su se stesse producendo pesanti conseguenze sull’occupazione, sui diritti sociali e sindacali, sulle condizioni di vita di milioni di persone, alimentando al tempo stesso i vari populismi reazionari ed una pericolosa guerra tra poveri, all’interno della quale si muovono in tutta Europa con rinnovata aggressività forze fasciste e razziste .
Il risultato è che abbiamo una moneta senza stato e Stati senza moneta: la soluzione migliore per la Finanza, per la Germania, per gli Usa che, in un quadro così democraticamente devastato, si apprestano a liquidare, con il Trattato di libero scambio transatlantico (TTIP), ciò che resta delle Costituzioni nazionali europee.
L’euro è così divenuto il simbolo e lo strumento di un’architettura economico-finanziaria che stabilizza il potere dell’oligarchia liberista che governa l’Europa e cementa la costruzione di un blocco storico (nell’accezione gramsciana) reazionario, che coinvolge, ad un tempo, la struttura economica, cioè i rapporti di proprietà, la sovrastruttura giuridica, i modelli istituzionali, l’ideologia.
Ma opporsi ai trattati (da quello di Maastricht al Fiscal compact, passando per il pareggio di bilancio), criticare l’euro non significa dunque essere antieuropei; né la rivendicazione della sovranità popolare (che sta per altro scritta nell’articolo 1 della Costituzione) significa “necessariamente” portare acqua ai nazionalismi xenofobi e fascistoidi.

La possibilità di costruire un’altra Europa ed uscire dalla crisi “da sinistra” sta proprio nella rottura di questa Europa e della sua architettura monetarista.
Il sistema va verso l’esplosione, perché disoccupazione e deflazione non potranno che accentuarsi e tenere in vita un meccanismo così perverso risulterà impossibile anche per un paese come l’Italia, i cui “fondamentali” si stanno seriamente infragilendo.

In sostanza, la moneta europea senza Europa politica e Costituzione democratica cova nel proprio seno il fallimento, rispetto al quale occorre dotarsi, occorre esplicitare una proposta ed un orizzonte alternativo, necessariamente e radicalmente diverso  da quello delle destre di ogni risma, pur essendo consapevole che l’uscita dall’euro, di per sé, non risolva i nostri problemi. 

Infatti ritengo/riteniamo che all’uscita dall’euro debbano corrispondere altre, decisive misure: la difesa dei salari attraverso la reintroduzione di un sistema di indicizzazione delle retribuzioni che neutralizzi gli effetti della svalutazione; la nazionalizzazione delle banche e dei principali asset industriali; la riduzione generalizzata degli orari di lavorosenza la quale è velleitario pensare che si possa venire a capo della disoccupazione; l’introduzione di una tassa strutturale sui grandi patrimoni dentro un sistema fiscale che restituisca progressività all’imposizione tributaria; l’assunzione di misure cogenti contro le delocalizzazioni di impresa e la reintegrazione dei diritti del lavoro espropriati dalla crociata antioperaia oggi in corso; la ridefinizione  delle regole della finanza e degli scambi commerciali a protezione del lavoro.
Tutte queste misure implicano certo rapporti di forza che oggi sono molto lontani dalla realtà. Ma questa è una proposta che parla chiaro all’esercito dei proletari e alle forze intellettuali sane di questo paese e indica una strada che nessuna destra e nessun riformismo possono fare propria o soltanto immaginare. E’ una proposta che può avere in sé la forza di rilanciare le lotte e dare il senso di una mobilitazione nazionale, ma non nazionalista, solidale, ma non corporativa, europeista, ma non prigioniera dei dogmi del monetarismo liberista».
        
Sandro Targetti
Roma 25 gennaio 2015

Convegno promosso dalla “sinistra NoEuro”

Un pensiero su “NON BASTA USCIRE DALL’EURO di Sandro Targetti”

  1. Alberto dice:

    "la nazionalizzazione delle banche e dei principali asset industriali"Perfetto, forte, rivoluzionario del corso reale che ci ha portato alla catastrofe. E nemmeno poi tanto nuovo da potersi dire "inesplorato" (IRI).Il problema è però come farlo funzionare, più che come farlo.Cos'è cambiato in Italia e nel mondo da quell'epoca ormai "mitologica"? Cos'è che più si oppone al successo di questa scelta drastica?Il tasso di dipendenza finanziaria?L'involuzione dei partiti e della politica tutta?L'infiltrazione mafiosa nelle istituzioni pubbliche, in parallelo a quella dei centri di potere economico, in reciproco rafforzamento?Si tratta allora di prendere in blocco questi ed altri danni strutturali, per compararli con quelli dell'ideologia iperliberista realizzatasi nell'euro e nel suo funzionamento.Se la bilancia pende da quest'ultima parte, come credo, vuol dire che questo programma ha buone possibilità di riuscita, nel concreto, rapporti di forza politica a parte. Infatti il risanamento si autopotenzia grazie all'intreccio multiplo di cause-effetti.

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