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WAGNER: TEORIA E PRASSI DELLA CONTRORIVOLUZIONE RUSSA di OG

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E’ nota la nostra posizione sul conflitto in corso in Ucraina, come lo è la nostra condanna della cosiddetta “Marcia della Giustizia” messa in scena dalla Wagner. Malgrado le differenze con l’autore dell’articolo, volentieri pubblichiamo questa sua inchiesta sulla Wagner e le ragioni dello scontro con Putin.

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«Definirei la Marcia della Giustizia di Wagner un iniziale progetto neo-cosacco di autentica Controrivoluzione russa, anche sul piano ideologico e sociale e di costruzione statale…Prigozhyn è solo il volto visibile di questi cosacchi “bianchi”……è il volto politico, non è l’atamano, in Wagner comanda una ristretta cerchia militarista….Il richiamo al 1917 di Putin non inquadra bene il fenomeno di neo-cosacchismo antirivoluzionario ma ci fa può far cadere in errore di analisi». [Semyon Uralov, politilogo russo, 28 giugno 2023, “Sputnik Mbank”]

La dottrina militare  wagnerita e il problema strategico della sicurezza nazionale russa

Nel corso degli articoli che scrissi ormai almeno due anni fa per il presente Blog, ritenevo che l’elite nazionalista e neo-liberista dei wagneriti, chiamati anche “i musicisti” o “l’orchestra” dai russi, avrebbe inevitabilmente alzato la testa contro la frazione oligarchica più potente a Mosca, quella del capitalismo di stato con tendenza ideologica internazionalista e eurasiatista ben rappresentata dalla Difesa e dallo stato maggiore; nel dicembre 2021 ritenevo scrivendo su questo blog che la Russia avrebbe rotto il fronte ukraino e con ciò vedevo mettersi in moto anche la chiara possibilità di un’offensiva interna della fazione nazionalista-cristiana grande russa contro quella internazionalista, capitalista di stato e eurasiatista che propugna l’esigenza prioritaria dell’alleanza strategica tra Mosca e Pechino. Tutt’ora la partita è in corso, come si è visto il fine giugno scorso con l’insurrezione nazionalista wagnerita “marcia per la giustizia”.

Se il Presidente Putin ha di fatto vinto il conflitto strategico con i Democrats bideniti, con l’Unione Europea e in gran parte con lo stesso ultra-nazionalismo ukraino, si è però aperto per lui un fronte interno molto pericoloso. Fronte interno aperto appunto dai “musicisti”; non è sul campo solo la volontà di autonomia dei reparti wagneriti dal ministero della Difesa, ma è anche la dottrina della Sicurezza nazionale a distanziare la fazione wagnerita dai “neo-bolscevichi” degli apparati dello stato profondo russo.

Che cosa vuole la Wagner? E’ ormai diffuso in tutto il mondo un agile e importantissimo saggio che è un po’ una sorta di vangelo dell’ideologia nazionalista wagnerita “Io, comandante di Wagner”; per quanto l’autore – Marat Gabidullin – abbia da anni preso le distanze dalla compagnia militare privata Wagner, il valore storico del documento è eccezionale e dovrebbe bene rispecchiare lo spirito wagnerita.  Dmitrij Utkin, ufficiale del GRU e storico comandante di brigata dalla prima operazione militare wagnerita, quella del 2014 in supporto al neo-zarista Strelkov che finirà per restituire alla madrepatria la Crimea e il Donbass (sui wagneriti continua peraltro a gravare in quel contesto l’ombra dell’omicidio dell’importante figura del tenente colonnello di Lughansk Aleksandr Bednov, ucciso l’1 gennaio 2015, critico da posizioni internazionaliste e eurasiatiste del nazionalismo russo e politicamente vicino all’ultrasinistra di Mozgovoy, anche lui nemico dei wagneriti e anche lui ucciso il 23 maggio 2015), ha delegato nel corso degli anni il ruolo di volto presentabile, opinon maker e impresario finanziario economico al più noto propagandista E. Prigozhin. Utkin compare nel saggio di Gabidullin come Beethoven e come l’unico vero leader della compagnia militare privata Wagner.

L’originaria ideologia wagnerita rimanda chiaramente e assai esplicitamente all’estremismo della destra nazionale slava antisemita e antigiudaica, da qui il proliferare di articoli anche su riviste specializzate occidentali, come ad esempio “Domino”, sul neofascismo dell’orchestra. In realtà, nel corso degli anni, l’elite wagnerita ha tentato di modernizzare un modello di tradizionale e coerente nazionalismo russo e di decisivo superamento del paganesimo panslavo della Rodnoveria (“fede nativa”) militarizzando il patriottismo e la religione cristiana russa; in questo senso si colloca chiaramente alla destra del Cremlino, si percepisce affine alle correnti più tradizionaliste dell’Ortodossia del patriarcato cristiano di Mosca, ma per quanto rivendichi la continuità ideologica con i Controrivoluzionari dell’armata volontaria bianca prenderà anche le distanze dal neo-zarismo reazionario di uno Strelkov, che rimane agli occhi dei wagneriti ingabbiato dentro un internazionalismo eurasiatista che è estraneo all’antipolitica militarista, identitaria e nazionalista dei “musicisti”.

Anche la dottrina militare della Wagner pare risentire fortemente di tale impulso volontarista, prendendo apertamente le distanze non solo dalle recenti dottrine militari americana o cinese, per le quali ai tre tradizionali ambiti conflittuali: terra, aria, mare si sono ora aggiunte la dimensione cognitiva (con tanto di guerra climatica), quella subterrestre e quella extraterrestre, ma distanziandosi anche dalla strategia di Gerasimov, arrivando alla aperta derisione del concetto di filosofia della guerra non convenzionale elaborata dalla Difesa di Mosca e all’attacco continuo e aperto verso “il corrotto e oligarchico statalismo neo-sovietico” vigente con Shoygu. A tale modello la compagnia militare privata oppone apertamente un impianto di evidente radice liberista e ultra-nazionalista basato sulla redistribuzione del sovraprofitto oligarchico e statalista a vantaggio di soldati, agricoltori e piccoli e medi imprenditori. Per i wagneriti guerreggiare significa solamente uccidere o morire per la “santa Russia”: non vi sarebbero alternative né scappatoie; da qui il tragico esempio di autentico terrore di guerra talvolta esibito dai wagneriti, nonostante a loro parziale giustificazione potrebbe essere portato il fatto di essersi trovati costantemente di fronte combattenti addestratissimi e pronti a tutto come quelli di ISIL o dell’ukraino estremista russofobico AZOV.

La stessa retorica sulle circa 2.000 testate nucleari tattiche che la “guerra di nuova generazione” della Difesa utilizza non tanto per la deterrenza ma per la compellence aggiornando così la Dottrina Primakov solleva l’ilarità dei miliziani dell’orchestra che accusano i generali e i giovani figli degli oligarchi moscoviti di trovare tutti i modi — anche lo spauracchio nucleare — per non fare la guerra di trincea. Noto un brano rap wagnerita, “combattiamo in tutto il medioriente per salvare il cristianesimo”, dove si accusano proprio i figli degli oligarchi e dei generali di Mosca di vivere come globocrati, non come veri russi cristiani pronti in ogni momento a dare il sangue per la madrepatria e per il Cristo ortodosso; i brani più ideologici sono perciò quelli di Lik Dmitry come “Sangue onore patria coraggio” per cui il martirio finale per la madrepatria redimerebbe anche una vita all’insegna della cattiva morale (“I cuori coraggiosi stanno bruciando, c’è un giuramento nella coscienza, andiamo in battaglia sino alla morte…”) ma il più noto e diffuso è senz’altro quello della nota cantante russa Vika Tsyganova — Wagner — che mescola elementi di mitologia pagana e di cristianesimo ortodosso (“Membri dell’orchestra soldati della Russia..i nostri caduti i nostri santi (sono)… L’ Esercito celeste di Dio”).

Al di là delle canzoni e della retorica apologetica nel corso di poco più di un anno la Wagner ha perso sul fronte ukraino su un effettivo di 78 mila combattenti inviati ben 22 mila soldati e 46 mila sarebbero prigionieri; in varie zone della immensa Russia già vi sarebbero 9 cimiteri wagneriti, circa 4 mila caduti lì avrebbero trovato in questi mesi cristiana sepoltura. Numeri da far impallidire ogni stima e confronto. Del resto in un documento interno e riservato trovato in Mali e divulgato dalla BBC l’elite wagnerita scriveva che alla base di ogni operazione militare vi deve essere “il senso continuo di martirio perché la grande Russia possa continuare a vivere quando ognuno di noi non ci sarà più”.

Nella foto: Mali Gennaio 2022: dopo la vittoria dei nazionalisti antimperialisti del Comitato di salvezza popolare di Assimi Goita, il popolo maliano ringrazia i wagneriti per aver iniziato a ripulire finalmente l’Africa dal terribile peso del colonialismo razzista europeo. Nel fronte del Mali i wagneriti hanno affrontato i jihadisti, talvolta riportando la peggio, talvolta difendendosi con coraggio ma saranno poi accusati dalla comunità internazionale di gravissimi crimini di guerra.

L’attacco al putinismo e il futuro della Russia

L’ultra-nazionalismo grande-russo quale unico elemento decisivo della compagnia militare privata era emerso dalla testimonianza di Gabidullin, in cui l’unica organizzazione che ne usciva bene, oltre naturalmente a quella di Utkin, era proprio lo Stato Islamico — ISIL in russo — affrontato solamente dai mercenari del nazionalismo grande-russo senza timore, ma al tempo stesso ammirato da questi ultimi per il suo “idealismo religioso” — a differenza del machiavellico e calcolatore esercito di Assad.

Scriveva il Nostro (p. 169) che «Lo Stato Islamico non era l’esercito di…. Assad….Era un avversario forte, estremamente organizzato, disciplinato, sprezzante nei confronti della morte. Gli appelli alla guerra santa e al califfato universale avevano attirato un gran numero di uomini che dovevano prepararsi a sacrificare la loro vita senza tante storie. Senza ostinarsi nell’offensiva, attaccavano con coraggio e passione, mandando avanti i kamikaze. In difesa…ci costringevano di continuo ad anticipare il contrattacco su più lati in simultanea». In più casi, con ammirazione esplicitata senza remore e senza falsità, venivano ricordati i guerrieri del califfato musulmano che alla fine opponevano di continuo “una resistenza disperata” agli avanzanti wagneriti (p. 281) nonostante lo scarso equipaggio, mentre venivano costantemente presi di mira sia l’ oligarcato neosovietico moscovita sia il baathismo della famiglia Assad per i loro accordi politici e per la spartizione indolore di zone petrolifere proprio con quei jihadisti dello Stato Islamico che uccidevano, appena potevano, i ragazzi della compagnia militare privata Wagner.

Tutto ciò che rimaneva nei mercenari dopo tanto sangue dato e sparso, dopo tanta orribile e nauseante violenza era la nostalgia irriducibile ed insopprimibile per la Russia eterna, oltre gli zar, oltre i bolscevichi, anche oltre quelle armate bianche e monarchiche da loro tanto amate, oltre Vladimir Putin….«Quella riunione spontanea è durata per tutto il giorno, gli scambi di battute e le facezie hanno gradualmente lasciato posto a conversazioni più meditate sulle questioni militari. Poi è scesa la notte. Come sempre lì, il giorno cede rapidamente all’oscurità: il crepuscolo è fugace. Le discussioni si sono esaurite da sole. Ognuno si è immerso nei suoi pensieri, nei suoi ricordi, che guardavano lontano, verso il nord, là dove si stendeva una grande Nazione, con tutti i suoi eterni problemi, ma che era pur sempre la nostra eterna patria. Là c’erano i nostri amici, i nostri genitori, le nostre mogli, i nostri figli. Le albe e i tramonti, la taiga infinita, il lago Baikal, le pianure della Russia centrale e le foreste degli Urali, il miele della Baschiria, la vodka e tante altre cose a cui pensavamo con nostalgia».

Come si è visto, ulteriore esempio di questi giorni, con la campagna “africana” dei mercenari dell’ultra-nazionalismo russo, il Cremlino non può fare a meno delle operazioni della compagnia militare privata; al tempo stesso il Presidente Vladimir Putin continua a dare fiducia alla filosofia della guerra non convenzionale, neo-sovietica, della coppia Gerasimov-Shoygu. Il Cremlino non sembra voler sciogliere l’equivoco a-strategico tra un nazionalismo militarista neo-liberista e a tratti populista al quale il legame strategico con il “partito comunista” di Xi Jinping inizia a stare davvero stretto o un neo-stalinismo adeguato ai tempi e multipolare per cui, come detto, la relazione speciale con Pechino sarebbe decisiva. Per quanto le tesi complottiste che volevano, nel giugno 2023 nei momenti precedenti la “marcia della giustizia”, i wagneriti e talune frazioni del GRU coordinarsi con la CIA siano fuori da ogni realtà e del tutto fuorvianti è però un fatto che l’elite wagnerita abbia relazioni storiche con l’Academi-Blackwater (Cfr.  https://www.constellis.com/) del nazionalista trumpiano americano Erik Prince come è un fatto che fazioni della destra ideocratica controrivoluzionaria dell’ortodossia siano particolarmente vicine a fazioni della destra cristiana americana, che supportano gli esponenti più conservatori e antiglobalisti del partito repubblicano statunitense.

La questione Wagner da questione interna russa rischia perciò di divenire una questione di politica di guerra mondiale in cui siamo ormai avviati. Il ‘900, secondo Nolte, fu il secolo della guerra civile mondiale ideologica tra i rivoluzionari leninisti internazionalisti e i contro-rivoluzionari nazionalisti borghesi o piccolo-borghesi; questo secondo la visione dell’ultra-nazionalismo russo, radicato ben oltre l’ideologia dell’orchestra nella società civile russa, non sarà il secolo del conflitto geopolitico tra terra (Eurasia) e mare (Occidente) ma del conflitto culturale tra internazionalismo mondiale planetario e nazionalismo cristiano resistente e controrivoluzionario.

In tale ottica potrebbe essere preferibile per il tradizionalismo ortodosso un’alleanza tattica con il nazionalismo cristiano americano che regoli i conti con la Silicon Valley e con Davos ad un impulso internazionalista e globale che provenga dalla confinante Cina. Un documento ideologico diffuso dai wagneriti in Donbass era significativamente intitolato “Noi siamo la Contro-rivoluzione russa” (мы русская контрреволюция песня Вагнера); come già specificato il legame con le fazioni e con le tendenze più tradizionaliste del cristianesimo russo è un elemento che nella logica interna farà sicuramente la differenza nel prossimo futuro.

Più che alle correnti filonaziste del neopaganesimo russo o a quelle di rigida obbedienza neo-zarista più affini a Strelkov, come si continua a fare in occidente, i wagneriti andrebbero invece rivisti alla luce della tradizione di quel nazionalismo ortodosso d’estrema destra, che nel corso degli anni più vicini a noi ha sempre indicato in Yury Budanov [1] il simbolo più alto dell’identità della Russia più profonda e di quella sparuta minoranza di eroi russi che avrebbe salvato la patria nel momento del massimo pericolo e del massimo caòs, eroi che sarebbero stati prima mandati allo sbaraglio nell’infernale macello ceceno poi infine machiavellicamente scaricati dallo stato maggiore e dallo stesso Cremlino putiniano, il cui accordo con i Kadirovcy è stato sempre in fondo mal tollerato dai patrioti ed è tuttora mal tollerato dagli stessi wagneriti. La stessa postura sociale assunta dal portavoce politico dei “musicisti” Prigozhin, di difesa estremista e demagogica, neoliberista, della piccola borghesia russa contro il gruppo di pressione industriale-militare (“la casta” del capitalismo statale), potrebbe avviare la nascita di un movimento nazionale popolare destinato a giocare un significativo ruolo nella Russia post-putiniana.

Pubblicità di una mostra religiosa eseguita nel centro Wagner di S. Pietroburgo; “Stiamo combattendo per Cristo e per i nostri monasteri ortodossi” ( Marzo 2023)  il titolo della mostra.

In definitiva, in un mondo che rischia pericolosamente, ben di più che durante la guerra fredda, di affogare nella terza guerra mondiale si stanno contrapponendo nel contesto russo due scuole strategiche: i controrivoluzionari wagneriti rimettono al centro la strategia isolazionista delle guardie volontarie antimarxiste bianche e dei cosiddetti “Centoneri” in una logica di resistenza difensiva e ultra-nazionalista a oltranza, non imperiale ma neutralista tra Oriente e Occidente, mentre gli apparati statali della Difesa, considerati dai wagneriti neo-sovietici, internazionalisti e staliniani, dunque anti-nazionalisti, puntano anzitutto all’integrazione russa nel più grande spazio imperiale eurasiatico. Se per questi ultimi, siano essi neo-stalinisti o conservatori ortodossi, la centralità russa si gioca nella consegna del passaggio del potere mondiale alla Cina “socialista”, per i Controrivoluzionari della Wagner la centralità russa riporta al centro quella logica neo-isolazionista della Russia fortezza, etnicamente e socialmente identitaria che dovrebbe per ciò restare lontana da eccessivi passi imperiali. Tale linea isolazionista e nazionalista costituisce una importante scuola di pensiero nel pensiero strategico russo, che va dall’ammiraglio e ministro protoslavofilo Siskov, assolutamente contrario a marciare verso occidente dopo la liberazione dall’invasione napoleonica, sino al pensatore neo-slavofilo Solzenicyn, che negli ultimi anni di vita formulò una vera e propria dottrina strategica di sicurezza nazionale basata sul rifiuto da posizioni di “nazionalismo-etnico” di occidentalismo e neo-asiatismo cinese in nome della identità russa originaria. Il pericolo più grande di questi tempi per lo scrittore del capolavoro “Una giornata di Ivan Denisovic” era rappresentato dall’inverno demografico russo, per questo invitava la classe dirigente putiniana a rafforzare strategicamente il nazionalismo identitario mistico e ortodosso come unico antidoto all’espansionismo della Nato da occidente, della Cina “socialista” da Oriente; invito in fondo non molto differente da quello arrivato con la wagnerita e controrivoluzionaria “marcia della giustizia” dello scorso giugno.

Come ha scritto l’ideologo nazionalista E. Cholmogorov, il Kathèkon, l’idea di trattenere l’anticristo, sarebbe oggi lo stivale militarista pan-russo che ripristina l’ordine e il silenzio per almeno un po’ di tempo chiudendo con violenza la botola da cui uscirebbero vampiri, lupi mannari, assassini; la militarizzazione della religione cristiano ortodossa russa e del nazionalismo russo nel contesto della dottrina della sicurezza nazionale e di un nuovo governo liberista e di ideocrazia cristiana integrale fondata su un nazionalismo sacrificale, radicalmente antiglobalista, molto più di quanto lo sia stato il putinismo centrista ad esempio, è probabilmente il nuovo ambito di pertinenza della Wagner ben oltre quell’etichetta di neo-paganesimo che gli specialisti occidentali continuano a cucirgli addosso.

NOTE

[1] Yuri Budanov è stato un ufficiale dell’esercito russo nato nel 1963 e ucciso il 10 giugno 2011. Budanov rimane una figura molto controversa in Russia; condannato da un tribunale russo per presunti crimini di guerra in Cecenia, è considerato un vero e proprio eroe nazionale abbandonato dai vertici militari per la gran parte delle famiglie russe. Durante la condanna e ancor più dopo la morte Budanov è divenuto un simbolo sia per le correnti nazionali russe che per le fazioni più conservatrici dell’Ortodossia russa. Cfr. “La terra è orfana” (senza Budanov) canzone nazionalista di A. Chikunov https://www.youtube.com/watch?v=8vCF8ocTQIo; A. Harchikov, Budanov eroe russo, canzone nazionalista; https://www.youtube.com/watch?v=L-l6RGj2zT0HYPERLINK “https://www.youtube.com/watch?v=L-l6RGj2zT0&t=2s”&HYPERLINK “https://www.youtube.com/watch?v=L-l6RGj2zT0&t=2s”t=2s;

funerali di Budanov, Mosca 13 giugno 2011 – https://www.youtube.com/watch?v=s04bLazVw6M – in cui il nazionalista Zhirinovsky (Partito liberaldemocratico russo, LPDR) è l’unico esponente istituzionale che si reca a rendere l’ultimo saluto patriottico al defunto Budanov, oltre ai vecchi commilitoni e a altri militari, mentre nessun esponente del putiniano Russia Unita si presenta ai funerali.

Khimki, Cimitero Novoluzhinsky, Yury Budanov

Un pensiero su “WAGNER: TEORIA E PRASSI DELLA CONTRORIVOLUZIONE RUSSA di OG”

  1. pongo dice:

    Una Russia isolazionista e neutrale tra Occidente e Oriente è impossibile, perchè l’Occidente l’ha ormai designata come nemico, e quindi non le resta che volgersi a Oriente e cercare alleati altrove (non solo a livello militare ma anche economico)

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