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RIVALUTARE L’EURO: IO NON SONO UN ECONOMISTA MA… di Alberto Bagnai

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[ 6 gennaio]

Lucido e pungente, come sempre, Alberto Bagnai.  E anche questa volta se la prende con gli “uscisti da sinistra” dall’euro. Che il Nostro abbia di mira soprattutto compagni come Emiliano Brancaccio, e sappia fare la differenza con quanto affermiamo noi, Alberto ha avuto modo di spiegarlo. Che diciamo noi, infatti? Che date le circostanze una rottura della gabbia sarebbe comunque preferibile all’attuale assetto sistemico. Quindi d’accordo con Alberto. Il quale ci consentirà tuttavia di segnalare che tra un’uscita nazional-liberista ed una pilotata da forze popolari e democratiche la differenza c’è, e come. E qui entra in gioco la politica, che consiste appunto nell’operare affinché si verifichi l’ipotesi ottimale, non limitandosi ad accettare il “male minore”. Accontentarsi del “male minore”, uno dei vizi capitali propri di quella sinistra contro cui Alberto scaglia i suoi strali.

* * * 

«Ho sentito il dibattito su Radio3 di oggi. Quando ha iniziato a parlare tal Ferrera ho pensato “Ma questo ci tiene a premettere di non essere un economista e poi centra tutto il suo discorso pro Euro su argomenti prettamente economici? Mah, è come dire non so di cosa sto parlando ma voglio dire la mia lo stesso! Spero glielo facciano notare”. Poi c’è stata la tua replica, e ho sorriso.

Se posso avrei tre domande: 
1) capisco bene che gli USA vogliono un euro più forte per vendere i loro prodotti sul mercato europeo, e che quindi non sono contenti che l’europa (leggi Germania) non rivaluti? Se ho capito bene sorge la domanda
2) Che strumenti di pressione hanno gli USA sulla Germania per ottenere una rivalutazione dell’euro?

3) Se ce la fanno vorrà dire che in Europa per recuperare la competitività perduta in seguito a rivalutazione si dovranno svalutare ancora di più i salari o mi sbaglio?

Ciao e grazie
Massimo
Massimo Turatto PhD
Professor
Center for Mind/Brain Sciences (CIMeC)
University of Trento»


Credo che la risposta sia molto semplice. Gli USA già con Obama hanno esperito tutte le possibili strade aperte alla moral suasion: prima hanno inserito la Germania nella lista dei paesi manipolatori di valute, poi hanno fatto scoppiare una serie di scandali tirando fuori segreti di Pulcinella vari assortiti (da VW a DB), poi hanno fatto parlare il partigiano Joe, ma la Germagna gnente: sta lì, convinta (come lo erano tutti i miei interlocutori odierni) che chi esporta è bravo, e che quindi al mondo tutti dobbiamo essere esportatori netti.

Verso dove?

Non si sa, ma il punto è che dobbiamo essere tutti sopra la media, come competitività, e quindi sotto la media, come prezzo. Il prezzo medio di un chilo di qualcosa è 3 euro? Dobbiamo tutti esportare, e quindi dobbiamo tutti produrlo a 2.5 euro al chilo.

Sì, c’è un problema, lo so. Ma i tedeschi non lo sanno.

Ecco, forse il problema del professor Ferrera, se posso, non è tanto di “non sapere l’economia ma” volerne parlare ricorrendo all’auctoritas di persone che questa auctoritas non hanno (come ha dimostrato Mario Nuti sul Manifesto e come ho puntualizzato io sul Fatto Quotidiano, smontando i loro scenari bufala quando ancora non si parlava didebunking), quanto il fatto di non rendersi conto che la media fra 3 e 2 non può essere 1 (vi risparmio la dimostrazione). Il professor Ferrera potrebbe allora dirmi di “non essere nemmeno un matematico quindi”, e allora io resterei sconsolato a constatare che i politologi non hanno ancora voluto prendere in considerazione una cosa che sta sul libro di mio figlio (nel triennio delle superiori), cioè la relazione fra mercantilismo e imperialismo.

Un naturalista che non riconoscesse un elefante quando lo incontra avrebbe la mia solidarietà, nel senso che lo accompagnerei da un oculista. Ma una volta accertato di aver rimediato ad eventuali deficit percettivi (e su questi Massimo ci è stato maestro), fermo restando il rispetto che si deve a tutte le persone e a tutte le opinioni, tenderei a non prenderlo in considerazione qualora mi trovassi a decidere se l’animale che ho davanti è un cobra o un cerbiatto.

Lo stesso vale per un politologo che non riconoscesse, quando lo incontra, un progetto imperialista sul quale molti suoi colleghi hanno seri e motivati dubbi, e si baloccasse con l’idea che un progetto difeso con le unghie e coi denti dalla grande finanza internazionale sia stato concepito a beneficio degli umiliati e offesi…

Sed de hoc satis.

Il professore mi era sembrato persona equilibrata: difendere l’euro in nome dei redditi della povera gente mentre il paese è distrutto dalla deflazione necessaria per riportarci in surplus non collima esattamente con questa mia impressione. Devo ammettere di essermi sbagliato, elaboro il lutto e tiro avanti.

Tornando al punto, con le buone gli USA ci hanno provato, ed era ovviamente loro interesse tentare prima questa strada perché, come ho chiarito svariate volte, è chiaro che l’uscita avrà costi anche e soprattutto per il Nord, e che il sistema finanziario statunitense è così legato a quello tedesco da voler rinviare il redde rationem, nel quale ci sarebbero costi anche per le banche USA. Ancora più importanti sono i risvolti politici. Diciamo i “democratici” non vedevano un particolare interesse nel far scoppiare un disastro prima delle elezioni USA, né ora credo nessuno lo veda nel farlo scoppiare prima delle elezioni francesi. Poi ci sono quelle tedesche (prima ci saranno state quelle olandesi) e a quel punto sai come si fa a far rivalutare l’euro dei tedeschi? Lo si fa ridiventare il marco! Molto dipende, naturalmente, da come andranno le cosa in Francia.

Ma anche su questo stiamo lavorando: c’è tanto da studiare, per chi desideri farlo con umiltà ed onestà intellettuale.

Se le cose andranno così, questo vorrà dire, ovviamente, che i tedeschi non potranno più esportare deflazione salariale. Il loro surplus commerciale si tradurrà in un apprezzamento della loro valuta, e non nella necessità per i loro “competitori che però sono anche compagni di squadra” (ben strano ruolo) di svalutare i propri salari. Si tratta insomma del meccanismo che Meade auspicava nel 1957 (sessanta anni or sono) e che ho descritto a p. 389 de “Il tramonto dell’euro”: non impedire ai tedeschi di rivalutare. Naturalmente molto dipende da come la cosa verrà gestita, e anche su questo il mio testo del 2012 è piuttosto esplicito. Chi non lo ha voluto leggere con onestà intellettuale, sproloquiando di uscita a sinistra, ha regalato al capitale cinque anni di tempo per fare il porco comodo suo, anni che il capitale ha usato per tagliare le pensioni, fare il Jobs Act, ecc. Fra questi non c’è il professor Ferrera, che però occorrerebbe riflettesse sul fatto che la sua giusta preoccupazione per i deboli è un pochino fuori tempo massimo: bisognava preoccuparsene prima che arrivasse Monti…

Ovviamente ci saranno anche dei problemi di transizione: ad esempio, nell’imminenza del botto il dollaro diventerà un bene rifugio e quindi, invece di deprezzarsi per la rivalutazione attesa del marco, tenderà ad apprezzarsi perché visto come un safe haven.

Questo è come la vedo io, tenendo presente che sarebbe meglio avere un governo amico di Trump piuttosto che nemico della Merkel, per il semplice motivo che in ogni caso Trump e Merkel (o chi per lei) devono mettersi d’accordo per spartirsi i costi dell’operazione, e i tedeschi vogliono le nostre case e il nostro oro, come hanno chiarito a più riprese.

Perdonatemi se non metto molti link, ma vado veramente per uno. Quando saprete perché mi perdonerete se per una volta non ho potuto essere la vostra segretaria.

(…a proposito: spettacolare Daveri che liquida il “dividendo dell’euro”! I tassi ora sono scesi a causa di tendenze globali, non della moneta unica! Stranamente è quello che noi abbiamo sempre detto, perché era scritto nella letteratura scientifica. Ma il suo discorso richiede un commento più approfondito: ora devo occuparmi di altre persone che lui stesso non esiterebbe a riconoscere come meritevoli di più immediata attenzione. Con immutata stima…)


* Fonte: Goofynomics

2 pensieri su “RIVALUTARE L’EURO: IO NON SONO UN ECONOMISTA MA… di Alberto Bagnai”

  1. Anonimo dice:

    Erano mesi che non frequentavamo questo sito. Adesso siete pure diventati i paladini dell'uscita da destra. Mettetevi in fila che da quel lato ce ne sono già tanti molto più importanti di voi. Quanto a Brancaccio il suo vero limite è che dice cose acute e sacrosante, da vero compagno, però quando glielo chiediamo non si mette al servizio della causa comunista. Glielo ricorderemo tra qualche anno, quando sarà lui a pregarci di collaborare. Per il resto Brancaccio non fila nemmeno di striscio quel mentecatto di Bagnai, figuriamoci se pensa ai vostri contorcimenti opportunisti. Veniamo a trovarvi di nuovo tra qualche mese quando sarete diventati una succursale di "Fratelli d'Italia". PCC

  2. Anonimo dice:

    E gli americani vogliono cosí tanto un euro più forte che hanno rialzato i tassi e si prevedono altri tre rialzi per il 2017.Ma davvero questo fa il professore di economia?

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