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NO AL “PROGRAMMA DRAGHI” di Moreno Pasquinelli

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La cosiddetta “pandemia” COVID-19 ha gettato nel marasma la già malmessa economia mondiale. A ben vedere è proprio l’Occidente a subirne le più gravi conseguenze e, in questo perimetro, è anzitutto l’Unione europea ad essere letteralmente terremotata.
E’ in questo contesto che dobbiamo leggere la nuova e pesante scesa in campo di Draghi, col suo intervento sul Financial Times.
Con la sua sortita, l’ex-governatore della Bce non solo certifica la sua auto-candidatura a guidare il nostro Paese — dato il precipitare degli eventi più come primo ministro che come presidente della Repubblica. Egli indica la terapia per guarire il malato, la via per tirar fuori l’Unione europea dalla sua crisi mortale.

Di che terapia si tratta? Quale via suggerisce?

Come c’era da aspettarsi l’uscita del nostro ha immediatamente ricevuto il plauso dell’establishment italiano, non solo dei potentati economici, ma della gran parte degli esponenti politici, a sinistra e a destra. Pressoché tutti lo invocano come salvatore della Patria, affinché, passata la buriana, prenda il posto di Conte. Tecnicamente, questo passaggio di consegne ci riporterebbe all’autunno 2011, quando venne defenestrato Berlusconi. Anche questa volta lorsignori non pensano affatto di passare per le urne. La differenza (e che differenza!) è che il passaggio sarebbe pilotato e blindato con accordo bipartisan preventivo centro-destra-centro-sinistra.

Che chi sta sopra, in alto, cioè le classi dominanti e i loro fantocci politici siano pronti a consegnare pieni poteri a Draghi non deve stupire. Essi sanno chi è costui, si fidano ciecamente, e dal loro punto di vista di classe non si sbagliano.

Ciò che semmai sorprende, che suscita massima inquietudine, è che vi siano alcuni “insospettabili”  — evitiamo per carità di patria di fare i nomi — che stanno avvelenando i pozzi. Codesti, dopo avere conquistato la stima di molti per aver gridato contro il regime e le politiche neoliberiste, dopo avere detto e scritto che occorre una radicale inversione di rotta, ci stanno dicendo che non bisogna opporsi pregiudizialmente all’operazione Draghi, che anzi occorre aprirgli una linea di credito. Questi cretini (concediamo loro la buona fede) per sostenere il loro spostamento di campo, adombrano ad una resipiscenza keynesiana di Draghi: “egli fu allievo di Federico Caffè”.

Resipiscenza keynesiana?

Basta leggere con la dovuta attenzione cosa precisamente abbia indicato Draghi sul Financial Times per smentire questa idea come una gigantesca bufala. Il fatto che Draghi ammetta che sarà necessario fare debito pubblico non significa che egli si è convertito. Il debito è solo uno strumento, dipende da come lo si usa e dagli scopi di chi lo usa. Un coltello serve al cuoco per cucinare un buon piatto, in mano ad un omicida serve per uccidere.

Quando il mercato ed il settore privato entrano in coma, anche i liberisti più sfrenati chiedono aiuto allo Stato, ma affinché torni il vecchio Ambaradan.

Come scrive Emiliano Brancaccio

«L’espansione del debito pubblico è dunque l’unica prospettiva razionale, ma non basta. Occorre chiarire come saranno gestiti i costi di questa crisi inedita e tremenda. Un piano che sposti l’onere principale sui rentiers, contrasti ogni forma di speculazione e salvaguardi i lavoratori e i soggetti sociali più deboli potrebbe rivelarsi necessario per la rinascita non semplicemente economica, ma civile e democratica. Proprio come accade alla fine di una guerra, quando le forze illuminate della società escono vittoriose».

Thomas Fazi, dopo aver rinfrescato la memoria agli smemorati che sono caduti con tutti e due i piedi nella trappola — ricordando per filo e per segno le numerose e gravissime mosse  che Draghi ha collezionato nella sua carriera —,  scrive:

«Veniamo ora alla lettera di Draghi inviata al Financial Times. Mi dispiace deludervi, ma Draghi non è improvvisamente diventato un novello Keynes da un giorno all’altro. Più banalmente, Draghi sta invocando quella che è la strategia da manuale del buon liberista: privatizzare i profitti in tempo di “pace” (attraverso politiche di austerità a vantaggio del grande capitale ecc.) e socializzare le perdite in tempo di “guerra”, attraverso un’espansione della spesa pubblica – ovviamente a debito – per tenere a galla il grande capitale (istituti finanziari in primis), esattamente come è accaduto nel 2007-2009. Passata la bufera si potrà poi tornare allegramente a privatizzare i profitti con ancora più veemenza di prima, adducendo proprio l’aumento del debito come scusa per implementare politiche di austerità ancora più severe, esattamente com’ è accaduto del decennio post-2007. Il senso dell’intervento di Draghi sta tutto qui».

Non c’è dubbio che chi abbia sale in zucca, chi abbia davvero a cuore gli interessi ed i diritti delle masse popolari, ovvero della maggioranza dei cittadini, deve opporsi all’operazione Draghi.

Non basta, evidentemente dire no a Draghi ed al suo programma liberista. Occorre opporre un programma opposto, che descriva un’alternativa di società.

Se non ora, quando?

16 pensieri su “NO AL “PROGRAMMA DRAGHI” di Moreno Pasquinelli”

  1. luigi dice:

    Draghi l’aveva gia’ detto in atri contesti : prima salvare l’euro , fiutando il pericolo che corre dopo le uscite bellicose della nuova governance –
    Credo sia ancora questo il suo obbiettivo primario , ecco spiegata la sua uscita , forse affossa il mes e chiede alla Bce della Lagarde di continuare a fare il suo mestiere , riportandola a piu’ miti consigli

  2. Marco Pisano dice:

    Concordo in pieno, sinceramente.
    Non parliamo però in termini nazionalistici, rivolgiamoci alle persone tutte, a tutti gli europei. Come noi, persone che vivono in questa parte di mondo chiamata Italia, gli altri popoli europei non sono coscienti di cosa i loro governanti facciano in termini di politiche (cosiddette) europee. Sono DISINFORMATI, come noi. La STORIA ci insegna che se ci chiudiamo entro quelli che sono i confini politici di una nazione, quello che ne deriva è una serie di totalitarismi. Ed anche questa volta, noi Persone, avremmo sprecato un’occasione per evolverci pacificamente.

    1. Fabio dice:

      La Storia recente veramente ci insegna che ci siamo chiusi nel totalitarismo neoliberista-finanziario della Ue.
      Uscirne per riconquistare finalmente la democrazia, applicare la nostra Costituzione (ci ricordiamo come è nata?) potrebbe permetterci di dar vita ad un vero inter-NAZIONALISMO.

      1. Marco Pisano dice:

        Assolutamente sì, uscire da questa forma di “Unione” Europea è un obbligo morale per salvaguardare le persone TUTTE.
        Ma pensate che quando i leader europei attuali parlino siano rappresentanza dei loro popoli?
        Parliamo lingue straniere, usiamole per capirci tra popoli. Diamo le spalle ai governanti e inventiamo un nuovo modo di intendere la vita, la società, la cooperazione e non la competizione.
        Ragionare in termini di Unione di Popoli e non soltanto di unione di un popolo.

  3. Cittadino dice:

    Draghi serve a garantire la nostra subalternità agli USA qualunque strada prendano le cose. Questo mentre cresce l’influenza internazionale di Russia e Cina e crescono gli attriti degli USA con la Germania che guarda ad est difendendo la sua sfera di influenza che ha riguadagnato proprio grazie all’euro.

    Brutto affare davvero.

    Giovanni

  4. RobertoG dice:

    Pienamente d’accordo con Moreno Pasquinelli. Del resto Draghi ha dichiarato espressamente:
    “Gli alti debiti pubblici diventeranno la caratteristica dell’economia futura e saranno accompagnati dalla cancellazione del debito privato “.
    Che significa questa frase sibillina? Che con il debito pubblico si potranno garantire i bilanci delle banche commerciali attualmente compromessi da crediti difficilmente esigibili a causa della crisi ed anche quelli nuovi che esse potranno accendere nei confronti di tutta quella gente (persone, famiglie e imprese) messa veramente alle strette se non addirittura alla disperazione da questa nuova botta micidiale. In altre parole costoro avranno sì maggiore accesso al credito ma solo momentaneamente, dopo però dovranno risarcire a colpi di frusta pena la perdita dei loro beni concreti. Quindi il soggetto di quel debito privato nella frase di Draghi sono le banche e non certo i lavoratori le piccole imprese ed i disoccupati. Del resto un maiale non può che fare gli interessi della sua porcilaia come è normale che sia.
    Mi si consenta di terminare con l’osservazione che questo mondo infame lo si può davvero cambiare solo con l’unica grande rivoluzione risolutiva: il passaggio dalla moneta debito alla moneta proprietà, che significa non semplicemente nazionalizzare la banca centrale, ma incorporarla nel ministero del tesoro e cambiare il meccanismo di emissione della moneta che anzichè avere come contropartita il debito nelle passività del bilancio statale (com’è attualmente in tutto il mondo) ne divenga invece disponibilità di cassa istantanea in modo che con essa lo stato, a quel punto davvero sovrano, possa avviare tutte quelle opere di pubblica utilità che servono al popolo senza avere la spada di Damocle del debito detenuto dai banchieri a pesare sulla sua testa.

  5. Graziano PRIOTTO dice:

    Postilla minima:
    Che per giustificare l’affidamento a Draghi dei destini d’Italia si faccia ricorso anche agli argomenti più ridicoli non stupisce ormai più:
    che sia stato allievo di Federico Caffé al massimo può essere un fatto negativo, poiché dimostra che non aveva capito la lezione del grande Maestro.
    Argomentando a questo livello si potrebbe allora riabilitare anche Mussolini, solo perché fu allievo del sociologo Pareto e lettore delle opere di Marx (come documentato dagli archivi delle biblioteche svizzere, Losanna e Ginevra) !

    1. Alberto Conti dice:

      Draghi aveva capito benissimo la lezione di Federico Caffè. Semplicemente ha scelto di tradire il Maestro e vendersi all’ideologia dei banchieri, sacerdoti della classe dei ricchi a tutti i livelli. Si è volutamente schierato dalla parte dei più forti che per consolidare il loro status sociale devono parassitare, ingannare, truffare, sottomettere, schiavizzare la loro classe antagonista, quella dei poveri, allargandola numericamente sempre più fino a renderla indistinguibile dall’intero popolo. Disse uno di loro: “che gusto ci sarebbe ad essere ricchi se non ci fossero i poveri?”
      In pratica draghi si è specializzato nella pratica del neoliberismo privatizzatore a cominciare dal settore bancario, strumento essenziale per far crescere il debito, sia privato che pubblico. Il debito è il miglior strumento di dominio dell’indebitato, sia esso singolo cittadino o intero Stato.
      Da qui l’esplosione dei debiti privati e del debito pubblico. In Patria però gli è andata male, fino adesso, visto che nonostante l’assalto ai presidi pubblici all’economia (banche pubbliche, banca centrale, IRI, sanità, formazione, previdenza sociale, servizi pubblici, amministrazioni pubbliche locali, ecc.), il risparmio privato ha resistito, anche all’impoverimento dei lavoratori ed alle sirene del credito al consumo. Per quanto sperequato il risparmio privato italiano è dell’ordine dei 4.000 miliardi, una cifra procapite tra le maggiori al mondo. E’ questo l’obiettivo di draghi, la spoliazione di questi risparmi privati, il completamento della sua opera di traditore della Patria, che una volta raggiunto ci troverà tutti schiavi del debito (ad ogni debito corrisponde un credito di qualcun altro che lo traduce in potere arbitrario sull’indebitato).

  6. antiliberista dice:

    Draghi ha tatuaggio con volto di Keynes sul petto e di Andrea Costa sul braccio in alto, disse un keynesiano anni fa…

    Che sia uno che mente a se stesso??? non credo suvvia

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  9. Moreno Pasquinelli dice:

    Una precisazione mi pare doverosa.
    L’operazione Draghi è pericolosa assai, e lo è non solo data la caratura del personaggio, ma per l’inversione di rotta che propone rispetto ai dogmi monetaristi dell’ordoliberismo tedescoide. Draghi ora dice che fare debito pubblico non è un tabù, che anzi è la sola via per rimettere in carreggiata il sistema. Non va quindi sottovalutato l’impatto che ciò avrà in Italia e in Europa. Basta sia chiara una cosa: la carreggiata è quella del liberismo classico, e la moneta che va fatta circolare è sempre moneta-debito: le banche (private) la emettono ed i governi la prendono in prestito. Non solo gli stati dovranno restituirla, con gli interessi, il loro indebitamento crescerà a dismisura perché dovranno accollarsi i fallimenti a catena del settore privato.
    Che significa? Significa che passata la tempesta, affinché ci sia rilancio del ciclo e redditività del capitale (tassi di profitto accettabili per lorsignori), avremo una deflazione salariale draconiana e più alti tassi di sfruttamento del lavoro.
    Insomma, attenti a farsi illusioni.
    Il neoliberismo di stampo anglosassone diventerà il nemico principale, ove (vedremo) l’ordoliberismo teutonico sia davvero tolto di mezzo.

    Moreno Pasquinelli

  10. Cittadino dice:

    “Il neoliberismo di stampo anglosassone diventerà il nemico principale, ove (vedremo) l’ordoliberismo teutonico sia davvero tolto di mezzo.”

    Penso che sia esattamente così. Il capitalismo anglosassone (USA ed i loro sodali UK) cercherà di controllare quello italiano (magari proprio via acquisizioni, cosa in cui Britannia Draghi è esperto) in maniera da porlo nella posizione subalterna di sviluppo in settori complementari (e meno strategici) al loro capitalismo (la Fiat di fatto se l’è già pappata ai tempi della fusione con Chrisler). Così potrà garantirsene meglio il controllo ed utilizzare l’Italia come pedina nei loro contrasti in Europa con Francia, Germania e gli altri che non tarderanno ad arrivare.

    Insomma ne usciremmo anche con meno sovranità di prima, uscirne dopo sarebbe molto più difficile. Inoltre su di noi si riverserebbero tutti gli effetti negativi dell’aumentata conflittualità della fase multipolare che avanza.

    Una cosa terribile che sarebbe bene scongiurare in ogni modo, ma senza una forte reazione di popolo ben guidata sarà impossibile. Vedremo.

    Giovanni

    1. Alberto Conti dice:

      Capitalismo teutonico o anglofono o altri differiscono per questioni ideologiche e metodologiche marginali rispetto all’obiettivo comune ed allo strumento utilizzato per perseguirlo, tramite gestione della moneta e pianificazione produttiva. Lo strumento è la creazione del debito e relativa allocazione a famiglie, PMI e amministrazioni pubbliche istituzionalizzate, in opposizione a multinazionali e loro banche controllate dai padroni universali. Poichè il debito dev’essere monetizzato (nel senso banale che viene espresso in termini monetari) lo si può espandere indefinitamente, senza iperinflazione corrispondente, solo congelandone gli eccessi nei circuiti finanziari del risparmio gestito, nel senso banale di tenere separate le ricchezze monetarie dall’economia reale. Questi due mondi si fondono tramite contrattualismo legalizzato nella gestione del potere asimmetrico, sempre più concentrato in elite che dominano un mondo stratificato per classi di reddito.
      La distinzione tecnica che dovremmo tener presente non è tanto nella qualità della moneta all’emissione, ma nelle regole di gestione successive all’atto di emissione, ed in esso prestabilite. La differenza cioè tra tassi d’interesse della moneta emessa. In particolare tra il tasso fisso pari a zero o peggio positivo (BC o attuali banche commerciali private) e tasso variabile negativo (bond di Stato, mutui ecc.). Il tempo fa tutto il resto, cioè separa il servo dal padrone, il ricattato dall’estorsore, in una parola l’indebitato dal creditore. Solo uno Stato libero può scegliere il tasso zero all’emissione della propria moneta. Uno Stato che ha perso la guerra non è uno Stato libero per un certo periodo di tempo successivo. Si tratta di vedere quando scatta la prescrizione (questo è il nostro problema aggiunto alla crisi dei paradigmi economici correnti della dominizione anglosionista).

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